Alzi la mano chi sa dire, a memoria, le dieci città più popolose della Corea del Sud. Forse, se siete particolarmente ferrati, potreste conoscere Seoul e Busan. Magari Incheon, che fa tutt'uno con la capitale. Se nominate anche Daegu, vi stringo la mano.
Suwon, una sconosciuta metropoli di 1.2 milioni di anime, è da qualche parte nella top ten, peraltro a soli 35 chilometri da Seoul stessa. Sfido la maggior parte delle persone a metterla su una mappa. Eppure...
Constatato che la valigia è già troppo piena per essere solo all'inizio della vacanza, faccio il check-out, ringrazio la sorridentissima addetta alla reception e trascino il baule fino all'ascensore, e via fino alla fermata della metro, dove so già che mi perderò nei cunicoli alla ricerca di scale mobili e ascensori.
Sotto Seoul Station mi perdo un paio di volte alla ricerca degli armadietti per lasciare la valigia, e per buona sicurezza scatto una mezza dozzina di foto all'area per coadiuvare la mia fallace memoria fotografica nel successivo recupero del bagaglio.
La costruzione della nuova stazione ad alta velocità non è particolarmente ispirata - un po' di vetro qui, una spruzzata di colonne portanti a vista là, un tetto aggettante a condire - ma è funzionale.
Poche decine di metri più in là si trova l'originaria stazione imperiale, costruita in stile eclettico e finita negli anni '20. Oggi ospita... qualcosa. Di culturale. Ecco.
Ispirati dalla high line niuocchese, anche qui hanno costruito un parco lineare su una vecchia strada sopraelevata. Visto che ho una ventina di minuti prima della partenza del treno, faccio un salto veloce.
L'idea è di renderlo una specie di vivaio per la città, da dove prelevare alberi da trapiantare in altre zone, mano a mano che qui crescono in santa pace. Il parco è lungo circa un chilometro, in buona parte sopraelevato.
La posizione rialzata offre delle prospettive interessanti.
L'antico di Seoul è lettaralmente sovrastato dal moderno.
Le due stazioni. La cappa di smog mi ha per un attimo riportato in val Padana, ed è subito amore.
Con un po' di fatica, capisco come fare il biglietto alle macchinette automatiche riservate agli stranieri; ci sono dozzine di treni che portano a Suwon, in circa 30 minuti; volendo, c'è anche la linea 1 della metropolitana di Seoul, un mostro di linea da circa 200 km considerando le varie diramazioni, di cui però solo una piccolissima parte è sotterranea e, effettivamente, sotto Seoul. Con la metro, posto che prendiate la direzione giusta, ci vuole circa un'ora.
Preferisco il treno, decisamente comodo e spazioso.
La stazione di Suwon è un altro pachiderma che include shopping mall, ristoranti e chissà cos'altro. Ma almeno è stato studiato per esserlo, quindi non ha le idiosincrasie e idiozie architettoniche che Grandi Stazioni ha incluso all'interno delle nostre stazioni che sono anche monumenti.
La stazione non è proprio vicinissima al centro, dove si trova la fortezza di Hwaseong con le relative mura che è la meta della gita. La prima parte della passeggiata non è particolarmente significativa - potrebbe essere il vialone principale di un qualsiasi quartiere residenziale in una qualsiasi parte del mondo.
Catturo giusto questo murale perché mi sembra curioso vederlo proprio fuori da un bagno pubblico - probabilmente un messaggio subliminale sulla sorte che attenderà il pipino di quelli dalla mira non impeccabile. In effetti il bagno era immacolato.
Come resistere ad un drago (o una carpa?) mentre campanellini e tamburi suonano tutt'intorno.
Sì, io sono uno di quelli che, quando vede un gatto, diventa tipo deficiente.
Durante tutta la camminata, c'è il continuo rumore dei jet militari in pattuglia nello spazio aereo sopra di me. La base aerea di Osan è poco più a sud di Suwon. Parlando di cose militari, arrivo alla Hwaseong Haenggung, la dimora temporanea in città quando il re veniva ad adorare gli antenati.
La fortezza e il palazzo erano concepiti come parte del progetto di trasferire la capitale da Seoul; interamente circondata da spesse mura in pietra (che appunto costituiscono la fortificazione), lontana dagli intrighi di corte di Seoul, avrebbe dovuto permettere al re Jeongjo di portare avanti il suo ambizioso programma di riforme.
Ovviamente fallì, ma ci lasciò una delle più importanti piazzeforti asiatiche e una delle pochissime che riunì i principi costruittivi delle fortezze europee con quelle asiatiche. Oggi è patrimonio dell'UNESCO.
Alcuni interni sono stati preservati.
Non ci sono in giro molte persone. Da qui si può salire lungo le mura, che sono state gravemente danneggiate durante la guerra di Corea. Suwon passò di mano quattro volte prima di rientrare sotto il territorio sud coreano; durante la ricostruzione degli anni '50, alcuni tratti non furono ripristinati per favorire la circolazione veicolare, ma la maggior parte è stata accuratamente restaurata.
Uno dei pochi esempi di barbacane in Asia.
Passeggio lungo le mura. Torre e torri.
Per essere una struttura militare, è riccamente decorata.
