Thread ITA Airways dal 15 ottobre


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enrico

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Rapallo, Liguria.
Beh, 'nzomma. Perchè se raddoppiassero il loro CASK senza aumentare i RASK da animali da utili si troverebbero ad essere animali da bancarotta. Ciò che è vero è che hanno un margine operativo netto intorno al 12%, per cui potrebbero abbassare i loro prezzi di parecchio e comunque far soldi.

Ma secondo me l'intera questione delle LCC è una non-questione. Alitalia non dovrebbe farci concorrenza diretta, se non in modo incidentale; il problema grosso è che nel 2019 AZ faceva 6.1 cent di RASK. Contro i 10 di Iberia, o gli 8.4 di Finnair. Segno che non vola come/dove/nel modo in cui si fanno soldi.
Qualcuno dava la colpa agli accordi della JV atlantica, vediamo adesso ITA, a circolazione ristabilita tra Vecchio e Nuovo mondo, che cosa farà, considerato che mi è sempre stato detto che gli utili le major europee li fanno sul nord Atlantico.
 
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Qualcuno dava la colpa agli accordi della JV atlantica, vediamo adesso ITA, a circolazione ristabilita tra Vecchio e Nuovo mondo, che cosa farà, considerato che mi è sempre stato detto che gli utili le major europee li fanno sul nord Atlantico.
Ma se stando alla relazione del Senato, malgrado si sia liberi dal capestro dei kattivi della JV Atlantica (maledetti franzosi!), s'abbia il partner europeo, s'abbia il digitale, s'abbia il nuovo focus sul corporate... i RASK nel 2025 saranno solo 6.6 eurocent, contro i 6.1 del 2019 di Alitalia (e i 10 di Iberia)!
 

belumosi

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Beh, 'nzomma. Perchè se raddoppiassero il loro CASK senza aumentare i RASK da animali da utili si troverebbero ad essere animali da bancarotta. Ciò che è vero è che hanno un margine operativo netto intorno al 12%, per cui potrebbero abbassare i loro prezzi di parecchio e comunque far soldi.
Ma secondo me l'intera questione delle LCC è una non-questione. Alitalia non dovrebbe farci concorrenza diretta, se non in modo incidentale; il problema grosso è che nel 2019 AZ faceva 6.1 cent di RASK. Contro i 10 di Iberia, o gli 8.4 di Finnair. Segno che non vola come/dove/nel modo in cui si fanno soldi.
Il confronto tra i CASK era un po' provocatorio, ma difficilmente ITA potrà permettersi il lusso di ignorare le LC, visto che a parte i fortini di LIN e di FCO sul nazionale (isole escluse), ovunque metta il naso fuori sbatte contro a Michele e soci, contro i quali non può che farsi male. E il mix flotta previsto (peraltro ottimista), ci restituisce una compagnia sempre dedita al breve/medio raggio
con qualche LR (che peraltro difficilmente frutterà come ai competitor, visto che l'ingresso in qualsivoglia JV potrà avvenire solo in condizioni di inferiorità).
Nel frattempo che scrivevo, hai riportato in un post successivo il RASK di 6.5 atteso nel 2025, non lontano da quello di 6.1 del 2019. Se vogliamo è abbastanza logico visto che il network sarà così simile a quello passato.
La scommessa sarà soprattutto abbassare il CASK da 7.2 a 6.1 ec, davvero tanta roba. Tanto più che nel conteggio la quota relativa al carburante viene tagliata secca del 33.3% da 1.8 a 1.2 ec. Cifre secondo me irrealistiche, "drogate" dal basso prezzo del carburante di fine 2020, che suppongo sia stato utilizzato per i conteggi. Applicando i valori odierni, la situazione peggiorerebbe drasticamente.
 

flapane

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Annuntio vobis gaudium magnum: ci leggono.

Ora da UK la url del sito www.itaspa.com viene inizializzata come https://www.itaspa.com/en_it/ e il sito viene visualizzato correttamente.

en_it sa un po' di pezza ma finche funziona.. :D
Porta HTTP ben in vista e lingua sbagliata.
Uhm... mi sa che Karl Heinz prenoterà il weekend a Roma con escursione altrove.


