Alitalia: attenti al rogo finale - CdS


ezeiza97

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7 Novembre 2005
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Bergamo, Italy.
Finalmente qualcuno che cerca di informare, secondo me abbastanza correttamente, sulla "porcheria" di questi giorni in Az!
In generale, per quel che ho visto e sentito, solo servizi assolutamente inconsistenti sul merito e, in genere, a senso unico, nel senso che si limitano a riportare le dichiarazioni degli scioperanti, assolutamente vaghe e fumose, e le lamentele dei passeggeri.
 

goafan

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Paghiamo tre volte

A quale prezzo? Quanto dovranno ancora pagare gli italiani, come contribuenti, viaggiatori e inconsapevoli ostaggi nelle trattative fra politica, manager e sindacati, per tenere in vita artificialmente Alitalia? Non ci risulta che queste due domande siano state sin qui poste ai leader delle due coalizioni in una campagna elettorale, iniziata a tutto gas molto prima del dovuto per sfuggire alle maglie della par condicio. E' il momento di farlo. Perché non illudiamoci: dopo le elezioni continuerà il gioco al rinvio. E sarà sempre più costoso. I cittadini pagano tre volte l’incapacità della politica di staccare la spina ad Alitalia. La pagano dapprima come contribuenti di uno Stato che continua ad intervenire per ripianare debiti di una compagnia che è arrivata a perdere fino a 50 mila euro all'ora e che ha quasi 2 miliardi di euro di debiti. La privatizzazione del novembre scorso è stata una farsa: un'operazione studiata a tavolino solo per salvare le apparenze, cercando di scongiurare l'intervento di Bruxelles per violazione delle misure contro gli aiuti di Stato. E’ costata tantissimo: lo Stato ha dovuto praticamente azzerare il valore della sua partecipazione per renderla appetibile al mercato.I cittadini pagano poi come viaggiatori costretti a non poter utilizzare tariffe più basse, dato che la difesa di Alitalia ostacola non poco le liberalizzazioni del settore. Alitalia per il proprio rilancio punta, non a caso, proprio sui servizi intercontinentali, quelli in cui oggi è minore la concorrenza. E difende a spada tratta l'attuale allocazione degli «slot» aeroportuali, che le offrono la possibilità di monopolizzare i collegamenti fra centri importanti negli orari più ambiti e che le consentono di fatto il duopolio nella tratta Milano-Roma. Infine i cittadini pagano in quanto ostaggi delle agitazioni dei dipendenti della compagnia di bandiera che, sapendo che prima o poi lo Stato interverrà, utilizzano l'arma dello sciopero come una clava. Ieri decine di voli cancellati e la prospettiva che la flotta di Alitalia rimanga bloccata fino a martedì. E' solo l'ultimo episodio di una catena di scioperi che non si è interrotta neanche durante l'aumento di capitale. Dato lo stato dell'azienda, l'unico modo di spiegare il comportamento dei dipendenti è che sanno di poter contare sull'intervento dello Stato. Quello dell’Alitalia è un vincolo di bilancio che non morde, devono ritenere. E sin qui è difficile dar loro torto. I continui rinvii dell’esecutivo sono i veri responsabili del deterioramento delle relazioni industriali. Mentre una maggiore informazione sui risultati dell’azienda potrebbe anch'essa favorire atteggiamenti più consapevoli da parte dei dipendenti. Secondo quanto riportato dal Sole24ore di ieri, vi sarebbe stato un forte calo dei ricavi negli ultimi tre mesi, che, proiettato sul 2006, porterebbe a perdite operative di circa 200 milioni. La bolletta Alitalia è solo destinata a diventare più salata col passare del tempo. Prima o poi ci sarà liberalizzazione anche nei servizi aeroportuali fra Stati Uniti e Unione Europea, le uniche rotte su cui la compagnia di bandiera era riuscita a non perdere traffico negli ultimi anni. Più il mercato è liberalizzato, più Alitalia si assottiglia: nel traffico fra Italia e Paesi Ue ha, non a caso, le quote più basse e in più rapida discesa. A fronte di questi costi, quali sono i vantaggi di avere una compagnia di bandiera? Orgoglio nazionale? Immagine? Se sì, quale? Mentre molte compagnie europee sono tornate in utile dopo lo choc dell'11 settembre, Alitalia è diventata l'emblema di un sistema insanabile, ed è una palla al piede del nostro sistema produttivo. Obbliga le aziende a pagare di più nel far viaggiare i propri dipendenti, col costante rischio di vedersi cancellati i voli. La difesa a oltranza della compagnia di bandiera riduce anche i flussi di turismo verso il Belpaese che potrebbero crescere di molto se permettessimo davvero l'ingresso nel nostro mercato delle compagnie low-cost. E data la forte elasticità della domanda al prezzo in questo settore, è molto probabile che perdite di posti di lavoro in Alitalia, destinate ad avvenire comunque, prima o poi, verrebbero più che compensate da assunzioni in altre compagnie operanti in Italia.

