Il bello di lavorare con colleghi da mezzo mondo - rectius: da tutto il mondo - è che ogni tanto scappa l'occasione per finalizzare qualche progetto di persona, e quindi di trovarsi in qualche paese a caso. Per questo gruppo di lavoro, metà delle persone è EU/UK based, metà in Australia, un paio in India: fatta la somma e diviso per due, e consideranto che la volta scorsa ci siamo trovati a Cambridge, la media dice che l'India è effettivamente il posto geograficamente migliore per trovarsi. Agosto non è proprio il mese migliore per l'India, ma di certo non ci facciamo problemi. Magari qualcuno, direttamente in loco, ma vediamo più avanti.
L'altra cosa bellissima è che, per policy aziendale, possiamo attaccare ferie ai viaggi di lavoro, pagandoci ovviamente tutte le spese connesse, se il costo del volo non varia rispetto al rientro previsto. Verificato e documentato quanto sopra, anzi facendo risparmiare un altro centinaio di euri buoni rispetto al prezzo per il rientro corretto, decido di provare Magic India e fare una settimana in loco.
I prezzi dei voli sono folli, tecnicamente sui voli sopra le otto ore è prevista la Y+ ma in andata è assolutamente improponibile; alcuni colleghi non se ne preoccuperebbero e spenderebbero comunque tremila neuri, io mi faccio qualche problema e quindi l'andata sarà in Y con gli orari più comodi che trovo. Al ritorno la Y+ in effetti costava circa duecento euro in meno dell'economy, i misteri del revenue management che non capirò mai. Lufthansa Konzern era la più economica, ma siamo comunque su prezzi abbastanza fuori controllo (prenotato più di tre mesi prima, per inciso).
Parto come sempre sulla fida S50, che paradossalmente arriva dalla Svizzera (da Biasca), direzione Malpensa. È una luminosa e calda, ma non asfissiante, mattina di quasi metà agosto. Mi rendo conto sotto il sole che ho dimenticato il cappellino e, visto che sto per perdere i pantaloni, anche la cintura. Inizia bene quello che è il mio primo (medio)-lungo raggio dalla fine della pandemia. Qualcuno mi lancia pure l'anatema: "il non avere la cintura addosso si rivelerà un fattore chiave quando - inevitabilmente - lo squaraus ti coglierà in terra indiana...". Sento il grassettocorsivo di quel "inevitabilmente" proiettare tutta la sfiga del mondo su di me.
Il grande esodo è passato, le scuole sono chiuse, per cui sul treno c'è ampio spazio, tanto che non mi preoccupo neppure di andare verso la prima classe, come prevederebbe qualsiasi biglietto da/per MXP.
A Ferno-Lonate Pozzolo (che il diavolo se le porti, 'ste stazioni del menga) si svampa il treno: è come i flipper, ha ricevuto una botta e si è resettato da solo. Stiamo dieci minuti senza luce, senza aria condizionata, senza avvisi. Poi un trillo degno di un 386 con 4Mb di RAM e gli schermi a soffitto si riavviano, col BIOS di Windows 3.11 che parte.
Arrivati infine a Malpensa, evito una delle scale mobili rotte (ma va! Chi l'avrebbe mai detto che la manutenzione SEA fa pena), e vado gioioso al check-in combinato Swiss/Lufthansa/Austrian/Brussels/Eurowings. Arriva il mio turno, invero velocemente, deposito la documentazione sul banco, la valigia sul nastro, e la signorina mi chiede il visto/eVisa.
"Mmhh è lì, la stampata del visto, quello che appare al termine della procedura"
"No no, c'è un'altra schermata. È sicuro di non averlo stampato?"
"Ma no, c'era scritto che l'unico documento sarebbe stata quella schermata. Guardi, è qui, ho ancora accesso" (prendo il telefonino e le faccio vedere la schermata. Il panico mi assale)
"Qui qui, deve cliccare qui e quindi scaricare l'eVisa"
"Perdincibacco e acciderbolina! Dove posso farlo stampare, ora?"
"Vada lì alla biglietteria, le fanno pagare cinque euro ma almeno parte"
Recupero documentazione varia, la valigia, esco dalla fila, vado nella fila dei disperati in biglietteria, e dopo un quarto d'ora di tribolazioni riesco a far stampare il benedetto eVisa. Mannaggia alla demenziale burocrazia indiana.
Torno al check-in, ricapito con la stessa signorina, e rifacciamo tutto da capo. Mi sento un po' il pirlacchione che non ha mai messo piede fuori dal villaggio. Soddisfatta dalla quantità di documentazione (corretta) prodotta e soprattutto dall'eVisa stampato, mi accetta la valigia e mi dà le carte d'imbarco per entrambi i voli.
Ho ancora tempo, per fortuna arrivo sempre in aeroporto con largo anticipo; nonostante l'aeroporto sembri uno zoo, i controlli sicurezza sono veloci e finalmente scopro l'utilità di un duty free: comprare una cintura. Sono pezzente quindi vado da Carpisa, che per 20 euro risolve il problema, buco aggiuntivo incluso.
Oggi Malpensa sembra un aeroporto vero, tanti aerei e tante persone, incluso questo Embraer special livery polacco.
Passato indenne il resto dello sbrilluccicante duty-free, è ora di entrare nel girone tristissimo del Satellite A, con il suo antico granigliato nero e pareti verdi & crema. Sottsass...
Tra una cosa e l'altra, non devo attendere molto per imbarcare su questo volo Swiss ma operato da AirBaltic in wet-lease. C'è penuria di aerei: Airbus vari, sia 220 che 320, sono al prato grazie ai problemi con i geared turbofan di Pratt&Whitney, problema che richiederà ancora un paio di anni per essere, si spera, risolto; e quindi si prendono aerei da chiunque ne abbia disponibili.
Schiacciati a sinistra da un volo Ryanair per Lamezia, e a destra da uno Air France per Parigi, ci si inventa due specie di file. L'imbarco parte in orario ma alle 10:45, orario previsto di partenza, stiamo ancora imbarcando passeggeri.
Tratta: Milan-Malpensa (MXP) >>> Zurich (ZRH)
Volo: LX 1613 op by AirBaltic
Aereo: Airbus A220-300 (Bombardier CS-300)
Marche: YL-ABB
Età: 2.1 anni
Posto: 27A
Sched/Actual: 1133-1214 // 1045-1140
Durata volo: 47′
Gate: K08
