[TR] Ritorno nella terra di nessuno


nicolap

Amministratore AC
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10 Novembre 2005
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Roma
[TR] Ritorno nella terra di nessuno


Una premessa. Questo TR di aeronautico ha ben poco.

Torno a Cipro dopo qualche anno, e decido di allungare la permanenza e farmi qualche giorno di vacanza nella Repubblica Turca di Cipro Nord, che a mio giudizio (e non me ne vogliano i greco-ciprioti) è di gran lunga la parte più bella e godibile dell’isola.

Sono stato a Cipro tante volte, nella parte turco-cipriota e nella parte greco-cipriota, e l’ho sempre trovata un’isola bellissima, ricca di storia e – purtroppo – di contraddizioni.

Non mi dilungo nella sua storia ma come sapete tra il 1964 e il 1974 è stata interessata da vicende che hanno contrapposto le due comunità, culminando con un conflitto che ha poi condotto alla partizione dell’isola in due, e con la successiva costituzione di uno stato autonomo a nord, riconosciuto solo dalla Turchia.



La prima parte del viaggio è di lavoro, a Nicosia, e qui posto alcune foto dell’aeroporto abbandonato della capitale, chiuso nel limbo della linea di demarcazione tra i due stati, la buffer zone, sotto il controllo dell’ONU dal 1974. Lo scorso 20 luglio è stato il 49° anniversario della battaglia dell’aeroporto e da allora la struttura è stata presidiata dall’ONU, chiusa al traffico e all’accesso ai civili, caduta in un vero e proprio limbo. In attesa un giorno, forse, di tornare alla normalità.

Quel giorno, tuttavia, sembra essere ancora lontano.



Ho già fatto un TR dall’aeroporto di Nicosia alcuni anni fa, quindi non voglio annoiare nessuno con immagini di un luogo che di nuovo ha solo qualche strato di polvere e guano in più.

Per chi fosse interessato a vedere l’aeroporto più nel dettaglio, il link al TR precedente è questo: https://www.aviazionecivile.it/foru...cipro-come-forse-non-lavete-mai-vista.100419/



Solo poche foto, quindi, per completare le precedenti



La struttura dell’aeroporto, lato airside.

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Sala smistamento bagagli

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L’insegna sul tetto, ormai sempre più cadente

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Le vecchie cucine

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Corridoio per gli imbarchi

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L’ingresso esterno, davanti ai parcheggi abbandonati

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Ingresso alla hall centrale

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Uno dei tanti fori di proiettile che si possono vedere sulle pareti e sui vetri dell’aeroporto

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La hall centrale

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Il pover Trident 2 5B-DAB, rimasto bloccato il 20 luglio del 1974 sul piazzale dell’aeroporto

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Anche lui ne prese di colpi. Prima quelli di un F-100 turco e dopo quelli dei commandos greci e dei paracadutisti turchi

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Spogliato di ogni sua parte utile, dal 49 anni sfoggia la vecchia livrea della Cyprus Airways

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Strana forma aveva il Trident, soprattutto per il carrello anteriore disassato

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Questo è un vecchio hangar della RAF, del periodo pre-indipedenza. Secondo me è un capolavoro di storia architettonica

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Oggi è chiuso e di fatto inaccessibile, probabilmente anche pericolante, ma per anni è stato usato dagli inglesi (e poi dall’ONU) come campo sportivo al coperto.

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Resti di simboli reggimentali britannici

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La luce mattutina con il sole da est non aiuta, ma cerco in ogni modo di spingermi al fondo del piazzale e scattare una foto d’insieme dell’intero aeroporto

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La vecchia torre di controllo. Fino a qualche anno fa si leggeva ancora il nome dell’aeroporto e la sua quota ma il tempo sembra aver iniziato a cancellare tutto

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Anche questa è una costruzione inglese, che risale al periodo della seconda Guerra Mondiale

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Le condizioni all’interno

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Poco fuori dalla base ONU, invece, c’è il cimitero-sacrario di Makedonissa. È stato realizzato alcuni anni fa sul luogo in cui si schiantò all’alba del 22 luglio 1974 un Nord N-2501 Noratlas, provocando la morte di numerosi commandos greci.