Tito Boeri
La Stampa

CIAO
_goa
 

goafan

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Politica in stallo

Un Paese a terra. È l'Italia dello sciopero "selvaggio" dell'Alitalia. Lo scontro fra la galassia delle sigle sindacali e i vertici della compagnia arriva alle estreme conseguenze, dopo le reciproche sconfessioni delle scorse settimane. In mezzo i cittadini, costretti a subire disagi di ogni genere e, tuttavia, finora insufficienti a ottenere la sospensione delle agitazioni.Ma in gioco, questa volta, c'è molto più delle relazioni industriali, clamorosamente entrate in crisi quando il timoniere del vettore tricolore, Giancarlo Cimoli, diede la "scomunica" agli autonomi: ora più che mai, sul tavolo c'è la stessa sopravvivenza della società. Il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, lo dice con ruvida franchezza: «A questo punto forse la cosa migliore da fare è accompagnare l'azienda a un fallimento controllato».Il governo si muove con lentezza elefantiaca. Fino a martedì gran parte degli aerei potrebbero rimanere negli hangar, anche se allo sciopero non partecipano i piloti, ma l'esecutivo consente che l'emergenza si trascini fino a mercoledì, giorno in cui i sindacati saliranno a Palazzo Chigi per esporre le loro ragioni. Fino a quel momento sarà il caos. Il ministro Pietro Lunardi, in passato autore di improvvide sortite, tace «data la delicatezza del momento», mentre il suo collega del Welfare, Roberto Maroni, manda segnali poco distensivi: «I sindacati si scordino che il governo intervenga per salvare la compagnia».Un impeto di sincerità che lascia sconcertati non tanto per mancanza di buone ragioni - i margini di manovra sarebbero comunque limitati dalle norme comunitarie e finanziariamente le disponibilità dello Stato stanno praticamente a zero - quanto perché le parole di Maroni esemplificano la colpevole inazione dell'esecutivo su un punto specifico: la permanenza di Giancarlo Cimoli alla "cloche" della compagnia. È di tutta evidenza, infatti, che non poteva e non può più essere questo top-manager a guidare la vicenda fuori dallo stallo che sta mandando in picchiata Alitalia.Il piano di salvataggio che coinvolge le banche non sta dispiegando i benefici effetti sperati, ma a dirla lunga sono i ritardi accumulati per rimodulare strategie industriali messe in discussione prima dai sindacati e poi dagli stessi istituti di credito. Al centro di tutto ciò che fa da premessa allo scempio di adesso ci sono proprio Cimoli e le sue scelte. Certo, a volte anche obbligate, dati gli enormi problemi finanziari della società, ma in tutta evidenza censurabili sotto il profilo dei rapporti: quando c'era bisogno di coesione e di dialogo, a fronte di sacrifici che i sindacati non hanno negato, ha proceduto per strappi, scegliendo la linea dura.La risposta è dello stesso tipo. E la responsabilità del governo è quella di non aver capito, nei giorni in cui le organizzazioni sindacali chiedevano esplicitamente un'inversione di rotta nei comportamenti, arrivando a pretendere la testa del top-manager, che la situazione era sul punto di precipitare. Ora è precipitata. Le responsabilità della politica sono tante e vengono da lontano: la proliferazione delle sigle sindacali in Alitalia, l'aver gestito la compagnia come un grande serbatoio elettorale, l'aver continuato a riconoscere assurdi privilegi al personale quando nel resto del mondo le cose andavano ben diversamente, l'aver tardato progetti di riassetto mentre i principali competitori si attrezzavano per affrontare un mercato fattosi assai più complicato. Tutto ciòè vero, verissimo, ma non è il momento di mettere mano a questo capitolo.Adesso l'imperativo è salvare l'Alitalia. O, come dice Cossiga, accompagnarla a una fine almeno dignitosa. Nell'era della globalizzazione, del resto, non sta scritto da nessuna parte che un Paese debba avere una compagnia di bandiera. L'essenziale è avere buoni servizi. Quelli che l'Alitalia non è più in grado di assicurare. Come le Ferrovie, in sciopero giovedì e venerdì prossimo, dove, guarda caso, Cimoli ha a lungo soggiornato.