L'equipaggio, come l'aereo - essendo un wet-lease - sono di AirBaltic e l'unica personalizzazione di Swiss è la federina sopra il poggiatesta (che, tecnicamente, si chiama antimacassar) e la rivista di bordo/buy-on-board. Lo spazio per le gambe è sufficiente anche con lo zainetto in mezzo ai piedi.
FlighRadar mi dice che il volo è previsto in partenza alle 11 e qualche minuto; poco male, di solito il tempo di volo da Malpensa a Zurigo è raramente sopra i 30/35 minuti anche atterrando da nord, per cui un'ora di connessione dovrebbe essere più che sufficiente.
Senonché il capocabina, dopo essere passato e ripassato almeno tre volte con l'affarino per contare i passeggeri, annuncia: Dear passengers please check your boarding pass, seat number and final destination - this is flight LX 1613 to Zurich. We have one extra passenger onboard. If this is not your flight, please immediately contact a member of the crew.
Tra uno sfrusciare di carte d'imbarco, qualche madonna che si alza tra i ueeefeega con le connessioni a rischio, e farfugliare semi-divertito di qualche passeggero che la prende sul ridere, fanno un ultimo controllo persona-a-persona sulla carta d'imbarco. Ne risulta che non c'è nessun portoghese e che possiamo finalmente chiedere la messa in moto. Qualche milanese ueefeega intanto fa il cinema con le assistenti di volo perché il volo è in ritardo e perderanno la connessione. Tecnicamente pure la mia è a rischio, ora molto concreto, di saltare.
Il comandante ci comunica che il nostro slot è alle 11.30 ed effettivamente partiremo solo alle 11.33.
Facciamo la parata dei cargo alla cargocity, è sempre un piacere vedere livree così colorate, tra cui si nasconde la coda di un 787 Azerbaijan Airlines - Aliyev in gita-shopping al Serravalle Outlet?
Decolliamo con brio, e notevolissimo ritardo, dalla 35L, con superba vista sui satelliti.
Los Norteamericanos occupano militarmente il Sat C - Delta, Delta, American che ha appena staccato (fuori foto) e Air Canada in livrea Star Alliance, con LATAM che estende il dominio dalla sezione meridionale del continente. Sullo sfondo, Volandia, alle ex officine Caproni.
Visto che il progetto di Malpensa è nato vecchio, non ci sono abbastanza jetbridge per tutti; quindi, a rotazione, si va ai remoti. Oggi tocca a Singapore Airlines ed Ethiopian, per una doppietta tutta made in Tolosa (Airbus 350).
Il volo da Malpensa a Zurigo di solito è quasi sempre una riga dritta. Passiamo sopra Varese, con il Sacro Monte prima e il centro città poi. Si vede anche casa!
Luino. Dall'altra parte, sulla riviera dei bogianen, Cannero Riviera; che se a Luino ci si taglia le vene, a Cannero Riviera occorre andare a Luino pure per tagliarsi le vene.
Passiamo sopra le Alpi e viene offerto il solito rinfresco: acqua e cioccolatino. Negli anni, la bottiglietta d'acqua si è rimpicciolita. Shrinkflation.
In compenso si può comprare un tagliere, mangiarne il contenuto, e portarsi a casa il tagliere in legno.
Siamo in avvicinamento e, se non andiamo in holding o altro, potrei ancora riuscirci con una corsetta tra i terminal. Su Zurigo, però, regna l'apocalisse.
Facciamo il giro lungo fino quasi a Basilea prima di atterrare per pista 14. La centrale idroelettrica di Eglisau-Glattfelden, sul Reno, risale al 1920. Parte delle attrezzature e opere d'arte che sono tecnicamente in acque e territorio tedesco, dato che il confine scorre lungo la linea mediana del Reno. La centrale è visitabile.
Atterriamo sballottati dal vento. Un macinacaffè United lascia una scia che non si vedeva dai tempi dei Dc-8.
Pascoliamo per il terminal, sicuro andremo allo stand più remoto di tutto l'aeroporto.
Salutiamo gli spotter sulla terrazza. Significa che sì, andremo allo stand più remoto di tutto l'aeroporto.
Appena blocchiamo, si alzano tutti in piedi, sopratutto chi ha una connessione ormai praticamente persa, come il sottoscritto - non che mi possa alzare, visto che sono lato finestrino. Appena esco, vedo un'addetta in uniforme Swiss con un cartello DELHI in mano che urla Passegiere nach Delhi, Passengers to Delhi?
Mi avvicino e le dico che sono prenotato sul Delhi. Mi fa salire su un pullmino insieme ad altri 5 pax - tutti per Delhi, tranne un infiltrato per Dubai.
Col pullmino facciamo un piccolo giro turistico, e ci fermiamo a quello che sembra l'ingresso del terminal - non proprio: è una specie di punto di transito EU/ExtraEU completamente dedicato ai transfer sottobordo. Scendiamo, la signora apre la porta con il badge; dietro - separato dal resto del terminal da una vetrata continua - c'è un controllo passaporto manuale gestito da due finanzieri che controllano velocemente i documenti, fanno passare dall'altra parte, che sbuca su una porta a fianco a quella da dove siamo entrati - ma separata da un secondo vetro, fisso - che la stessa autista ci riapre per farci tornare sullo stesso pulmino, per guidarci al terminal E da dove partono entrambi i voli di noi fortunati. Tanta ammirazione per l'efficienza, e un vivo ringraziamento a chiunque abbia pensato di mettere insieme un sistema simile per le connessioni strette (door-to-door in 15 minuti).
Portati al satellite E, la stessa signora ci accompagna di persona di fronte al gate, dove siamo gli ultimissimi a imbarcare, nonostante l'aereo sia in ritardo di mezz'ora (probabilmente per aspettare noi o qualche altro sfortunato nella roulette dei transiti). Al gate l'addetta ricontrolla tutti i documenti - eVisa please? Certo che ce l'ho questa volta. Carta d'imbarco validata e via verso il jetbridge.
Tratta: Zurich (ZRH) >>> Delhi Indira Gandhi International (DEL)
Volo: LX 146
Aereo: Airbus A330-300
Marche: HB-JHC
Età: 14.1 anni
Posto: 40A
Sched/Actual: 1305-0015+1 // 1235-2350
Durata volo: 7h 40'
Gate: E56