La storia di questo episodio è drammatica, e vale la pena di essere raccontata.

Dopo che i turchi erano sbarcati il 20 luglio a nord, sulla spiaggia di Pentimilli, raggiungendo poi Girne e spingendosi sino alla periferia di Nicosia, il governo della giunta militare greca ordinò una vera e propria missione suicida, con l’intento di appoggiare i golpisti greco-ciprioti e mettere in sicurezza l’aeroporto della capitale.

Nome della missione: Niki. Vittoria.

Alle 22:30 del 21 luglio venne ordinato agli uomini del 1° Battaglione Commando greco di stanza alla base di Suda (Creta) di imbarcarsi su 20 Noratlas e 10 Dakota per essere trasportati sull’aeroporto di Nicosia, per contrastare l’avanzata turca.

Non è mai stata chiarita l’esatta dinamica della missione, che fu tuttavia costellata da errori e colpi di sfortuna.

Ad intervalli di cinque minuti la gran parte degli aerei decollò, osservando il più assoluto silenzio radio, senza scorta e a luci spente, dirigendosi verso la parte meridionale dell’isola di Cipro, per risalirla poi da sud e raggiungere l’aeroporto nella parte ancora sotto il controllo della Guardia Nazionale Cipriota.

I primi cinque aerei decollarono secondo il piano prestabilito ma i successivi iniziarono ad accumulare ritardi, determinando l’impossibilità di rispettare la tabella di missione. Al decollo del 15° Noratlas (Niki 15) la missione venne abortita per i rimanenti mezzi, e solo quelli in volo continuarono verso Cipro.

Volarono ad una quota di circa 300 piedi fino a Cipro, sfuggendo al controllo radar delle forze turche, senza contatto visivo tra loro e senza la presenza di radioassistenze.

Niki 13 manifestò poco dopo il decollo alcuni problemi tecnici, e fu costretto a rientrare a Rodi.

Sebbene agli equipaggi fosse stato detto che le forze greco-cipriote erano al corrente del loro arrivo, questa informazione – per ragioni ignote – non fu al contrario mai trasmessa a Cipro. In tal modo, all’arrivo dei primi aerei in prossimità dell’aeroporto, verso le 2 del mattino del 22 luglio, le stesse forze greco-cipriote, temendo un’incursione turca, iniziarono ad aprire il fuoco all’impazzata.

Niki 1, 2 e 3 riuscirono ad atterrare, sebbene fossero stati colpiti, mentre il Noratlas Niki 4 (matricole 52-140) venne abbattuto a circa due chilometri dalla testata della pista, schiantandosi sul terreno e provocando la morte di 4 membri dell’equipaggio e 29 Commando greci.

Di fronte all’emergenza, Niki 5 e i successivi decisero di accendere le luci e cercare di mostrare i contrassegni nazionali, riuscendo tuttavia a far cessare il fuoco solo quando gli aerei raggiunsero la pista. Niki 14 arrivò in ritardo sull’obiettivo, e gli fu ordinato di rientrare.

La fase di sbarco dei militari e degli equipaggiamenti fu rapida e venne ordinato poco dopo il decollo di tutti i mezzi sopravvissuti. Niki 3, 7 e 12, tuttavia, avevano subito danni ingenti in fase di atterraggio e vennero abbandonati sulla pista di Nicosia, per essere poi distrutti dalle forze greco-cipriote per impedirne la cattura da parte dei turchi.



Nel luogo dove si schiantò Niki 4 venne costruito un sacrario che raccolse i resti dell’equipaggio, i Commando e altri militari che avevano combattuto in quei giorni all’aeroporto di Nicosia.

Circa due anni fa, invece, l’Aeronautica Militare greca ha donato al sacrario un Noratlas (che non partecipò alla missione), e che è oggi esposto sulla cima della collina.



Questo l’ingresso al sacrario

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File di lapidi e, dietro, la sagoma del Noratlas

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Il Noratlas 52-133

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La coda dell’aereo viene lasciata aperta …

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… e all’interno sono conservate sulle panche le immagini dei caduti di Niki 4

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Il Noratlas 52-133

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[CONTINUA]
 
La tappa seguente è Varosha (o Marash, per i turchi). Si tratta di un enorme quartiere residenziale che dagli anni ’50 al 1974 è stato una delle mete turistiche più famose del Mediterraneo.

