Marche degli aerei Alitalia: EI-*** vs I-****


indiamaik

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27 Aprile 2011
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milano
News riguardo i prossimi A319-111 in consegna :

EI-IMP Italo Svevo Delivery a data da destinarsi
EI-IMR Italo Calvino Delivery 14 Ott
EI-IMS Giuseppe Parini Delivery 31 Ott

Saluti
EI-DBK
Mi inserisco in questa "orgia" di EI per conoscere l'opinione, di chi vorrà esporla, circa il fatto che, complice la radiazione dei residui MD 80, il numero di aeroplani della flotta AZ (ma il discorso vale in generale visto che tranne NEOS e, paradossalmente, Air Dolomiti anche le altre compagnie del Bel Paese fanno altrettanto) che stoicamente resistono con l'immatricolazione italiana si riduce sempre di più... . A me personalmente da parecchio fastidio e spiego il perché:

1) checché se ne dica, ed è anche la prevalente idea che si sono fatti molti spotters stranieri con cui sono in contatto, 'sta cosa sembra nascondere uno dei soliti "magheggi" italiani per evadere le tasse, o comunque per trarne dei vantaggi fiscali. Se così non fosse mi piacerebbe conoscere la spiegazione di è chi veramente al corrente di come stanno le cose e non le solite chiacchiere di parte di chi è pro o contro Alitalia perché quelle le conosco già... . Sappiamo bene che tutte le compagnie hanno aeroplani in leasing (certo non in questa misura) ma ben si guardano dall'immatricolarli in Irlanda.

2) ammesso che la stragrande maggioranza dei passeggeri (ma ci sono molte più eccezioni di quanto si possa credere...) non faccia caso alle marche, non così si può dire degli "addetti ai lavori", che, parlo in particolare di quelli stranieri, ovviamente non perdono l'occasione per ironizzare e questo non è esattamente una "botta" di immagine, nè per Alitalia, nè per il Paese.

3) premesso che mi intendo poco di bilanci e contabilità, mi viene però spontaneo fare un paragone "terra terra", seppur lapalissiano : è meglio avere la casa di proprietà che in affitto e se decido (o sono costretto) a vendere la mia casa per farr cassa e poi riaffittarla, beh,farei fatica a vantarmi di essere sulla buona strada del risanamento.

Ce ne sarebbero altre di ragioni ma credo che già così si possa (civilmente) discutere su questa questione.
 

gelemi

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2 Agosto 2010
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Quando si fa il lease back normalmente è perchè non si hanno soldi e si deve fare cassa.

Non penso si possa fare un paragone tra un bene immobile indispensabile per un individuo che alla prova dei fatti nel lungo termine ha portato sempre vantaggi (casa) con un bene che col tempo si svaluta (aereo).

Ad esempio, a molti studi privati, commercianti o rappresentanti è + conveniente prendere la macchina in leasing che acquistarla. Sia per un fattore di imposta che di sicurezza. Dopo 4 anni ne prende una nuova e ha speso forse meno che averla di proprietà.

Non so però come funzioni con gli aereoplani presi in leasing da società irlandesi.

Il fatto che sia meglio averli di proprietà penso sia sicuramente valido in Germania, in quanto Lufthansa, che non ha problemi di bilancio e che lancia un profit warning perchè pensa di non riuscire a guadagnare 1,1mld di € come l'anno scorso ma solo 800mln di € (in pratica loro guadagnano 1/3 del fatturato CAI e si lamentano perchè è poco), ha tutti gli aerei di proprietà.

Certo è che se ho capitale, le banche mi prestano i soldi più facilmente. Se non ho capitale i soldi non me li prestano. Forse è il fatto che avendo più debiti (800mln) del capitale (oramai stimato a circa 450mln) per CAI l'unica via per trovare soldi era questa.

