Il thread leggero


vipero

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Volevo capire fino a che livello 'tecnico' questo online magazine potesse essere attendibile. Poi ho letto questo e mi sono fatto il segno della croce...


:eek::unsure:
Pensavo avessero scritto: "perché 'ndo te giri te giri, è tutto nord" (così come al polo nord "è tutto sud", questa è vecchia lo so), ma magari sarebbe stato quasi meglio :)
 

vipero

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Lo mettiamo qui?

L’aeroporto di Cuneo vuole un polo logistico per agroalimentare e vino
C’è anche Geac, la società che ha in gestione l’aeroporto di Levaldigi (Cuneo), tra i promotori del progetto ‘Polo Food Wine’, che mira a realizzare un parco logistico a Bra al servizio delle aziende del comparto agroalimentare e vinicolo del Basso Piemonte.

 

13900

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Io non voglio fare il solito biellese che disprezza i novaresi in quanto mezzi bauscia, i vercellesi perche' vercellesi e quelli della Granda perche' balenghi ma se veramente pensano di fare una cosa del genere sono da legare. Stiamo veramente pensando ai voli full cargo da Cuneo? Pensiamo davvero ai 747-8i di NCA, o magari i 77F di FedEx, che atterrano a Levaldigi per poi ripartire carichi di Nutella, Barbera, tartufi e anche il Moscato d'Asti perche' anche se dell'altra provincia alla fine son dei brau mat?

Il tutto in una provincia talmente nimbysta che c'hai gli autoarticolati da 16.5 metri che vanno nelle vie dei paesi perche' non puoi fare una bretella per collegarti con l'autostrada o la super.
 
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NO VABBÈ MA SENTITELA!
Una polveriera di cazzate, ignoranza è demagogia. Avessi avuto lei come vicina di posto minimo usciva dall’aereo frignando come una neonata, con tanto di afonia perenne.



Il Natale, la nebbia, un aereo - Selvaggia Lucarelli- 11/12/20

Ieri sera ho preso un aereo che era quasi notte, da Roma a Milano. Un aereo strapieno, di quelli con due file da tre, occupato fino all’ultimo posto in fondo, con le cappelliere che vomitavano bagagli a mano appena le aprivi. Un volo anti-Covid, insomma.

Io sono finita in uno dei posti centrali, seduta tra due persone: una ragazza alta, carina, di quelle che non tolgono mai il piumino neanche in volo perché chissà, magari si precipita sulle Alpi e dormiamo due mesi nella carcassa dell’aereo, come in Alive. E poi un tizio di mezza età, vestito con camicia azzurra, gilet e un piumino marrone leggero, che teneva sulle ginocchia.
Durante l’attesa prima del decollo l’imbruttito whatsappava compulsivamente. L’aereo si è mosso e come sempre ci è stato chiesto di mettere i telefoni in modalità aerea. Io e la mia vicina di posto abbiamo messo via il cellulare. L’imbruttito continuava a chattare. Continuava. Continuava.

Io ho aperto il mio libro sulle epidemie, sono al capitolo sulla malaria e le zanzare che già mi stavano discretamente sul cazzo, ora sono ufficialmente le Barbara D’Urso dell’infettivologia.

Siamo sulla pista, l’imbruttito continua a chattare.
Non ho voglia di litigare perché una volta su un aereo per Madrid ho sfiorato la rissa con una spagnola che non ha spento il telefono neppure durante il decollo e per poco, per gli insulti reciproci, non facciamo scendere le mascherine dell’ossigeno in tutto l’aereo.

Fatto sta che siamo ormai prossimi al decollo, io tra negazionisti e coglioni no-vax ho ormai un livello di tolleranza piuttosto basso, e quindi gli dico “Deve spegnere il telefono”.
Deve.

