Alishan è decisamente uno dei must-see di Taiwan; le foreste montane di cipressi, il microclima temperato, la vista delle cime circostanti sopra un mare di nuvole e la ferrovia che si inerpica lungo la montagna sono mozzafiato. Sono stato più volte ad Alishan, ma non mi sono mai fermato in una delle stazioni intermedie; né sono mai salito col treno, stante che il rovinoso tifone Morakot ne ha devastato il percorso nel 2015, lasciando ampi tratti impraticabili.
Nel 2024, però, la linea ha riaperto completamente; manco l'inaugurazione per un paio di mesi, ma buona parte del tragitto era comunque già percorribile. Prendo un mano una cartina e studio la possibilità di fare un day-trip solo per provare questa ferrovia che ha il suo capolinea a Chiayi. Fenqihu sembra il posto ideale per l'escursione: è posta a circa metà strada tra Chiayi e Alishan, permette qualche ora di sosta per girovagare nei dintorni, e ha orari compatibili con una gita in giornata e proseguimento serale per Taipei.
I biglietti per la ferrovia turistica di Alishan sono disponibili solitamente a partire da 15 giorni prima, prenotabili online; il biglietto fisico va però ritirato in stazione allo sportello dedicato. Di solito tendono ad andare esauriti abbastanza in fretta, quindi prenoto appena possibile; non è possibile selezionare il posto, ma il sistema mi assegna uno dei posti finestrino nella prima carrozza all'andata e uno dei finestrini nell'ultima carrozza al ritorno. La mattina della partenza, quindi, faccio una breve colazione, lascio la valigia alla reception, faccio check-out e cammino i duecento metri o poco più dall'hotel alla stazione.
Il binario è già animato da turisti e train spotter. Mi sposto verso la fine del binario (il treno arriva dal deposito dove si trova anche il museo, e ferma al binario tronco vicino all'edificio della stazione, sulla destra entrando dalla strada). La Alishan Forest Railway è una ferrovia a scartamento ridotto. Tempo dieci minuti e il binario si riempie; a occhio, la maggior parte dei passeggeri sembra essere qui per una gita in giornata, anche se si vedono alcuni turisti con le valigie diretti probabilmente ad Alishan. Un locale mi fotobomba l'arrivo del treno.
Essendo i posti assegnati, è tutto abbastanza rilassato e c'è tempo per fare una foto alla semipilota, che peraltro è anche la mia carrozza.
L'interno è come un autobus, con due sedili da un lato e un sedile solo dall'altro. Sia all'andata che al ritorno sarò sulla fila da uno. Le carrozze che fanno la spola tra Chiayi e Alishan sono climatizzate, mentre quelle che percorrono le piccole linee complementari attorno ad Alishan non lo sono (e non ce n'è bisogno, perché le temperature raramente superano i 15 gradi).
Partiamo in orario, e mio malgrado scopro che il viaggio (un po' più di due ore e mezza) è "allietato" da una guida ultra settantenne che spiega, cioè urla al microfono, ovviamente in mandarino, tutto quello che vediamo. Non capisco nulla, a parte quando tiene in mano un fascicolato A4 che vediamo in tre, con i disegni delle caratteristiche tecniche del percorso. Credo dia anche dovizia di informazioni storiche perché afferro qualche centinaio di volte "riben riben" (日本), che è Giappone in mandarino. La ferrovia venne infatti costruita dai giapponesi, principalmente per trasportare il pregiatissimo legno del cipresso taiwanese per la costruzione della "colonia modello", una visione storiografica che è oggetto di notevole dibattito.
Lasciamo l'urbanizzazione di Chiayi dopo circa una decina di chilometri; si passa per risaie e terreni agricoli. La giornata non è delle più soleggiate, che per me va anche bene. La zona di Alishan è spesso nebbiosa, cose che le dona un'atmosfera molto particolare, ovattata, misteriosa.
Dopo circa venticinque minuti iniziamo a salire; la foresta inizia a farsi abbastanza fitta, ed è ancora puramente tropicale, con palme da cocco e banani affiancati ad alberi di cui ignoro il nome.
Passiamo dai 30 metri di Chiayi ai quasi mille di Liyuanliao in circa un'ora e mezza; impossibile da fotografare, passiamo per la spirale di Dulishan, una roba che fa impallidire le gallerie elicoidali del Gottardo. Ci troviamo nella nebbia, mentre il treno sballonzola a destra e a sinistra sugli stretti binari.
In un momento di pausa dalla cacofonia di parole urlate nel microfono, decido di indossare gli auricolari; per fortuna! Perché la cacofonia riprenderà meno di una decina di minuti dopo. Faccio finta di non accorgermente; tanto non capisco nulla lo stesso. Le palme ancora resistono, spesso isolate sui crinali e, più frequentemente, vicino alla massicciata.
Mancano ancora circa 500 metri di dislivello e un'oretta circa. I paesaggi sono sublimi, la foresta ora ricorda più quelle temperate europee, anche se non saprei riconoscere un albero neppure a pagamento.
Arrivati a Fenqihu, più di metà treno scende.
Aspetto la ripartenza del treno prima di avventurarmi per il paese.
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I binari oltre Fenqihu proseguono. Io, invece, mi fermo qui.
La sensazione di essere in una nuvola è meravigliosa.
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Di fronte alla stazione, quasi dentro, c'è il chiosco che da quasi settant'anni vende i railway bento di Alishan; è ancora un po' presto per pranzare, ma visto che sono qui, ne prendo uno per dopo.
Ci sono circa venti gradi, e in pantaloncini e maglietta a maniche lunghe si sta benissimo. La cittadina, un villaggio, è davvero piccola ed è chiaramente orientata al turismo; c'è una zona pedonale con negozi, per lo più di souvenir e cibo, che porta all'attacco di alcuni brevi percorsi nella foresta.
L'atmosfera fa un po' Twin Peaks, devo dire.
In pochi passi si è su alcuni trail accuratamente marcati. La parte più vicina alla Old Street è proprio una passeggiata pavimentata o su ponti in legno sopraelevati. La nebbia (nuvole a quota terreno, in realtà: si muove) che avvolge tutto è incredibilmente atmosferica.
Un nuovo percorso sopraelevato è stato creato negli anni 2000 per permettere il passaggio indisturbato di animali e insetti. In tarda primavera è facile vedere lucciole in tutta l'area.
Gli alberi sono secolari e vi sono alcuni sacred tree che superano i mille anni.
Chiudo l'anello ricongiungendomi con il villaggio alla stazione ferroviaria, che supero attraversando i binari. Appena oltre, attacco la lunga scalinata che apre il Fenqihu trail, da cui si diramano passeggiate ben più lunghe che percorrono i monti circostanti. Avendo qualche giorno, ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta.
Qualche centinaio di metri più in alto, la vista si apre sulla stazione e il paese, avvolti nelle nuvole basse.
Faccio una breve sosta per tirare il fiato e pranzare. Il percorso si incunea nella foresta, seguendo un taglio nel fianco della montagna, per poi zigzagare seguendo le isoipse, con alcuni brevi strappi per salire di livello.
Non so che uccello sia, ma mi fa compagnia per una cinquantina di metri (a debita distanza
). Purtroppo non ho briciole da offrire.
Giungo al sito del vecchio santuario shintoista. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il KMT ha rimosso quanto più velocemente possibile ogni segno culturale della presenza giapponese, soprattutto smantellando e distruggendo qualsiasi santuario shintoista. Qui rimane solo il basamento in pietra con la scalinata.
Proseguo la salita fino al Luding sacred tree. Questo ha circa mille anni, ed è una specie di acero (flying moth maple).
La copertura verde è fornita dalla foresta di bambù.
Da qui inizia la discesa verso la stazione; alcuni scorsi sono proprio alpini o prealpini.
Arrivo in stazione in tempo per vedere uno dei nuovi treni attendere la ripartenza.
Faccio un ultimo salto in paese per due souvenir e poi aspetto l'arrivo del treno di ritorno per Chiayi, che arriva puntuale.
Imbarco nell'ultima carrozza e prendo possesso del mio posto. Posso riposare ora
Attraversiamo nuovamente la lussureggiante foresta alpino-tropicale.
Il posto in coda al treno permette di vedere la motrice in diversi punti lungo il percorso e permette di apprezzare la linea maggiormente. Le foto non sono particolarmente agevoli.
Lo sballonzolamento è anche piacevole e concilia il sonno, e per fortuna non ci sono troppi commenti filodiffusi attraverso gli altoparlanti.
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La fermata di Dulishan, vista dall'inizio della spirale che fa perdere al tracciato duecento metri di quota in un chilometro e mezzo. Ci sono tantissimi sentieri che partono da qui, e uno in particolare che permette di incrociare la ferrovia più volte lungo le rampe.
Strette vallate iniziano ad aprirsi lungo i crinali. In poco più di un'ora saremo in pianura.
Arrivati a Chiayi, torno in hotel per prendere la valigia, e ritorno in stazione ad aspettare il mio treno per Taipei. Invece che l'alta velocità, prendo uno dei nuovi EMU3000 di Hitachi che vengono usati sullo Tze-Chiang Limited Express.
Tratta: [Taitung >>>] Chiayi >>> Taipei [>>> Qidu]
Treno: TRA Tze-Chiang Limited Express 168
Binario: 6A
Carrozza/posto: 12/6, business
Sched/Actual: 1907-2220 // 1908-2226
Durata: 3h 18′
Distanza: 263.5 km
Velocità media: 79.5 km/h
Fermate in linea: 11
Ho prenotato in business class visto il costo solo marginalmente più alto. La configurazione 1+2 è ottima e lo spazio a bordo enorme.
Viene anche offerto un piccolo rinfresco.
Fuori è notte ed è impossibile vedere alcunché; ma il viaggio scorre veloce con un po' di musica e qualcosa da leggere.
Arriviamo a Taipei in orario; per la prima volta dormo a Nuova Taipei, a Sanchong, dall'altra parte del fiume Tamsui, ad una fermata di metro dalla stazione centrale sulla linea che connette l'aeroporto, e stazione di scambio per la linea arancione. Faccio il check in alle macchinette e poco dopo sono in camera.