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Charter2017

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ITA ha iniziato la sua attività con molti meno voli rispetto alla vecchia Alitalia. Una riduzione che non sembra giustificata dalla situazione del mercato.
Il giorno in cui è partito il nuovo vettore pubblico ITA Airways, venerdì 15 ottobre, abbiamo scattato alcune foto statistiche all’offerta di voli della compagnia e al mercato italiano del trasporto aereo in quel preciso momento. Erano però immagini parziali e provvisorie che richiedevano un periodo di osservazione più lungo per poter comprendere se fossero o meno rappresentative delle effettive condizioni del mercato e del ruolo che ITA Airways vi avrebbe svolto.

Completiamo dunque quella primissima analisi osservando cos’è successo nella settimana intera che è trascorsa dopo il giorno del debutto, da sabato 16 a venerdì 22 ottobre, misurando in primo luogo quanto ha volato ITA Airways sui cieli italiani e quanto hanno fatto i suoi concorrenti, in secondo luogo verificando a che punto è il mercato italiano sulla via del recupero dei livelli di traffico precedenti alla crisi prodotta dalla pandemia e, infine, effettuando la stessa analisi anche sugli altri mercati e vettori europei.

La prima settimana di voli conferma che ITA è partita troppo piccola
Nel giorno del suo debutto ITA Airways aveva effettuato 192 voli, contro i 531 della vecchia Alitalia nel venerdì corrispondente di due anni prima, anteriormente al manifestarsi della pandemia. Per realizzarli aveva inoltre utilizzato solo 32 aerei dei 45 di medio raggio acquisti da Alitalia secondo le indicazioni del suo piano industriale. Nella settimana che è seguita al debutto, gli aerei di medio raggio utilizzati sono saliti a 39 e la compagnia ha effettuato più voli nei giorni infrasettimanali e, com’è naturale, di meno nel fine settimana. Gli aerei di medio raggio sinora acquisiti ma non ancora utilizzati sono dunque scesi a 6, ai quali si aggiungono i 7 di lungo raggio che non hanno ancora volato, in attesa del debutto dei collegamenti con gli Stati Uniti all’inizio di novembre.
Il Grafico 1 illustra in sintesi il mercato italiano nella settimana considerata, distinguendo tra i voli medi di ITA e quelli dei suoi concorrenti nel loro insieme. Essi vengono messi a confronto con una settimana di inizio ottobre, quando volava ancora la vecchia Alitalia, e con la settimana corrispondente di due anni fa, quando non c’era ancora la pandemia.

Grafico 1 – Voli medi giornalieri di ITA/Alitalia e dei suoi concorrenti



Fonte: elaborazioni su dati Eurocontrol e Flight Radar.

ITA Airways nella settimana considerata ha effettuato una media di 190 voli giornalieri, maggiore di una dozzina rispetto ad Alitalia nella prima settimana piena di ottobre, e in linea col giorno del suo debutto. Rispetto alla vecchia Alitalia in gestione commissariale dell’ottobre 2019, che effettuava quasi 500 voli giornalieri, il taglio attuato dalla nuova compagnia è di oltre 3 voli ogni 5. ITA è dunque partita molto piccola ma questa dimensione non è giustificata dagli effetti della pandemia sulla domanda, come si può dimostrare osservando nel grafico i voli offerti dall’insieme dei suoi concorrenti. Nella stessa settimana infatti essi hanno effettuato una media di oltre 2.500 voli giornalieri, contro i 3.100 di due anni fa. Siamo a quasi 5 voli ogni 6 ante pandemia contro i soli 2 su 5 di ITA.
Non è dunque il Covid a spiegare le dimensioni così ridotte di ITA Airways, come il vettore scrisse peraltro nel suo piano industriale di dicembre 2020, approvato dalle commissioni parlamentari nei primi mesi del 2021. E non è stata neppure la Commissione europea a chiederlo, visto che la lettera della commissaria alla Concorrenza al Governo italiano, contenente una serie di osservazioni e contestazioni, è successiva al piano industriale che annunciava queste dimensioni così esigue. La loro incoerenza è ben illustrata dal Grafico 2, in cui è riportato il livello di offerta di ITA Airways e dei suoi concorrenti nella settimana considerata in percentuale dei livelli di due anni fa.


