Aerei, la guerra tariffaria delle compagnie: prezzi giù del 23%
La ripresa dei movimenti — prima a livello nazionale, poi internazionale — è destinata a scatenare nei primi mesi una guerra tariffaria al ribasso tra le compagnie aeree per riprendersi il maggior numero di passeggeri. Una dinamica che dovrebbe portare i voli domestici a costare anche un quarto meno di quanto si spendeva un anno fa. È quanto stima la Iata, la principale associazione internazionale dei vettori, durante una conference call con i giornali stranieri. In Europa le low cost Ryanair e Wizz Air hanno già annunciato di voler abbattere i prezzi, ma lo stesso faranno anche diverse aviolinee tradizionali.
I collegamenti
Lo scorso maggio «le tariffe dei voli nazionali hanno registrato una riduzione del 23% rispetto allo stesso periodo di un anno fa», calcola Brian Pearce, capo economista della Iata. «Questo perché i vettori hanno un immediato bisogno di soldi e vogliono incoraggiare i passeggeri a prendere un aereo anche con prezzi ribassati». Una dinamica destinata a ripetersi un po’ in tutto il mondo e che potrebbe rendere i viaggi estivi in Europa i più convenienti di sempre. Ma è anche una realtà che dovrebbe durare poco, perché finito il periodo di picco dei flussi secondo gli esperti i vettori torneranno a incrementare le tariffe.
Le conseguenze sui conti
Il risvolto negativo della guerra dei prezzi, anche se limitata nel tempo, è che questo comporta profitti striminziti o persino nulli per le compagnie aeree. Profitti che secondo la Iata saranno ulteriormente danneggiati dal fatto che le procedure di imbarco in aeroporto e il rispetto del distanziamento sociale porteranno gli aerei ad avere meno rotazioni e quindi a operare meno voli giornalieri. Le tariffe per i collegamenti di lungo raggio — che inizieranno a riprendere in modo significativo questo mese — sono più convenienti di appena il 3%. Ma su questo segmento di viaggio bisognerà ancora attendere. Secondo Ed Bastian, ad di Delta Air Lines, non ci sarà una ripresa significativa dei viaggi intercontinentali «per almeno 12 mesi».
Il record del 21 aprile
In generale il traffico passeggeri a maggio è rimbalzato del 30% rispetto ad aprile, ma è comunque attorno al 70% in meno dello stesso periodo del 2019. Il 21 aprile, secondo la Iata, è stato il giorno in cui il trasporto aereo ha raggiunto il suo valore più basso di sempre, mentre il tasso medio di riempimento degli aerei è stato del 36,6% (contro l’83,1% di aprile 2019). Per quanto riguarda nel dettaglio i collegamenti internazionali ad aprile di fatto sono stati azzerati, con un crollo del 99% rispetto al 2019, e l’1% è più frutto «dei voli di rimpatrio organizzati dai vari Paesi», specifica Pearce.
Il nodo della quarantena
Le prossime settimane non saranno prive di criticità. A partire dalla quarantena che il Regno Unito, e non solo, vorrebbe imporre ai passeggeri in arrivo. «Questa misura è tra i principali ostacoli alla ripresa ai viaggi — avverte Alexandre de Juniac, direttore generale della Iata —: non si può andare in vacanza per due settimane in un Paese che poi obbliga a starsene rinchiusi per tutto quel tempo come misura di prevenzione». Il capo della Iata, poi, si aspetta un’applicazione omogenea delle linee guida di Icao, a partire dal distanziamento sociale a bordo che non è obbligatorio: «Mi preoccuperebbe se gli Stati dovessero deviare dalle linee guida, non sarebbe una buona notizia, oltre che inutile».
Il dossier Alitalia
De Juniac si è espresso anche su Alitalia, la compagnia italiana in amministrazione straordinaria dal 2 maggio 2017 quindi in difficoltà prima della pandemia. Secondo il capo della Iata salvare il vettore tricolore «è una scelta che spetta al governo italiano: sono loro a decidere se preservare Alitalia iniettando soldi pubblici». La posizione dell’associazione internazionale è che i tre miliardi previsti nell’ambito della nazionalizzazione «rientrano nella nostra richiesta ai Paesi di supportare il settore ovunque nel mondo: questo secondo noi vale anche per Alitalia».
I dati di Lufthansa
Intanto a Francoforte il gruppo Lufthansa — uno dei più grandi del mondo — ha pubblicato i conti della prima trimestrale di quest’anno: i ricavi — a causa del coronavirus — sono in calo del 18%, mentre le perdita sono salite dai 336 milioni di un anno fa a 1,2 miliardi di euro. Da gennaio a marzo i vettori del gruppo (Lufthansa, Eurowings, Austrian Airlines, Swiss, Brussels Airlines, Air Dolomiti) hanno trasportato 21,8 milioni di passeggeri, il 26,1% in meno di un anno fa. Ancora peggio ad aprile con un calo del 98,1% con appena 241 mila clienti.
Il caso della liquidità
Tra i numeri che più mostrano le conseguenze della pandemia c’è quello della liquidità consumata: nonostante i programmi di riduzione dei costi avviati a marzo, il gruppo sta bruciando circa 800 milioni di cassa al mese. Ad aprile quindi la media è stata di 26,7 milioni di euro al giorno, 1,11 milioni all’ora. Il 25 giugno l’assemblea degli azionisti approverà l’accettazione del pacchetto di aiuti statali per 9 miliardi di euro. In cambio lo Stato tedesco entrerà «con una partecipazione silente al 20%» e per avere il via libera della Commissione europea il gruppo dovrà rinunciare ad alcuni slot negli aeroporti di Francoforte e Monaco.
I prestiti pubblici
Carsten Spohr, amministratore del gruppo Lufthansa, ha detto che i nove miliardi saranno restituiti in un triennio. Non solo. «Rispetto al periodo pre-coronavirus la nostra flotta sarà inferiore di 300 aerei nel 2021, di 200 nel 2022 e di 100 nel 2023 e oltre». In parallelo proseguono i negoziati con gli altri governi dove sono basate le altre compagnie del colosso dei cieli. Se quelli con l’esecutivo di Vienna (per conto di Austrian Airlines) sono in fase avanzata, ci sono delle complicazioni con quello belga (per Brussels Airlines).
Le stime della Iata: a maggio i voli domestici sono risultati più convenienti di un anno fa. Low cost in prima linea nella sfida al ribasso. E Lufthansa brucia 800 milioni al mese
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