Credo che la prossima volta troverò più tempo per fermarmi una o due notti a Fenqihu; TaiwanObsessed ha una ottima lista di attività e, soprattutto, cose e posti da mangiare. Le montagne taiwanese sono tutte da esplorare!
Avendo solo una giornata a Taipei, ed essendo già stato innumerevoli volte, decido di concentrarmi sul distretto di Datong, grossomodo il rettangolo compreso tra il fiume Tamsui a ovest, la stazione a sud, la Sun Yat-sen Highway a nord e la sopraelevata della linea 1 della metropolitana a est. Il quartiere è ben fornito di servizi e cose interessanti da vedere, essendo il vecchio cuore commerciale cinese dove si trovavano i negozi e i magazzini che rifornivano l'isola durante il periodo Qing e la dominazione giapponese.
Visto che l'ultimo giorno in terra taiwanese, me la prendo con la dovuta calma; faccio una colazione fai-da-te con delle fantastiche bevande della Chun Cui He (i cui follower sono una specie di setta) che spazia dai milk tea al gusto rosa e miele, al più semplici dei caffelatte. Accompagno con una specie di sponge cake presa da 7-11 di cui sono un po' drogato, e salto sul primo treno della metro gialla direzione città.
Arrivato alla fermata Diqiaotou della linea gialla, mi incammino lungo Dihua St. che contiene innumerevoli edifici in mattoni in stile Qing e giapponese, un tempo sedi delle aziende di commercio e dei loro magazzini. Questo, in particolare, è stato mantenuto come ingresso di un nuovo palazzo residenziale costruito alle sue spalle - l'intera cortina fronte strada è ora sede di bar, negozi e uffici vari mentre il piccolo cortile retrostante è condiviso con la nuova costruzione.
La maggior parte dei sottopassaggi sono stati restaurati mettendo in luce le decorazioni originali.
Nelle viuzze laterali, la grande passione dei taiwanesi: ingombrare la strada di vasi e piante.
Mi fermo davanti a questo edificio; controllo su google ed è la sede della Sin Hong Choon Trading, un tempo una delle principali tea trading house dell'isola, purtroppo chiusa nel 2004 a seguito dei cambiamenti che investirono l'industria taiwanese del tè.
L'edificio venne costruito come casa da tè, sede, magazzino e luogo di lavorazione delle costosissime foglie verdi; nel 2009, la città designò il palazzo, costruito in un mix di stile occidentale art decò e orientale, edificio storico, e iniziò un lavoro di restauro per trasformarlo in un museo.
All'interno si trovano cimeli e oggetti appartenuti al proprietario, nonché i macchinari originali con cui venivano lavorate le foglie.
Il prodotto finito.
Il secondo piano ospita anche un piccolo shop dove è possibile comprare tè taiwanese e vari accessori, dalle teiere ai completi per il macha.
Continuando il mio giro in direzione sud, arrivo a uno dei più recenti musei di Taipei, il Railway Department Park, gestito dal National Taiwan Museum. Il museo è dedicato al mantenimento della storia ferroviaria dell'isola, che iniziò ufficialmente nel 1887, ed è ospitato nell'edificio che fu sede della TRA (Taiwan Railways Administration) prima dello spostamento nell'edificio della stazione centrale di Taipei, che è poche centinaia di metri più a est.
Il sito era anche, una volta, la sede delle officine di riparazione rotabili, prima che queste venissero spostate a Songshan, poco più a nord del Sun Yat-sen Memorial Hall, ad un paio di chilometri da qui. Anche quelle officine sono ora chiuse, dopo la costruizione del tunnel che sottopassa tutta Taipei, non essendo più raccordate con la rete. In quel sito si sta procedendo a creare il museo nazionale ferroviario, anche se ci vorrà ancora un bel po', visto che ci sono 120.000 m2 di capannoni da sistemare, abbattere, bonificare e ristrutturare.
In questa sede, invece, i lavori di ristrutturazione sono completi e sono state mantenute non solo la sede principale, ma anche un paio di edifici di supporto dove avvenivano le costruzioni meccaniche, e di cui sono stati salvati alcuni dei macchinari originali di inizio '900.
Sempre nel parco interno, è stato mantenuto anche l'ingresso ad uno dei bunker antiaereo, che però è visitabile solo durante i tour guidati.
L'interno è quello di un edificio di rappresentanza di inizio '900, con molti stucchi e colonne; l'esposizione ripercorre le tappe della ferroviarizzazione dell'isola, con una sezione sull'architettura delle stazioni assai interessante.
Ovviamente non mancano i modellini e c'è anche un grosso plastico che ricostruisce la vecchia sistemazione del nodo ferroviario di Taipei prima della costruzione della nuova stazione e dell'interramento dei binari. L'esposizione ovviamente tocca anche le ferrovie forestali, come quella di Alishan, e l'importanza della ferrovia nell'industria dello zucchero, che arrivò ad avere circa 300km di linee anche al servizio del pubblico, prima del declino degli anni '90.
Al secondo piano c'è anche una interessantissima mostra sul public housing, da noi chiamata col terribile nome di "case popolari", che mostra come l'argomento venga risolto in varie nazioni, e con quali effetti sulla società - tra cui il virtuosissimo esempio di Singapore. Non essendoci molto di fotografabile, lascio questa frase, che trovo molto vera:
Esco dal museo e penso a cosa fare ora; è mezzo pomeriggio e non ho altri piani. Poi mi viene una folgorante idea: perchè non andare a Keelung? Porto principale della costa settentrionale, rinomato mercato notturno, magari c'è anche qualcosa da vedere. Visto che la stazione è a poche centinaia di metri la scelta è presto fatta. Passo a fianco alla costruzione del nuovo landmark di Taipei, le Taipei Twin Towers. Il progetto è stato al centro di una controversia quando uno degli sviluppatori, Nan Hai di Hong Kong, si rivelò essere finanziato in Cina, con la conseguente squalifica dello splendido e avveniristico progetto dello studio olandese MVRVD. L'appalto venne assegnato al secondo classificato, che presentò il progetto del megastudio americano SOM, decisamente più sonnacchioso e banale.
Entro in stazione e faccio il biglietto. Prendo il primo treno direzione Keelung, tanto ce ne sono quattro o cinque ogni ora e sono tutti locali, quindi non occorre prenotazione.
Dopo quaranta minuti sono a Keelung; non ho in programma altro che andare al mercato notturno, che è a una quindicina di minuti a piedi dalla stazione, prendere qualche snack e osservare la folla.
Keelung è un porto e, dal pochissimo che ho visto, non particolarmente attraente. Magari, andando più verso la costa, migliora.
Al mercato notturno non dovreste avere difficoltà a trovare qualcosa che vi possa piacere, con oltre 150 stalli.
Non è ancora ora di picco (i mercati notturni si affollano appunto dopo il tramonto) e si riesce a fare poca coda quasi ovunque. Quasi tutti i cartelli sono solo in mandarino, ma un po' di google translate, un po' di sano gesticolare italiano, risolvono ogni problema.
Sto un'oretta e mezza in giro, poi torno sui miei passi e rientro a Taipei. La stazione di Keelung è piacevole.
Spendo il resto del pomeriggio/sera a rifare la valigia e zainetto, domani si riparte e sono preoccupato su come i piatti, pur ben imballati, affronteranno gli handler a Taipei e Singapore.
Solo in tarda sera mi rendo conto di avere ancora un certo languorino, ma Sanchong non è che ci sia molta vita; vado dal PixMart più vicino e compro un rice bowl già pronto, devo dire più che soddisfacente.
Finisco di chiudere la valigia e mi preparo per una buona nottata di sonno, il volo è alle 9:35 e quindi c'è da alzarsi abbastanza presto (per i miei standard, almeno)!
Un volo alle nove del mattino è meglio che un volo alle sette del mattino, ma per me è sempre e comunque troppo presto. Mi sveglio verso le 5 e, una doccia bollente e un caffelatte dopo, sono quasi pronto per fare il check-out e attraversare la strada per prendere la metropolitana verso l'aeroporto di Taipei che anzichenò ora si chiama Taiwan Taoyuan International, perché l'aeroporto di Taipei è quello di Songshan.
Una ripida scala mobile dopo sono in attesa del primo treno express, contraddistinto dalla fascia viola. Sì, sono le 5:49AM e sono particolarmente irritabile a quest'ora.
Il treno è mezzo vuoto e mi "godo", per così dire, l'alba su svincoli autostradali a dodici corsie, ospedali grossi come intere cittadine, alvei fluviali trasformati in parchi (e occasionalmente in vasche di laminazione durante i tifoni), casermoni a vista d'occhio, risaie e montagne. L'orografia tra Taipei e l'aeroporto è quantomeno varia.
Arrivato a TPE, vado diretto verso il terminal 2 dove ci sono i check-in di Starlux. Mi metto in coda ai banchi all'isola 2, ma dopo tre minuti arriva una delle addette e preleva me e altri tre o quattro passeggeri e ci sposta all'isola 3, che sta aprendo proprio in quel momento.
Il check-in è roba veloce, il ragazzo che mi imbarca mi chiede di vedere i biglietti dei voli in uscita da Singapore - prassi comune per assicurarsi che non sia un clandestino. La carta d'imbarco ha una quantità di segni rossi a matita che la fa diventare un quadro di Picasso.
Il controllo di sicurezza non è la cosa più veloce del mondo, compensata dalla relativa velocità del controllo passaporti. Ho un paio d'ore da ammazzare visto che il volo è in ritardi di circa 30 minuti. Passeggio per il T2, con le sue aree d'imbarco tematiche e, ovviamente, millemila negozi duty-free.
Dal terminal si vede bene il tarmac, ma tutti i vetri, tranne pochissimi, sono colorati di verde fluo che rendono le foto un orrore e la visione un incubo. Ne faccio giusto una che poi perderò due ore a sistema in post-produzione.
La mia area imbarchi è dedicata al Made in Taiwan per eccellenza: l'elettronica. L'equipaggio del nostro volo soggiunge ancor prima dell'aereo.
Che arriva, con calma, poco dopo. I voli di altre compagnie erano più economici, ma io volevo proprio provare Starlux; il volo in origine era programmato su Airbus 350 ma, botta di culo, viene cambiato un mesetto prima con uno sbrilluccicante 330neo, che aggiungo così al log-book. Non che cambi molto, in economy, ma all'aviopirla fa sempre piacere provare un aereo nuovo!
