Il ceo di Air France-Klm: «Ci espandiamo grazie agli slot di Linate, l’Europa non regali il mercato ai vettori stranieri»
Air France scommette un miliardo di euro all’anno per catturare fette maggiori di clientela premium. Con l’ambizione di convincere anche chi oggi vola con il jet privato a prenotare — con prezzi che arrivano fino a 20 mila euro, andata e ritorno, per un Parigi-New York — La Première, la nuova cabina di Prima classe. «In Economy si fanno i volumi, ma l’unico modo per aumentare gli utili è puntare su chi viaggia nella parte anteriore dell’aereo», dice al Corriere Ben Smith, ceo del gruppo Air France-Klm, durante un’intervista. «Puntiamo sempre di più anche sui viaggiatori italiani ora che abbiamo ottenuto uno spazio maggiore a Milano Linate», aggiunge il numero uno di un’azienda che vede lo Stato francese quale principale azionista (27,98%), poi quello olandese (9,13), quindi Cma-Cgm (8,8%), China Eastern Airlines (4,58%), i dipendenti (3,08%) e Delta Air Lines (2,79%).
Perché tutto questo focus sul segmento premium?
«Abbiamo molti clienti che acquistano biglietti in Economy, ma possiamo vincere in quel segmento? No, perché ci sono le low cost. Possiamo essere però più redditizi e questo può avvenire tra Prima classe, Business e Premium economy. Ecco perché c’è una maggior attenzione. Altri fanno l’opposto».
Altri chi?
«Il peso della Prima classe in Lufthansa si sta riducendo. Il numero delle poltrone di Swiss pure. Noi aumentiamo. E facciamo bene».
Le nozze Ita Airways-Lufthansa vi fanno perdere un partner forte in Italia. Come intendete rispondere?
«Siamo molto fortunati perché abbiamo già una base solida in Italia. È, assieme alla Svizzera, il Paese con il fatturato più alto al di fuori della Francia. Andiamo molto bene a Milano Linate, a Firenze, nel Sud Italia».
Però una Ita fuori dalla vostra alleanza SkyTeam qualche effetto lo produce...
«Non penso che cambierà qualcosa. Anzi, ora che abbiamo più slot a Linate (ottenuti nell’ambito dei rimedi offerti da Ita e Lufthansa per il via libera Ue, ndr) ci consentirà di portare ancora più turisti americani a Milano».
Se le proponessero di avviare una nuova aviolinea in Italia lei dove metterebbe l’hub, a Fiumicino o Malpensa?
«Dipende dal tipo di compagnia. Se si concentra sulla clientela business o leisure. Il 1° trimestre dell’anno a Fiumicino è difficile, lo scalo ha un’altissima stagionalità, assieme ad Atene è il più complicato. Per questo è sfidante per i vettori andare bene a Fiumicino. Per non parlare del fatto che la fetta maggiore del traffico è in ingresso su Roma».
E questo sarebbe un problema?
«Sì. Perché significa che i clienti hanno strutturalmente una preferenza per il vettore che si trova dall’altra parte della rotta, non per quello basato a Roma».
E Malpensa?
«Ha un mercato business tutto l’anno e Milano è sottoservita. La complessità con Malpensa sta nella distanza dalla città. E nel fatto che c’è Linate che drena volumi ai flussi di alimentazione dei voli intercontinentali».
Da tempo chiedete alla Ue di fare attenzione alla concorrenza dei vettori cinesi, mediorientali e del Bosforo.
«Se si adotta una visione pro-consumatore e si guarda al mercato nel breve termine si potrebbe avere qualche vantaggio. Ma se si concede un vantaggio sproporzionato o squilibrato a un vettore del Golfo o a un vettore turco o saudita, nel lungo termine si finirà per avere un minore numero di voli diretti, il che è negativo: significa meno posti di lavoro e va a rafforzare solo l’economia intermedia».
L’Europa è troppo «permissiva»?