Grafico 2 – Voli medi giornalieri nella settimana 16-22 ottobre in % dello stesso periodo ante-Covid



Fonte: elaborazioni su dati Eurocontrol e Flight Radar.

Se gli altri vettori hanno un livello di offerta pari all’81% dello stesso periodo ante-Covid e ITA Airways solo al 39% rispetto alla vecchia Alitalia, questo vuol dire che ha spontaneamente accettato di dimezzare la sua quota di mercato, che è infatti passata dal già esiguo 13,5% di Alitalia 2019 al suo quasi impercettibile 7%. Se non voleva cedere quote di mercato avrebbe dovuto partire con dimensioni doppie rispetto a quelle effettive e dunque molto simili a quelle della vecchia Alitalia ante-Covid, facendo salire a bordo il doppio dei piloti e degli assistenti di voli che ha effettivamente assunto. Tutti questi piloti e assistenti di volo non assunti, e il corrispondente personale di terra dell’handling e delle manutenzioni, sono occupazione, redditi e imposte regalate a vettori esteri e stati esteri.

Nonostante la piccola ITA il mercato italiano è tra quelli con la maggiore ripresa

Considerando tutti i vettori il Grafico 2 ci dice che il livello di offerta sul mercato italiano è risalito nella scorsa settimana al 75% rispetto al periodo pre-Covid. Per comprendere se si tratta di un valore basso oppure elevato non ci resta che confrontarlo nel Grafico 3 con quello degli altri Paesi dell’Europa occidentale.

Grafico 3 – Voli offerti nella settimana 16-22 ottobre in % dello stesso periodo ante-Covid



Fonte: elaborazioni su dati Eurocontrol.

Il Grafico 3 ci dice che l’unico Paese che ha superato i livelli ante-Covid è la Grecia e che, collocandosi l’intera Europa al 73%, l’Italia col suo 75% è sopra la media europea e che, al netto della debolezza di ITA Airways, si collocherebbe al secondo posto con l’81% se considerassimo solo i vettori concorrenti. Riguardo al resto dei Paesi vediamo che la ripresa è più sostenuta nel sud Europa (oltre a Grecia anche Spagna e Portogallo) e ancora debole nei Paesi più a nord (Regno Unito e Scandinavia). Queste differenze si riflettono evidentemente sui dati dei singoli vettori, rappresentati nel Grafico 4.

Grafico 4 – Voli offerti nella settimana 16-22 ottobre in % dello stesso periodo ante-Covid



Fonte: elaborazioni su dati Eurocontrol.

Da esso vediamo come i vettori più vicini a un pieno recupero dei livelli pre-Covid siano low cost (Ryanair, Wizzair e Volotea) e tra i tradizionali Aegean, Klm e Iberia. Anche qui si evidenzia l’anomalia di ITA che col suo 39% chiude l’intera classifica.

Perché ITA è così piccola?

Perché allora ITA è così piccola se non ce lo chiede (esplicitamente) l’Europa e se ce lo sconsiglia anche la ripresa in corso del mercato? Non avendo una risposta a questa domanda conviene mettere in fila quattro indizi, di cui tre sono caratteristiche di ITA, in grado di farci immaginare l’identikit di un possibile soggetto che per ora è rimasto completamente al di fuori della scena:

– ITA Airways è piccolissima, con solo 52 aerei e 2.800 dipendenti, appena poco più grande del vecchio vettore regionale Meridiana, da poco liquidato dopo la sua trasformazione in Air Italy. Qualche numero per illustrare l’ampiezza del declino del vettore nazionale: la flotta della vecchia Alitalia superò i 52 aerei nel lontano 1962, l’anno successivo all’inaugurazione dell’aeroporto di Fiumicino, e superò i 2.800 dipendenti nel 1957, quando incorporò l’altra azienda pubblica di trasporto aereo, la LAI. Sempre nel 1957 Alitalia aveva in flotta ben 13 aerei di lungo raggio, contro i 7 del debutto di ITA che già alla nascita detiene un record da Guinness dei primati tra tutti i vettori mondiali di tipo tradizionale: ha più consiglieri di amministrazione nel CdA, ben 9, che aerei di lungo raggio, solo 7.