IL SECOLO XIX
leone@ilsecoloxix.it
(Luigi Leone)

CIAO
_goa
 

malpensante

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6 Novembre 2005
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bel paese là dove 'l sì suona
Quandoque bonus dormitat Homerus
Anche il buon Boeri scivola sulla banana Alitalia.

Tanto per cominciare gli open skies con gli USA ci sono da anni, non siamo a Heathrow
Poi non capisce che nessuno difende Alitalia, anzi. Si vogliono solo difendere di quelli che con Alitalia lavorano poco e male e mangiano tanto.
Poi vorrei vedere in quale Paese gli slot non sono geloso possedimento dei vettori che li hanno.

Si riuscirà mai a leggere qualcosa di intelligente su Alitalia?
 

I-DAVE

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6 Novembre 2005
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a Taiwan, nel cuore e nella mente
Sembra quasi che Bragantini abbia letto il forum, di recente, perché è una bella sintesi di quello che è stato scritto in questi giorni, abbastanza lontano da quel che si legge comunemente sull'argomento.

DaV
 

CharlieTango

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6 Novembre 2005
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Nordest...
easa.europa.eu
... e intanto, domani il primo volo del mattino da VCE per FCO (per intenderci, il lunedì mattina quel volo viaggia con il 100% di load factor e con uno yield medio sicuramente molto interessante) è cancellato...

I biznizmen nordestini ringraziano (chissà, qualcuno next time prenderà AP o FR)...

Ciao,

CharlieTango
 

caffettiera

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7 Novembre 2005
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.
Citazione:Messaggio inserito da marcogiov

Caso Alitalia
Realismo già in fumo. Attenti al rogo finale
La condotta di questi giorni è irresponsabile perché allontana l'unica prospettiva concreta di azione, senza avvicinare alternative più gradite.