Penso, e se c'è qualcuno che ci capisca in partita doppia spero possa risolvere il dubbio, che in conto capitale non si avrà un negativo dato dalla svalutazione del bene, ma la cifra la si avrà nel conto economico come uscita per affitto dello stesso bene. Quindi alla fine, il risultato del bilancio non cambia.
 

india9001

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6 Novembre 2005
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Mi inserisco in questa "orgia" di EI per conoscere l'opinione, di chi vorrà esporla, circa il fatto che, complice la radiazione dei residui MD 80, il numero di aeroplani della flotta AZ (ma il discorso vale in generale visto che tranne NEOS e, paradossalmente, Air Dolomiti anche le altre compagnie del Bel Paese fanno altrettanto) che stoicamente resistono con l'immatricolazione italiana si riduce sempre di più... . A me personalmente da parecchio fastidio e spiego il perché:

1) checché se ne dica, ed è anche la prevalente idea che si sono fatti molti spotters stranieri con cui sono in contatto, 'sta cosa sembra nascondere uno dei soliti "magheggi" italiani per evadere le tasse, o comunque per trarne dei vantaggi fiscali. Se così non fosse mi piacerebbe conoscere la spiegazione di è chi veramente al corrente di come stanno le cose e non le solite chiacchiere di parte di chi è pro o contro Alitalia perché quelle le conosco già... . Sappiamo bene che tutte le compagnie hanno aeroplani in leasing (certo non in questa misura) ma ben si guardano dall'immatricolarli in Irlanda.

2) ammesso che la stragrande maggioranza dei passeggeri (ma ci sono molte più eccezioni di quanto si possa credere...) non faccia caso alle marche, non così si può dire degli "addetti ai lavori", che, parlo in particolare di quelli stranieri, ovviamente non perdono l'occasione per ironizzare e questo non è esattamente una "botta" di immagine, nè per Alitalia, nè per il Paese.

3) premesso che mi intendo poco di bilanci e contabilità, mi viene però spontaneo fare un paragone "terra terra", seppur lapalissiano : è meglio avere la casa di proprietà che in affitto e se decido (o sono costretto) a vendere la mia casa per farr cassa e poi riaffittarla, beh,farei fatica a vantarmi di essere sulla buona strada del risanamento.

Ce ne sarebbero altre di ragioni ma credo che già così si possa (civilmente) discutere su questa questione.
Ciao,
credo che questo articolo ti fornisca tutte le risposte ai tuoi dubbi:

http://www.dedalonews.it/it/index.p...one-di-cape-town-e-gli-acquisti-di-aeroplani/