Lui manco mi guarda, bofonchia “Sì sì” e dopo pochi secondi lo spegne. Decolliamo.
L’imbruttito si mette a leggere non so cosa, forse un libro esoterico su come whatsappare con la mente, io chiudo il capitolo sulla malaria e inizio quello sulla Sars. Quando sono al passaggio sui pipistrelli ferro di cavallo, che anche se brutti come una quarantena in casa con Paolo Brosio e probabile serbatoio del virus, mi sono comunque più simpatici dell’imbruttito di fianco, arriva l’annuncio del comandante: “A causa della nebbia intensa su Linate atterreremo tramite atterraggio automatico, quindi bisogna spegnere tutti i dispositivi compresi i cellulari in modalità aereo per non interferire con il segnale”.

Io e la vicina col piumino spegniamo il cellulare. Lei credo pensi già a come accendere il fuoco nella notte, sulla neve, tra i lupi, e sono tentata di dirle che potremmo strappare le fodere ai sedili per ricavare delle coperte, l’ho visto fare in un film, ma non voglio agitarla.
Il vicino continua a leggere come se niente fosse. Io lo guardo per un attimo, sono tentata di dirgli qualcosa, ma in effetti potrebbe anche aver spento il telefono prima del decollo anzichè metterlo in modalità aerea, non ho mica controllato. Quindi taccio. Taccio ma di fianco a lui la mia stima per i pipistrelli ferro di cavallo aumenta, anche quando lui, il ricercatore, finisce in una grotta a Guilin con migliaia di loro appesi a testa in giù, emettendo i suoni dell’inferno .

Taccio ma mi riprometto di guardare il suo telefono quando lo estrarrà dalla tasca della giacca all’atterraggio.
C’è così tanta nebbia che il finestrino ha una specie di tendina bianca naturale.
Penso che stiamo atterrando fidandoci della tecnologia, della scienza.
Che in fondo siamo in un momento della storia in cui fidarci della scienza è tutto quello che possiamo fare. Sono i vicini di posto sul bus, in ufficio, sull’aereo, quelli di cui non ci possiamo sempre fidare.

Atterriamo. L’imbruttito tira fuori il suo cellulare non appena la ruota tocca terra. Gli cade la penna che era nel libro. Mi convinco di avergliela fatta cadere io con la sola forza della mente. Provo a concentrarmi sul suo pomo d’Adamo. Niente, resta lì. Afferra la penna, si butta di nuovo sul telefono e sì, è acceso. Toglie solo la modalità aerea.

In quel preciso momento mi sale il crimine. Un crimine inesorabile e feroce. Ho voglia di entrare nella cabina del pilota, puntare la Bic dell’imbruttito sulla fronte del pilota e ordinargli di ridecollare e schiantarsi nell’Idroscalo, sono pronta a sacrificarmi pure io, pur di liberare l’umanità dall’imbruttito.
Non ha spento il telefono. Nonostante la nebbia, la richiesta del comandante, la necessità di collaborare tutti per atterrare in sicurezza. A lui non è fregato un cazzo, di fare la sua parte.

Ho trattenuto gli insulti, ho acceso il mio telefono e la prima notizia era “A Natale saranno consentiti gli spostamenti tra comuni”.
Ho pensato che il mio vicino di posto è in buona compagnia. Che alla fine vince lui, vincono loro. Quelli che non spengono il telefono, quelli che “io a Natale voglio andare dove voglio, io il Natale da solo non lo passo, il mio comune è a 1 km da quello di mamma, eh ORA CI TOLGONO ANCHE IL NATALE!”.
Quelli per cui alla fine andiamo a schiantarci tutti. Oppure no, riusciamo comunque ad atterrare tutti nella nebbia, ma solo perché ad essere responsabili ci pensiamo noi. Anche per loro. Per questi stronzi.
 

vipero

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Vabbè è solo un attacco un po' romanzato alla maleducazione.
Ma davvero si fa quell'annuncio in caso di CATIII?
 

OneShot

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Paris
Vabbè è solo un attacco un po' romanzato alla maleducazione.
Ma davvero si fa quell'annuncio in caso di CATIII?
Si, lo facciamo anche noi.
Per fortuna che non si dice più che gli apparecchi non devono essere collegati a stampanti o a lettori CD durante la crociera!
 