Saluto l'equipaggio in evidente trafelazione, mentre tutti (ma proprio tutti) mi guardano mentre imbarco per ultimo, probabilmente pensando che abbia tardato a salire a bordo per mangiare cioccolato e comprare un Rolex. Magari...
Faccio cortesemente alzare i due colleghi di fila indiani che mi accompagneranno sui posti 40B e 40C, praticamente quando l'aereo atterra a Delhi io sarò ancora sull'Afghanistan o giù di lì. Le cappelliere sono piene, escluso che possa metterci lo zainetto - non mi sconfinfera l'idea di fare della fotocamera una sbrisolona. Il problema è che i 330 di Swiss dovrebbero essere riconfigurati o mandati al macero, perché non si può proprio vedere un aereo, nel 2024, con ancora la scatoletta dell'IFE in mezzo ai piedi - letteralmente.
Praticamente rulliamo che devo ancora allacciarmi la cintura, sotto uno di quei cieli che fanno venire voglia di un camino, cioccolata calda e una coperta.
Rulliamo per decollare da pista 16 (come tutti i widebody a Zurigo), mentre un 320 decolla da pista 10.
Satellite E e globalizzazione aeronautica.
Il volo è pieno e, a parte la mia valigia che quasi sicuramente è da qualche parte dentro le budella dell'aeroporto, saremo sicuramente pieni di cargo e bagagli. Stacchiamo circa a metà tra Terminal A e Terminal B, con il B alla sinistra della foto.
Un bel fronte temporalesco si sta avvicinando rapidamente all'aeroporto da nord-est, noi andiamo per fortuna in direzione opposta.
Questo tempo è sempre garanzia di foto drammatiche
Passiamo a sud di Winterthur, la sesta città svizzera per popolazione. Un tempo la Mecca dell'industria ferroviaria svizzera e sede della SLM (poi Sulzer), che aveva la propria fabbrica lungo i fasci dei binari. Della fabbrica-quartiere (visitabile) rimane pochissimo del passato prettamente industriale, visto che il quadrante è stato riconvertito e oggi ospita, tra le tante cose, la ex sede della Winterthur Assicurazioni, fagocitata dai francesi di AXA qualche anno fa per 8 miliardi di euro. Il centro di Winterthur è carino e merita la visita in giornata se siete a Zurigo.
Dell'IFE antediluviano abbiamo già detto? Dico, oltre alla scatoletta in mezzo ai piedi. Lo schermo è mignon, con risoluzione degna di un Nokia 3310, ed è mezzo scardinato; almeno è touch e il telecomando a filo, che fa molto 2003, può rimanere nel bracciolo. Le cuffiette sono terribili ma senza adattatore non posso usare le mie...
La selezione dei film è decente, decido di guardare House of Gucci. Carino. Sopra la Carinzia servono un piccolo aperitivo. Ginger ale per me.
Lago Balaton, tutte le foto sono col telefonino perché non ho lo spazio fisico per tirare fuori anche la fotocamera
si iniziano a vedere le assistenti di volo andare avanti e indietro a consegnare i pasti speciali (immagino quasi tutti hindu/jain meals).
A quanto pare, non c'è scelta dell'opzione calda: indian meal o indian meal. Non viene neppure detto che c'è solo un'opzione - le assitenti di volo ti rifilano il vassoio così com'è. Riso basmati, dahl di lenticchie, curry di pollo e ceci, con un'antipasto che sembra un'insalata capricciosa e un tortino soffice al cacao come dolce, che servirebbero sei litri d'acqua per deglutirlo. Ad accompagnare, un rettangolo di Appenzeller e pane caldo che diventa di marmo dopo 15 minuti! Non sono un grande fan del pasto, che per me è già oltre la soglia del piccante (tanti auguri a me per le prossime due settimane!).
La temperatura a bordo è simile all'inverno svizzero e la maggior parte dei pax è imbacuccata nella coperta; il mio vicino porta il concetto all'estremo.
Intanto le luci di cabina vengono messe in modalità tramonto.
Anche fuori è in modalità tramonto, ma dopo essere passato per acidi.
Non potendo usare i miei auricolari in-ear, mi godo le gioie di un volo con marmocchi piangenti e la rumorosità intrinseca di un aereo progettato a fine anni '80. I tagli post-covid, pur con i profitti record che le compagnie stanno facendo di questi periodi, colpisce tutto; niente menu, niente rivista di bordo. Mi consolo guardando Death on the Nile, piacevole.
Poco prima che venga consegnato uno snack pre-atterraggio, faccio un salto alla toilette, aprofittando di un momento di veglia dei miei due vicini. Ammirevole lo stato dei bagni, invero puliti considerando le storie dell'orrore che si leggono su a.net e si sentono su radio galley riguardo i voli per il subcontinente, e nonostante il curry+dahl.
Piccolo snack pre-atterraggio. Il lattice pastry (che non è un condom ripieno, ma è chiamato così per la decorazione superficiale) è abbastanza tremendo, cumino e menta insieme non sono per nulla di mio gusto. Si salva il gelato al mango.
Siamo ormai in dirittura d'arrivo; non credo di avere più le gambe, e anche il fondoschiena dovrebbe essersi perso tra Tehran e l'Afghanistan, grazie al sedile sfondato e alla vetusta cabina svizzera.
L'inquinamento luminoso di Delhi e dintorni credo abbia un concorrente solo nell'inquinamento atmosferico che insiste sulla stessa area.
Atterriamo all'Indira Ghandi International con solo una ventina di minuti di ritardo. Attracchiamo ad un jetbridge, e lo sbarco richiede davvero tantissimo - sarà che sono stanco, sarà che l'aereo è pieno. La camminata per il terminal è piuttosto lunga; l'attesa per il controllo documenti altrettanto. Il finanziere indiano, che avrà avuto 12 anni, non riesce a riconciliare la foto del passaporto (senza barba) con la faccia reale (con barba) e mi continua a dire che la barba mi rende davvero un'altra persona. Delle dodicimila carte (invito, biglietto da visita, copia prenotazione hotel, la fottutissima stampata dell'eVisa, ecc ecc) non gliene frega una mazza.