Tratta: Taoyuan Taiwan International (TPE) >>> Singapore-Changi (SIN)
Volo: JX771
Aereo: Airbus 330-941N
Marche: B-58303
Età: 1.9 anni
Posto: 63K
Sched/Actual: 0900-1340 // 0935-1411
Durata volo: 4h 36’
Gate: C5 B7
Una delle assistenti di terra annuncia un ritardo di circa 20 minuti; ma inizia a chiamare poco dopo i passeggeri con priorità, che spariscono lungo il dito meccanizzato che, d'estate, protegge i poveri passeggeri dal caldo umido asfissiante (e dell'occasionale tifone) dell'isola più formosa che c'è.
I vari gruppi sono chiamati e rimango sempre stupefatto che tutti se ne stiano seduti finché non è il loro turno, e anche oltre. Ne risulta che sono uno dei primi a imbarcare del mio gruppo.
Assistenti di volo spuntano fuori un po' da ogni parte e salutano tutti, assicurandosi che tutti vadano al posto giusto. La cabina è nuova e linda e la palette calda dei sedili fa molto "casa". Le cabine sono state studiate con lo studio DesignWorks, parte del gruppo BMW.
Una cosa che non avevo notato, è la totale assenza di loghi Starlux. Come dicono in uno dei brief, brand is felt, not just seen. I sedili sono dei Recaro CL3710.
Schermo gigante e notevole spazio per le gambe. Quattro ore e mezza qui dovrebbero essere comode, nonostante il volo pieno e il vicino al posto a fianco.
L'intelligente mini-vassoio con porta bicchiere dove incastrare i propri device, nel caso uno volesse usare tablet o telefonino, senza dover aprire tutto il vassoio inferiore. USB e presa cuffie completano un sedile davvero ben studiato.
A fianco a noi altre code Starlux, compagnia nata in piena pandemia da una storia alla "anche i ricchi piangono". Il CEO di Starlux, Chang Kuo-wei, e fu-CEO di Eva Air dal 2013, la prima compagnia privata taiwanese, venne estromesso dalla compagnia e dall'intero Evergreen Group, colosso dei trasporti marittimi e proprietario di Eva, alla morte del padre, dai parenti serpenti. Coi soldi dell'eredità (che recentemente un tribunale ha attribuito interamente a Kuo-wei) e le quote che tutt'ora possiede in Evergreen, ne fondò quindi una nuova - un po' sicuramente per ripicca, e molto perché il buon Kuo-wei è anche pilota e appassionato di aerei, e ad un aviopirla non puoi fare lo sgarro di togliergli il giocattolo più amato.
Saluto alla bandiera, e via rullando verso la pista.
Filippini spensierati.
Airbus 321neo Starlux con gli hangar di Eva Air sullo sfondo.
Una delle ultime regine cargo con China Airlines mentre sullo sfondo continuano i lavori per il nuovo terminal 3 progettato da Roger Stirk Harbour & Partners. Il progetto è bello ma quello, purtroppo arrivato secondo, di UNStudio era assolutamente incredibile.
Una super-chicca: un Dreamlifter, uno dei 747 adattati a trasporto eccezionale per i pezzi del 787 tra le fabbriche giapponesi, Taranto-Grottaglie e Charleston. Evergreen Aviation Technology è l'unica MRO autorizzata a modificare il 747 in Dremlifter.
Decolliamo in lieve ritardo nel cielo grigio di Taipei.
Volo sostanzialmente pieno in ogni sedile. Guardavo qualche giorno prima del volo, per curiosità, e quasi tutte le compagnie che volano tra Taipei e Singapore non avevano disponibilità, oppure l'avevano solo in business.
Il volo è come piace a me: noioso, senza turbolenze, tranquillo. Viene distribuito un drink prima del servizio di bordo. Non ricordo cosa stessi guardando sull'IFE, ma l'occasione è propizia per una foto alla rivista di bordo, per gli amanti del genere. A bordo c'è free Wi-Fi con supporto per la maggior parte delle applicazioni di messaggistica, ma senza foto/video.
Pasto caldo a scelta: donburi di manzo o farfalle al pesto di mare. La seconda opzione mi faceva abbastanza paura, per fortuna c'era ancora il donburi disponibile. Carne molto saporita, davvero un buon pasto d'aereo per essere economy.
Accompagno con Cracker Island dei Gorillaz.
Dopo quattro ore e mezza intravvediamo terra, nella fattispecie l'aeroporto di Singapore-Changi, con gli imponenti lavori di estensione per ingrandire la base aerea di Changi verso est. Lo spazio precedentemente occupato dalla base aerea servirà per ingrandire l'aeroporto civile. Uno dei tanti esempi di come la città-stato aumenti la sua superficie utile con opere di riempimento dei fondali.
L'aeroporto in tutta la sua estensione. In primo piano il T2, a destra il T1 con il nuovissimo The Jewel, e in alto il T3.
Proseguiamo verso sud, prima di fare un 180° sopra l'isola di Batam, nell'arcipelago indonesiano delle Riau, nemmeno 20 chilometri dall'aeroporto, e allinearci alla pista 02L.
Ormai in corto finale sopra il più grosso assembramento di navi mercantili dell'universo, sempre all'ancora nello stretto di Singapore.
Due dei cinque 777-300 di Singapore Airlines in storage dalla pandemia. Pur essendo relativamente recenti (tutti del 2006) due sono già diventati lattine di birra.
Atterriamo e andiamo diretti al T2, a fianco ad un 787 Scoot.
Un piacevolissimo volo con un'ottima compagnia aerea che ha grandi ambizioni. Speriamo che l'annunciato interesse ad entrare in OneWorld si concretizzi, come la possibilità di volare da qualche parte in Europa in modo da sfruttare gli Avios
Il controllo passaporti è piuttosto indolore e veloce, mentre il ritiro dei bagagli si fa attendere un po'. Dall'altra parte, the Jewel: l'ultima aggiunta al già avveniristico aeroporto di Singapore, con una cascata e giardino tropicale circondati da negozi - in pratica è un centro commerciale.
Finito di fare il turista aeroportuale, ovvero l'aviopirla, vado verso la metro per recarmi in hotel. Il problema principale è stato fare e caricare la tessera ricaricabile, poiché le carte non ne volevano sapere di funzionare sulle macchinette per la ricarica. Ho dovuto prelevare e trovare una macchinetta che accettasse contanti, non proprio scontato...
L'umidissimo clima tropicale di Singapore impone doccia non appena arrivati in camera; per poi tornare a sudare due minuti dopo averla lasciata. Non credo mi abituerò mai ai luoghi caldi e umidi, quindi immaginate la mia gioia alle estati padane nell'era del cambiamento climatico.
Sia come sia, equipaggiato di pantaloncini corti e della maglietta più leggera che ho, mi preparo per un giro-cena serale, che alle sei ormai qui è già buio. Sculture contemporanee, a me ricordano le caramelle gommose della Haribo.
Destinazione: Kampong Glam per vedere quella follia che sono le Duo Tower, disegnate dall'architetto tedesco Ole Scheeren. Alle loro spalle si notano le due torri a forma di lama del grandissimo I. M. Pei, The Gateway.
Di fronte, invece, quello che non ti aspetti. Il Park View Square, un grattacielo in stile art decò, molto Gotham City. La sua storia è piuttosto interessante; nonostante sia recente (2002), il design è in art decò perché frutto... del feng-shui; ebbene, il design a lama delle due torri di Pei si ritenne avrebbe portato sfortuna a qualsiasi palazzo realizzatovi di fronte... finché il proprietario del lotto non decise di erigere un grattacielo con, sulla sommità, quattro statue difensive per lato, in grado di respingere il cattivo feng-shui generato dalle torri di Pei. E quale design si sarebbe meglio adattato alle statue, se non l'art decò? Ed ecco, così, un rigurgito di XX secolo all'inizio del XXI.
Al piano terra è ospitato un rinomato bar, anch'esso in stile art decò, con una colonna centrale dedicata ai gin, di cui, si dice, ci sia qui la selezione più vasta al mondo. Nel giardino antistante, vi sono statue di illustri personaggi storici tra cui Dante, e una grù dorata che punta verso la città di origine del proprietario, costruttore, filantropo e collezionista d'arte che costruì la torre.
Dalla piazza sono tre minuti a piedi per il quartiere islamico, dove la cupola d'oro della Moschea del Sultano, così chiamata in onore del Sultano Hussein Shah di Johor e Singapore, che firmò con Sir Raffles il trattato per la fondazione della moderna Singapore. Nel trattato, si prometteva anche la realizzazione di una moschea, che venne poi demolita e ri-edificata nelle forme attuali negli anni '20.
Siamo in periodo di ramadan, e quindi le strade sono piene per l'iftar, il pasto dopo la fine del digiuno giornaliero. Ci sono anche tanti bar dove nugoli di non propriamente credenti musulmani celebrano la gioia della birra. Mi ha davvero colpito il mix così tranquillo di fervore religioso, festa, turismo, rispetto e convivialità tra la mezza dozzina, nessuna primaria, di religioni qui presenti.
Si cammina nel tepore umido di Singapore. Un carrello della spesa cerca rifugio in un sovrappasso. Se far entrare nel paese gomme da masticare comporta una sanzione di 500 dollari e il rischio di gattabuia, immagino che abbandonare un carrello sia da pena di morte.
L'obiettivo della passeggiata architettonica è però l'Helix Bridge, da cui c'è un'ottima vista sul CBD della città. CBD espanso con l'Art Science Museum in primo piano e il monolitico Marina Bay Sands a sinistra.
Alla mia precedente (e unica) visita singaporegna, non ero stato dentro il Marina Bay. Una roba folle.
Si è fatta una certa ora e, sudato da buttar via, torno verso l'hotel. L'ultima foto è per la stazione della metro più vertiginosa che abbia mai visto: la stazione di Bencoolen, raggiunta con apposita deviazione. Sembra un incubo di Escher, che non si capisce dove è sopra, sotto, destra e sinistra.
DaV
Nel 2024, però, la linea ha riaperto completamente; manco l'inaugurazione per un paio di mesi, ma buona parte del tragitto era comunque già percorribile. Prendo un mano una cartina e studio la possibilità di fare un day-trip solo per provare questa ferrovia che ha il suo capolinea a Chiayi. Fenqihu sembra il posto ideale per l'escursione: è posta a circa metà strada tra Chiayi e Alishan, permette qualche ora di sosta per girovagare nei dintorni, e ha orari compatibili con una gita in giornata e proseguimento serale per Taipei.

