- 26 Aprile 2012
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Finale.
Per il capitolo pranzo, decido di dedicarmi alle catene americane piu' indegne. Sono solito frequentare IHOP, l'International House of Pancakes (sembra un'agenzia dell'ONU), ma qualche mese fa avevamo visto una puntata di Last Week Tonight in cui parlavano di Waffle House. Penso si possa vedere sul tubo, e immediatamente non ho potuto fare a meno di adorare la follia di quel posto.
A parte un sistema per assemblare il tuo ordine che Alan Turing levati, esiste una cosa chiamata Waffle House Index. Siccome Waffle House e' aperta 24/7, 365 giorni l'anno, se un disastro naturale (come diceva Bersani - no non quello, l'altro - in America le previsioni sono prese pari pari dalla Bibbia) impatta una zona e persino Waffle House chiude, allora sono volatili per diabetici. Come disse un ex amministratore della protezione civile americana, If you get there and the Waffle House is closed? That's really bad.
Il sistema ha persino una gradazione, tipo scala Mercalli. Qui su wikipedia si legge di piu'. Waffle House Index - Wikipedia
Comunque, e' il genere di nonsense che sollazza il sottoscritto. Trovo una branca non troppo lontano dal PIMA, in uno di quei sobborghi aeroportuali in cui finisco di solito io per lavoro, e parcheggio. Dentro, tolta un'inserviente, sono l'unico con BMI sotto i 30. servizio amichevole, cibo buono, prezzi modici, calorie in quadrupla cifra.
Satollo, riparto verso Phoenix. Navigo un po' di chiusure per lavori, mi compiaccio nel vedere che anche in America sono arrivati i famosi operai invisibili, dato che ai lavori non c'e' nessuno, faccio benzina,e arrivo al terminal che funge da riconsegna macchine. Abbandono la mia Hyundai, prendo la mia mercanzia e vado al terminal in cui gli arrivi sono al piano alto, assieme ai controlli di sicurezza, mentre il check-in e' a quello terra. Mah.
Sbologno zaino e sacca, decidendo di viaggiare con soltanto il laptop e due documenti in una borsa di juta della Coop che ho trovato nella borsa della bici. Molto lettore di Repubblica. Ai controlli, l'addetto di TSA mi dice che non posso portarmi dietro le tue capsule di CO2 che mi seguono dal Sudafrica (vai tubeless e non avrai piu' forature!) perche' non sono consentite. Le abbandono mestamente e vado airside, dove c'e' un bel tramonto.
Il terminal non e' poi cosi' sgradevole, solo un po'... grigio. Deja-vu fortissimi col T3 di ORD, e mi rendo conto che e' quasi passato un anno da quel progetto, sembra che sia trascorso molto piu' tempo!
C'e' solo un angolo per le partenze internazionali, con gli arrivi segregati, e ovviamente ci siamo noi (un A350 pieno), un volo per MEX e qualcos'altro. L'imbarco e' un bailamme, anche perche' gli addetti utilizzano un sistema di bioriconoscimento che, ovviamente, va in pappa ogniqualvolta si presenta un passeggero con gli occhiali, o il cappello, o entrambi. Mi chiedo come facciano i cinesi in Xinjiang; poi, Tom Cruise non aveva gia' fatto tutto in Minority Report?
Comunque, salgo a bordo e prendo posto al mio 26B. Davanti a me ci sono gli stessi geezer dell'andata, e dall'altro lato c'e' un gruppo di golfisti romani. Seguo una discussione sulla validita' della premium economy, un'accesa diatriba sulle mazze da golf che compri da "Decathlon o in quei posti li'", finche' uno non cala l'asso dicendo "Se vai in Germania vedi le Audi parcheggiate da Lidl, siamo noi che vogliamo fare i signori". Silenzio in cabina.
Menu. Vi informo che la cena l'ho saltata.
Il mio vicino di posto e' un indiano di Phoenix che va in Germania per una settimana per lavoro. Sessione mattutina di rutti a parte, persona gradevolissima.
Sia come sia, l'orario della partenza e' le 20.30, ora che siamo in volo sono le 9 e qualcosa. Parte il servizio, prendo un G&T, annuncio all'assistente di volo che non prendo nulla da mangiare. Cosi' fa meta' cabina. Il geezer davanti a me chiede se mi spiace se reclina il sedile, io gli dico di non preoccuparsi, che tanto c'e' posto. Guardo 1992, un film dimenticabilerrimo, e poi mi addormento.
Lungo la via mi svegliano alcune turbolenze piuttosto forti, ma alla fine a svegliarmi per bene e' il profumo di cibo - colazione in arrivo - e, per l'appunto, il filotto di rutti a bocca aperta sparati dal vicino. I geezer si girano, i romani si voltano, dalla platea giungono applausi, io non assumo nessuna responsabilita'.
Ecco il cibo, in cui mi sono dimenticato di svelare il piatto caldo (omelette). Buona la frutta, OK il resto.