La convenzione di Cape Town e gli acquisti di aeroplani

di Antonio Bordoni

La proprietà di un aeromobile non è più un dato trasparente e facilmente determinabile come lo era in anni passati. Anche sulle flotte delle aerolinee è giunta la lunga mano della nuova finanza. E ricordando come la proprietà dei velivoli costituisca il maggior asset di un vettore aereo non è difficile capire che mancando questo supporto di base si mina la credibilità finanziaria che un’aerolinea può vantare nei confronti del mercato.
Prima di parlare di proprietà, tuttavia, la compagnia aerea ha un passaggio delicato e determinante da effettuare, ovvero l’acquisto dell’aeromobile o più precisamente il suo finanziamento. Con i tempi che corrono è pura utopia pensare che un vettore possa pagare in contanti un Boeing 767 o un Airbus A330, aerei i cui costi medi indicativo sono nell’ordine di 150 o 200 milioni di dollari; ed è in questa fase che intervengono nuovi strumenti e nuovi intermediari.
Lo strumento primario di cui le aerolinee si sono sempre avvalse per l’"aircraft financing" era costituito dalle banche commerciali, le quali però sono state anch’esse severamente colpite dalla crisi finanziaria e oggi a livello mondiale ne rimangono attive soltanto una decina. Questa fonte di finanziamento ha coinciso con gli anni in cui i vettori erano imprese pubbliche e godevano pertanto della garanzia governativa. In tale contesto i finanziamenti erano relativamente semplici, spediti e senza eccessivo gravame di carattere assicurativo o di costose garanzie di solvibilità.
Ben differente è l’attuale situazione che vede invece in prima linea i gestori di "capital markets". Fondi, assicurazioni e società di carattere finanziario si sono in pratica sostituiti alle banche commerciali o perlomeno hanno guadagnato grossi spazi nei loro confronti. Essi però, dovendo provvedere a significative erogazioni di capitali a favore di imprese che non godono più della copertura governativa, fanno gravare il finanziamento di innummerevoli costi corollari composti da assicurazioni e garanzie.
Quindi il nuovo scenario vede le compagnie aeree quali soggetti privati che abbisognano di garanzie per i loro acquisti e nel valutare questa nuova veste, si deve tener conto anche dei fallimenti "eccellenti" occorsi negli ultimi tempi nel settore delle aerolinee.
Onde completare il quadro delle forme cui attingere denaro, nel mezzo di questi due scenari possiamo mettere gli anni in cui le compagnie aeree ricorrevano allo strumento del lease-back il quale consisteva nel vendere il proprio aeromobile ad una società di leasing aeronautico, incassarne il relativo prezzo e poi operare con lo stesso aereo preso in affitto dal nuovo proprietario. Nel lungo termine il canone di leasing superava l’incasso fatto per la vendita, ma nel breve si era fatta cassa.
Spostiamoci ora all’anno 2001 quando a Cape Town, in Sud Africa, si riuniscono i rappresentanti di 68 nazioni e di 14 organizzazioni internazionali fra cui l’ICAO e la IATA, e viene varato l’omonimo trattato in materia di International Interests in Mobile Equipment. Il trattato viene introdotto ufficialmente a partire dal 1° aprile 2004, ma il cosiddetto Protocollo - quello che specificatamente tratta di aeromobili e motori aeronautici - entra in vigore il 1° marzo 2006. A quella data era stato ratificato da otto Paesi (Etiopia, Irlanda, Malesia, Nigeria, Oman, Panama, Pakistan e Stati Uniti), ai quali si sono successivamente aggiunti Malta e Antille Olandesi.
Malgrado la sua importanza in Italia questo protocollo è poco noto, forse perché il nostro Paese non risulta averlo ratificato.
Un timido accenno è stato fatto dalla stampa in chiusura dell’anno 2010 allorchè in un solo mese Alitalia ha cancellato dal registro aeronautico nazionale una ventina dei suoi aeromobili Airbus e li ha re-immatricolati sotto bandiera irlandese. In quella occasione alcune fonti di stampa scrissero che essendo l’Irlanda (in quel momento) l’unico Paese europeo ad aver aderito al Trattato di Capetown, il passaggio sotto bandiera irlandese avrebbe evitato a eventuali creditori di bloccare gli aeromobili.