– Lo spezzatino aziendale, questo effettivamente richiesto dell’Europa, l’ha privata del ramo handling e del ramo manutenzioni, rimasti alla vecchia amministrazione straordinaria in attesa di gare per la loro cessione separata.

– Il baricentro dei voli di ITA Airways è stato spostato da Fiumicino a Linate, concentrando su Roma quasi tutto il ridimensionamento rispetto ad Alitalia e salvaguardando quasi integralmente Milano.

– Un possibile acquirente che avrebbe salvaguardato le dimensioni della vecchia Alitalia e dunque anche i suoi occupati, il fondo americano Cerberus, che era disponibile a investire un miliardo nel 49% di una newco e ad avere come partner per il 51% soggetti pubblici italiani, fu messo alla porta senza spiegazioni già all’inizio del 2018.

A chi serve, pertanto, un vettore piccolo, di solo volo, con base a Milano e pochissimo presente sul lungo raggio? Pensando male, ma rischiando di indovinare la risposta è che serve a inoltrare i passeggeri della ricca area lombarda, ad alta disponibilità di spesa, verso un grande hub di un grande vettore europeo, così che possa poi trasportarli agevolmente e remunerativamente verso tutte le destinazioni mondiali.

Si potrebbe allora riscrivere una vecchia storia. Cappuccetto Rosso/ITA partì da Milano, attraversò il bosco della Baviera col suo cestino pieno di slot e bussò infine alla porta della casa di nonna Angela:

– Nonna, nonna, ma perché sono così piccola rispetto a te?

– Per mangiarti meglio, naturalmente.

Così rispose il lupo alato.

Ma questa è pura fiction e ogni riferimento a personaggi o vettori esistenti è puramente casuale.
 

I-POV

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Piccolo segno di discontinuità:
prima, quando prenotavo con Alitalia, e richiedevo la fattura inserendo i dati, non me me è mai arrivata una. :)
Adesso con ITA mi è arrivata la fattura elettronica senza averla richiesta! :D
 
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Il confronto tra i CASK era un po' provocatorio, ma difficilmente ITA potrà permettersi il lusso di ignorare le LC, visto che a parte i fortini di LIN e di FCO sul nazionale (isole escluse), ovunque metta il naso fuori sbatte contro a Michele e soci, contro i quali non può che farsi male. E il mix flotta previsto (peraltro ottimista), ci restituisce una compagnia sempre dedita al breve/medio raggio
Motivo per cui la strategia e' sbagliata.

con qualche LR (che peraltro difficilmente frutterà come ai competitor, visto che l'ingresso in qualsivoglia JV potrà avvenire solo in condizioni di inferiorità).
Nel frattempo che scrivevo, hai riportato in un post successivo il RASK di 6.5 atteso nel 2025, non lontano da quello di 6.1 del 2019. Se vogliamo è abbastanza logico visto che il network sarà così simile a quello passato.
v. sopra

La scommessa sarà soprattutto abbassare il CASK da 7.2 a 6.1 ec, davvero tanta roba. Tanto più che nel conteggio la quota relativa al carburante viene tagliata secca del 33.3% da 1.8 a 1.2 ec. Cifre secondo me irrealistiche, "drogate" dal basso prezzo del carburante di fine 2020, che suppongo sia stato utilizzato per i conteggi. Applicando i valori odierni, la situazione peggiorerebbe drasticamente.
Ridurre la spesa per carburanti del 30% e' follia, considerando che il baseline 2019 era comunque bassino rispetto ai massimi del ciclo economico precedente (2012/13). Se veramente si riparte come si pensa,... E' un piano fatto per tirare a campare nella speranza di trovare un ennesimo gonzo cui rifilare 'il gioiello'.
 

belumosi

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Motivo per cui la strategia e' sbagliata.



v. sopra



Ridurre la spesa per carburanti del 30% e' follia, considerando che il baseline 2019 era comunque bassino rispetto ai massimi del ciclo economico precedente (2012/13). Se veramente si riparte come si pensa,... E' un piano fatto per tirare a campare nella speranza di trovare un ennesimo gonzo cui rifilare 'il gioiello'.
Il problema è che anche i gonzi ormai sanno leggere i piani di AZ.
 