Dopo 15 minuti buoni di attesa, mi lascia andare e, con la stessa certezza di ritrovare la valigia che avevo nella vittoria alla finale dei Mondiali di USA 94, trotto verso il nastro del ritiro bagagli. Sono passati circa 40 minuti dall'atterraggio e ancora non ci sono tutti; litigo col WiFi dell'aeroporto e, nei pochi attimi in cui riesco a farlo funzionare, Swiss mi comunica che il mio bagaglio ha vinto una soggiorno premio a Zurigo. Surprise surprise! Cerco di capire qual è l'ufficio dell'handler competente per fare la dichiarazione di delayed baggage, lo trovo dopo aver chiesto a tre persone che mi danno tre informazioni diverse, e compilo la dichiarazione col supporto (morale) di tre impiegati che, nel giro di solo altri 40 minuti, mi danno un modulo con un QR code e un reference number. Mi viene dato in gentile omaggio una washbag Star Alliance che dovrebbe alleviare le mie pene - non so cosa ci sia dentro, lo scoprirò solo in hotel.
Alleggerito dei miei beni materiali, con solo il mio zainetto e la washbag, tra uno sprazzo di connettività e l'altro riesco a messaggiare con l'autista dell'hotel che mi sta aspettando da un'ora e mezza. Esco, non lo trovo, anche perché non c'è - è tornato in hotel e ora sta tornando in aeroporto. Stanco e rincoglionito, mi dimentico di prelevare qualche rupia. Evito, sempre causa rincoglionimento, anche il banchetto della Airtel o come si chiama, ma in questo caso credo mi sia andata bene: stando a Google è in pratica una truffa - occorre un numero indiano di appoggio (un amico o un conoscente) per l'attivazione, senza che al banchetto te lo dicano!
Finalmente trovo l'autista, che mi guida per i parcheggi dell'aeroporto; fuori ci sono duemilioni di gradi e l'umidità di una serra tropicale. Dobbiamo salire al secondo piano - entriamo in un vecchio, buio, sporco e assai soffocante ascensore. Ho paura di avere un attacco di ansia e/o claustrofobico, ma non so come resisto e mi faccio i complimenti da solo, dicendo tra me e me che alla fine non era così tremendo. Saliamo in auto e la temperatura scende, in pochi minuti da 35 a 15 gradi. L'autista è ciarliero, parliamo un po' del più e del meno, interrotti dall'occasionale grande successo pop in hindi o punjabi che il nostro canticchia con trasporto.
Sono stato in paesi dove il traffico è tremendo e i rudimenti della guida un optional; ma laddove ciò era accompagnato da un senso di gioiosa scoperta e avventura, qui c'è solo terrore: auto contromano (non una, ma decine, di seguito, a formare un nuova corsia), svolte a caso, persone e animali sulle strade a grande scorrimento, corsie inesistenti, luci di posizione spente anche di notte oppure abbaglianti ad altezza pupille, invisibili tuk-tuk che fanno la gimkana tra tir e autobus. Brividi.
Il percorso è quasi tutto su express way, in mezzo a grattacieli e shopping mall ultramoderni della cosiddetta Cyber City, tutta costruita (o quasi) da un unico sviluppatore, DLF, il cui logo spunta quasi ovunque; sembra la sede del dottor Male. A Gurgaon/Gurugram, mia destinazione, hanno sede la maggior parte delle aziende straniere (per lo più europee, coreane e giapponesi) ed è quindi sede di una folta comunità expat. L'hotel è al margine nord-orientale della città, a circa 20 minuti dall'aeroporto.
All'ingresso dell'hotel, tutte le auto vengono fatte fermare e controllate per esplosivi (con i cani) e con specchi per verificare che non ci siano bombe sotto il pianale - incluse le auto di proprietà dell'hotel stesso, come in questo caso.
Entro in hotel e vado alla reception, finalmente; faccio check-in, commentiamo con la giovane addetta che oggi viaggio leggero (Ha! Haha! Ha ha hahaha. Ha.) e prendo finalmente possesso della mia stanza. L'hotel, un Le Meridien, è stato prenotato dai nostri partners in crime australiani, primo perché è vicino al loro ufficio, dove avremo i nostri meeting; secondo, perché hanno un contratto con un ottimo prezzo.
Non avendo valigia di disfare, non faccio altro che aprire la washbag, constatare che li contenuto è pressoché inutile a parte una maglietta in misto cotone-poliestere-pvc quattro taglie più grossa di me e che fa le scintille solo a guardarla, ma che mi consente di avere qualcosa di pulito da indossare domani, e un deodorante stick.
Stanco e assonnato, riesco a non affogare sotto la doccia e ad addormentarmi quasi subito.
- Continua -
DaV
L'altra cosa bellissima è che, per policy aziendale, possiamo attaccare ferie ai viaggi di lavoro, pagandoci ovviamente tutte le spese connesse, se il costo del volo non varia rispetto al rientro previsto. Verificato e documentato quanto sopra, anzi facendo risparmiare un altro centinaio di euri buoni rispetto al prezzo per il rientro corretto, decido di provare Magic India e fare una settimana in loco.
I prezzi dei voli sono folli, tecnicamente sui voli sopra le otto ore è prevista la Y+ ma in andata è assolutamente improponibile; alcuni colleghi non se ne preoccuperebbero e spenderebbero comunque tremila neuri, io mi faccio qualche problema e quindi l'andata sarà in Y con gli orari più comodi che trovo. Al ritorno la Y+ in effetti costava circa duecento euro in meno dell'economy, i misteri del revenue management che non capirò mai. Lufthansa Konzern era la più economica, ma siamo comunque su prezzi abbastanza fuori controllo (prenotato più di tre mesi prima, per inciso).
Parto come sempre sulla fida S50, che paradossalmente arriva dalla Svizzera (da Biasca), direzione Malpensa. È una luminosa e calda, ma non asfissiante, mattina di quasi metà agosto. Mi rendo conto sotto il sole che ho dimenticato il cappellino e, visto che sto per perdere i pantaloni, anche la cintura. Inizia bene quello che è il mio primo (medio)-lungo raggio dalla fine della pandemia. Qualcuno mi lancia pure l'anatema: "il non avere la cintura addosso si rivelerà un fattore chiave quando - inevitabilmente - lo squaraus ti coglierà in terra indiana...". Sento il grassettocorsivo di quel "inevitabilmente" proiettare tutta la sfiga del mondo su di me.