In effetti le cose non stanno proprio in questi termini.
Nel preambolo abbiamo messo in evidenza il maggior rischio che oggi corre il creditore o finanziatore di una aerolinea, in quanto quest’ultima è un soggetto privato non più garantito dallo Stato di appartenenza. Questo ha come conseguenza che nel momento in cui acquistano un velivolo, o i suoi ugualmente costosi motori, le aerolinee sono soggette a fornire esose garanzie a fronte del finanziamento ottenuto. Ebbene, al momento di acquistare un aereo, i vettori di uno Stato che aderisca al Protocollo di Cape Town possono spuntare avere dai fornitori condizioni finanziarie notevolmente migliori di quelle normalmente applicate dal mercato. Detto così tutti si potrebbero chiedere per quale motivo solo pochi Paesi abbiano aderito al Protocollo. Ma anche in questa storia c’è il classico rovescio della medaglia, e consiste nel fatto che il creditore in caso di insolvenza o fallimento del cliente ha la via del recupero estremamente facilitata sia in termini di tempo sia in termini di pratiche burocratiche.
Normalmente infatti avviene che a causa delle diverse giurisdizioni coinvolte nell’accordo di finanziamento (quella del costruttore dell’aeromobile, quella del finanziatore e quella del vettore) gli uffici legali dovevano confrontarsi con molteplici normative che richiedevano un gran dispendio di tempo e di studio, e nel frattempo il velivolo continuava a volare per il vettore insolvente….
Con Cape Town il velivolo (o il motore) viene bloccato e restituito in tempi brevissimi. Solo in cambio di questa possibilità di ri-possesso immediato i finanziatori garantiscono condizioni più flessibili e meno onerose.
Da quanto sopra appare chiaro che il Protocollo si applica solo e soltanto se il cosiddetto "obligor", ovvero il soggetto passivo dell’operazione, cioè l’aerolinea, appartiene ad un Paese che ha ratificato l’accordo.
Se sussiste questo presupposto, chi presta il finanziamento ("lender" o "lessor") si affretta a iscrivere la transazione su un registro telematico internazionale situato in Irlanda e in quel momento egli diventa il creditore privilegiato di quel bene mobile (velivolo o motore di aeromobile). Ciò significa che se sfortunatamente l’aerolinea fallisce o è insolvente, il creditore potrà agire immediatamente senza perdersi nei meandri dei cavilli burocratici che ogni Paese inevitabilmente ha.
Appare quindi evidente che una aerolinea che impiega aeromobili registrati in Irlanda - siano essi in leasing, come il nuovo Embraer 190, o di proprietà di una propria controllata, come scrisse la stampa italiana per la già ricordata "migrazione" di fine 2010 - può sfruttare l’adesione irlandese al Protocollo per ottenere condizioni più vantaggiose, in quanto chi eroga il finanziamento ha maggiori certezze per rivalersi immediatamente qualora necessario. È questa una "variazione sul tema" che possono sfruttare le aerolinee di quei Paesi che non hanno ratificato l’accordo, e da ciò deriva che il Protocollo di Cape Town oltre che riferirsi a mere transazioni di finanziamento per l’acquisto di uno specifico velivolo può anche venir usato sotto altre varianti come quella sopradescritta.
Ovviamente viene spontaneo notare come i vettori irlandesi, Ryanair inclusa, sono stati i primi in Europa a trarre vantaggio dall’accordo per l’ampliamento delle loro flotte.
In conclusione si può dire che con il Protocollo di Cape Town IATA e ICAO, preso atto che per le aerolinee non più protette dallo scudo governativo sarebbe stato estremamente complicato trovare i fondi per i finanziamenti di nuovi velivoli, e preso atto altresì che ciò avrebbe messo in serio pericolo lo sviluppo stesso dell’aviazione civile mondiale, hanno cercato di alleviare le conseguenze della drammatica situazione finanziaria con la quale, a fasi alterne, si confrontano ormai tutti i vettori nei cinque continenti, ad eccezione ovviamente dei soliti noti.
 