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flapane

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Si, lo facciamo anche noi.
Per fortuna che non si dice più che gli apparecchi non devono essere collegati a stampanti o a lettori CD durante la crociera!
È davvero necessario o meno in quanto eredità del passato? Giusto per capire il ruolo di questo "imbruttito", come lo chiama lei. Fosse stato davvero necessario, avrei avvisato l'A/V, come già fatto più volte col figo di turno che deve Uozzappare anche in decollo.
 

foxtrot bravo

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NO VABBÈ MA SENTITELA!
Una polveriera di cazzate, ignoranza è demagogia. Avessi avuto lei come vicina di posto minimo usciva dall’aereo frignando come una neonata, con tanto di afonia perenne.



Il Natale, la nebbia, un aereo - Selvaggia Lucarelli- 11/12/20

Ieri sera ho preso un aereo che era quasi notte, da Roma a Milano. Un aereo strapieno, di quelli con due file da tre, occupato fino all’ultimo posto in fondo, con le cappelliere che vomitavano bagagli a mano appena le aprivi. Un volo anti-Covid, insomma.

Io sono finita in uno dei posti centrali, seduta tra due persone: una ragazza alta, carina, di quelle che non tolgono mai il piumino neanche in volo perché chissà, magari si precipita sulle Alpi e dormiamo due mesi nella carcassa dell’aereo, come in Alive. E poi un tizio di mezza età, vestito con camicia azzurra, gilet e un piumino marrone leggero, che teneva sulle ginocchia.
Durante l’attesa prima del decollo l’imbruttito whatsappava compulsivamente. L’aereo si è mosso e come sempre ci è stato chiesto di mettere i telefoni in modalità aerea. Io e la mia vicina di posto abbiamo messo via il cellulare. L’imbruttito continuava a chattare. Continuava. Continuava.

Io ho aperto il mio libro sulle epidemie, sono al capitolo sulla malaria e le zanzare che già mi stavano discretamente sul cazzo, ora sono ufficialmente le Barbara D’Urso dell’infettivologia.

Siamo sulla pista, l’imbruttito continua a chattare.
Non ho voglia di litigare perché una volta su un aereo per Madrid ho sfiorato la rissa con una spagnola che non ha spento il telefono neppure durante il decollo e per poco, per gli insulti reciproci, non facciamo scendere le mascherine dell’ossigeno in tutto l’aereo.

Fatto sta che siamo ormai prossimi al decollo, io tra negazionisti e coglioni no-vax ho ormai un livello di tolleranza piuttosto basso, e quindi gli dico “Deve spegnere il telefono”.
Deve.

Lui manco mi guarda, bofonchia “Sì sì” e dopo pochi secondi lo spegne. Decolliamo.
L’imbruttito si mette a leggere non so cosa, forse un libro esoterico su come whatsappare con la mente, io chiudo il capitolo sulla malaria e inizio quello sulla Sars. Quando sono al passaggio sui pipistrelli ferro di cavallo, che anche se brutti come una quarantena in casa con Paolo Brosio e probabile serbatoio del virus, mi sono comunque più simpatici dell’imbruttito di fianco, arriva l’annuncio del comandante: “A causa della nebbia intensa su Linate atterreremo tramite atterraggio automatico, quindi bisogna spegnere tutti i dispositivi compresi i cellulari in modalità aereo per non interferire con il segnale”.

Io e la vicina col piumino spegniamo il cellulare. Lei credo pensi già a come accendere il fuoco nella notte, sulla neve, tra i lupi, e sono tentata di dirle che potremmo strappare le fodere ai sedili per ricavare delle coperte, l’ho visto fare in un film, ma non voglio agitarla.
Il vicino continua a leggere come se niente fosse. Io lo guardo per un attimo, sono tentata di dirgli qualcosa, ma in effetti potrebbe anche aver spento il telefono prima del decollo anzichè metterlo in modalità aerea, non ho mica controllato. Quindi taccio. Taccio ma di fianco a lui la mia stima per i pipistrelli ferro di cavallo aumenta, anche quando lui, il ricercatore, finisce in una grotta a Guilin con migliaia di loro appesi a testa in giù, emettendo i suoni dell’inferno .