I biglietti per la ferrovia turistica di Alishan sono disponibili solitamente a partire da 15 giorni prima, prenotabili online; il biglietto fisico va però ritirato in stazione allo sportello dedicato. Di solito tendono ad andare esauriti abbastanza in fretta, quindi prenoto appena possibile; non è possibile selezionare il posto, ma il sistema mi assegna uno dei posti finestrino nella prima carrozza all'andata e uno dei finestrini nell'ultima carrozza al ritorno. La mattina della partenza, quindi, faccio una breve colazione, lascio la valigia alla reception, faccio check-out e cammino i duecento metri o poco più dall'hotel alla stazione.
Il binario è già animato da turisti e train spotter. Mi sposto verso la fine del binario (il treno arriva dal deposito dove si trova anche il museo, e ferma al binario tronco vicino all'edificio della stazione, sulla destra entrando dalla strada). La Alishan Forest Railway è una ferrovia a scartamento ridotto. Tempo dieci minuti e il binario si riempie; a occhio, la maggior parte dei passeggeri sembra essere qui per una gita in giornata, anche se si vedono alcuni turisti con le valigie diretti probabilmente ad Alishan. Un locale mi fotobomba l'arrivo del treno.

Essendo i posti assegnati, è tutto abbastanza rilassato e c'è tempo per fare una foto alla semipilota, che peraltro è anche la mia carrozza.