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kenyaprince

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Il piano Ita, una scommessa rischiosa
Puntare tutto su una riduzione dei costi del carburante, tale da ovviare a previsioni di crescita mediocri, è un rischio



Il piano Ita, una scommessa

ANSA
Il mondo dell’aviazione civile italiana continua ad essere dominato dalla risurrezione di Alitalia, questa volta col nome di ITA Airways. Sebbene mi fossi ripromesso di dedicarmi ad altre storie, la pubblicazione da parte di Report del piano industriale di ITA è un’occasione per andare nel dettaglio e per vedere cosa si propone di fare la rediviva compagnia.
Come breve sintesi, prima di procedere ad analizzare le 88 pagine della relazione che viene discussa su Aviazionecivile.it, non ho trovato molti elementi di discontinuità con Alitalia. Nascosto tra anglicismi molto in voga, infatti, c’è lo stesso piano che ha animato le precedenti incarnazioni della compagnia (CAI, SAI). E una vera e propria scommessa sul prezzo del carburante. Ma andiamo con ordine.



La relazione al Senato è una miniera di informazioni, a cominciare da due valori-chiave: RASK e CASK. Rimando a questo post per una spiegazione dettagliata, ma basti dire che RASK e CASK sono due modi per calcolare il ricavo e la spesa derivanti dal far volare un sedile per un km. A pagina 16 sono mostrati i valori – aggiustati per la differente lunghezza media di un volo – di varie major e di Alitalia. A questi ho aggiunto i valori che ITA si aspetta di ottenere quest’anno e nel 2025.
-


La chiave di lettura che vorrei dare è diversa da quella suggerita nella relazione, motivo per cui non includo – come invece fanno gli autori – le compagnie low cost. Ciò che vorrei far notare è come Alitalia, a livello di RASK (ricavi) abbia ottenuto risultati assai più bassi di quelli della concorrenza. Sui costi di Alitalia si sono sprecati fiumi di inchiostro, ma troppo poco si è detto del lato “entrate”. Per una major, teoricamente dedita al modello hub-and-spoke di cui abbiamo già parlato, un RASK a 6,1 cent è basso, troppo basso. Alitalia nel 2019 potrebbe aver ridotto i costi fino alla metà di quelli di Lufthansa e avrebbe comunque terminato l’anno in perdita.


Dal livello micro a quello macro la storia non cambia. Il grafico di cui sotto mostra l’EBIT di Alitalia dal 2009 al 2018, cui ho aggiunto i target proposti dalla relazione per il periodo 2022-2025.
-


Dopo un decennio di perdite (oltre 3 miliardi, più gli anni 2019-’20 non pervenuti), ITA propone un ritorno all’attivo nel 2023 e, nel 2025, un margine a livello di EBIT del 7%. Come?
Pagina 27 della relazione espone la futura strategia di ITA, e spero mi si perdoni un sentimento di déjà-vu. Hub a Roma, ma allo stesso tempo una base per i voli “business” su Linate e uno o due voli intercontinentali da Malpensa; anche la flotta, composta per il 24% di aerei a lungo raggio e per il resto short-haul, è un film già visto. Nel 2025 ITA porterà grossomodo lo stesso numero di passeggeri che nel 2019, con un fattore di riempimento del 74%, e l’ormai noto RASK ad attestarsi a soli 6,8 cent. Ciò malgrado pagine e pagine di piani su ancillary revenue, alleanze con partner europei, canali digitali e focus sul segmento corporate.
Possiamo speculare a oltranza sul perché ITA si ponga un obiettivo così modesto dal lato ricavi; magari è prudenza per un mercato post-pandemico che si immagina difficile, oppure la consapevolezza che questo è il massimo che ci si può attendere da una strategia da cui la compagnia non sa o non può distanziarsi. Ciò che è certo è che, per arrivare a un margine di profitto dell’8% nel 2025, occorre una corposa riduzione dei costi.
Ed eccoci quindi ai CASK, costi per sedile-km. Pagina 40 mostra un raffronto tra il 2019 e il target per il 2025 diviso nelle principali voci di costo. Come si vede dalla tabella di cui sotto, ITA prevede una riduzione a tutto tondo, a cominciare da funzioni come la gestione dei servizi di terra, la manutenzione e le spese generali dove, è innegabile, ci sono delle inefficienze. Rimane il dubbio su come ITA intenda di arrivare a questi risultati: si fa molto affidamento, soprattutto nella parte handling, a “nuove tecnologie” senza però spiegare quali sarebbero e quali investimenti serviranno per trarne gli sperati benefici.
-