Atterriamo al Gate 1 di T3, per cui si fanno quei tre-quattro km per raggiungere l'immigrazione. Mezzora di attesa per le valigie, e la bici emerge a mano tra le diciottomila sacche da golf. Prendo i miei averi e vado a casa, dove - all'interno del sarcofago - trovo questo foglietto della TSA:
E questo e' quanto. a Londra il tempo e' grigio, le mie gambe sono abbronzate e sono lieto di aver fatto questo giro. L'America non si sta coprendo di gloria, per usare un eufemismo, ma e' bello vedere che il vecchio assioma in base al quale la gente non e' espressione del proprio governo e' sempre valido.
Per il capitolo pranzo, decido di dedicarmi alle catene americane piu' indegne. Sono solito frequentare IHOP, l'International House of Pancakes (sembra un'agenzia dell'ONU), ma qualche mese fa avevamo visto una puntata di Last Week Tonight in cui parlavano di Waffle House. Penso si possa vedere sul tubo, e immediatamente non ho potuto fare a meno di adorare la follia di quel posto.
A parte un sistema per assemblare il tuo ordine che Alan Turing levati, esiste una cosa chiamata Waffle House Index. Siccome Waffle House e' aperta 24/7, 365 giorni l'anno, se un disastro naturale (come diceva Bersani - no non quello, l'altro - in America le previsioni sono prese pari pari dalla Bibbia) impatta una zona e persino Waffle House chiude, allora sono volatili per diabetici. Come disse un ex amministratore della protezione civile americana, If you get there and the Waffle House is closed? That's really bad.
Il sistema ha persino una gradazione, tipo scala Mercalli. Qui su wikipedia si legge di piu'. Waffle House Index - Wikipedia
Comunque, e' il genere di nonsense che sollazza il sottoscritto. Trovo una branca non troppo lontano dal PIMA, in uno di quei sobborghi aeroportuali in cui finisco di solito io per lavoro, e parcheggio. Dentro, tolta un'inserviente, sono l'unico con BMI sotto i 30. servizio amichevole, cibo buono, prezzi modici, calorie in quadrupla cifra.
Satollo, riparto verso Phoenix. Navigo un po' di chiusure per lavori, mi compiaccio nel vedere che anche in America sono arrivati i famosi operai invisibili, dato che ai lavori non c'e' nessuno, faccio benzina,e arrivo al terminal che funge da riconsegna macchine. Abbandono la mia Hyundai, prendo la mia mercanzia e vado al terminal in cui gli arrivi sono al piano alto, assieme ai controlli di sicurezza, mentre il check-in e' a quello terra. Mah.
Sbologno zaino e sacca, decidendo di viaggiare con soltanto il laptop e due documenti in una borsa di juta della Coop che ho trovato nella borsa della bici. Molto lettore di Repubblica. Ai controlli, l'addetto di TSA mi dice che non posso portarmi dietro le tue capsule di CO2 che mi seguono dal Sudafrica (vai tubeless e non avrai piu' forature!) perche' non sono consentite. Le abbandono mestamente e vado airside, dove c'e' un bel tramonto.
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C'e' solo un angolo per le partenze internazionali, con gli arrivi segregati, e ovviamente ci siamo noi (un A350 pieno), un volo per MEX e qualcos'altro. L'imbarco e' un bailamme, anche perche' gli addetti utilizzano un sistema di bioriconoscimento che, ovviamente, va in pappa ogniqualvolta si presenta un passeggero con gli occhiali, o il cappello, o entrambi. Mi chiedo come facciano i cinesi in Xinjiang; poi, Tom Cruise non aveva gia' fatto tutto in Minority Report?
Comunque, salgo a bordo e prendo posto al mio 26B. Davanti a me ci sono gli stessi geezer dell'andata, e dall'altro lato c'e' un gruppo di golfisti romani. Seguo una discussione sulla validita' della premium economy, un'accesa diatriba sulle mazze da golf che compri da "Decathlon o in quei posti li'", finche' uno non cala l'asso dicendo "Se vai in Germania vedi le Audi parcheggiate da Lidl, siamo noi che vogliamo fare i signori". Silenzio in cabina.
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Menu. Vi informo che la cena l'ho saltata.
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Il mio vicino di posto e' un indiano di Phoenix che va in Germania per una settimana per lavoro. Sessione mattutina di rutti a parte, persona gradevolissima.
Sia come sia, l'orario della partenza e' le 20.30, ora che siamo in volo sono le 9 e qualcosa. Parte il servizio, prendo un G&T, annuncio all'assistente di volo che non prendo nulla da mangiare. Cosi' fa meta' cabina. Il geezer davanti a me chiede se mi spiace se reclina il sedile, io gli dico di non preoccuparsi, che tanto c'e' posto. Guardo 1992, un film dimenticabilerrimo, e poi mi addormento.
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Lungo la via mi svegliano alcune turbolenze piuttosto forti, ma alla fine a svegliarmi per bene e' il profumo di cibo - colazione in arrivo - e, per l'appunto, il filotto di rutti a bocca aperta sparati dal vicino. I geezer si girano, i romani si voltano, dalla platea giungono applausi, io non assumo nessuna responsabilita'.
Ecco il cibo, in cui mi sono dimenticato di svelare il piatto caldo (omelette). Buona la frutta, OK il resto.
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