L'interno è come un autobus, con due sedili da un lato e un sedile solo dall'altro. Sia all'andata che al ritorno sarò sulla fila da uno. Le carrozze che fanno la spola tra Chiayi e Alishan sono climatizzate, mentre quelle che percorrono le piccole linee complementari attorno ad Alishan non lo sono (e non ce n'è bisogno, perché le temperature raramente superano i 15 gradi).

Partiamo in orario, e mio malgrado scopro che il viaggio (un po' più di due ore e mezza) è "allietato" da una guida ultra settantenne che spiega, cioè urla al microfono, ovviamente in mandarino, tutto quello che vediamo. Non capisco nulla, a parte quando tiene in mano un fascicolato A4 che vediamo in tre, con i disegni delle caratteristiche tecniche del percorso. Credo dia anche dovizia di informazioni storiche perché afferro qualche centinaio di volte "riben riben" (日本), che è Giappone in mandarino. La ferrovia venne infatti costruita dai giapponesi, principalmente per trasportare il pregiatissimo legno del cipresso taiwanese per la costruzione della "colonia modello", una visione storiografica che è oggetto di notevole dibattito.
Lasciamo l'urbanizzazione di Chiayi dopo circa una decina di chilometri; si passa per risaie e terreni agricoli. La giornata non è delle più soleggiate, che per me va anche bene. La zona di Alishan è spesso nebbiosa, cose che le dona un'atmosfera molto particolare, ovattata, misteriosa.

Dopo circa venticinque minuti iniziamo a salire; la foresta inizia a farsi abbastanza fitta, ed è ancora puramente tropicale, con palme da cocco e banani affiancati ad alberi di cui ignoro il nome.

Passiamo dai 30 metri di Chiayi ai quasi mille di Liyuanliao in circa un'ora e mezza; impossibile da fotografare, passiamo per la spirale di Dulishan, una roba che fa impallidire le gallerie elicoidali del Gottardo. Ci troviamo nella nebbia, mentre il treno sballonzola a destra e a sinistra sugli stretti binari.
In un momento di pausa dalla cacofonia di parole urlate nel microfono, decido di indossare gli auricolari; per fortuna! Perché la cacofonia riprenderà meno di una decina di minuti dopo. Faccio finta di non accorgermente; tanto non capisco nulla lo stesso. Le palme ancora resistono, spesso isolate sui crinali e, più frequentemente, vicino alla massicciata.

Mancano ancora circa 500 metri di dislivello e un'oretta circa. I paesaggi sono sublimi, la foresta ora ricorda più quelle temperate europee, anche se non saprei riconoscere un albero neppure a pagamento.

Arrivati a Fenqihu, più di metà treno scende.

Aspetto la ripartenza del treno prima di avventurarmi per il paese.
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I binari oltre Fenqihu proseguono. Io, invece, mi fermo qui.

La sensazione di essere in una nuvola è meravigliosa.
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Di fronte alla stazione, quasi dentro, c'è il chiosco che da quasi settant'anni vende i railway bento di Alishan; è ancora un po' presto per pranzare, ma visto che sono qui, ne prendo uno per dopo.


Ci sono circa venti gradi, e in pantaloncini e maglietta a maniche lunghe si sta benissimo. La cittadina, un villaggio, è davvero piccola ed è chiaramente orientata al turismo; c'è una zona pedonale con negozi, per lo più di souvenir e cibo, che porta all'attacco di alcuni brevi percorsi nella foresta.

L'atmosfera fa un po' Twin Peaks, devo dire.

In pochi passi si è su alcuni trail accuratamente marcati. La parte più vicina alla Old Street è proprio una passeggiata pavimentata o su ponti in legno sopraelevati. La nebbia (nuvole a quota terreno, in realtà: si muove) che avvolge tutto è incredibilmente atmosferica.

Un nuovo percorso sopraelevato è stato creato negli anni 2000 per permettere il passaggio indisturbato di animali e insetti. In tarda primavera è facile vedere lucciole in tutta l'area.


Gli alberi sono secolari e vi sono alcuni sacred tree che superano i mille anni.

Chiudo l'anello ricongiungendomi con il villaggio alla stazione ferroviaria, che supero attraversando i binari. Appena oltre, attacco la lunga scalinata che apre il Fenqihu trail, da cui si diramano passeggiate ben più lunghe che percorrono i monti circostanti. Avendo qualche giorno, ci sarebbe solo l'imbarazzo della scelta.

Qualche centinaio di metri più in alto, la vista si apre sulla stazione e il paese, avvolti nelle nuvole basse.

Faccio una breve sosta per tirare il fiato e pranzare. Il percorso si incunea nella foresta, seguendo un taglio nel fianco della montagna, per poi zigzagare seguendo le isoipse, con alcuni brevi strappi per salire di livello.

Non so che uccello sia, ma mi fa compagnia per una cinquantina di metri (a debita distanza

Giungo al sito del vecchio santuario shintoista. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il KMT ha rimosso quanto più velocemente possibile ogni segno culturale della presenza giapponese, soprattutto smantellando e distruggendo qualsiasi santuario shintoista. Qui rimane solo il basamento in pietra con la scalinata.

Proseguo la salita fino al Luding sacred tree. Questo ha circa mille anni, ed è una specie di acero (flying moth maple).


La copertura verde è fornita dalla foresta di bambù.

Da qui inizia la discesa verso la stazione; alcuni scorsi sono proprio alpini o prealpini.

Arrivo in stazione in tempo per vedere uno dei nuovi treni attendere la ripartenza.