Il grande esodo è passato, le scuole sono chiuse, per cui sul treno c'è ampio spazio, tanto che non mi preoccupo neppure di andare verso la prima classe, come prevederebbe qualsiasi biglietto da/per MXP.

A Ferno-Lonate Pozzolo (che il diavolo se le porti, 'ste stazioni del menga) si svampa il treno: è come i flipper, ha ricevuto una botta e si è resettato da solo. Stiamo dieci minuti senza luce, senza aria condizionata, senza avvisi. Poi un trillo degno di un 386 con 4Mb di RAM e gli schermi a soffitto si riavviano, col BIOS di Windows 3.11 che parte.

Arrivati infine a Malpensa, evito una delle scale mobili rotte (ma va! Chi l'avrebbe mai detto che la manutenzione SEA fa pena), e vado gioioso al check-in combinato Swiss/Lufthansa/Austrian/Brussels/Eurowings. Arriva il mio turno, invero velocemente, deposito la documentazione sul banco, la valigia sul nastro, e la signorina mi chiede il visto/eVisa.
"Mmhh è lì, la stampata del visto, quello che appare al termine della procedura"
"No no, c'è un'altra schermata. È sicuro di non averlo stampato?"
"Ma no, c'era scritto che l'unico documento sarebbe stata quella schermata. Guardi, è qui, ho ancora accesso" (prendo il telefonino e le faccio vedere la schermata. Il panico mi assale)
"Qui qui, deve cliccare qui e quindi scaricare l'eVisa"
"Perdincibacco e acciderbolina! Dove posso farlo stampare, ora?"
"Vada lì alla biglietteria, le fanno pagare cinque euro ma almeno parte"
Recupero documentazione varia, la valigia, esco dalla fila, vado nella fila dei disperati in biglietteria, e dopo un quarto d'ora di tribolazioni riesco a far stampare il benedetto eVisa. Mannaggia alla demenziale burocrazia indiana.
Torno al check-in, ricapito con la stessa signorina, e rifacciamo tutto da capo. Mi sento un po' il pirlacchione che non ha mai messo piede fuori dal villaggio. Soddisfatta dalla quantità di documentazione (corretta) prodotta e soprattutto dall'eVisa stampato, mi accetta la valigia e mi dà le carte d'imbarco per entrambi i voli.
Ho ancora tempo, per fortuna arrivo sempre in aeroporto con largo anticipo; nonostante l'aeroporto sembri uno zoo, i controlli sicurezza sono veloci e finalmente scopro l'utilità di un duty free: comprare una cintura. Sono pezzente quindi vado da Carpisa, che per 20 euro risolve il problema, buco aggiuntivo incluso.
Oggi Malpensa sembra un aeroporto vero, tanti aerei e tante persone, incluso questo Embraer special livery polacco.

