- 26 Aprile 2012
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2. Febbraio ’24: amianto.
Siamo a metà febbraio e il programma prevede che si inizino i lavori “fisici”. Le procedure per il taxi sono pronte, i colleghi di Flight Operations stanno reclutando quelli che chiameremo ‘taxi crew’, i vari long lead items (A2G radio, altre radio, sistemi vari ed eventuali, persino cose ‘basiche’ come computer) sono stati ordinati e, dopo lungo penare, siamo riusciti ad ottenere un accordo con AA e CDA per gli ambienti che andremo ad occupare. E’ il momento di andare a ORD, e in agenda ci sono un bel po’ di cose: una riunione con architetti, contractors e CDA per iniziare i lavori; controllo degli standard della lounge al T3 e verifica dei suoi sistemi e, infine, un test del taxi con i colleghi di Iberia. Più un briefing per i colleghi basati a ORD per tenerli informati, un paio di riunioni con American che ha iniziato a farci da ground handler below the wing, rivisitazione del piano, varie ed eventuali.
Se non fosse che, una settimana e mezza prima della visita, arriva la doccia fredda. Mike, il contractor, chiama Maureen l’airport manager, che a suo turno chiama me.
“Forse c’é dell’amianto nella sala mensa”.
Organizziamo una chiamata estemporanea. In aggiunta a Mike, Maureen e il sottoscritto abbiamo: il delegato per le Facilities di American, Steve, il nostro uomo di Properties e, siccome a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca, abbiamo anche Jim, il nostro avvocato di New York.
Il risultato della chiamata è preoccupante. AA dice che, secondo loro, non dovrebbe esserci niente, e anche se ci fosse qualcosa basta coprirlo col cemento. Steve fa una smorfia tipo uno che ha pestato un chiodo; Mike, faccione rubizzo e camicia di flanella, strabuzza gli occhi. Siccome il tempo – come il limone – stringe decido di usare un po’ dei fondi d’emergenza per fare un’indagine approfondita, usando un contractor approvato dalla Città di Chicago, e ci riaggiorniamo di li a qualche giorno.
Le indagini trovano tracce di fibre di amianto in un angolo dello stanzone. Il report, lungo 50 pagine, parla di una bonifica fatta in precedenza – e, ci dice l’autore a voce, fatta male – e suggerisce di rimuovere il tutto. Ne parliamo col Soviet Supremo di Operations in BA, e il verdetto é unanime: ripulire tutto, per bene, e subito. Niente cemento sopra, la decisione é che non ci deve essere nemmeno un granello di quella robaccia.
Fortunatamente il contractor arriva in fretta e, ora che parto per Chicago, i lavori di bonifica sono finiti e possiamo puntare ad iniziare davvero i lavori.
La partenza è prevista alle 11 di domenica mattina, BA295. Per tutta la settimana BA ha usato il 77W con i nuovi interni (First rivista, Club Suite con cabina da 76 posti) ma, ovviamente, il giorno della nostra partenza in servizio c’è G-STBI, uno dei 3 77W rimanenti con la F a 14 posti e la Business vecchia. TBI è un vecchio amico, l’ho usato nella mia avventura indiana quando ero seduto in ultima fila di fianco al deportee e alla sua scorta.
Una volta decollati potrò collegarmi al wi-fi di bordo, che è gratis quando si vola in F, ma nel frattempo posso solo dedicarmi allo sciambagn.
Diamo un’occhiata al menù, và.
Viste Heathrowiane. Menzione per questo “nuovo” (si fa per dire) 747 cargo.
E poi via, sopra le nuvole.
Mi collego al wi-fi e continuo a lavorare con i colleghi; non si possono fare riunioni, ma ci si scrive e si condividono documenti in maniera abbastanza scorrevole. Abbiamo da sistemare la proposta del sub-lease con AA e una fila di scartoffie con la Città di Chicago che sembra che si stia firmando il Trattato di Versailles e non l’inizio dei lavori.
Nel frattempo, trovo il tempo di mangiare. Solo canapè e pasta. Notevole la bicchierata dello sciambagn rosè.
A seguire caffè a profusione, lavoro e dopo un 7 ore e mezza di volo, ecco la città. NB, causa lavori interminabili sulla Kennedy, staremo quasi esclusivamente a Rosemont, altrimenti conosciuta come la Busto Arsizio di Chicago (solo meglio).