Faccio un ultimo salto in paese per due souvenir e poi aspetto l'arrivo del treno di ritorno per Chiayi, che arriva puntuale.

Imbarco nell'ultima carrozza e prendo possesso del mio posto. Posso riposare ora

Attraversiamo nuovamente la lussureggiante foresta alpino-tropicale.

Il posto in coda al treno permette di vedere la motrice in diversi punti lungo il percorso e permette di apprezzare la linea maggiormente. Le foto non sono particolarmente agevoli.

Lo sballonzolamento è anche piacevole e concilia il sonno, e per fortuna non ci sono troppi commenti filodiffusi attraverso gli altoparlanti.
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La fermata di Dulishan, vista dall'inizio della spirale che fa perdere al tracciato duecento metri di quota in un chilometro e mezzo. Ci sono tantissimi sentieri che partono da qui, e uno in particolare che permette di incrociare la ferrovia più volte lungo le rampe.


Strette vallate iniziano ad aprirsi lungo i crinali. In poco più di un'ora saremo in pianura.

Arrivati a Chiayi, torno in hotel per prendere la valigia, e ritorno in stazione ad aspettare il mio treno per Taipei. Invece che l'alta velocità, prendo uno dei nuovi EMU3000 di Hitachi che vengono usati sullo Tze-Chiang Limited Express.

Tratta: [Taitung >>>] Chiayi >>> Taipei [>>> Qidu]
Treno: TRA Tze-Chiang Limited Express 168
Binario: 6A
Carrozza/posto: 12/6, business
Sched/Actual: 1907-2220 // 1908-2226
Durata: 3h 18′
Distanza: 263.5 km
Velocità media: 79.5 km/h
Fermate in linea: 11
Ho prenotato in business class visto il costo solo marginalmente più alto. La configurazione 1+2 è ottima e lo spazio a bordo enorme.


Viene anche offerto un piccolo rinfresco.


Fuori è notte ed è impossibile vedere alcunché; ma il viaggio scorre veloce con un po' di musica e qualcosa da leggere.
Arriviamo a Taipei in orario; per la prima volta dormo a Nuova Taipei, a Sanchong, dall'altra parte del fiume Tamsui, ad una fermata di metro dalla stazione centrale sulla linea che connette l'aeroporto, e stazione di scambio per la linea arancione. Faccio il check in alle macchinette e poco dopo sono in camera.

Credo che la prossima volta troverò più tempo per fermarmi una o due notti a Fenqihu; TaiwanObsessed ha una ottima lista di attività e, soprattutto, cose e posti da mangiare. Le montagne taiwanese sono tutte da esplorare!
Avendo solo una giornata a Taipei, ed essendo già stato innumerevoli volte, decido di concentrarmi sul distretto di Datong, grossomodo il rettangolo compreso tra il fiume Tamsui a ovest, la stazione a sud, la Sun Yat-sen Highway a nord e la sopraelevata della linea 1 della metropolitana a est. Il quartiere è ben fornito di servizi e cose interessanti da vedere, essendo il vecchio cuore commerciale cinese dove si trovavano i negozi e i magazzini che rifornivano l'isola durante il periodo Qing e la dominazione giapponese.
Visto che l'ultimo giorno in terra taiwanese, me la prendo con la dovuta calma; faccio una colazione fai-da-te con delle fantastiche bevande della Chun Cui He (i cui follower sono una specie di setta) che spazia dai milk tea al gusto rosa e miele, al più semplici dei caffelatte. Accompagno con una specie di sponge cake presa da 7-11 di cui sono un po' drogato, e salto sul primo treno della metro gialla direzione città.

Arrivato alla fermata Diqiaotou della linea gialla, mi incammino lungo Dihua St. che contiene innumerevoli edifici in mattoni in stile Qing e giapponese, un tempo sedi delle aziende di commercio e dei loro magazzini. Questo, in particolare, è stato mantenuto come ingresso di un nuovo palazzo residenziale costruito alle sue spalle - l'intera cortina fronte strada è ora sede di bar, negozi e uffici vari mentre il piccolo cortile retrostante è condiviso con la nuova costruzione.

La maggior parte dei sottopassaggi sono stati restaurati mettendo in luce le decorazioni originali.

Nelle viuzze laterali, la grande passione dei taiwanesi: ingombrare la strada di vasi e piante.

Mi fermo davanti a questo edificio; controllo su google ed è la sede della Sin Hong Choon Trading, un tempo una delle principali tea trading house dell'isola, purtroppo chiusa nel 2004 a seguito dei cambiamenti che investirono l'industria taiwanese del tè.

L'edificio venne costruito come casa da tè, sede, magazzino e luogo di lavorazione delle costosissime foglie verdi; nel 2009, la città designò il palazzo, costruito in un mix di stile occidentale art decò e orientale, edificio storico, e iniziò un lavoro di restauro per trasformarlo in un museo.

All'interno si trovano cimeli e oggetti appartenuti al proprietario, nonché i macchinari originali con cui venivano lavorate le foglie.


Il prodotto finito.

Il secondo piano ospita anche un piccolo shop dove è possibile comprare tè taiwanese e vari accessori, dalle teiere ai completi per il macha.
Continuando il mio giro in direzione sud, arrivo a uno dei più recenti musei di Taipei, il Railway Department Park, gestito dal National Taiwan Museum. Il museo è dedicato al mantenimento della storia ferroviaria dell'isola, che iniziò ufficialmente nel 1887, ed è ospitato nell'edificio che fu sede della TRA (Taiwan Railways Administration) prima dello spostamento nell'edificio della stazione centrale di Taipei, che è poche centinaia di metri più a est.

Il sito era anche, una volta, la sede delle officine di riparazione rotabili, prima che queste venissero spostate a Songshan, poco più a nord del Sun Yat-sen Memorial Hall, ad un paio di chilometri da qui. Anche quelle officine sono ora chiuse, dopo la costruizione del tunnel che sottopassa tutta Taipei, non essendo più raccordate con la rete. In quel sito si sta procedendo a creare il museo nazionale ferroviario, anche se ci vorrà ancora un bel po', visto che ci sono 120.000 m2 di capannoni da sistemare, abbattere, bonificare e ristrutturare.

In questa sede, invece, i lavori di ristrutturazione sono completi e sono state mantenute non solo la sede principale, ma anche un paio di edifici di supporto dove avvenivano le costruzioni meccaniche, e di cui sono stati salvati alcuni dei macchinari originali di inizio '900.

Sempre nel parco interno, è stato mantenuto anche l'ingresso ad uno dei bunker antiaereo, che però è visitabile solo durante i tour guidati.

L'interno è quello di un edificio di rappresentanza di inizio '900, con molti stucchi e colonne; l'esposizione ripercorre le tappe della ferroviarizzazione dell'isola, con una sezione sull'architettura delle stazioni assai interessante.


Ovviamente non mancano i modellini e c'è anche un grosso plastico che ricostruisce la vecchia sistemazione del nodo ferroviario di Taipei prima della costruzione della nuova stazione e dell'interramento dei binari. L'esposizione ovviamente tocca anche le ferrovie forestali, come quella di Alishan, e l'importanza della ferrovia nell'industria dello zucchero, che arrivò ad avere circa 300km di linee anche al servizio del pubblico, prima del declino degli anni '90.