indiamaik

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milano
Ciao,
credo che questo articolo ti fornisca tutte le risposte ai tuoi dubbi:

Grazie 1000, leggo solo ora... .
Dunque, se ho ben capito, le varie Air France, Lufthansa, KLM, Iberia, ecc. ecc. , i cui paesi - al pari dell' Italia - non hanno ratificato l'accordo, rinuncerebbero a canoni più favorevoli pur di immatricolarre gli aeroplani che prendono in leasing nel loro registro nazionale e, di conseguenza, impedirne l'immediato sequestro in caso di fallimento o insolvenza . E' così? Quindi, loro,ragionano nell'ottica spendo di più ma ho maggiori garanzie... . Se è tutto corretto allora è davvero il caso di essere molto preoccupati per la nostra industria del trasporto aereo, perché ciò che stiamo dicendo è una inequivocabile conferma che, qui da noi, si vive letteralmente alla giornata. Per favore, ditemi che sbaglio ... .
 

belumosi

Socio AIAC
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Ciao,
credo che questo articolo ti fornisca tutte le risposte ai tuoi dubbi:

Grazie 1000, leggo solo ora... .
Dunque, se ho ben capito, le varie Air France, Lufthansa, KLM, Iberia, ecc. ecc. , i cui paesi - al pari dell' Italia - non hanno ratificato l'accordo, rinuncerebbero a canoni più favorevoli pur di immatricolarre gli aeroplani che prendono in leasing nel loro registro nazionale e, di conseguenza, impedirne l'immediato sequestro in caso di fallimento o insolvenza . E' così? Quindi, loro,ragionano nell'ottica spendo di più ma ho maggiori garanzie... . Se è tutto corretto allora è davvero il caso di essere molto preoccupati per la nostra industria del trasporto aereo, perché ciò che stiamo dicendo è una inequivocabile conferma che, qui da noi, si vive letteralmente alla giornata. Per favore, ditemi che sbaglio ... .
E' ovvio che sbagli. Non credo sia nemmeno ipotizzabile che LH o AF non immatricolino aerei in Irlanda per paura di un pignoramento da parte dei lessor.
Semplicemente credo che in Germania e Francia ci sia un attaccamento alla bandiera superiore al nostro e sarebbe inconcepibile avere quasi tutta la flotta sotto marche straniere. Noi che di queste cose ce ne freghiamo allegramente, abbiamo guardato alla convenienza: probabilmente il fatto che le aziende in Irlanda sono tassate al 12.5%, ha permesso di risparmiare soldi attraverso opportune manovre contabili.
Ringrazio anch'io India9001 per la segnalazione. Gli articoli di Bordoni di norma sono molto interessanti e su Dedalonews ce ne sono moti.
 

indiamaik

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milano
E' ovvio che sbagli. Non credo sia nemmeno ipotizzabile che LH o AF non immatricolino aerei in Irlanda per paura di un pignoramento da parte dei lessor.
Semplicemente credo che in Germania e Francia ci sia un attaccamento alla bandiera superiore al nostro e sarebbe inconcepibile avere quasi tutta la flotta sotto marche straniere. Noi che di queste cose ce ne freghiamo allegramente, abbiamo guardato alla convenienza: probabilmente il fatto che le aziende in Irlanda sono tassate al 12.5%, ha permesso di risparmiare soldi attraverso opportune manovre contabili.
Ringrazio anch'io India9001 per la segnalazione. Gli articoli di Bordoni di norma sono molto interessanti e su Dedalonews ce ne sono moti.
Beh,non intendevo certo dire che quelle compagnie hanno paura, ci mancherebbe, ma semplicemente che preferiscono cautelarsi al 100% , un po' come quegli automobilisti che, oltre alla RC, che è obbligatoria, pagano per avere altre garanzie accessorie. Poi è indubbio che da quelle parti sarebbe inconcepibile avere la flotta immatricolata in Irlanda o in Malesia, ma questo lo davo per scontato. Poi possiamo ragionare se qui da noi è solo e semplicemente una questione di convenienza oppure, come temo, anche di necessità (ed il mio ditemi che sbaglio proprio a questo era riferito... ) . In conclusione credo che se il nostro movimento se la passasse meglio magari anche da noi ci sarebbe più attaccamento alla bandiera... .
 

belumosi

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credo che se il nostro movimento se la passasse meglio magari anche da noi ci sarebbe più attaccamento alla bandiera... .
Ho qualche dubbio...:)
A proposito, rileggendo il mio precedente post, mi sono reso conto che la prima frase nei tuoi confronti non è molto elegante. Faccio ammenda aggiungendo che non voleva assolutamente essere offensiva. :)
 

belumosi

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Qual è la percentuale di tassazione in Italia?
L'IRES ha un'aliquota fissa del 27.5% sull'utile fiscalmente imponibile.
L'IRAP ha un'aliquota variabile intorno al 3-4% sul "valore della produzione netta", che detto molto all'ingrosso, è un valore che sta a metà tra il fatturato e l'utile.
Rispetto all'Irlanda è un altro pianeta.