Atterrati a ORD si passa vicino all’area cargo, dove appare un 747F. Sempre un bel vedere.
I giorni successivi passano con un misto di successi e mezzi passi indietro. Ci accordiamo sulla zona check-in che verrà data in gestione semipermanente a BA, ossia questa:
Come si può vedere, il branding AA è abbastanza prominente. Siccome siamo di fianco a JAL, IB e Aer Lingus chiediamo, tramite IAG, se non si volesse fare un branding comune per la zona. JAL dice che non gli dispiacerebbe, ma la trattativa si arena con le due consorelle. Anche AA è un po’ ambivalente: a ORD dicono che non sarebbe un problema, ma da Dallas non giungono rumori positivi. Colpo di genio dell’esperto di ground experience, Nirav: e se facessimo che mettere dei segni sopra ai loghi AA, senza rovinarli? Accordo fatto, strette di mano, e diamo a Nirav un po’ di sacchi per fare il lavoro.
L’altro grosso successo è che si riesce, finalmente, a far partire i lavori. Non so esattamente riepilogarvi quante riunioni si sia fatte con la Città di Chicago; Mike e Linda, l’architetto, ci prendono per mano e ci portano in giro per vari uffici. Maureen, Steve, Chris ed io stringiamo mani, diciamo di sì quando ci serve, diciamo di no quando sembra brutto, firmiamo un troiaio di carte bollate e siamo a posto. Jim, l’avvocato, fa notare che torneremo alla carica per chiedere un rimborso per le spese di bonifica dato che, se non fosse stato per noi, ci sarebbe stato ancora dell’amianto, ma non stiamo a sindacare. Il tempo è tiranno.
Mike e i suoi si scaraventano al lavoro. Noi facciamo un po’ di briefings per lo staff e, poi, arriva zio Tony. Uncle T, come è soprannominato, è un capitano della flotta A350 che, di mestiere, si occupa di training, safety e via dicendo. È sulle di lui spalle che riposa il compito di spostare i nostri avioni da T5 a T3, quotidianamente. Ha in mente un piano diabolico, ma prima di tutto vuole vedere come funziona per Iberia. E, siccome mi deve un bel po’ di favori, mi accollo pure io.
Il transfer T5-T3 per IB è fatto da BA Engineering. Ci troviamo coi colleghi mentre l’A330 di IB viene ripulito, e veniamo fatti accomodare in cockpit.
Uncle T è un eurofilo accanito, e non perde l’occasione di rimarcare l’ergonomicità e “family feeling” degli Airbus.
Sugli iPad ecco le mappe del percorso. Oggi il tragitto sarà molto breve, 10 minuti massimo.
Un breve briefing, che si può riassumere in “toccate niente, non rompete i maroni, se si deve fuggire seguite noialtri”, e siamo pronti. L’Engineer al posto del capitano guida, quello a destra gestisce la checklist e la radio. Iberia Maintenance è il callsign. Per noi sarà Speedbird maintenance.
Pushback, e siamo pronti ad andare.
Il gate K19 è davanti a noi. AA ha già fuori i wing-walkers.
Il tragitto dura un secondo e siamo al gate. Guardo zio Tony e il suo verdetto è positivo. Possiamo farcela.
Il giorno della partenza facciamo una breve capatina in ufficio. I lavori son partiti, ma sembra impossibile finire per aprile:
Parliamo un po’ di piani alternativi, what-if… e poi si fa il tempo di tornare. Il BA298 di oggi è a tre classi, un 77E con 48J con Club Suite. Prendo un posto finestrino – non questo:
Ecco, questo:
A differenza di LH, Swiss opera da e per il T5 o così mi sembra.
T5 a destra, T3 a sinistra. Questa è la distanza.
Verso la pista in uno splendido tramonto.
Se con Salvi abbiamo fatto un cenno a boomer e Gen X, eccone una per i ggiovvani. 130, Martin Garrix, Animals… si volaaaaaaaaa
Salto tutto: cena, caffè, aperitivo, colazione. Chiudo la porta, copertina, butto giù il letto e mi sveglio a 20 minutes to landing. Fuori Londra è ancora al buio, ma per una volta ho un telefono degno di questo nome.
Flickr
Una volta arrivati è il momento di farsi un triplo espresso e di andare in ufficio, ché gli altri progetti scalpitano. Le occhiaie, a fine trasloco, faranno provincia autonoma. Ma c’è ancora strada da fare.
