Disabile tredicenne lasciato a terra da Lufthansa: la denuncia dei genitori di Anzio
Il ragazzo non è potuto tornare da Francoforte a Roma perché «mancava il personale per la carrozzina». La madre: «Nessuna traccia di umanità»
roma.corriere.it
Disabile tredicenne lasciato a terra da Lufthansa: la denuncia dei genitori di Anzio
diValeria Costantini
Il ragazzo non è potuto tornare da Francoforte a Roma perché «mancava il personale per la carrozzina». La madre: «Nessuna traccia di umanità»
Negato l’imbarco al tredicenne disabile, perché manca l’assistenza in aeroporto. È diventato un calvario il ritorno dalle vacanze, per una famiglia di Anzio, in ostaggio per ore allo scalo di Francoforte, poi respinta dalla compagnia Lufthansa e lasciata senza farmaci salvavita. Un viaggio meraviglioso quello tra i castelli della Scozia, diversi scali e nessun problema con rampe e mobilità. Il 17 agosto scorso poi l’incubo e un muro di indifferenza. I ritardi nei cieli al rientro da Glasgow fanno perdere alla famiglia la coincidenza delle 16.45 da Francoforte a Roma. «Ci avvisano che saremo riprotetti sul volo delle 21.30, un assistente ci aiuta con la carrozzina di nostro figlio Giulio - racconta il papà Marco Cesarini, 48 anni -. Ci lasciano al ristorante e concordiamo anche di attendere lì il collega che ci scorterà all’aereo». I minuti però passano in solitudine e alle 20.30 Marco, la moglie e i 3 figli (di 13, 8 e 3 anni) vanno al gate per conto loro per non perdere l’aereo.
Niente assistenza per i disabili
«Arrivati lì, facciamo subito presente che nessuno è venuto a prenderci - aggiunge la mamma Federica - e che, come registrato sulle prenotazioni, avremo bisogno dell’assistenza». Lo impone il regolamento europeo in vigore dal 2006: il vettore, come richiesto dal passeggero, deve obbligatoriamente fare domanda allo scalo per l’ aiuto motorio. Il volo ritarda ancora, alle 22 inizia infine l’imbarco. Ma non per i cinque italiani. «Ho ripetuto almeno tre volte in quelle due ore agli addetti delle nostre necessità, anche quando sgarbatamente ci accusavano di aver mancato al presunto appuntamento con il servizio assistente», racconta ancora Federica. E qui la lunga notte diventa surreale. La scena è questa: due genitori, tre bambini, di cui uno disabile, unici rimasti al gate. Arriva un operatore della compagnia, parla con il desk, scuote la testa guardando il gruppetto e, perentorio, afferma in tedesco: «No, loro partono domani». È Federica, che parla diverse lingue, a bloccarlo e chiedere spiegazioni. Prima, ancora, le accuse di un errore da parte della famiglia, poi l’ammissione che non c’era più il personale della disability.
«Senza farmaci salva-vita»
«Peccato che erano trascorse quasi tre ore dal momento del nostro arrivo al gate - specifica, documenti alla mano Federica, con la voce sempre più amara -. Era loro responsabilità organizzarsi. Ma è stato il tono la cosa peggiore. Brutali. Nessuna traccia di scuse, nè di umanità». È quasi mezzanotte, i bambini piangono e ai genitori viene lasciata solo un’opzione: un volo il giorno dopo alle 12. Vengono tutti spediti a un hotel a 30 chilometri dall’aeroporto. Ma c’è di peggio. Il farmaco anti-epilettico di Giulio è nei bagagli imbarcati sul volo perso. «Inutili le richieste di riaverlo, un addetto ci porta pure al centro medico, - chiude il racconto choc Marco - ma quando vede che è chiuso, ci saluta. per fortuna che Giulio non ha avuto crisi. Allucinante». Roma sembra quasi un sogno all’atterraggio: «Hanno lasciato a terra un ragazzo disabile. - tuonano i genitori -. È una chiara discriminazione».