Il problema della velocità da un lato è di infrastruttura, dall'altro è di materiale e di esercizio.
Infrastruttura: il fattore limitante sono i raggi delle curve, non le pendenze (la LGV Parigi - Lione, la prima che fu costruita, ha rampe al 35 per mille, per ridurre la costruzione di ponti e gallerie così da risparmiare: è come costruire un autostrada con le pendenze del passo dello Stelvio: ma sono rampe relativamente brevi, superate "di slancio". Il problema è se c'è da riavviare da fermo sulla massima pendenza). Quanto ai raggi di curva, il passare da Vmax 250 km/h a 300 km/h comporta di passare da 3000 a 5450 metri di raggio delle curve: sulla Milano-Bologna AV i 300 di velocità massima si raggiungono tra la progressiva 189+000 (circa 25 km da Mi Centrale e 16 da Mi Rogoredo) fino alla progressiva 50+000, poi c'è la serie di curve per passare a nord della città di Modena con limite di velocità a 240 km/h e poi a 260, una tratta di 9 chilometri di nuovo a 300 km/h e dalla curva di Caastelfranco Emilia fino a Bologna il limite è 250 km/h (per l'alimentazione che in quest'ultima tratta non è più a 25 kV alternata monofase ma 3 kV continua per l'affiancamento con la linea storica). L'appennino ha Vmax 300, ma le pendenze sono importanti e con rampe prolungate di diversi chilometri: sulle salite anche i mezzi abilitati ai 300 hanno difficoltà a raggiungerli. Altra cosa è che l'armamento deve essere ben curato, quindi l'utilizzo di mezzi aggressivi è da evitare come la peste. Sulla DD Firenze - Roma all'origine erano istradati anche i merci tirati dalle E428, le locomotive più scassabinari mai circolate sulla rete FS: furono presto cacciati dopo i danni provocati e la necessità di rialllineare e rincalzare i binari.
Materiale ed esercizio: per andare veloce serve un mezzo che lo permetta e strada libera, con poche fermate. Poche fermate: è stata citata la linea adriatica: quando furono istituiti i TEE interni (locomotive E444 "tartaruga" e carrozze Gran Confort, materiale da 200 km/h), le fermate tra Mlano e Bari erano Bologna Rimini Ancona Pescara Foggia. Nonostante le tratte a binario unico tra Pescara e Foggia, e il tracciato che non permetteva più di 150 km/h nei tratti più favorevoli, i tempi di percorrenza erano buoni (anche perché c'era l'ordine pressoché tassativo di fermare gli altri treni per dar via libera al TEE) ma peggiorarono man mano che vennero inserite le varie fermate di Cesena Pesaro San Benedetto del TrontoTermoli Barletta eccetra. Ragioni commerciali -spesso, più politiche che commerciali-. Avere materiali da 200 km/h e fargli fare una fermata ogni 10 chilometri è inutile, soprattutto se materiale non eccessivamente potenziato e quindi senza grosse prestazioni di accelerazione: meglio materiale da 160 km/h ma che accelleri tanto. Quanto alla strada libera, l'avere insieme treni con fermate e treni senza fermate è una iattura per i secondi, costretti a mordere il freno fin quando non possono sorpassarli.
Qui ci si tiporta al problema della infrastruttura: la "rete snella" in cui sono stati segati binari di precedenza, non aiuta. Laddove possibile (ma non ci deve essere "traffico contromano") se l'impianto lo permette si fanno le cd precedenze dinamiche, un treno viene istradato sull'altro binario così da permettere il sorpasso in corsa. Ma -di nuovo- ci vogliono scambi (che sono stati segati grazie a Mauro Moretti ed alla sua "rete snella"), e -magari- scambi in grado di permettere buone velocità in deviata. Costano di più, richiedono maggiore manutenzione e sono più lunghi creando a volte problemi di spazio per l'installazione. In più si aggiunga l'idiosincrasia di RFI per gli scambi in figura: sono quelli da montarsi in curva, ampiamente diffusi all'estero (Svizzera ed Austra ne sono piene), ma richiedono maggiore attenzione nel calcolo e nel montaggio perché ognuno è un pezzo unico, a differenza degli scambi in retta che sono standardizzati. Si aggiungano una serie di altri assurdi come l' SCMT, il sistema di protezione della marcia dei treni, che ha ingessato ancor di più l'esercizio -qualcuno si ricorderà come i treni entravano in stazione trent'anni fa e come entrano oggi, decisamente più piano- oppure scelte poco furbe (la stazione di Reggio Mediopadana AV ha i deviatoi di ingresso dei binari di fermata da 60 km/h: in Francia le Lignes à Grand Vitesse per le stazioni in linea hanno deviatoi da ingersso in fermata da 100 o 160 kn/h), e la frittata è fatta.
Sono scelte politiche: che tipo di ferrovie vogliamo? RFI vuole una rete al risparmio, senza complicazioni tecniche, e pazienza per i passeggeri e le merci. La politica la ha assecondata, non concedendo mezzi finanziari -o concedendoli male, per iniziative di effetto ma non efficaci più di tanto oppure spendendo col braccino corto, come aver speso per l'AV ed aver trascurato i nodi-. Così è. Cosa fare? Quadruplicare le tratta più trafficate, così da separare i traffico locale da quello che non deve avere fermate, lavorare sui nodi, e sperare che l'ERTMS possa ridurre le rigidità di esercizio