Le mura salgono in mezzo ad un bosco. La passeggiata è corroborante (vale a dire, sui gradini ho sputato l'anima).
In cima si trova un padiglione e un ottimo punto panoramico per vedere il centro città.
Per chi suona la campana? Pagando un biglietto, è possibile suonarla.
Scendo nuovamente e torno verso la stazione, non prima di aver acquistato in un negozietto questa delizia. Un giorno o l'altro scriverò un articolo sulle bevande asiatiche, di cui mi pregio essere un estimatore.
Lungo il marciapiede vedo questo curioso "safety booth" dentro cui ci si può rinchiudere e chiamare i servizi di emergenza, nonostante il tasso di criminalità sia piuttosto basso.
Arrivo in stazione appena in tempo per saltare sul primo treno diretto a Seoul, fotocopia di quello dell'andata - mezzora di tragitto confortevole su un treno mezzo vuoto.
Ho ancora un paio di ore prima di prendere un treno tardo serale per Daegu; e, giusto vicino alla stazione, c'è un'ultima cosa che mi interessa visitare - il Deoksugung Palace, l'ultimo dei cinque costruiti durante la dinastia Joseon.
Il palazzo si estende su un parco costruito alla maniera occidentale.
I due palazzi in stile occidentale presenti entro le mura di cinta, di inizio '900, ospitano ora due musei. Uno dei due aveva un passaggio segreto (tutt'ora esistente) che lo collegava all'edificio dell'Emissario Russo.
È il più piccolo dei cinque grandi palazzi imperiali, ma secondo me più piacevole da visitare per il parco e la minore affluenza.
Qua e là vi sono alcune opere di arte contemporeanea.
La mia ultima immagine di Seoul, tolta la stazione, è la porta di Daehanmun, che sarebbe la porta orientale. Solitamente, gli ingressi principali ai palazzi coreani sono in corrispondenza della porta sud; tuttavia, essendo questa prospicente la strada più trafficata, lo divenne per praticità.
Pur essendo a solo un chilometro di distanza, prendo la metro fino alla stazione, sperando di arrivare agli armadietti portabagagli come la mattina; ovviamente recupero la valigia solo dopo essermi perso un paio di volte nei budelli della stazione.
Una volta stampato il biglietto dalle macchinette per soli occidentali (mi sento un po' come una bestia in via d'estinazione!), vado a comprare un bento box per il viaggio, e poi al binario ad aspettare il mio KTX, versione in salsa coreana del TGV francese, parte della rete ad alta velocità che collega Seoul alle grandi città del centro e sud del paese.
Persone in attesa. Riflessi.
La cabina è comoda, il treno quasi pieno - non dovrebbe stupire sapere che, come in altri paesi, ha praticamente cancellato quasi completamente i voli nazionali. Il treno più veloce impiega circa due ore e mezza per percorrere circa 370km - non la migliore performance dei TGV, ma abbastanza per rendere non competitivo il trasporto aereo.
Durante il percorso, le inservienti passano un paio di volte con il carrellino dei bento e delle bevande; appurato che mangiare in treno è prassi, tiro fuori orgogliosamente il mio pollo al sesamo e riso al sesamo con il malefico kimchi (non al sesamo) sempre di mezzo.
La puntualità del treno lascia a desiderare; saremo in ritardo di almeno tre minuti, forse quattro, un po' un'onta e temo che qualcuno possa commettere un suicidio per questo. Speriamo di no.
Arrivo a Dongdaegu, la nuova stazione ad alta velocità costruita per evitare l'inversione dei treni diretti a Busan presso la vecchia stazione; la stazione è comunque a poche fermate di metro dal centro (e dalla vecchia). Non ho bisogno di allontanarmi troppo per trovare il mio alloggio; è nei pressi di una delle uscite nord, in quella che è in realtà l'area dei love-hotel (stiamo parlando di cose assimilabili ai nostrani motel) dove insospettabili megadirettori vanno a passare qualche ora spensierata con la segretaria.
Pure il mio hotel sembra della stessa risma - stanze a tema, neon in camera, jacuzzi con le bollicine e le lucine colorate, e preservativi omaggio, ma ha ottime recensioni su Booking, la camera è pulita e spaziosa e insonorizzata alla perfezione, sono disponibili un sacco di amenities tra cui lo yukata da camera (mai visto fuori dal Giappone).
Vado a fare un scorta di vettovaglie per i prossimi due giorni e poi mi tuffo a letto dopo aver guardato Masterchef South Korea, affascinato da cose tremende come il polipo danzante...
Suwon, una sconosciuta metropoli di 1.2 milioni di anime, è da qualche parte nella top ten, peraltro a soli 35 chilometri da Seoul stessa. Sfido la maggior parte delle persone a metterla su una mappa. Eppure...
Constatato che la valigia è già troppo piena per essere solo all'inizio della vacanza, faccio il check-out, ringrazio la sorridentissima addetta alla reception e trascino il baule fino all'ascensore, e via fino alla fermata della metro, dove so già che mi perderò nei cunicoli alla ricerca di scale mobili e ascensori.
Sotto Seoul Station mi perdo un paio di volte alla ricerca degli armadietti per lasciare la valigia, e per buona sicurezza scatto una mezza dozzina di foto all'area per coadiuvare la mia fallace memoria fotografica nel successivo recupero del bagaglio.