«Stiamo dando agli altri vettori il pieno accesso ai nostri mercati, glielo stiamo regalando. E lo si può vedere già adesso con l’Asia: le compagnie europee stanno tagliando i collegamenti, gli altri li aumentano. Per questo l’approccio della Commissione europea non è quello giusto. Altri Paesi stanno facendo tutto il possibile per supportare le proprie aziende, speriamo Bruxelles faccia lo stesso».
Lei è contro le «Quinte libertà», intesa che autorizza un’aviolinea di un Paese terzo di operare voli tra due altri Stati?
«No. Siamo contrari a un campo di gioco non livellato. Se un’azienda ha un servizio migliore o ha costi più bassi e vuole legittimamente operare in un mercato, nessun problema. Crediamo nel mercato aperto. Quello in cui non crediamo sono i mercati non equilibrati. E non abbiamo una Commissione europea che si assicura che la competizione sia equa».
Siete attivi nel processo di consolidamento dei cieli. Sia sul dossier Air Europa, sia Tap Air Portugal.
«Abbiamo già un rapporto commercial con Air Europa, fa parte di SkyTeam. Ha una buona struttura dei costi. Ha una posizione molto buona in America Latina ed è per questo che li stiamo studiando. Potrebbe essere, alle giuste condizioni, un’aggiunta interessante al nostro gruppo».
Avete presentato un’offerta, come si legge sui media spagnoli?
«Siamo in trattative».
E con Tap?
«È il terzo governo col quale discutiamo della privatizzazione della compagnia portoghese. L’iter ufficialmente non è iniziato. Come per Air Europa anche Tap è interessante per espanderci in Sudamerica. Siamo tra i principali vettori europei sui voli con l’America Latina. E vogliamo mantenere la nostra posizione».
Parlando di consolidamento, a un certo punto dovrete decidere se fare il passo verso easyJet, magari tutta o una parte della low cost che ha slot nei principali aeroporti europei.
«Il consolidamento in Europa sembra inevitabile. Ma molto dipende dall’approccio della Commissione Ue sulle fusioni. Siamo molto pro-consolidamento, ma non vogliamo mettere il nostro gruppo in una posizione finanziaria rischiosa o difficile. E ci devono essere sinergie molto solide, facili da sfruttare prima di guardare a qualsiasi acquisizione o nuova partnership».
Nel vostro gruppo le dinamiche sono cambiate. Prima la macchina da soldi era l’olandese Klm, ora è Air France. Klm è un problema?
«Diciamo che è una sfida. Nel 2018 andava molto bene perché tutti i tasselli erano al loro posto: stakeholder, dipendenti, sindacati, poche pressioni dagli ambientalisti, un governo locale pro-Schiphol (l’aeroporto di Amsterdam, ndr), pro-Klm, pro-aviazione. Dopo il Covid molte cose sono cambiate».
Come?
«L’inflazione alta, diverse persone uscite dal mercato e questo non ha permesso di far funzionare tutta la flotta di Klm nel migliore dei modi. I costi unitari ne hanno risentito anche perché non stiamo volando abbastanza. E l’introduzione di una nuova flotta di aerei a corridoio singolo ha aggiunto complessità. Per non parlare dell’aumento delle tariffe all’aeroporto di Amsterdam».
Ma Klm può ancora fare soldi?
«I fondamentali di Klm ci sono tutti e sono solidi. Penso che abbiamo scelto gli aerei giusti. Sappiamo cosa dobbiamo fare per avere maggiore efficienza. Quindi si può riportare Klm dove era senza cambiare il modello in modo significativo. Air France, al contrario, nel 2018 era in una posizione davvero complicata. Ora tutto ciò che abbiamo messo in atto sta funzionando esattamente come avevamo sperato. E contiamo di continuare a farlo nei prossimi anni per raggiungere gli obiettivi prefissati».
lberberi@corriere.it
Intervista a Ben Smith: maggiori investimenti per catturare la clientela premium. L’hub meglio a Fiumicino o Malpensa? «A Roma è molto più difficile fare utili»
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