Continua.
Siamo a metà febbraio e il programma prevede che si inizino i lavori “fisici”. Le procedure per il taxi sono pronte, i colleghi di Flight Operations stanno reclutando quelli che chiameremo ‘taxi crew’, i vari long lead items (A2G radio, altre radio, sistemi vari ed eventuali, persino cose ‘basiche’ come computer) sono stati ordinati e, dopo lungo penare, siamo riusciti ad ottenere un accordo con AA e CDA per gli ambienti che andremo ad occupare. E’ il momento di andare a ORD, e in agenda ci sono un bel po’ di cose: una riunione con architetti, contractors e CDA per iniziare i lavori; controllo degli standard della lounge al T3 e verifica dei suoi sistemi e, infine, un test del taxi con i colleghi di Iberia. Più un briefing per i colleghi basati a ORD per tenerli informati, un paio di riunioni con American che ha iniziato a farci da ground handler below the wing, rivisitazione del piano, varie ed eventuali.
Se non fosse che, una settimana e mezza prima della visita, arriva la doccia fredda. Mike, il contractor, chiama Maureen l’airport manager, che a suo turno chiama me.
“Forse c’é dell’amianto nella sala mensa”.
Organizziamo una chiamata estemporanea. In aggiunta a Mike, Maureen e il sottoscritto abbiamo: il delegato per le Facilities di American, Steve, il nostro uomo di Properties e, siccome a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca, abbiamo anche Jim, il nostro avvocato di New York.
Il risultato della chiamata è preoccupante. AA dice che, secondo loro, non dovrebbe esserci niente, e anche se ci fosse qualcosa basta coprirlo col cemento. Steve fa una smorfia tipo uno che ha pestato un chiodo; Mike, faccione rubizzo e camicia di flanella, strabuzza gli occhi. Siccome il tempo – come il limone – stringe decido di usare un po’ dei fondi d’emergenza per fare un’indagine approfondita, usando un contractor approvato dalla Città di Chicago, e ci riaggiorniamo di li a qualche giorno.
Le indagini trovano tracce di fibre di amianto in un angolo dello stanzone. Il report, lungo 50 pagine, parla di una bonifica fatta in precedenza – e, ci dice l’autore a voce, fatta male – e suggerisce di rimuovere il tutto. Ne parliamo col Soviet Supremo di Operations in BA, e il verdetto é unanime: ripulire tutto, per bene, e subito. Niente cemento sopra, la decisione é che non ci deve essere nemmeno un granello di quella robaccia.
Fortunatamente il contractor arriva in fretta e, ora che parto per Chicago, i lavori di bonifica sono finiti e possiamo puntare ad iniziare davvero i lavori.
La partenza è prevista alle 11 di domenica mattina, BA295. Per tutta la settimana BA ha usato il 77W con i nuovi interni (First rivista, Club Suite con cabina da 76 posti) ma, ovviamente, il giorno della nostra partenza in servizio c’è G-STBI, uno dei 3 77W rimanenti con la F a 14 posti e la Business vecchia. TBI è un vecchio amico, l’ho usato nella mia avventura indiana quando ero seduto in ultima fila di fianco al deportee e alla sua scorta.
Una volta decollati potrò collegarmi al wi-fi di bordo, che è gratis quando si vola in F, ma nel frattempo posso solo dedicarmi allo sciambagn.
Diamo un’occhiata al menù, và.
Viste Heathrowiane. Menzione per questo “nuovo” (si fa per dire) 747 cargo.
E poi via, sopra le nuvole.
Mi collego al wi-fi e continuo a lavorare con i colleghi; non si possono fare riunioni, ma ci si scrive e si condividono documenti in maniera abbastanza scorrevole. Abbiamo da sistemare la proposta del sub-lease con AA e una fila di scartoffie con la Città di Chicago che sembra che si stia firmando il Trattato di Versailles e non l’inizio dei lavori.
Nel frattempo, trovo il tempo di mangiare. Solo canapè e pasta. Notevole la bicchierata dello sciambagn rosè.
A seguire caffè a profusione, lavoro e dopo un 7 ore e mezza di volo, ecco la città. NB, causa lavori interminabili sulla Kennedy, staremo quasi esclusivamente a Rosemont, altrimenti conosciuta come la Busto Arsizio di Chicago (solo meglio).