Ubicata a sud di Famagosta, l’area di Varosha è lunga 15 km, e un tempo ospitava i più famosi alberghi dell’isola, ville e residenze.

Le spiagge di Varosha sono tra le più belle dell’isola, e oggi certamente tra le più incontaminate, dopo quasi mezzo secolo di completo isolamento.

Nella seconda ondata dell’invasione turca, l’area di Varosha è stata pesantemente colpita dai bombardamenti e successivamente occupata dalle forze da sbarco della marina turca. Tutti i residenti e i turisti scapparono nel corso di poche ore, credendo di poter fare ritorno alle proprie case e agli alberghi nel giro di ventiquattr’ore al massimo.

L’intera area, al contrario, venne occupata, recintata e mantenuta isolata dal resto del mondo per quasi cinquant’anni. Nessuno è mai più tornato a Varosha.

Nel corso del tempo molte delle abitazioni sono state saccheggiate, soprattutto dai militari turchi di stanza nell’area, sebbene ancor oggi numerose case siano pressoché intatte, colme di suppellettili, abiti e arredi.

L’ingresso a Varosha è sempre stato vietatissimo, così come le fotografie, anche dall’esterno. L’occupazione, infatti, si rivelò ben presto un problema anche per gli stessi turchi, e i numerosi tentativi di “scongelare” l’area si sono sempre arenati dinanzi all’annoso problema delle rivendicazioni sui terreni e sugli immobili. Problema ingigantitosi con il passare del tempo e divenuto pressoché impossibile da risolvere.

I turchi, quindi, cercarono di costringere Varosha ad un lento oblio, attraverso un occultamento forzato che è durato sino a due anni fa.

Andai la prima volta a Varosha vent’anni fa circa. All’interno accedevano solo le forze turche (sempre meno, perlopiù impegnate nelle torri di sorveglianza) e quelle dell’ONU, che all’interno dell’area dispongono di aree di osservazione autorizzate dai turchi.

Nessun altro entrava a Varosha all’epoca e la natura aveva nel tempo ripreso il sopravvento sulla gran parte della città.

Ritornai poi a Varosha molti anni dopo, e la situazione era immutata. Le case ormai pericolanti, gli alberghi sventrati dalle bombe e una rigogliosa vegetazione che aveva invaso le strade e i muri delle case. Le poche cose che si intravvedevano al passaggio dei mezzi erano i resti dei negozi, delle abitazioni, degli uffici, delle agenzie di viaggio e dei locali pubblici.

In un vecchio concessionario d’auto, della Ford, nel garage erano ancora esposte delle auto, con tanto di prezzo, rimaste a marcire dal 1974, mentre in un albergo le stanze erano ancora piene di bagagli di turisti scappati in fretta e furia, con gli spazzolini da denti ancora nei bicchierini, le riviste sui comò e gli asciugamani a stendere sui balconi.

Nessuno poteva circolare liberamente all’interno, e le forze ONU avevano percorsi prestabiliti e autorizzati. Anche per ragioni di sicurezza, stante il pericolo dei vetri che sistematicamente cadevano dai piani più alti degli alberghi, dei cornicioni pericolanti e delle numerose buche che si erano formate al crollo delle coperture dei pozzi. Si diceva che fossero anche presenti, soprattutto in alcune aree, parecchi ordigni inesplosi.

Un paio d’anni fa, invece, per ragioni che è sarebbe troppo lungo da sintetizzare qui, il governo della RTCN ha deciso di rompere il tabù su Varosha.

Così facendo ha creato un percorso aperto al pubblico, ha asfaltato le strade, ha ripulito le macerie più pericolose, ha posto delle recinzioni davanti agli immobili e ha in tal modo reso visibile una piccola (ma nemmeno troppo piccola) parte dell’immenso quartiere.

La visita, un po’ macabra, è possibile a piedi, in bici, monopattino o bus, è gratuita e sono caduti anche tutti i divieti di fare fotografie. È stata anche aperta la bellissima spiaggia davanti all’ex Hotel King George, con tanto di bar ristorante, sdraio e ombrelloni.

