Dal sito di Ettore Sottsass :
" Il progetto per gli interni del nuovo aeroporto della Malpensa intende curare soprattutto le esigenze fisiche, psichiche e in ogni caso complesse, dei viaggiatori, più che le esigenze della rappresentazione pubblica, più che le esigenze della rappresentazione di poteri economici o di immaginati destini del futuro tecnologico.
Abbiamo pensato a un “luogo” più che a un meccanismo o a una macchina che si imponga al passeggero con condizioni reali e metaforiche. Come si è detto, abbiamo pensato a un “luogo” nel quale le informazioni esistano più come suggerimenti che come totalizzanti condizionamenti, informazioni che valgano come accompagnamento al passeggero piuttosto che come invasione aggressiva, nei suoi dubbi, nelle sue perplessità, nella sua stanchezza, nella sua solitudine.
Nel nostro gergo abbiamo chiamato questo progetto, “il progetto di un grande luogo interno opaco”, intendendo un luogo che in un qualche modo si rifà alla memoria di antichi quotidiani paesaggi mediterranei e italiani, nei quali, materiali, colori, ritmi, spazi e proporzioni sono sì controllati dalla mente, cioè dall’ipotesi di un ordine superiore, ma appartengono anche al suolo, alla impassibilità del nostro paesaggio naturale.
Questo progetto lo abbiamo chiamato “opaco” perché abbiamo evitato, fin dove era possibile, la presenza di superfici lucenti, superfici di acciaio, cromo, cristalli, marmi levigati e così via, per evitare l’inflazione di fonti luminose e di riflessi, che rendono faticosa alla percezione mentale e all’occhio la lettura degli spazi. “Opaco” anche perché le superfici liscie, lucidate e dure, riflettono e moltiplicano non soltanto le luci ma anche i suoni, provocando, qualche volta, acuti stress fisici e psichici di ogni genere. I materiali scelti sono perciò pietre fonoassorbenti non lucidate (non marmi), laminati plastici rugosi, intonaci fonoassorbenti ecc.
Questo progetto lo abbiamo chiamato “opaco” anche perché abbiamo cercato di limitare, per quanto possibile, la ridondanza di informazioni luminose, la sovrapposizione negli spazi, di informazioni sopra informazioni. Pensiamo che le informazioni debbano essere non più di quelle necessarie ma collocate esattamente nei luoghi dove l’informazione, appunto, “diventa necessaria”.
Per ottenere un qualche risultato, a proposito di questo problema, abbiamo cercato di ridurre al massimo le zone di distribuzione dei segni di informazione, anzitutto – come si è detto – per non avere sovrapposizioni ottiche o di segnaletica, ma anche per facilitare la ricerca: se cerchi un’informazione di base non può essere che lì, in quella zona ristretta, a due metri e trenta di altezza lungo tutto l’aeroporto.
L’immagine generale risulta da un disegno degli spazi semplice, sereno, lineare, sostenuto da una gamma di colori naturali, vagamente avvolgenti, per antiche memorie, colori non chimici, non televisivi e neanche neutri, da clinica; colori, come già detto, che appartengono da sempre al paesaggio mediterraneo.
Questa generale impostazione è anche stata dettata da una necessità fondamentale; poter comunicare al viaggiatore di qualunque parte del mondo non tanto attraverso uno “stile” o un altro, ma attraverso l’uso accurato del più profondo patrimonio figurativo italiano, che è patrimonio di sensorialità, di colori, di silenzi, di visioni, di modestie, ma anche di rischio e opulenza; comunicare al viaggiatore, dicevamo, il fatto che o è arrivato in Italia, o parte dall’Italia, da nessun altro luogo.
Comunicare anche al viaggiatore che sta partendo o arrivando un’Italia non affannata, non presuntuosa, non aggressiva, non in preda al panico; un’Italia che insegue una cultura dedicata all’uomo.
Ettore Sottsass, settembre 1994 "
Considerazione personale : tutto quanto progettato da sottsass , cosi' come da gae aulenti , non mi piace ne' per le forme ne' per i colori , ne' per i materiali .
Ciao
Alex