Ciò che mi sorprende è vedere la spesa per il carburante dovrebbe ridursi di un terzo (a fronte di un volato simile a quello del 2019). ITA sostiene che i nuovi aerei di cui si doterebbe consentirebbero una riduzione dei consumi del 16-17% rispetto a quelli attuali; il resto del risparmio sarebbe da trovarsi in nuovi contratti di fornitura a prezzi di mercato.
Il fatto che aerei di nuova generazione siano più parchi nei consumi rispetto a modelli meno recenti è risaputo e darei per buona la previsione di un -16%; ciò che trovo difficile da sottoscrivere è la seconda parte della previsione di ITA, per un motivo molto semplice: il prezzo di mercato del petrolio è una variabile su cui nessuna compagnia aerea può influire. Come mostra il grafico di cui sotto, il prezzo del carburante può variare ampiamente a seconda del ciclo economico; in più il 2019 è stato un anno con prezzi relativamente bassi. Esistono, è vero, metodi per ridurre le spese basati sui cosiddetti contratti di hedging, ma si tratta di armi a doppio taglio, come IAG ha imparato a caro prezzo l’anno scorso.
-


Questa è la scommessa di ITA: puntare tutto su una riduzione dei costi del carburante tale da ovviare a previsioni di crescita mediocri. Una puntata alla roulette che, se non dovesse riuscire, avrebbe un impatto pesante; qualora il costo per il carburante di ITA non si discostasse dal valore del 2019, l’annunciato utile di 240 milioni si tradurrebbe in una perdita di almeno cinquanta.

 

Fewwy

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Il piano Ita, una scommessa rischiosa
Puntare tutto su una riduzione dei costi del carburante, tale da ovviare a previsioni di crescita mediocri, è un rischio



Il piano Ita, una scommessa

ANSA
Il mondo dell’aviazione civile italiana continua ad essere dominato dalla risurrezione di Alitalia, questa volta col nome di ITA Airways. Sebbene mi fossi ripromesso di dedicarmi ad altre storie, la pubblicazione da parte di Report del piano industriale di ITA è un’occasione per andare nel dettaglio e per vedere cosa si propone di fare la rediviva compagnia.
Come breve sintesi, prima di procedere ad analizzare le 88 pagine della relazione che viene discussa su Aviazionecivile.it, non ho trovato molti elementi di discontinuità con Alitalia. Nascosto tra anglicismi molto in voga, infatti, c’è lo stesso piano che ha animato le precedenti incarnazioni della compagnia (CAI, SAI). E una vera e propria scommessa sul prezzo del carburante. Ma andiamo con ordine.



La relazione al Senato è una miniera di informazioni, a cominciare da due valori-chiave: RASK e CASK. Rimando a questo post per una spiegazione dettagliata, ma basti dire che RASK e CASK sono due modi per calcolare il ricavo e la spesa derivanti dal far volare un sedile per un km. A pagina 16 sono mostrati i valori – aggiustati per la differente lunghezza media di un volo – di varie major e di Alitalia. A questi ho aggiunto i valori che ITA si aspetta di ottenere quest’anno e nel 2025.
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La chiave di lettura che vorrei dare è diversa da quella suggerita nella relazione, motivo per cui non includo – come invece fanno gli autori – le compagnie low cost. Ciò che vorrei far notare è come Alitalia, a livello di RASK (ricavi) abbia ottenuto risultati assai più bassi di quelli della concorrenza. Sui costi di Alitalia si sono sprecati fiumi di inchiostro, ma troppo poco si è detto del lato “entrate”. Per una major, teoricamente dedita al modello hub-and-spoke di cui abbiamo già parlato, un RASK a 6,1 cent è basso, troppo basso. Alitalia nel 2019 potrebbe aver ridotto i costi fino alla metà di quelli di Lufthansa e avrebbe comunque terminato l’anno in perdita.