Incuriosito dalla novità, ed avendola vista in tutt’altro modo, ho deciso di farci un giro. E ne è valsa davvero la pena.



Questi cartelli di divieto sono ormai il ricordo di un tempo passato. Vent’anni fa erano una minaccia concreta

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L’ingresso a Varosha è oggi possibile dalle 09:00 alle 19:00, le strade del percorso interno sono state asfaltate e rimossi i detriti pericolosi. Non è possibile uscire dal percorso per nessuna ragione, e soprattutto entrare nelle abitazioni

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Recinzioni basse in cordame segnano il limite entro il quale i turisti possono avvicinarsi agli immobili, e un controllo capillare di polizia verifica che nessuno violi le regole

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Il pericolo di crolli è reale, e i cartelli lo ricordano un po’ ovunque

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Vecchi negozi hanno ancora le insegne quasi intatte

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Come la profumeria Elysee

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Questo è lo scheletro dell’Hotel Aspelion, un tempo molto lussuoso e sfortunatamente tra i più colpiti dai combattimenti. La struttura a sinistra con la cupola è la ex chiesa ortodossa di Varosha.

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Ingresso dell’Hotel Aspelion

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La torre dell’ascensore dell’Aspelion, colpita da una bomba d’aereo circa a metà della sua altezza

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La parte posteriore dell’Aspelion, crivellata dai colpi

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I resti della battaglia

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Questo è invece l’ex Hotel King George …

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… famoso perché era proprio sulla spiaggia

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Il mare è cristallino

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Questo è ciò che resta del Centre Beach Hotel

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Vecchio cartello che indicava un accesso alla spiaggia consentito alle forze dell’ONU

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Una veranda sul mare ormai crollata

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Alberghi e case private …

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… un tempo tra le più ambite dell’isola

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Tutto cade ormai a pezzi

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Una palazzina di appartamenti

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The White Horse Inn. Un tempo una popolare birreria

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Il ristorante di New Smokey Joe

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Palazzina di uffici

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Questa è proprio una perla archeologica. Una vecchia cassetta della posta del periodo di dominazione inglese, ancora con i sigilli di Re Giorgio.

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Concessionario Toyota

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Il Cafè Cabana

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L’Edelweiss, al tempo la più rinomata gelateria di Varosha

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Il teatro cittadino

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Una libreria

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Un vecchio parchimetro

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Ciò che resta dell’Esperia Tower Hotel

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Una filiale della Banca di Cipro

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Una via laterale, chiusa al pubblico, dove si può ben vedere come fosse Varosha prima della riapertura parziale al pubblico. Così era vent’anni fa, e così lo è ancora il 90% del quartiere, chiuso all’accesso

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Negozi

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L’ingresso ad una discoteca

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Altro concessionario Toyota

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Un vecchio semaforo

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Un’agenzia di viaggi …

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… e una vecchia pubblicità della Cyprus Airways al suo interno

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Pubblicità della Philips

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Abitazione privata

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L’ingresso dell’Hotel Asterias, dove – si dice – amasse soggiornare Elizabeth Taylor

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Se ne scorge ancora la concierge

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Ristorante italiano la Serenissima

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Un residence

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Condomini di appartamenti

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Appartamenti abbandonati

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Negozio di dischi

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Lordos, un hotel residence, con l’insegna del suo ristorante ormai crollata

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Un’immagine conclusiva, per dare un’idea dell’estensione di Varosha

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Bellissimo davvero!
Ho avuto diversi colleghi greco-ciprioti e i loro racconti su quel che successe alle loro famiglie ed alle loro cose quando arrivarono i turchi, ha dell’incredibile.

Certo, ci fu la causa scatenante del colpo di stato greco del 1974, corroborato dalle clausole di intervento del Trattato di Garanzia del 1960, interpretate in chiave panturchista dalla Turchia (invece che limitarsi a ristabilire l’ordine delle cose, si prese la parte nord dell’isola), ma resta il fatto che l’intera vicenda lascia tuttora sbigottiti per metodo ed esito.