Passato indenne il resto dello sbrilluccicante duty-free, è ora di entrare nel girone tristissimo del Satellite A, con il suo antico granigliato nero e pareti verdi & crema. Sottsass...

Tra una cosa e l'altra, non devo attendere molto per imbarcare su questo volo Swiss ma operato da AirBaltic in wet-lease. C'è penuria di aerei: Airbus vari, sia 220 che 320, sono al prato grazie ai problemi con i geared turbofan di Pratt&Whitney, problema che richiederà ancora un paio di anni per essere, si spera, risolto; e quindi si prendono aerei da chiunque ne abbia disponibili.

Schiacciati a sinistra da un volo Ryanair per Lamezia, e a destra da uno Air France per Parigi, ci si inventa due specie di file. L'imbarco parte in orario ma alle 10:45, orario previsto di partenza, stiamo ancora imbarcando passeggeri.

Tratta: Milan-Malpensa (MXP) >>> Zurich (ZRH)
Volo: LX 1613 op by AirBaltic
Aereo: Airbus A220-300 (Bombardier CS-300)
Marche: YL-ABB
Età: 2.1 anni
Posto: 27A
Sched/Actual: 1133-1214 // 1045-1140
Durata volo: 47′
Gate: K08
L'equipaggio, come l'aereo - essendo un wet-lease - sono di AirBaltic e l'unica personalizzazione di Swiss è la federina sopra il poggiatesta (che, tecnicamente, si chiama antimacassar) e la rivista di bordo/buy-on-board. Lo spazio per le gambe è sufficiente anche con lo zainetto in mezzo ai piedi.

FlighRadar mi dice che il volo è previsto in partenza alle 11 e qualche minuto; poco male, di solito il tempo di volo da Malpensa a Zurigo è raramente sopra i 30/35 minuti anche atterrando da nord, per cui un'ora di connessione dovrebbe essere più che sufficiente.
Senonché il capocabina, dopo essere passato e ripassato almeno tre volte con l'affarino per contare i passeggeri, annuncia: Dear passengers please check your boarding pass, seat number and final destination - this is flight LX 1613 to Zurich. We have one extra passenger onboard. If this is not your flight, please immediately contact a member of the crew.
Tra uno sfrusciare di carte d'imbarco, qualche madonna che si alza tra i ueeefeega con le connessioni a rischio, e farfugliare semi-divertito di qualche passeggero che la prende sul ridere, fanno un ultimo controllo persona-a-persona sulla carta d'imbarco. Ne risulta che non c'è nessun portoghese e che possiamo finalmente chiedere la messa in moto. Qualche milanese ueefeega intanto fa il cinema con le assistenti di volo perché il volo è in ritardo e perderanno la connessione. Tecnicamente pure la mia è a rischio, ora molto concreto, di saltare.
Il comandante ci comunica che il nostro slot è alle 11.30 ed effettivamente partiremo solo alle 11.33.

Facciamo la parata dei cargo alla cargocity, è sempre un piacere vedere livree così colorate, tra cui si nasconde la coda di un 787 Azerbaijan Airlines - Aliyev in gita-shopping al Serravalle Outlet?

Decolliamo con brio, e notevolissimo ritardo, dalla 35L, con superba vista sui satelliti.

Los Norteamericanos occupano militarmente il Sat C - Delta, Delta, American che ha appena staccato (fuori foto) e Air Canada in livrea Star Alliance, con LATAM che estende il dominio dalla sezione meridionale del continente. Sullo sfondo, Volandia, alle ex officine Caproni.

Visto che il progetto di Malpensa è nato vecchio, non ci sono abbastanza jetbridge per tutti; quindi, a rotazione, si va ai remoti. Oggi tocca a Singapore Airlines ed Ethiopian, per una doppietta tutta made in Tolosa (Airbus 350).

Il volo da Malpensa a Zurigo di solito è quasi sempre una riga dritta. Passiamo sopra Varese, con il Sacro Monte prima e il centro città poi. Si vede anche casa!


Luino. Dall'altra parte, sulla riviera dei bogianen, Cannero Riviera; che se a Luino ci si taglia le vene, a Cannero Riviera occorre andare a Luino pure per tagliarsi le vene.

Passiamo sopra le Alpi e viene offerto il solito rinfresco: acqua e cioccolatino. Negli anni, la bottiglietta d'acqua si è rimpicciolita. Shrinkflation.


In compenso si può comprare un tagliere, mangiarne il contenuto, e portarsi a casa il tagliere in legno.

Siamo in avvicinamento e, se non andiamo in holding o altro, potrei ancora riuscirci con una corsetta tra i terminal. Su Zurigo, però, regna l'apocalisse.


Facciamo il giro lungo fino quasi a Basilea prima di atterrare per pista 14. La centrale idroelettrica di Eglisau-Glattfelden, sul Reno, risale al 1920. Parte delle attrezzature e opere d'arte che sono tecnicamente in acque e territorio tedesco, dato che il confine scorre lungo la linea mediana del Reno. La centrale è visitabile.

Atterriamo sballottati dal vento. Un macinacaffè United lascia una scia che non si vedeva dai tempi dei Dc-8.

Pascoliamo per il terminal, sicuro andremo allo stand più remoto di tutto l'aeroporto.

Salutiamo gli spotter sulla terrazza. Significa che sì, andremo allo stand più remoto di tutto l'aeroporto.

Appena blocchiamo, si alzano tutti in piedi, sopratutto chi ha una connessione ormai praticamente persa, come il sottoscritto - non che mi possa alzare, visto che sono lato finestrino. Appena esco, vedo un'addetta in uniforme Swiss con un cartello DELHI in mano che urla Passegiere nach Delhi, Passengers to Delhi?

Mi avvicino e le dico che sono prenotato sul Delhi. Mi fa salire su un pullmino insieme ad altri 5 pax - tutti per Delhi, tranne un infiltrato per Dubai.

Col pullmino facciamo un piccolo giro turistico, e ci fermiamo a quello che sembra l'ingresso del terminal - non proprio: è una specie di punto di transito EU/ExtraEU completamente dedicato ai transfer sottobordo. Scendiamo, la signora apre la porta con il badge; dietro - separato dal resto del terminal da una vetrata continua - c'è un controllo passaporto manuale gestito da due finanzieri che controllano velocemente i documenti, fanno passare dall'altra parte, che sbuca su una porta a fianco a quella da dove siamo entrati - ma separata da un secondo vetro, fisso - che la stessa autista ci riapre per farci tornare sullo stesso pulmino, per guidarci al terminal E da dove partono entrambi i voli di noi fortunati. Tanta ammirazione per l'efficienza, e un vivo ringraziamento a chiunque abbia pensato di mettere insieme un sistema simile per le connessioni strette (door-to-door in 15 minuti).
Portati al satellite E, la stessa signora ci accompagna di persona di fronte al gate, dove siamo gli ultimissimi a imbarcare, nonostante l'aereo sia in ritardo di mezz'ora (probabilmente per aspettare noi o qualche altro sfortunato nella roulette dei transiti). Al gate l'addetta ricontrolla tutti i documenti - eVisa please? Certo che ce l'ho questa volta. Carta d'imbarco validata e via verso il jetbridge.