La costruzione della nuova stazione ad alta velocità non è particolarmente ispirata - un po' di vetro qui, una spruzzata di colonne portanti a vista là, un tetto aggettante a condire - ma è funzionale.

Poche decine di metri più in là si trova l'originaria stazione imperiale, costruita in stile eclettico e finita negli anni '20. Oggi ospita... qualcosa. Di culturale. Ecco.

Ispirati dalla high line niuocchese, anche qui hanno costruito un parco lineare su una vecchia strada sopraelevata. Visto che ho una ventina di minuti prima della partenza del treno, faccio un salto veloce.

L'idea è di renderlo una specie di vivaio per la città, da dove prelevare alberi da trapiantare in altre zone, mano a mano che qui crescono in santa pace. Il parco è lungo circa un chilometro, in buona parte sopraelevato.

La posizione rialzata offre delle prospettive interessanti.

L'antico di Seoul è lettaralmente sovrastato dal moderno.

Le due stazioni. La cappa di smog mi ha per un attimo riportato in val Padana, ed è subito amore.

Con un po' di fatica, capisco come fare il biglietto alle macchinette automatiche riservate agli stranieri; ci sono dozzine di treni che portano a Suwon, in circa 30 minuti; volendo, c'è anche la linea 1 della metropolitana di Seoul, un mostro di linea da circa 200 km considerando le varie diramazioni, di cui però solo una piccolissima parte è sotterranea e, effettivamente, sotto Seoul. Con la metro, posto che prendiate la direzione giusta, ci vuole circa un'ora.
Preferisco il treno, decisamente comodo e spazioso.

La stazione di Suwon è un altro pachiderma che include shopping mall, ristoranti e chissà cos'altro. Ma almeno è stato studiato per esserlo, quindi non ha le idiosincrasie e idiozie architettoniche che Grandi Stazioni ha incluso all'interno delle nostre stazioni che sono anche monumenti.

La stazione non è proprio vicinissima al centro, dove si trova la fortezza di Hwaseong con le relative mura che è la meta della gita. La prima parte della passeggiata non è particolarmente significativa - potrebbe essere il vialone principale di un qualsiasi quartiere residenziale in una qualsiasi parte del mondo.
Catturo giusto questo murale perché mi sembra curioso vederlo proprio fuori da un bagno pubblico - probabilmente un messaggio subliminale sulla sorte che attenderà il pipino di quelli dalla mira non impeccabile. In effetti il bagno era immacolato.

Come resistere ad un drago (o una carpa?) mentre campanellini e tamburi suonano tutt'intorno.

Sì, io sono uno di quelli che, quando vede un gatto, diventa tipo deficiente.

Durante tutta la camminata, c'è il continuo rumore dei jet militari in pattuglia nello spazio aereo sopra di me. La base aerea di Osan è poco più a sud di Suwon. Parlando di cose militari, arrivo alla Hwaseong Haenggung, la dimora temporanea in città quando il re veniva ad adorare gli antenati.

La fortezza e il palazzo erano concepiti come parte del progetto di trasferire la capitale da Seoul; interamente circondata da spesse mura in pietra (che appunto costituiscono la fortificazione), lontana dagli intrighi di corte di Seoul, avrebbe dovuto permettere al re Jeongjo di portare avanti il suo ambizioso programma di riforme.

Ovviamente fallì, ma ci lasciò una delle più importanti piazzeforti asiatiche e una delle pochissime che riunì i principi costruittivi delle fortezze europee con quelle asiatiche. Oggi è patrimonio dell'UNESCO.


Alcuni interni sono stati preservati.

Non ci sono in giro molte persone. Da qui si può salire lungo le mura, che sono state gravemente danneggiate durante la guerra di Corea. Suwon passò di mano quattro volte prima di rientrare sotto il territorio sud coreano; durante la ricostruzione degli anni '50, alcuni tratti non furono ripristinati per favorire la circolazione veicolare, ma la maggior parte è stata accuratamente restaurata.