Ed a nulla sono valsi i vari tentativi di ristabilire una convivenza pacifica tra greci e turchi, ahimè.
 
Ultima modifica:
Per quanto bella sia la spiaggia di Varosha, deve essere un'esperienza surreale sdraiarsi al sole nella spiaggia di una citta' fantasma. Ricordo un documentario della BBC su Varosha, avevano portato un gruppo di persone che vivevano a Varosha prima del 1974. Non ricordo pero' quando l'ho visto. Sicuramente prima del 2019.
TR molto interessante
 
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Grazie davvero. Seguii una tesi di laurea volta alla trasformazione dell'aeroporto abbandonato in un museo della storia della divisione di Cipro. E grazie anche per queste bellissime foto che ci fanno capire l'enorme fascino delle rovine dell'architettura moderna (e non solo di quella antica).
 
Incredibile Varosha. Grazie Nicola per la testimonianza, un pezzo di storia europea che io ignoro in modo pressoche' totale, se non per un paio di foto fatte da un giovane Don McCullin che ho visto a una sua mostra.
 
La tappa seguente è Varosha (o Marash, per i turchi). Si tratta di un enorme quartiere residenziale che dagli anni ’50 al 1974 è stato una delle mete turistiche più famose del Mediterraneo.

Ubicata a sud di Famagosta, l’area di Varosha è lunga 15 km, e un tempo ospitava i più famosi alberghi dell’isola, ville e residenze.

Le spiagge di Varosha sono tra le più belle dell’isola, e oggi certamente tra le più incontaminate, dopo quasi mezzo secolo di completo isolamento.

Nella seconda ondata dell’invasione turca, l’area di Varosha è stata pesantemente colpita dai bombardamenti e successivamente occupata dalle forze da sbarco della marina turca. Tutti i residenti e i turisti scapparono nel corso di poche ore, credendo di poter fare ritorno alle proprie case e agli alberghi nel giro di ventiquattr’ore al massimo.

L’intera area, al contrario, venne occupata, recintata e mantenuta isolata dal resto del mondo per quasi cinquant’anni. Nessuno è mai più tornato a Varosha.

Nel corso del tempo molte delle abitazioni sono state saccheggiate, soprattutto dai militari turchi di stanza nell’area, sebbene ancor oggi numerose case siano pressoché intatte, colme di suppellettili, abiti e arredi.

L’ingresso a Varosha è sempre stato vietatissimo, così come le fotografie, anche dall’esterno. L’occupazione, infatti, si rivelò ben presto un problema anche per gli stessi turchi, e i numerosi tentativi di “scongelare” l’area si sono sempre arenati dinanzi all’annoso problema delle rivendicazioni sui terreni e sugli immobili. Problema ingigantitosi con il passare del tempo e divenuto pressoché impossibile da risolvere.

I turchi, quindi, cercarono di costringere Varosha ad un lento oblio, attraverso un occultamento forzato che è durato sino a due anni fa.

Andai la prima volta a Varosha vent’anni fa circa. All’interno accedevano solo le forze turche (sempre meno, perlopiù impegnate nelle torri di sorveglianza) e quelle dell’ONU, che all’interno dell’area dispongono di aree di osservazione autorizzate dai turchi.

Nessun altro entrava a Varosha all’epoca e la natura aveva nel tempo ripreso il sopravvento sulla gran parte della città.

Ritornai poi a Varosha molti anni dopo, e la situazione era immutata. Le case ormai pericolanti, gli alberghi sventrati dalle bombe e una rigogliosa vegetazione che aveva invaso le strade e i muri delle case. Le poche cose che si intravvedevano al passaggio dei mezzi erano i resti dei negozi, delle abitazioni, degli uffici, delle agenzie di viaggio e dei locali pubblici.

In un vecchio concessionario d’auto, della Ford, nel garage erano ancora esposte delle auto, con tanto di prezzo, rimaste a marcire dal 1974, mentre in un albergo le stanze erano ancora piene di bagagli di turisti scappati in fretta e furia, con gli spazzolini da denti ancora nei bicchierini, le riviste sui comò e gli asciugamani a stendere sui balconi.