Tratta: Zurich (ZRH) >>> Delhi Indira Gandhi International (DEL)
Volo: LX 146
Aereo: Airbus A330-300
Marche: HB-JHC
Età: 14.1 anni
Posto: 40A
Sched/Actual: 1305-0015+1 // 1235-2350
Durata volo: 7h 40'
Gate: E56

Saluto l'equipaggio in evidente trafelazione, mentre tutti (ma proprio tutti) mi guardano mentre imbarco per ultimo, probabilmente pensando che abbia tardato a salire a bordo per mangiare cioccolato e comprare un Rolex. Magari...
Faccio cortesemente alzare i due colleghi di fila indiani che mi accompagneranno sui posti 40B e 40C, praticamente quando l'aereo atterra a Delhi io sarò ancora sull'Afghanistan o giù di lì. Le cappelliere sono piene, escluso che possa metterci lo zainetto - non mi sconfinfera l'idea di fare della fotocamera una sbrisolona. Il problema è che i 330 di Swiss dovrebbero essere riconfigurati o mandati al macero, perché non si può proprio vedere un aereo, nel 2024, con ancora la scatoletta dell'IFE in mezzo ai piedi - letteralmente.

Praticamente rulliamo che devo ancora allacciarmi la cintura, sotto uno di quei cieli che fanno venire voglia di un camino, cioccolata calda e una coperta.

Rulliamo per decollare da pista 16 (come tutti i widebody a Zurigo), mentre un 320 decolla da pista 10.

Satellite E e globalizzazione aeronautica.

Il volo è pieno e, a parte la mia valigia che quasi sicuramente è da qualche parte dentro le budella dell'aeroporto, saremo sicuramente pieni di cargo e bagagli. Stacchiamo circa a metà tra Terminal A e Terminal B, con il B alla sinistra della foto.

Un bel fronte temporalesco si sta avvicinando rapidamente all'aeroporto da nord-est, noi andiamo per fortuna in direzione opposta.

Questo tempo è sempre garanzia di foto drammatiche

Passiamo a sud di Winterthur, la sesta città svizzera per popolazione. Un tempo la Mecca dell'industria ferroviaria svizzera e sede della SLM (poi Sulzer), che aveva la propria fabbrica lungo i fasci dei binari. Della fabbrica-quartiere (visitabile) rimane pochissimo del passato prettamente industriale, visto che il quadrante è stato riconvertito e oggi ospita, tra le tante cose, la ex sede della Winterthur Assicurazioni, fagocitata dai francesi di AXA qualche anno fa per 8 miliardi di euro. Il centro di Winterthur è carino e merita la visita in giornata se siete a Zurigo.

Dell'IFE antediluviano abbiamo già detto? Dico, oltre alla scatoletta in mezzo ai piedi. Lo schermo è mignon, con risoluzione degna di un Nokia 3310, ed è mezzo scardinato; almeno è touch e il telecomando a filo, che fa molto 2003, può rimanere nel bracciolo. Le cuffiette sono terribili ma senza adattatore non posso usare le mie...



La selezione dei film è decente, decido di guardare House of Gucci. Carino. Sopra la Carinzia servono un piccolo aperitivo. Ginger ale per me.

Lago Balaton, tutte le foto sono col telefonino perché non ho lo spazio fisico per tirare fuori anche la fotocamera

A quanto pare, non c'è scelta dell'opzione calda: indian meal o indian meal. Non viene neppure detto che c'è solo un'opzione - le assitenti di volo ti rifilano il vassoio così com'è. Riso basmati, dahl di lenticchie, curry di pollo e ceci, con un'antipasto che sembra un'insalata capricciosa e un tortino soffice al cacao come dolce, che servirebbero sei litri d'acqua per deglutirlo. Ad accompagnare, un rettangolo di Appenzeller e pane caldo che diventa di marmo dopo 15 minuti! Non sono un grande fan del pasto, che per me è già oltre la soglia del piccante (tanti auguri a me per le prossime due settimane!).

La temperatura a bordo è simile all'inverno svizzero e la maggior parte dei pax è imbacuccata nella coperta; il mio vicino porta il concetto all'estremo.

Intanto le luci di cabina vengono messe in modalità tramonto.

Anche fuori è in modalità tramonto, ma dopo essere passato per acidi.

Non potendo usare i miei auricolari in-ear, mi godo le gioie di un volo con marmocchi piangenti e la rumorosità intrinseca di un aereo progettato a fine anni '80. I tagli post-covid, pur con i profitti record che le compagnie stanno facendo di questi periodi, colpisce tutto; niente menu, niente rivista di bordo. Mi consolo guardando Death on the Nile, piacevole.
Poco prima che venga consegnato uno snack pre-atterraggio, faccio un salto alla toilette, aprofittando di un momento di veglia dei miei due vicini. Ammirevole lo stato dei bagni, invero puliti considerando le storie dell'orrore che si leggono su a.net e si sentono su radio galley riguardo i voli per il subcontinente, e nonostante il curry+dahl.

Piccolo snack pre-atterraggio. Il lattice pastry (che non è un condom ripieno, ma è chiamato così per la decorazione superficiale) è abbastanza tremendo, cumino e menta insieme non sono per nulla di mio gusto. Si salva il gelato al mango.