Al secondo piano c'è anche una interessantissima mostra sul public housing, da noi chiamata col terribile nome di "case popolari", che mostra come l'argomento venga risolto in varie nazioni, e con quali effetti sulla società - tra cui il virtuosissimo esempio di Singapore. Non essendoci molto di fotografabile, lascio questa frase, che trovo molto vera:

Esco dal museo e penso a cosa fare ora; è mezzo pomeriggio e non ho altri piani. Poi mi viene una folgorante idea: perchè non andare a Keelung? Porto principale della costa settentrionale, rinomato mercato notturno, magari c'è anche qualcosa da vedere. Visto che la stazione è a poche centinaia di metri la scelta è presto fatta. Passo a fianco alla costruzione del nuovo landmark di Taipei, le Taipei Twin Towers. Il progetto è stato al centro di una controversia quando uno degli sviluppatori, Nan Hai di Hong Kong, si rivelò essere finanziato in Cina, con la conseguente squalifica dello splendido e avveniristico progetto dello studio olandese MVRVD. L'appalto venne assegnato al secondo classificato, che presentò il progetto del megastudio americano SOM, decisamente più sonnacchioso e banale.

Entro in stazione e faccio il biglietto. Prendo il primo treno direzione Keelung, tanto ce ne sono quattro o cinque ogni ora e sono tutti locali, quindi non occorre prenotazione.

Dopo quaranta minuti sono a Keelung; non ho in programma altro che andare al mercato notturno, che è a una quindicina di minuti a piedi dalla stazione, prendere qualche snack e osservare la folla.
Keelung è un porto e, dal pochissimo che ho visto, non particolarmente attraente. Magari, andando più verso la costa, migliora.

Al mercato notturno non dovreste avere difficoltà a trovare qualcosa che vi possa piacere, con oltre 150 stalli.

Non è ancora ora di picco (i mercati notturni si affollano appunto dopo il tramonto) e si riesce a fare poca coda quasi ovunque. Quasi tutti i cartelli sono solo in mandarino, ma un po' di google translate, un po' di sano gesticolare italiano, risolvono ogni problema.

Sto un'oretta e mezza in giro, poi torno sui miei passi e rientro a Taipei. La stazione di Keelung è piacevole.

Spendo il resto del pomeriggio/sera a rifare la valigia e zainetto, domani si riparte e sono preoccupato su come i piatti, pur ben imballati, affronteranno gli handler a Taipei e Singapore.
Solo in tarda sera mi rendo conto di avere ancora un certo languorino, ma Sanchong non è che ci sia molta vita; vado dal PixMart più vicino e compro un rice bowl già pronto, devo dire più che soddisfacente.

Finisco di chiudere la valigia e mi preparo per una buona nottata di sonno, il volo è alle 9:35 e quindi c'è da alzarsi abbastanza presto (per i miei standard, almeno)!
Un volo alle nove del mattino è meglio che un volo alle sette del mattino, ma per me è sempre e comunque troppo presto. Mi sveglio verso le 5 e, una doccia bollente e un caffelatte dopo, sono quasi pronto per fare il check-out e attraversare la strada per prendere la metropolitana verso l'aeroporto di Taipei che anzichenò ora si chiama Taiwan Taoyuan International, perché l'aeroporto di Taipei è quello di Songshan.

Una ripida scala mobile dopo sono in attesa del primo treno express, contraddistinto dalla fascia viola. Sì, sono le 5:49AM e sono particolarmente irritabile a quest'ora.

Il treno è mezzo vuoto e mi "godo", per così dire, l'alba su svincoli autostradali a dodici corsie, ospedali grossi come intere cittadine, alvei fluviali trasformati in parchi (e occasionalmente in vasche di laminazione durante i tifoni), casermoni a vista d'occhio, risaie e montagne. L'orografia tra Taipei e l'aeroporto è quantomeno varia.
Arrivato a TPE, vado diretto verso il terminal 2 dove ci sono i check-in di Starlux. Mi metto in coda ai banchi all'isola 2, ma dopo tre minuti arriva una delle addette e preleva me e altri tre o quattro passeggeri e ci sposta all'isola 3, che sta aprendo proprio in quel momento.

Il check-in è roba veloce, il ragazzo che mi imbarca mi chiede di vedere i biglietti dei voli in uscita da Singapore - prassi comune per assicurarsi che non sia un clandestino. La carta d'imbarco ha una quantità di segni rossi a matita che la fa diventare un quadro di Picasso.
Il controllo di sicurezza non è la cosa più veloce del mondo, compensata dalla relativa velocità del controllo passaporti. Ho un paio d'ore da ammazzare visto che il volo è in ritardi di circa 30 minuti. Passeggio per il T2, con le sue aree d'imbarco tematiche e, ovviamente, millemila negozi duty-free.

Dal terminal si vede bene il tarmac, ma tutti i vetri, tranne pochissimi, sono colorati di verde fluo che rendono le foto un orrore e la visione un incubo. Ne faccio giusto una che poi perderò due ore a sistema in post-produzione.

La mia area imbarchi è dedicata al Made in Taiwan per eccellenza: l'elettronica. L'equipaggio del nostro volo soggiunge ancor prima dell'aereo.

Che arriva, con calma, poco dopo. I voli di altre compagnie erano più economici, ma io volevo proprio provare Starlux; il volo in origine era programmato su Airbus 350 ma, botta di culo, viene cambiato un mesetto prima con uno sbrilluccicante 330neo, che aggiungo così al log-book. Non che cambi molto, in economy, ma all'aviopirla fa sempre piacere provare un aereo nuovo!


Tratta: Taoyuan Taiwan International (TPE) >>> Singapore-Changi (SIN)
Volo: JX771
Aereo: Airbus 330-941N
Marche: B-58303
Età: 1.9 anni
Posto: 63K
Sched/Actual: 0900-1340 // 0935-1411
Durata volo: 4h 36’
Gate: C5 B7
Una delle assistenti di terra annuncia un ritardo di circa 20 minuti; ma inizia a chiamare poco dopo i passeggeri con priorità, che spariscono lungo il dito meccanizzato che, d'estate, protegge i poveri passeggeri dal caldo umido asfissiante (e dell'occasionale tifone) dell'isola più formosa che c'è.
I vari gruppi sono chiamati e rimango sempre stupefatto che tutti se ne stiano seduti finché non è il loro turno, e anche oltre. Ne risulta che sono uno dei primi a imbarcare del mio gruppo.
Assistenti di volo spuntano fuori un po' da ogni parte e salutano tutti, assicurandosi che tutti vadano al posto giusto. La cabina è nuova e linda e la palette calda dei sedili fa molto "casa". Le cabine sono state studiate con lo studio DesignWorks, parte del gruppo BMW.

Una cosa che non avevo notato, è la totale assenza di loghi Starlux. Come dicono in uno dei brief, brand is felt, not just seen. I sedili sono dei Recaro CL3710.


Schermo gigante e notevole spazio per le gambe. Quattro ore e mezza qui dovrebbero essere comode, nonostante il volo pieno e il vicino al posto a fianco.

L'intelligente mini-vassoio con porta bicchiere dove incastrare i propri device, nel caso uno volesse usare tablet o telefonino, senza dover aprire tutto il vassoio inferiore. USB e presa cuffie completano un sedile davvero ben studiato.

A fianco a noi altre code Starlux, compagnia nata in piena pandemia da una storia alla "anche i ricchi piangono". Il CEO di Starlux, Chang Kuo-wei, e fu-CEO di Eva Air dal 2013, la prima compagnia privata taiwanese, venne estromesso dalla compagnia e dall'intero Evergreen Group, colosso dei trasporti marittimi e proprietario di Eva, alla morte del padre, dai parenti serpenti. Coi soldi dell'eredità (che recentemente un tribunale ha attribuito interamente a Kuo-wei) e le quote che tutt'ora possiede in Evergreen, ne fondò quindi una nuova - un po' sicuramente per ripicca, e molto perché il buon Kuo-wei è anche pilota e appassionato di aerei, e ad un aviopirla non puoi fare lo sgarro di togliergli il giocattolo più amato.