Simili ai mitici lemming e guidati dallo stesso istinto, sindacati e dipendenti di Alitalia si suicidano in massa gettandosi dalle rupi in mare. Essi credono che uno Stato che ha bruciato tanti miliardi di euro nella fornace Alitalia sia vittima della coazione a ripetere il proprio comportamento. Troppe volte il contribuente ha già salvato la compagnia, questo è vero.
Ma chi pensa che il fuoco delle banconote scalderà ancora a lungo la scena sbaglia i conti, e di grosso. Ci si dimentica che a seguito dell'aumento di capitale recente, lo Stato è sceso sotto il 50%. Ciò perché gli investitori istituzionali, per lo più esteri, hanno sottoscritto le nuove azioni, in quanto convinti dallo Stato che la compagnia è avviata sulla strada del risanamento.
Ora sindacato e dipendenti, sempre più staccati dalla realtà, smentiscono fragorosamente queste rassicurazioni, continuando a ignorare, nel caso Alitalia, una lunga tradizione di realismo, visto all'opera giusto due giorni fa nella firma del contratto dei metalmeccanici.
Alla radice dell'inasprimento della vertenza sembra esserci l'intenzione di Cimoli, amministratore delegato della compagnia, di far svolgere all'esterno del gruppo, in outsourcing, tutta una serie di attività, come la manutenzione, che ancora si fanno all'interno. Questa forte integrazione verticale è il residuo di un tempo che fu e che non tornerà, irrigidisce la gestione e causa sprechi, rendendo ancor più difficile il risanamento: solo compagnie aeree di ben altre dimensioni, e con un parco velivoli più omogeneo, possono permettersi il lusso della manutenzione interna. Non certo Alitalia.
Se gli investitori entrati nel capitale dovessero vedere i loro euro andare in fumo, insieme a questo ennesimo falò andrebbe bruciata per anni qualsiasi possibilità per Alitalia: i privati sentirebbero nell'aria l'acre odore della perdita e si guarderebbero dal ripetere l'errore. La strada del fallimento e della rinascita dalle ceneri di un nuovo soggetto, libero dai vincoli contrattuali del passato, è stata seguita per Sabena e Swissair; a chi crede che Roma sia ancora caput mundi e al più si spinge a Fiumicino, quella strada parrà remota, ma ancor più lo è una rinazionalizzazione che, anche volendo, ci sarebbe preclusa dall' Unione Europea. Checché ne pensino i nostalgici, Alitalia ha davanti a sé una sola strada: rimettere ordine al proprio interno, raggiungendo finalmente un assetto di volo sostenibile. Con conti economici e situazioni finanziarie in ordine, e senza burrasche sullo schermo radar, essa potrà presentarsi come partner credibile ad un'alleanza internazionale, forse con Air France/Klm, forse con altri. L'acquisto di Volare serve a perseguire questa via, riducendo i costi e portandoli in linea.
La condotta di questi giorni è irresponsabile perché allontana l'unica prospettiva concreta di azione, senza avvicinare alternative più gradite. A meno che le menti (…) della protesta non mirino ad altro: forse a spingere il governo a cacciare Cimoli, forse a tirare in lungo la vertenza così da poter discutere domani magari con un governo di centrosinistra. Sarebbe un errore di calcolo, certo non il primo, ma gravissimo. A parte il fatto che la compagnia non potrebbe sopportare il perdurare del conflitto oltre le elezioni, un nuovo governo di centrosinistra non vorrà assolutamente apparire cedevole rispetto a richieste sindacali che scaturissero dal perdurare per mesi di una vicenda così irragionevole.
Se poi dovesse fallire Cimoli, il suo successore bisognerebbe cercarlo con la lanterna di Diogene. Quale manager con una reputazione da difendere, infatti, accetterebbe di subentrare a un altro cui il governo, incapace di resistere alle lobby organizzate, ha tagliato l'erba sotto i piedi? Dovrebbe pensarci bene il governo, che incontra i sindacati il 25 gennaio, con il viatico della pelosa «solidarietà» del ministro Baccini agli scioperanti.
Chi invece volesse sostituire Cimoli con figuranti disposti a proseguire la tragica farsa di questi giorni, ne troverebbe a iosa. Le menti della protesta si potrebbero allora accomodare in platea, a godersi lo spettacolo del rogo finale.

Salvatore Bragantini
Corriere della Sera

22 gennaio 2006
condivido tutto. ho solo qualche domanda. come mai l'azienda cancellava (prima di questa rivolta) in media 40 voli al giorno? come mai all'appello di fine 2005 mancano 160 milioni di euro di proventi? (non costi... proventi). come mai mancano all'appello TKO, TKT e RASK rispetto al budget? mi chiedo. ma in italia ci si focalizza sempre e solo su: personale lazzarone da cacciare, politica intrusona e taglio dei costi. e i proventi? alle ferrovie han tagliato tutto han mandato via tutti si son dimenticati i proventi e ora non san più cosa fare...

concludo. per fare quello che dice il buon bragantini, che sottolineo condivido, non ci vuole forse un buon pilota? lo ripeto alitalia oggi è sopratutto allo sfascio operativo e commerciale poi ha problemi di personale e di dimensioni...

aggiungo solo. ma sapete che oggi hanno problemi a gestire i rapporti tra la fly e la service? ma sapete che oggi (che formalmente sono due aziende divise) hanno problemi a riempire di contenuti i contratti di fornitura tra le due aziende? cosa centrano i sindacati in questo caso? mistero...
 

malpensante

Bannato
6 Novembre 2005
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bel paese là dove 'l sì suona
Però non è una novità che Cimoli è un "io non me ne capisco di trasporto aereo". Ha tagliato, ma idee non ne può avere.

Vorrei la soluzione Scala: un amministratore delegato NON ITALIANO, fuori dai troppi casini e dai ricatti.
 

TW 843

Senior Member
6 Novembre 2005
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Citazione:Messaggio inserito da marcogiov

Caso Alitalia
Realismo già in fumo. Attenti al rogo finale
La condotta di questi giorni è irresponsabile perché allontana l'unica prospettiva concreta di azione, senza avvicinare alternative più gradite.