Dal livello micro a quello macro la storia non cambia. Il grafico di cui sotto mostra l’EBIT di Alitalia dal 2009 al 2018, cui ho aggiunto i target proposti dalla relazione per il periodo 2022-2025.
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Dopo un decennio di perdite (oltre 3 miliardi, più gli anni 2019-’20 non pervenuti), ITA propone un ritorno all’attivo nel 2023 e, nel 2025, un margine a livello di EBIT del 7%. Come?
Pagina 27 della relazione espone la futura strategia di ITA, e spero mi si perdoni un sentimento di déjà-vu. Hub a Roma, ma allo stesso tempo una base per i voli “business” su Linate e uno o due voli intercontinentali da Malpensa; anche la flotta, composta per il 24% di aerei a lungo raggio e per il resto short-haul, è un film già visto. Nel 2025 ITA porterà grossomodo lo stesso numero di passeggeri che nel 2019, con un fattore di riempimento del 74%, e l’ormai noto RASK ad attestarsi a soli 6,8 cent. Ciò malgrado pagine e pagine di piani su ancillary revenue, alleanze con partner europei, canali digitali e focus sul segmento corporate.
Possiamo speculare a oltranza sul perché ITA si ponga un obiettivo così modesto dal lato ricavi; magari è prudenza per un mercato post-pandemico che si immagina difficile, oppure la consapevolezza che questo è il massimo che ci si può attendere da una strategia da cui la compagnia non sa o non può distanziarsi. Ciò che è certo è che, per arrivare a un margine di profitto dell’8% nel 2025, occorre una corposa riduzione dei costi.
Ed eccoci quindi ai CASK, costi per sedile-km. Pagina 40 mostra un raffronto tra il 2019 e il target per il 2025 diviso nelle principali voci di costo. Come si vede dalla tabella di cui sotto, ITA prevede una riduzione a tutto tondo, a cominciare da funzioni come la gestione dei servizi di terra, la manutenzione e le spese generali dove, è innegabile, ci sono delle inefficienze. Rimane il dubbio su come ITA intenda di arrivare a questi risultati: si fa molto affidamento, soprattutto nella parte handling, a “nuove tecnologie” senza però spiegare quali sarebbero e quali investimenti serviranno per trarne gli sperati benefici.
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Ciò che mi sorprende è vedere la spesa per il carburante dovrebbe ridursi di un terzo (a fronte di un volato simile a quello del 2019). ITA sostiene che i nuovi aerei di cui si doterebbe consentirebbero una riduzione dei consumi del 16-17% rispetto a quelli attuali; il resto del risparmio sarebbe da trovarsi in nuovi contratti di fornitura a prezzi di mercato.
Il fatto che aerei di nuova generazione siano più parchi nei consumi rispetto a modelli meno recenti è risaputo e darei per buona la previsione di un -16%; ciò che trovo difficile da sottoscrivere è la seconda parte della previsione di ITA, per un motivo molto semplice: il prezzo di mercato del petrolio è una variabile su cui nessuna compagnia aerea può influire. Come mostra il grafico di cui sotto, il prezzo del carburante può variare ampiamente a seconda del ciclo economico; in più il 2019 è stato un anno con prezzi relativamente bassi. Esistono, è vero, metodi per ridurre le spese basati sui cosiddetti contratti di hedging, ma si tratta di armi a doppio taglio, come IAG ha imparato a caro prezzo l’anno scorso.
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Questa è la scommessa di ITA: puntare tutto su una riduzione dei costi del carburante tale da ovviare a previsioni di crescita mediocri. Una puntata alla roulette che, se non dovesse riuscire, avrebbe un impatto pesante; qualora il costo per il carburante di ITA non si discostasse dal valore del 2019, l’annunciato utile di 240 milioni si tradurrebbe in una perdita di almeno cinquanta.

Stavo per dire "pure in ANSA ci leggono", prima di accorgermi dell'autore... 😂
 
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