Saluto alla bandiera, e via rullando verso la pista.

Filippini spensierati.

Airbus 321neo Starlux con gli hangar di Eva Air sullo sfondo.

Una delle ultime regine cargo con China Airlines mentre sullo sfondo continuano i lavori per il nuovo terminal 3 progettato da Roger Stirk Harbour & Partners. Il progetto è bello ma quello, purtroppo arrivato secondo, di UNStudio era assolutamente incredibile.

Una super-chicca: un Dreamlifter, uno dei 747 adattati a trasporto eccezionale per i pezzi del 787 tra le fabbriche giapponesi, Taranto-Grottaglie e Charleston. Evergreen Aviation Technology è l'unica MRO autorizzata a modificare il 747 in Dremlifter.

Decolliamo in lieve ritardo nel cielo grigio di Taipei.

Volo sostanzialmente pieno in ogni sedile. Guardavo qualche giorno prima del volo, per curiosità, e quasi tutte le compagnie che volano tra Taipei e Singapore non avevano disponibilità, oppure l'avevano solo in business.

Il volo è come piace a me: noioso, senza turbolenze, tranquillo. Viene distribuito un drink prima del servizio di bordo. Non ricordo cosa stessi guardando sull'IFE, ma l'occasione è propizia per una foto alla rivista di bordo, per gli amanti del genere. A bordo c'è free Wi-Fi con supporto per la maggior parte delle applicazioni di messaggistica, ma senza foto/video.

Pasto caldo a scelta: donburi di manzo o farfalle al pesto di mare. La seconda opzione mi faceva abbastanza paura, per fortuna c'era ancora il donburi disponibile. Carne molto saporita, davvero un buon pasto d'aereo per essere economy.

Accompagno con Cracker Island dei Gorillaz.

Dopo quattro ore e mezza intravvediamo terra, nella fattispecie l'aeroporto di Singapore-Changi, con gli imponenti lavori di estensione per ingrandire la base aerea di Changi verso est. Lo spazio precedentemente occupato dalla base aerea servirà per ingrandire l'aeroporto civile. Uno dei tanti esempi di come la città-stato aumenti la sua superficie utile con opere di riempimento dei fondali.

L'aeroporto in tutta la sua estensione. In primo piano il T2, a destra il T1 con il nuovissimo The Jewel, e in alto il T3.

Proseguiamo verso sud, prima di fare un 180° sopra l'isola di Batam, nell'arcipelago indonesiano delle Riau, nemmeno 20 chilometri dall'aeroporto, e allinearci alla pista 02L.


Ormai in corto finale sopra il più grosso assembramento di navi mercantili dell'universo, sempre all'ancora nello stretto di Singapore.

Due dei cinque 777-300 di Singapore Airlines in storage dalla pandemia. Pur essendo relativamente recenti (tutti del 2006) due sono già diventati lattine di birra.

Atterriamo e andiamo diretti al T2, a fianco ad un 787 Scoot.

Un piacevolissimo volo con un'ottima compagnia aerea che ha grandi ambizioni. Speriamo che l'annunciato interesse ad entrare in OneWorld si concretizzi, come la possibilità di volare da qualche parte in Europa in modo da sfruttare gli Avios
Il controllo passaporti è piuttosto indolore e veloce, mentre il ritiro dei bagagli si fa attendere un po'. Dall'altra parte, the Jewel: l'ultima aggiunta al già avveniristico aeroporto di Singapore, con una cascata e giardino tropicale circondati da negozi - in pratica è un centro commerciale.


Finito di fare il turista aeroportuale, ovvero l'aviopirla, vado verso la metro per recarmi in hotel. Il problema principale è stato fare e caricare la tessera ricaricabile, poiché le carte non ne volevano sapere di funzionare sulle macchinette per la ricarica. Ho dovuto prelevare e trovare una macchinetta che accettasse contanti, non proprio scontato...
L'umidissimo clima tropicale di Singapore impone doccia non appena arrivati in camera; per poi tornare a sudare due minuti dopo averla lasciata. Non credo mi abituerò mai ai luoghi caldi e umidi, quindi immaginate la mia gioia alle estati padane nell'era del cambiamento climatico.
Sia come sia, equipaggiato di pantaloncini corti e della maglietta più leggera che ho, mi preparo per un giro-cena serale, che alle sei ormai qui è già buio. Sculture contemporanee, a me ricordano le caramelle gommose della Haribo.

Destinazione: Kampong Glam per vedere quella follia che sono le Duo Tower, disegnate dall'architetto tedesco Ole Scheeren. Alle loro spalle si notano le due torri a forma di lama del grandissimo I. M. Pei, The Gateway.

Di fronte, invece, quello che non ti aspetti. Il Park View Square, un grattacielo in stile art decò, molto Gotham City. La sua storia è piuttosto interessante; nonostante sia recente (2002), il design è in art decò perché frutto... del feng-shui; ebbene, il design a lama delle due torri di Pei si ritenne avrebbe portato sfortuna a qualsiasi palazzo realizzatovi di fronte... finché il proprietario del lotto non decise di erigere un grattacielo con, sulla sommità, quattro statue difensive per lato, in grado di respingere il cattivo feng-shui generato dalle torri di Pei. E quale design si sarebbe meglio adattato alle statue, se non l'art decò? Ed ecco, così, un rigurgito di XX secolo all'inizio del XXI.

Al piano terra è ospitato un rinomato bar, anch'esso in stile art decò, con una colonna centrale dedicata ai gin, di cui, si dice, ci sia qui la selezione più vasta al mondo. Nel giardino antistante, vi sono statue di illustri personaggi storici tra cui Dante, e una grù dorata che punta verso la città di origine del proprietario, costruttore, filantropo e collezionista d'arte che costruì la torre.
Dalla piazza sono tre minuti a piedi per il quartiere islamico, dove la cupola d'oro della Moschea del Sultano, così chiamata in onore del Sultano Hussein Shah di Johor e Singapore, che firmò con Sir Raffles il trattato per la fondazione della moderna Singapore. Nel trattato, si prometteva anche la realizzazione di una moschea, che venne poi demolita e ri-edificata nelle forme attuali negli anni '20.

Siamo in periodo di ramadan, e quindi le strade sono piene per l'iftar, il pasto dopo la fine del digiuno giornaliero. Ci sono anche tanti bar dove nugoli di non propriamente credenti musulmani celebrano la gioia della birra. Mi ha davvero colpito il mix così tranquillo di fervore religioso, festa, turismo, rispetto e convivialità tra la mezza dozzina, nessuna primaria, di religioni qui presenti.

Si cammina nel tepore umido di Singapore. Un carrello della spesa cerca rifugio in un sovrappasso. Se far entrare nel paese gomme da masticare comporta una sanzione di 500 dollari e il rischio di gattabuia, immagino che abbandonare un carrello sia da pena di morte.

L'obiettivo della passeggiata architettonica è però l'Helix Bridge, da cui c'è un'ottima vista sul CBD della città. CBD espanso con l'Art Science Museum in primo piano e il monolitico Marina Bay Sands a sinistra.

Alla mia precedente (e unica) visita singaporegna, non ero stato dentro il Marina Bay. Una roba folle.

Si è fatta una certa ora e, sudato da buttar via, torno verso l'hotel. L'ultima foto è per la stazione della metro più vertiginosa che abbia mai visto: la stazione di Bencoolen, raggiunta con apposita deviazione. Sembra un incubo di Escher, che non si capisce dove è sopra, sotto, destra e sinistra.

DaV