Simili ai mitici lemming e guidati dallo stesso istinto, sindacati e dipendenti di Alitalia si suicidano in massa gettandosi dalle rupi in mare. Essi credono che uno Stato che ha bruciato tanti miliardi di euro nella fornace Alitalia sia vittima della coazione a ripetere il proprio comportamento. Troppe volte il contribuente ha già salvato la compagnia, questo è vero.
Ma chi pensa che il fuoco delle banconote scalderà ancora a lungo la scena sbaglia i conti, e di grosso. Ci si dimentica che a seguito dell'aumento di capitale recente, lo Stato è sceso sotto il 50%. Ciò perché gli investitori istituzionali, per lo più esteri, hanno sottoscritto le nuove azioni, in quanto convinti dallo Stato che la compagnia è avviata sulla strada del risanamento.
Ora sindacato e dipendenti, sempre più staccati dalla realtà, smentiscono fragorosamente queste rassicurazioni, continuando a ignorare, nel caso Alitalia, una lunga tradizione di realismo, visto all'opera giusto due giorni fa nella firma del contratto dei metalmeccanici.
Alla radice dell'inasprimento della vertenza sembra esserci l'intenzione di Cimoli, amministratore delegato della compagnia, di far svolgere all'esterno del gruppo, in outsourcing, tutta una serie di attività, come la manutenzione, che ancora si fanno all'interno. Questa forte integrazione verticale è il residuo di un tempo che fu e che non tornerà, irrigidisce la gestione e causa sprechi, rendendo ancor più difficile il risanamento: solo compagnie aeree di ben altre dimensioni, e con un parco velivoli più omogeneo, possono permettersi il lusso della manutenzione interna. Non certo Alitalia.
Se gli investitori entrati nel capitale dovessero vedere i loro euro andare in fumo, insieme a questo ennesimo falò andrebbe bruciata per anni qualsiasi possibilità per Alitalia: i privati sentirebbero nell'aria l'acre odore della perdita e si guarderebbero dal ripetere l'errore. La strada del fallimento e della rinascita dalle ceneri di un nuovo soggetto, libero dai vincoli contrattuali del passato, è stata seguita per Sabena e Swissair; a chi crede che Roma sia ancora caput mundi e al più si spinge a Fiumicino, quella strada parrà remota, ma ancor più lo è una rinazionalizzazione che, anche volendo, ci sarebbe preclusa dall' Unione Europea. Checché ne pensino i nostalgici, Alitalia ha davanti a sé una sola strada: rimettere ordine al proprio interno, raggiungendo finalmente un assetto di volo sostenibile. Con conti economici e situazioni finanziarie in ordine, e senza burrasche sullo schermo radar, essa potrà presentarsi come partner credibile ad un'alleanza internazionale, forse con Air France/Klm, forse con altri. L'acquisto di Volare serve a perseguire questa via, riducendo i costi e portandoli in linea.
La condotta di questi giorni è irresponsabile perché allontana l'unica prospettiva concreta di azione, senza avvicinare alternative più gradite. A meno che le menti (…) della protesta non mirino ad altro: forse a spingere il governo a cacciare Cimoli, forse a tirare in lungo la vertenza così da poter discutere domani magari con un governo di centrosinistra. Sarebbe un errore di calcolo, certo non il primo, ma gravissimo. A parte il fatto che la compagnia non potrebbe sopportare il perdurare del conflitto oltre le elezioni, un nuovo governo di centrosinistra non vorrà assolutamente apparire cedevole rispetto a richieste sindacali che scaturissero dal perdurare per mesi di una vicenda così irragionevole.
Se poi dovesse fallire Cimoli, il suo successore bisognerebbe cercarlo con la lanterna di Diogene. Quale manager con una reputazione da difendere, infatti, accetterebbe di subentrare a un altro cui il governo, incapace di resistere alle lobby organizzate, ha tagliato l'erba sotto i piedi? Dovrebbe pensarci bene il governo, che incontra i sindacati il 25 gennaio, con il viatico della pelosa «solidarietà» del ministro Baccini agli scioperanti.
Chi invece volesse sostituire Cimoli con figuranti disposti a proseguire la tragica farsa di questi giorni, ne troverebbe a iosa. Le menti della protesta si potrebbero allora accomodare in platea, a godersi lo spettacolo del rogo finale.