Taccio ma mi riprometto di guardare il suo telefono quando lo estrarrà dalla tasca della giacca all’atterraggio.
C’è così tanta nebbia che il finestrino ha una specie di tendina bianca naturale.
Penso che stiamo atterrando fidandoci della tecnologia, della scienza.
Che in fondo siamo in un momento della storia in cui fidarci della scienza è tutto quello che possiamo fare. Sono i vicini di posto sul bus, in ufficio, sull’aereo, quelli di cui non ci possiamo sempre fidare.

Atterriamo. L’imbruttito tira fuori il suo cellulare non appena la ruota tocca terra. Gli cade la penna che era nel libro. Mi convinco di avergliela fatta cadere io con la sola forza della mente. Provo a concentrarmi sul suo pomo d’Adamo. Niente, resta lì. Afferra la penna, si butta di nuovo sul telefono e sì, è acceso. Toglie solo la modalità aerea.

In quel preciso momento mi sale il crimine. Un crimine inesorabile e feroce. Ho voglia di entrare nella cabina del pilota, puntare la Bic dell’imbruttito sulla fronte del pilota e ordinargli di ridecollare e schiantarsi nell’Idroscalo, sono pronta a sacrificarmi pure io, pur di liberare l’umanità dall’imbruttito.
Non ha spento il telefono. Nonostante la nebbia, la richiesta del comandante, la necessità di collaborare tutti per atterrare in sicurezza. A lui non è fregato un cazzo, di fare la sua parte.

Ho trattenuto gli insulti, ho acceso il mio telefono e la prima notizia era “A Natale saranno consentiti gli spostamenti tra comuni”.
Ho pensato che il mio vicino di posto è in buona compagnia. Che alla fine vince lui, vincono loro. Quelli che non spengono il telefono, quelli che “io a Natale voglio andare dove voglio, io il Natale da solo non lo passo, il mio comune è a 1 km da quello di mamma, eh ORA CI TOLGONO ANCHE IL NATALE!”.
Quelli per cui alla fine andiamo a schiantarci tutti. Oppure no, riusciamo comunque ad atterrare tutti nella nebbia, ma solo perché ad essere responsabili ci pensiamo noi. Anche per loro. Per questi stronzi.
forse bisogna distinguere il tono - che personalmente trovo irritante - con cui questa "giornalista" ha descritto l'evento, dal comportamento dell'"l'imbruttito". Anche io mi sarei a dir poco infastidito ad assistere a tale spettacolo e ho dimenticato il numero delle volte che mi e' successo. Lungi dal difenderla e d'accordo con la demagogia trasudante, ma se mi spieghi la "polveriera di cazzate e l'ignoranza" che questo racconto contiene, te ne sarei grato. Se le regole sono quelle che vengono chiaramente annunciate a bordo, la Lucarelli ha ragione. A meno che quell'"imbruttito" eri tu :)
 
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magick

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Vabbè è solo un attacco un po' romanzato alla maleducazione.
Ma davvero si fa quell'annuncio in caso di CATIII?
forse bisogna distinguere il tono - che personalmente trovo irritante - con cui questa "giornalista" ha descritto l'evento, dal comportamento dell'"l'imbruttito". Anche io mi sarei a dir poco infastidito ad assistere a tale spettacolo e ho dimenticato il numero delle volte che mi e' successo. Lungi dal difenderla e d'accordo con la demagogia trasudante, ma se mi spieghi la "polveriera di cazzate e l'ignoranza" che questo racconto contiene, te ne sarei grato. Se le regole sono quelle che vengono chiaramente annunciate a bordo, la Lucarelli ha ragione. A meno che quell'"imbruttito" eri tu :)
Infatti non ho ben capito cosa ci sia da indignarsi in quel racconto. Non apprezzo la Lucarelli (di cui non ho ancora ben capito che tipo di mestiere faccia), ma io non ci trovo nulla di delirante o di demagogico, solo un resoconto di quanto intelligenza e senso civico siano fondametali in una democrazia. Ho l'impressione che TW843 si sia sentito punto sul vivo agli epiteti "stronzo" e "negazionista" :p