Nessuno poteva circolare liberamente all’interno, e le forze ONU avevano percorsi prestabiliti e autorizzati. Anche per ragioni di sicurezza, stante il pericolo dei vetri che sistematicamente cadevano dai piani più alti degli alberghi, dei cornicioni pericolanti e delle numerose buche che si erano formate al crollo delle coperture dei pozzi. Si diceva che fossero anche presenti, soprattutto in alcune aree, parecchi ordigni inesplosi.

Un paio d’anni fa, invece, per ragioni che è sarebbe troppo lungo da sintetizzare qui, il governo della RTCN ha deciso di rompere il tabù su Varosha.

Così facendo ha creato un percorso aperto al pubblico, ha asfaltato le strade, ha ripulito le macerie più pericolose, ha posto delle recinzioni davanti agli immobili e ha in tal modo reso visibile una piccola (ma nemmeno troppo piccola) parte dell’immenso quartiere.

La visita, un po’ macabra, è possibile a piedi, in bici, monopattino o bus, è gratuita e sono caduti anche tutti i divieti di fare fotografie. È stata anche aperta la bellissima spiaggia davanti all’ex Hotel King George, con tanto di bar ristorante, sdraio e ombrelloni.

Incuriosito dalla novità, ed avendola vista in tutt’altro modo, ho deciso di farci un giro. E ne è valsa davvero la pena.



Questi cartelli di divieto sono ormai il ricordo di un tempo passato. Vent’anni fa erano una minaccia concreta

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L’ingresso a Varosha è oggi possibile dalle 09:00 alle 19:00, le strade del percorso interno sono state asfaltate e rimossi i detriti pericolosi. Non è possibile uscire dal percorso per nessuna ragione, e soprattutto entrare nelle abitazioni

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Recinzioni basse in cordame segnano il limite entro il quale i turisti possono avvicinarsi agli immobili, e un controllo capillare di polizia verifica che nessuno violi le regole

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Il pericolo di crolli è reale, e i cartelli lo ricordano un po’ ovunque

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Vecchi negozi hanno ancora le insegne quasi intatte

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Come la profumeria Elysee

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Questo è lo scheletro dell’Hotel Aspelion, un tempo molto lussuoso e sfortunatamente tra i più colpiti dai combattimenti. La struttura a sinistra con la cupola è la ex chiesa ortodossa di Varosha.

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Ingresso dell’Hotel Aspelion

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La torre dell’ascensore dell’Aspelion, colpita da una bomba d’aereo circa a metà della sua altezza

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La parte posteriore dell’Aspelion, crivellata dai colpi

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I resti della battaglia

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Questo è invece l’ex Hotel King George …

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… famoso perché era proprio sulla spiaggia

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Il mare è cristallino

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Questo è ciò che resta del Centre Beach Hotel

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Vecchio cartello che indicava un accesso alla spiaggia consentito alle forze dell’ONU

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Una veranda sul mare ormai crollata

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Alberghi e case private …

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… un tempo tra le più ambite dell’isola

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Tutto cade ormai a pezzi

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Una palazzina di appartamenti

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The White Horse Inn. Un tempo una popolare birreria

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Il ristorante di New Smokey Joe

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Palazzina di uffici

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Questa è proprio una perla archeologica. Una vecchia cassetta della posta del periodo di dominazione inglese, ancora con i sigilli di Re Giorgio.

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Concessionario Toyota

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Il Cafè Cabana

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L’Edelweiss, al tempo la più rinomata gelateria di Varosha

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Il teatro cittadino

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Una libreria

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Un vecchio parchimetro

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Ciò che resta dell’Esperia Tower Hotel

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Una filiale della Banca di Cipro

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Una via laterale, chiusa al pubblico, dove si può ben vedere come fosse Varosha prima della riapertura parziale al pubblico. Così era vent’anni fa, e così lo è ancora il 90% del quartiere, chiuso all’accesso

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Negozi

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L’ingresso ad una discoteca

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Altro concessionario Toyota

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Un vecchio semaforo

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Un’agenzia di viaggi …

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… e una vecchia pubblicità della Cyprus Airways al suo interno

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Pubblicità della Philips

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Abitazione privata

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L’ingresso dell’Hotel Asterias, dove – si dice – amasse soggiornare Elizabeth Taylor