Salvatore Bragantini
Corriere della Sera

22 gennaio 2006
NEL MARMO, DA INCIDERE NEL MARMO!!!!!
 

TW 843

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6 Novembre 2005
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Citazione:Messaggio inserito da concorde

condivido tutto.
Ma ci sei o ci fai?
Che cosa condividi se nell'articolo c'è scritto che cambiare Cimoli non servirebbe a niente e tu continui a sparare a zero su di lui??? E la coerenza??? E poi chi al suo posto? Forse tu? Ma per favore!
 

FlyIce

Bannato
6 Novembre 2005
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Sciopero masochistico dei dipendenti di terra, già protagonisti dell'ultimo maxi-scipoero selvaggio: quello dell'Aprile 2004.
 

malpensante

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6 Novembre 2005
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bel paese là dove 'l sì suona
C' è una piccola confusione: ci si lamenta di Cimoli dicendo che i risultati di AZ (non pubblicati!) non sono buoni. Obiettivamente ci sono dei problemi operativi (vedi i post di Lorenzo), altrettanto chiari sono i limiti di Cimoli dovuti al fatto che non ha grande esperienza aeronautica. Ma chi l' ha preso dalle Ferrovie lo sapeva. Si comporta da despota, ma chi l' ha nominato Presidente & Amministratore Delegato di un Consiglio di Amministrazione di soli 5 membri in cui l' unico che capisce di aviazione si fa gli affari suoi e non certo quelli di Alitalia (Spinetta di Air France) lo sapeva.

Chi preme per cacciare Cimoli? I sindacati, per obiettivi meschini e soprattutto irrealistici, mirando probabilmente a creare scontento preelettorale, se AZ va in malora chissenefrega. Qualcuno nel Governo soffia sul fuoco, facendo dichiarazioni irresponsabili sul fallimento di Alitalia (peraltro impossibile con un miliardo in cassa) e dimenticando che si tratta di una società quotata in Borsa e che dichiarazioni del genere sono punibili con 12 anni di galera e 15 milioni di euro di multa.

I sindacati (sinistra + Alleanza Nazionale) vogliono di nuovo un manager pappamolla che lasci fare le schifezze di prima, Maroni vuole qualcuno in Alitalia che porti acqua al suo mulino (già il suo amico della Banca Popolare di Lodi è in galera e non foraggia più), Scajola fa le sue marchette con Toto.

Il fine è sputtanare Alitalia per far andare Volare ad Air One nonostante abbia fatto un' offerta inferiore e sicuramente non senza ricevere nulla in cambio e non sto certo parlando del ridicolo volo Albenga-Roma.

Non pretendo che, come in Francia, il Governo tagli le gambe a chi fa concorrenza alla compagnia di bandiera, ma qui fa sborsare ai contribuenti centinaia di milioni per la ricapitalizzazione di Alitalia e poi la sputtana per favorire il principale concorrente, in cambio di una mancia meschina.

L' altro fronte politico contribuisce alla sceneggiata con scioperi illegali e dichiarazioni da denuncia, quelle sui "tecnici stranieri" incapaci di garantire sicurezza agli aerei AZ, salvo che poi scopriamo che non si tratta di tecnici del Burundi, ma di British Airways e KLM.

Si parla tanto di Parmalat e Cirio, ma lo Stato italiano ha chiesto seicento milioni di euro alla Borsa per l' aumento di capitale, ben sapendo che i conti presentati in giro per il mondo erano abbastanza fantasiosi e che il capo dell' azienda sarebbe stato cacciato il prima possibile.

La soluzione non è fare Ctrl-Alt-Del ad Alitalia e ricominciare, ma fare Ctrl-Alt-Canc all' Italia e ricominciare altrove.
 

Boeing747

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Oggi la Baccaro mi pare ben informata: suggerisco di leggere tra le righe.


