Michele Geraci è stato per qualche ora un potenziale candidato a Palazzo Chigi, su indicazione di Matteo Salvini. Erano i concitati giorni di trattativa, sollecitata dal Quirinale, per definire tra Lega e M5S l’assetto del nuovo esecutivo. L’ipotesi di Geraci in veste di premier è tramontata, ma il 18 giugno è stato comunque nominato sottosegretario allo Sviluppo Economico nel governo di Giuseppe Conte. Una laurea in ingegneria elettronica, origine palermitana, una militanza in banca d’affari a Londra e New York e, infine, nel 2007 la decisione di andare a insegnare finanza in Cina e a guidare la filiale del Global Policy Institute a Shangai, sono i connotati che hanno convinto Salvini a indicare Geraci per l’incarico al ministero di Via Veneto. Anche Beppe Grillo talvolta ne ospita gli interventi su economia cinese, reddito di cittadinanza e flat tax nel suo Blog.
«Il mio contributo è quello di rafforzare la convinzione delle opportunità garantite dallo sviluppo dei rapporti con la Cina», racconta Geraci. Un’ottica che potrebbe trovare immediata applicazione per uno dei dossier «caldi» ereditati dal governo: il destino dell’Alitalia commissariata. «L’ingresso di una compagnia cinese è una strada praticabile, non posso anticipare i dettagli ma c’è un forte interesse per la nostra ex compagnia di bandiera». Il disegno industriale è riassumibile in un progetto «che veda le principali rotte provenienti dall’Asia arrivare a Roma e non a Francoforte. L’idea che Lufthansa possa acquistare Alitalia non mi pare compatibile con la salvaguardia del nostro patrimonio industriale e turistico».
Non una chiusura tombale, ma poco ci manca, rispetto alla determinazione dell’ex ministro Carlo Calenda, che non ha fatto mistero di ritenere l’offerta dei tedeschi la più plausibile e solida per garantire la sopravvivenza di Alitalia. Tanto che Geraci suggerisce:«Mi piacerebbe chiarire anche a Calenda che rispetto a tutte le altre ipotesi è preferibile un partner cinese, che realizzi qui da noi il suo hub europeo per il lungo raggio».
All’obiezione che il modello evoca quello, fallimentare, di Etihad, che attraverso la partecipazione in Alitalia avrebbe dovuto fare di Roma Fiumicino l’hub per le rotte verso Medio Oriente, Golfo Persico e Nord Africa, Geraci ha pronta la replica. «Gli emiratini di Etihad non erano i partner ideali e l’area geografica non era quella preferibile». Il passo successivo è, dunque, attivare nei prossimi giorni i contatti con i commissari, che si occupano della gestione straordinaria di Alitalia per studiare «una soluzione che può e deve essere aggiuntiva, rispetto al bando di gara e che non mette in discussione il lavoro finora svolto dai commissari».
All’orizzonte si prefigura una soluzione diversa da quella della vendita a una delle tre cordate (Lufthansa,l’alleanza di Easyjet con Cerberus, Air France-Klm e Delta, e infine, l’ungherese Wizz Air)che hanno presentato un’offerta. «Potrebbe essere una compagnia cinese che non compri la maggioranza, mentre il pacchetto di controllo resterebbe in mano pubblica e a capitale privato, tutte le opzioni sono possibili si tratta di definirle».
Corriere della Sera
«Il mio contributo è quello di rafforzare la convinzione delle opportunità garantite dallo sviluppo dei rapporti con la Cina», racconta Geraci. Un’ottica che potrebbe trovare immediata applicazione per uno dei dossier «caldi» ereditati dal governo: il destino dell’Alitalia commissariata. «L’ingresso di una compagnia cinese è una strada praticabile, non posso anticipare i dettagli ma c’è un forte interesse per la nostra ex compagnia di bandiera». Il disegno industriale è riassumibile in un progetto «che veda le principali rotte provenienti dall’Asia arrivare a Roma e non a Francoforte. L’idea che Lufthansa possa acquistare Alitalia non mi pare compatibile con la salvaguardia del nostro patrimonio industriale e turistico».
Non una chiusura tombale, ma poco ci manca, rispetto alla determinazione dell’ex ministro Carlo Calenda, che non ha fatto mistero di ritenere l’offerta dei tedeschi la più plausibile e solida per garantire la sopravvivenza di Alitalia. Tanto che Geraci suggerisce:«Mi piacerebbe chiarire anche a Calenda che rispetto a tutte le altre ipotesi è preferibile un partner cinese, che realizzi qui da noi il suo hub europeo per il lungo raggio».
All’obiezione che il modello evoca quello, fallimentare, di Etihad, che attraverso la partecipazione in Alitalia avrebbe dovuto fare di Roma Fiumicino l’hub per le rotte verso Medio Oriente, Golfo Persico e Nord Africa, Geraci ha pronta la replica. «Gli emiratini di Etihad non erano i partner ideali e l’area geografica non era quella preferibile». Il passo successivo è, dunque, attivare nei prossimi giorni i contatti con i commissari, che si occupano della gestione straordinaria di Alitalia per studiare «una soluzione che può e deve essere aggiuntiva, rispetto al bando di gara e che non mette in discussione il lavoro finora svolto dai commissari».
All’orizzonte si prefigura una soluzione diversa da quella della vendita a una delle tre cordate (Lufthansa,l’alleanza di Easyjet con Cerberus, Air France-Klm e Delta, e infine, l’ungherese Wizz Air)che hanno presentato un’offerta. «Potrebbe essere una compagnia cinese che non compri la maggioranza, mentre il pacchetto di controllo resterebbe in mano pubblica e a capitale privato, tutte le opzioni sono possibili si tratta di definirle».
Corriere della Sera