Uno dei pochi esempi di barbacane in Asia.

Passeggio lungo le mura. Torre e torri.


Per essere una struttura militare, è riccamente decorata.

Le mura salgono in mezzo ad un bosco. La passeggiata è corroborante (vale a dire, sui gradini ho sputato l'anima).


In cima si trova un padiglione e un ottimo punto panoramico per vedere il centro città.



Per chi suona la campana? Pagando un biglietto, è possibile suonarla.

Scendo nuovamente e torno verso la stazione, non prima di aver acquistato in un negozietto questa delizia. Un giorno o l'altro scriverò un articolo sulle bevande asiatiche, di cui mi pregio essere un estimatore.

Lungo il marciapiede vedo questo curioso "safety booth" dentro cui ci si può rinchiudere e chiamare i servizi di emergenza, nonostante il tasso di criminalità sia piuttosto basso.

Arrivo in stazione appena in tempo per saltare sul primo treno diretto a Seoul, fotocopia di quello dell'andata - mezzora di tragitto confortevole su un treno mezzo vuoto.

Ho ancora un paio di ore prima di prendere un treno tardo serale per Daegu; e, giusto vicino alla stazione, c'è un'ultima cosa che mi interessa visitare - il Deoksugung Palace, l'ultimo dei cinque costruiti durante la dinastia Joseon.

Il palazzo si estende su un parco costruito alla maniera occidentale.

I due palazzi in stile occidentale presenti entro le mura di cinta, di inizio '900, ospitano ora due musei. Uno dei due aveva un passaggio segreto (tutt'ora esistente) che lo collegava all'edificio dell'Emissario Russo.

È il più piccolo dei cinque grandi palazzi imperiali, ma secondo me più piacevole da visitare per il parco e la minore affluenza.

Qua e là vi sono alcune opere di arte contemporeanea.

La mia ultima immagine di Seoul, tolta la stazione, è la porta di Daehanmun, che sarebbe la porta orientale. Solitamente, gli ingressi principali ai palazzi coreani sono in corrispondenza della porta sud; tuttavia, essendo questa prospicente la strada più trafficata, lo divenne per praticità.

Pur essendo a solo un chilometro di distanza, prendo la metro fino alla stazione, sperando di arrivare agli armadietti portabagagli come la mattina; ovviamente recupero la valigia solo dopo essermi perso un paio di volte nei budelli della stazione.

Una volta stampato il biglietto dalle macchinette per soli occidentali (mi sento un po' come una bestia in via d'estinazione!), vado a comprare un bento box per il viaggio, e poi al binario ad aspettare il mio KTX, versione in salsa coreana del TGV francese, parte della rete ad alta velocità che collega Seoul alle grandi città del centro e sud del paese.

Persone in attesa. Riflessi.

La cabina è comoda, il treno quasi pieno - non dovrebbe stupire sapere che, come in altri paesi, ha praticamente cancellato quasi completamente i voli nazionali. Il treno più veloce impiega circa due ore e mezza per percorrere circa 370km - non la migliore performance dei TGV, ma abbastanza per rendere non competitivo il trasporto aereo.

Durante il percorso, le inservienti passano un paio di volte con il carrellino dei bento e delle bevande; appurato che mangiare in treno è prassi, tiro fuori orgogliosamente il mio pollo al sesamo e riso al sesamo con il malefico kimchi (non al sesamo) sempre di mezzo.

La puntualità del treno lascia a desiderare; saremo in ritardo di almeno tre minuti, forse quattro, un po' un'onta e temo che qualcuno possa commettere un suicidio per questo. Speriamo di no.
Arrivo a Dongdaegu, la nuova stazione ad alta velocità costruita per evitare l'inversione dei treni diretti a Busan presso la vecchia stazione; la stazione è comunque a poche fermate di metro dal centro (e dalla vecchia). Non ho bisogno di allontanarmi troppo per trovare il mio alloggio; è nei pressi di una delle uscite nord, in quella che è in realtà l'area dei love-hotel (stiamo parlando di cose assimilabili ai nostrani motel) dove insospettabili megadirettori vanno a passare qualche ora spensierata con la segretaria.

Pure il mio hotel sembra della stessa risma - stanze a tema, neon in camera, jacuzzi con le bollicine e le lucine colorate, e preservativi omaggio, ma ha ottime recensioni su Booking, la camera è pulita e spaziosa e insonorizzata alla perfezione, sono disponibili un sacco di amenities tra cui lo yukata da camera (mai visto fuori dal Giappone).


Vado a fare un scorta di vettovaglie per i prossimi due giorni e poi mi tuffo a letto dopo aver guardato Masterchef South Korea, affascinato da cose tremende come il polipo danzante...