Atterrati a ORD si passa vicino all’area cargo, dove appare un 747F. Sempre un bel vedere.
I giorni successivi passano con un misto di successi e mezzi passi indietro. Ci accordiamo sulla zona check-in che verrà data in gestione semipermanente a BA, ossia questa:
Come si può vedere, il branding AA è abbastanza prominente. Siccome siamo di fianco a JAL, IB e Aer Lingus chiediamo, tramite IAG, se non si volesse fare un branding comune per la zona. JAL dice che non gli dispiacerebbe, ma la trattativa si arena con le due consorelle. Anche AA è un po’ ambivalente: a ORD dicono che non sarebbe un problema, ma da Dallas non giungono rumori positivi. Colpo di genio dell’esperto di ground experience, Nirav: e se facessimo che mettere dei segni sopra ai loghi AA, senza rovinarli? Accordo fatto, strette di mano, e diamo a Nirav un po’ di sacchi per fare il lavoro.
L’altro grosso successo è che si riesce, finalmente, a far partire i lavori. Non so esattamente riepilogarvi quante riunioni si sia fatte con la Città di Chicago; Mike e Linda, l’architetto, ci prendono per mano e ci portano in giro per vari uffici. Maureen, Steve, Chris ed io stringiamo mani, diciamo di sì quando ci serve, diciamo di no quando sembra brutto, firmiamo un troiaio di carte bollate e siamo a posto. Jim, l’avvocato, fa notare che torneremo alla carica per chiedere un rimborso per le spese di bonifica dato che, se non fosse stato per noi, ci sarebbe stato ancora dell’amianto, ma non stiamo a sindacare. Il tempo è tiranno.
Mike e i suoi si scaraventano al lavoro. Noi facciamo un po’ di briefings per lo staff e, poi, arriva zio Tony. Uncle T, come è soprannominato, è un capitano della flotta A350 che, di mestiere, si occupa di training, safety e via dicendo. È sulle di lui spalle che riposa il compito di spostare i nostri avioni da T5 a T3, quotidianamente. Ha in mente un piano diabolico, ma prima di tutto vuole vedere come funziona per Iberia. E, siccome mi deve un bel po’ di favori, mi accollo pure io.
Il transfer T5-T3 per IB è fatto da BA Engineering. Ci troviamo coi colleghi mentre l’A330 di IB viene ripulito, e veniamo fatti accomodare in cockpit.
Uncle T è un eurofilo accanito, e non perde l’occasione di rimarcare l’ergonomicità e “family feeling” degli Airbus.
Sugli iPad ecco le mappe del percorso. Oggi il tragitto sarà molto breve, 10 minuti massimo.
Un breve briefing, che si può riassumere in “toccate niente, non rompete i maroni, se si deve fuggire seguite noialtri”, e siamo pronti. L’Engineer al posto del capitano guida, quello a destra gestisce la checklist e la radio. Iberia Maintenance è il callsign. Per noi sarà Speedbird maintenance.
Pushback, e siamo pronti ad andare.
Il gate K19 è davanti a noi. AA ha già fuori i wing-walkers.
Il tragitto dura un secondo e siamo al gate. Guardo zio Tony e il suo verdetto è positivo. Possiamo farcela.
Il giorno della partenza facciamo una breve capatina in ufficio. I lavori son partiti, ma sembra impossibile finire per aprile:
Parliamo un po’ di piani alternativi, what-if… e poi si fa il tempo di tornare. Il BA298 di oggi è a tre classi, un 77E con 48J con Club Suite. Prendo un posto finestrino – non questo:
Ecco, questo:
A differenza di LH, Swiss opera da e per il T5 o così mi sembra.
T5 a destra, T3 a sinistra. Questa è la distanza.
Verso la pista in uno splendido tramonto.
Se con Salvi abbiamo fatto un cenno a boomer e Gen X, eccone una per i ggiovvani. 130, Martin Garrix, Animals… si volaaaaaaaaa
Salto tutto: cena, caffè, aperitivo, colazione. Chiudo la porta, copertina, butto giù il letto e mi sveglio a 20 minutes to landing. Fuori Londra è ancora al buio, ma per una volta ho un telefono degno di questo nome.
Una volta arrivati è il momento di farsi un triplo espresso e di andare in ufficio, ché gli altri progetti scalpitano. Le occhiaie, a fine trasloco, faranno provincia autonoma. Ma c’è ancora strada da fare.
Continua.