Crisi Alitalia, oggi sono a rischio 250 voli
Alt allo sciopero ma per i sindacati la mobilitazione va avanti. Domenica sono rimasti a terra 121 aerei

ROMA — I passeggeri di Alitalia sono avvisati: lo sciopero previsto per oggi è stato sospeso, la mobilitazione resta. Risultato: ieri fino alle 19 risultavano cancellati 121 voli rispetto ai 130 stimati per la giornata sull'intera rete. E anche oggi il servizio sarà «residuale»: voleranno solo gli aerei ispezionabili di notte e in altri scali rispetto a quelli della protesta, quindi i ritardi e le cancellazioni potrebbero arrivare a 250. Alitalia consiglia di telefonare al numero verde 800.650055. Intanto le Ferrovie intendono agevolare chi dovesse scegliere il treno e arrivare in stazione all'ultimo momento: il biglietto, dicono, si potrà acquistare «sotto bordo» senza fare file.

MOBILITAZIONE — La sospensione dello sciopero, definita «un segno di responsabilità» dal leader della Cisl, Savino Pezzotta, era un atto abbastanza prevedibile dopo l'invito del governo a palazzo Chigi per mercoledì. Ne hanno discusso ieri mattina a Fiumicino i rappresentanti nazionali e territoriali di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Up concordando sul fatto che «la convocazione, importante e attesa, non è la soluzione dei problemi, ma solo l'inizio della discussione». La soluzione invece «dovrà essere rappresentata dall'insieme di garanzie e certezze che dovranno scaturire dal confronto». «Lo sciopero — dice il segretario nazionale della Fit-Cisl, Claudio Genovesi — verrà riprogrammato senza esitazione nel caso in cui il confronto con il governo non dovesse dare risultati soddisfacenti».
Il sindacato insomma non si fida delle rassicurazioni e tiene alto il livello dello scontro, invitando i lavoratori a non desistere. Anche ieri sono circolati volantini firmati dalle segreterie nazionali che, definendo «intimidatorie» le lettere di diffida diffuse dall'azienda presso i lavoratori, spiegavano che queste in nessun modo possono comportare il licenziamento.

REGOLAMENTI — Non solo. I sindacati hanno raccomandato al personale navigante di attenersi «scrupolosamente e con il massimo rigore» a procedure, norme e manuali. Un'ulteriore modalità capace di rallentare le operazioni d'imbarco e di volo.
L'idea è quella di comunicare ai vertici una grande «potenza di fuoco». Tanto è vero che i sindacati polemizzano anche sui dati diffusi dalla compagnia sulla protesta: «Quando l'azienda dichiara che gli effetti sono modesti — sottolineano — non soltanto offende l'intelligenza dei lavoratori ma quella degli stessi utenti ai quali si nasconde la verità perfino dei dati, si nega la possibilità loro di essere "riprotetti" su altri vettori, dimostrando un inaccettabile livello di disprezzo verso la clientela che andrebbe sanzionato».

Sul merito della vertenza Sandro Degni (Uilt) precisa: «Non scioperiamo per salvare il sindacato e le sue tessere nel settore della manutenzione. Vogliamo solo la garanzia che i lavoratori confluiti in Az Service abbiano un futuro». E ancora: «Oggi noi non chiediamo più aiuti economici — afferma il segretario della Ugl Trasporto aereo, Roberto Panella —, ma un piano industriale idoneo che abbia l'obiettivo di non sperperare l'ultima possibilità di salvataggio. Si tratta di amministrare bene le risorse che sono arrivate con la ricapitalizzazione e rilanciare l'azienda».

IL MANAGER — «Noi non chiederemo mai il cambio di un amministratore delegato — dice il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, in un'intervista televisiva a Lucia Annunziata su Rai3 —. Non è quello che spetta a un sindacato di decidere o di proporre. Spetta all'azionista. Noi però diciamo una cosa: non va bene la gestione manageriale del gruppo. In Alitalia non funziona quasi nulla», in particolare «la manutenzione, che una volta era il fiore all'occhiello». Epifani respinge anche l'accusa secondo cui la sinistra farà fallire la compagnia: «È vero il contrario: se Alitalia ancora vola è grazie al sindacato. C'era metà governo che voleva farla fallire».
Intanto il governo prepara l'incontro di mercoledì. Le posizioni in campo restano molto distanti, con An, Udc e Forza Italia decise a mettere in discussione il mandato di Cimoli, e la Lega che frena. La sintesi dovrà essere trovata in consiglio dei ministri, al più tardi domani.

Antonella Baccaro - CdS