Siamo ormai in dirittura d'arrivo; non credo di avere più le gambe, e anche il fondoschiena dovrebbe essersi perso tra Tehran e l'Afghanistan, grazie al sedile sfondato e alla vetusta cabina svizzera.

L'inquinamento luminoso di Delhi e dintorni credo abbia un concorrente solo nell'inquinamento atmosferico che insiste sulla stessa area.

Atterriamo all'Indira Ghandi International con solo una ventina di minuti di ritardo. Attracchiamo ad un jetbridge, e lo sbarco richiede davvero tantissimo - sarà che sono stanco, sarà che l'aereo è pieno. La camminata per il terminal è piuttosto lunga; l'attesa per il controllo documenti altrettanto. Il finanziere indiano, che avrà avuto 12 anni, non riesce a riconciliare la foto del passaporto (senza barba) con la faccia reale (con barba) e mi continua a dire che la barba mi rende davvero un'altra persona. Delle dodicimila carte (invito, biglietto da visita, copia prenotazione hotel, la fottutissima stampata dell'eVisa, ecc ecc) non gliene frega una mazza.
Dopo 15 minuti buoni di attesa, mi lascia andare e, con la stessa certezza di ritrovare la valigia che avevo nella vittoria alla finale dei Mondiali di USA 94, trotto verso il nastro del ritiro bagagli. Sono passati circa 40 minuti dall'atterraggio e ancora non ci sono tutti; litigo col WiFi dell'aeroporto e, nei pochi attimi in cui riesco a farlo funzionare, Swiss mi comunica che il mio bagaglio ha vinto una soggiorno premio a Zurigo. Surprise surprise! Cerco di capire qual è l'ufficio dell'handler competente per fare la dichiarazione di delayed baggage, lo trovo dopo aver chiesto a tre persone che mi danno tre informazioni diverse, e compilo la dichiarazione col supporto (morale) di tre impiegati che, nel giro di solo altri 40 minuti, mi danno un modulo con un QR code e un reference number. Mi viene dato in gentile omaggio una washbag Star Alliance che dovrebbe alleviare le mie pene - non so cosa ci sia dentro, lo scoprirò solo in hotel.
Alleggerito dei miei beni materiali, con solo il mio zainetto e la washbag, tra uno sprazzo di connettività e l'altro riesco a messaggiare con l'autista dell'hotel che mi sta aspettando da un'ora e mezza. Esco, non lo trovo, anche perché non c'è - è tornato in hotel e ora sta tornando in aeroporto. Stanco e rincoglionito, mi dimentico di prelevare qualche rupia. Evito, sempre causa rincoglionimento, anche il banchetto della Airtel o come si chiama, ma in questo caso credo mi sia andata bene: stando a Google è in pratica una truffa - occorre un numero indiano di appoggio (un amico o un conoscente) per l'attivazione, senza che al banchetto te lo dicano!
Finalmente trovo l'autista, che mi guida per i parcheggi dell'aeroporto; fuori ci sono duemilioni di gradi e l'umidità di una serra tropicale. Dobbiamo salire al secondo piano - entriamo in un vecchio, buio, sporco e assai soffocante ascensore. Ho paura di avere un attacco di ansia e/o claustrofobico, ma non so come resisto e mi faccio i complimenti da solo, dicendo tra me e me che alla fine non era così tremendo. Saliamo in auto e la temperatura scende, in pochi minuti da 35 a 15 gradi. L'autista è ciarliero, parliamo un po' del più e del meno, interrotti dall'occasionale grande successo pop in hindi o punjabi che il nostro canticchia con trasporto.
Sono stato in paesi dove il traffico è tremendo e i rudimenti della guida un optional; ma laddove ciò era accompagnato da un senso di gioiosa scoperta e avventura, qui c'è solo terrore: auto contromano (non una, ma decine, di seguito, a formare un nuova corsia), svolte a caso, persone e animali sulle strade a grande scorrimento, corsie inesistenti, luci di posizione spente anche di notte oppure abbaglianti ad altezza pupille, invisibili tuk-tuk che fanno la gimkana tra tir e autobus. Brividi.

Il percorso è quasi tutto su express way, in mezzo a grattacieli e shopping mall ultramoderni della cosiddetta Cyber City, tutta costruita (o quasi) da un unico sviluppatore, DLF, il cui logo spunta quasi ovunque; sembra la sede del dottor Male. A Gurgaon/Gurugram, mia destinazione, hanno sede la maggior parte delle aziende straniere (per lo più europee, coreane e giapponesi) ed è quindi sede di una folta comunità expat. L'hotel è al margine nord-orientale della città, a circa 20 minuti dall'aeroporto.
All'ingresso dell'hotel, tutte le auto vengono fatte fermare e controllate per esplosivi (con i cani) e con specchi per verificare che non ci siano bombe sotto il pianale - incluse le auto di proprietà dell'hotel stesso, come in questo caso.
Entro in hotel e vado alla reception, finalmente; faccio check-in, commentiamo con la giovane addetta che oggi viaggio leggero (Ha! Haha! Ha ha hahaha. Ha.) e prendo finalmente possesso della mia stanza. L'hotel, un Le Meridien, è stato prenotato dai nostri partners in crime australiani, primo perché è vicino al loro ufficio, dove avremo i nostri meeting; secondo, perché hanno un contratto con un ottimo prezzo.


Non avendo valigia di disfare, non faccio altro che aprire la washbag, constatare che li contenuto è pressoché inutile a parte una maglietta in misto cotone-poliestere-pvc quattro taglie più grossa di me e che fa le scintille solo a guardarla, ma che mi consente di avere qualcosa di pulito da indossare domani, e un deodorante stick.


Stanco e assonnato, riesco a non affogare sotto la doccia e ad addormentarmi quasi subito.
- Continua -
DaV