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Se ne scorge ancora la concierge

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Ristorante italiano la Serenissima

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Un residence

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Condomini di appartamenti

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Appartamenti abbandonati

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Negozio di dischi

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Lordos, un hotel residence, con l’insegna del suo ristorante ormai crollata

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Un’immagine conclusiva, per dare un’idea dell’estensione di Varosha

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Grazie per averci testimoniato, ancora ne avessimo bisogno, la demenza umana, la folle supponenza di un manipolo di uomini che fanno ricadere le proprie scelleratezze sulla vita di un'infinita' di persone.
Passano i decenni ma tale follia e' ancora viv e vegeta.
 
Bello bello, nonostante i pochi negozi fotografati.
Il mio ricordo di quei tempi è legato a casa mia blindata: c'era (e c'è stato sino ai primi anni 2000) il Consolato cipriota di Milano. Ci trovammo dall'oggi al domani con la Polizia agli ingressi del palazzo.
 
Il mio ricordo di quei tempi è legato a casa mia blindata: c'era (e c'è stato sino ai primi anni 2000) il Consolato cipriota di Milano. Ci trovammo dall'oggi al domani con la Polizia agli ingressi del palazzo.

Mi sa che ti confondi con le date, se non erro in quel caso era quando Rinaldo di Chatillon prese Cipro dai bizantini. Ricordo che me ne parlavi qualche tempo fa.
 
Molto interessante ed allo stesso tempo inquietante... Mi pare che gli edifici non siano molto danneggiati o ricoperti da piante. Faccio un paragone forse forzato con Pryp"jat che oggi è quasi completamente coperta dalla vegetazione. A queste latitudini con clima più secco sembra che il degrado del cemento sia più lento, nonostante la salsedine.
 
Bellissimo davvero!
Ho avuto diversi colleghi greco-ciprioti e i loro racconti su quel che successe alle loro famiglie ed alle loro cose quando arrivarono i turchi, ha dell’incredibile.

Certo, ci fu la causa scatenante del colpo di stato greco del 1974, corroborato dalle clausole di intervento del Trattato di Garanzia del 1960, interpretate in chiave panturchista dalla Turchia (invece che limitarsi a ristabilire l’ordine delle cose, si prese la parte nord dell’isola), ma resta il fatto che l’intera vicenda lascia tuttora sbigottiti per metodo ed esito.

Ed a nulla sono valsi i vari tentativi di ristabilire una convivenza pacifica tra greci e turchi, ahimè.
Greci e turchi di Cipro in realtà molte difficoltà di convivenza non le hanno invero. Scontano più le narrative di attori terzi che mai si sono fatti e mai si faranno i cxxi propri.

Per quanto bella sia la spiaggia di Varosha, deve essere un'esperienza surreale sdraiarsi al sole nella spiaggia di una citta' fantasma. Ricordo un documentario della BBC su Varosha, avevano portato un gruppo di persone che vivevano a Varosha prima del 1974. Non ricordo pero' quando l'ho visto. Sicuramente prima del 2019.
TR molto interessante
Sì, è effettivamente surreale farsi il bagno in quel contesto.

Incredibile Varosha. Grazie Nicola per la testimonianza, un pezzo di storia europea che io ignoro in modo pressoche' totale, se non per un paio di foto fatte da un giovane Don McCullin che ho visto a una sua mostra.
La storia di Varosha è veramente unica nel suo genere.

Molto interessante ed allo stesso tempo inquietante... Mi pare che gli edifici non siano molto danneggiati o ricoperti da piante. Faccio un paragone forse forzato con Pryp"jat che oggi è quasi completamente coperta dalla vegetazione. A queste latitudini con clima più secco sembra che il degrado del cemento sia più lento, nonostante la salsedine.
Quella che vedi è essenzialmente la parte di Viale Kennedy, tenuta più o meno percorribile per le forze turche e dell'ONU. il restante 90% è una giungla.

Interssante, grazie. Ci sono tour organizzati per la zona disabitata (come per Prypjat)?
Organizzati non credo. Ad ogni modo l'ingresso è libero e la zona relativamente piccola.