6 – 24-25-26 Aprile: implementation
24 aprile, di nuovo svegli alle 4 di mattina, nuove telefonate con Londra per gli altri progetti, 1:1s, grane varie ed eventuali. Puntatina in palestra, ennesimo bagel dell’Aloft, e poi si va in aeroporto. Ieri sera e’ arrivato anche Julian, presidente per BA per tutta le Americhe, e mammasantissima in capo a questa operazione. E’ una sagoma, Julian, e passa da queste parti talmente di frequente che hanno una boccia di Sipsmith col suo nome al bancone del bar.
Comunque, arriviamo al terminal e vengo fermato da Anton e Tim. Sono due specialisti IT di American e sono due di quegli
unsung heroes che tengono in piedi l’industria. Se si vola e’ grazie a gente come Tim da Dallas e Anton, ucraino di Dearborn (MI). Mi fanno “non riusciamo ad entrare in Amadeus e FLY ha un mapping strano per le stampanti”. Guardo Nirav, gli dico “menagramo d’un menagramo” e vado a vedere.
Primo problema, il login di JFE butta un errore che ho gia’ visto prima, sul mio computer, quando non avevano sistemato per bene il mio setup. No bueno. Beh, c’e’ FLY, dico al duo di AA. “Si, mi fanno loro, ma guarda cosa succede qua”.
Accendiamo quattro postazioni, facciamo una stampa di prova a una di quelle e... escono 4 bag tag da tutte e quattro le stampanti. Arriva Chris, che conosce FLY un po’ meglio di me, e guardiamo la mappatura delle stampanti. L’indirizzo non e’ qualcosa tipo ORD/CHKIN1/123456, e’ ISP/TEST1/123456.
Bestemmie a denti stretti. Ieri era tutto fatto per bene, oggi e’ un casino. E domani si dovrebbe volare.
Chiamiamo Airport Systems a Londra, e viene fuori che hanno fatto un qualche upgrade assieme a SITA e Amadeus, ed e’ andato tutto, ovviamente, a passeggiatrici perche’ fare testing e’ per gente che non sa cosa fare. Intimiamo a chi sta dall’altro lato della cornetta che se tutto non e’ sistemato entro le 6 antimeridiane di domani gli rapiremo i bambini.
Leggermente incazzati andiamo a prenderci un caffe’ all’Hilton, e poi torniamo a T5 che c’e’ un’incombenza storica da gestire.
L’ultima partenza BA da T5. Andiamo a chiudere la lounge, che domani verra’ smantellata, e poi passiamo al gate. L’ultima partenza di BA da T5 e’ un downgauge, da 787-10 a -9, e a suggellare questo momento storico c’han mandato G-ZBKA, il primo della fila, sporco fuori e rotto dentro. Pazienza.
E’ un momento storico per ORD, e per Maureen che ha visto l’apertura di T5 ed ora e’ testimone della sua fine, almeno per noi.
Fuori passa un lindissimo 359 LH manco a ricordarci chi e’ che sa mantenere gli aerei.
Il sole tramonta, zio Tony mi scrive “sei al bar?”, ma Nirav ed io abbiamo ancora due cose due da fare. O meglio Nirav ce le ha ma io mi offro di dargli una mano. Giriamo l’intero T5 e T3 a piazzar cartelli che dicono quanto segue:
L’indomani, 25 aprile, e’ il grande giorno. Cancello tutte le chiamate con Londra, e alle 6AM Chris ed io siamo al bancone del check-in. SITA, Amadeus, Airport Systems, Satana o chi per lui hanno risolto il problema con FLY e JFE, e possiamo fare tutto.
Anche gli uffici sono pronti e, se posso dirlo, minchia se sono belli. SPEEDBIRD O’HARE, ready to roll.
Durante la notte, la CDA ha cambiato i segni. Sono pieno di ammirazione per i nostri contractor, per questi americanoni che ti dicono “it’ll be done” e, infatti, sono qua alle 6 a darci di cacciavite, di rullo, di tutto. Distanze siderali cogl’inglesi che ti dicono “mi servono due mesi per metter su le welfare facilities”, mannaggia a loro.
E cosi siamo pronti. 4 ore prima del volo, siamo pronti per il check-in.
Prima di tutto, pero’, i due turni si trovano in ufficio per il briefing. Due parole da tutti, anche io dico le mie tre cagate, foto di turno e siamo pronti ad andare.
Noi del project team lasciamo il T3 e ci fiondiamo al T5, c’e’ il momento della verita’. Live taxiing.
Il 77E arriva in perfetto orario. Il piano, visto e rivisto nei minimi dettagli, prevede che si stia a T5 meno di un’ora. In quei cinquanta minuti dobbiamo: scaricare cargo e valigie inbound, buttar fuori i passeggeri, pulire l’aereo, caricare catering e cargo outbound, chiudere la stiva anteriore in caso di cargo “constant climate”, fare fuelling, engineering checks, e andare.
American e’ il nostro gound handler below the wing e, non me ne vogliano GHAs come Dnata o Menzies, la differenza c’e’ e si vede. Hanno tutto l’equipaggiamento, il personale, la voglia di sbattersi. BA LHR ha avuto la brillantissima idea di mettere un pallet di cargo davanti alle valigie; quelli di AA tirano fuori una dolly e un trattorino, prendono quel pallet, lo spostano, scaricano le valigie e poi lo rimettono sull’elevator per caricarlo poi sui camion.
Arriva Do&Co per caricare il catering, e arrivano anche Vera e Scott, i nostri primi taxi crew. Con loro ci sono Gene e zio Tony. Ci invitano a bordo e cosi OX49, Julian, Chris ed io saliamo sul 77E per il taxi inaugurale.
L’equipaggio e’ pronto; noi veniamo messi in jumpseat, e siamo pronti a muoverci. Pushback right on time, e poco dopo sentiamo i motori accendersi.
This is it, ci diciamo sorridendo.
Il taxi e’ bravissimo, sono in Jumpseat e non vedo nulla, ma arriviamo al K19 di T3 in men che non si dica. Successo.
Il volo ha 75 connessioni inbound, e grazie al bel tempo e alla connessione facile, ce la fanno tutti. Il ground manager di AA ci comunica che tutte le valigie sono caricate; di solito la media e’ di 3-4 che non ce la fanno.
Il 77E parte, e nel frattempo arriva il secondo live taxi della giornata, il 787-9. Doveva essere un -10, ma vuoi non iniziare con un bel downgauge?
Breve storia buffa: Carl il safety assessor, dopo averci fatto un deretano a capanna per il tal cavo, il shelving unit non propriamente assicurato, manual handling, questo e quello decide di andare a ispezionare il trattore del pushback perche’, secondo lui, non ha il safety pin sul towbar. Prende, va in rampa, a momenti finisce sotto un camion del catering, e viene giustamente cazziato dal suo omologo di AA.
Nel frattempo ecco arrivare il secondo taxi.
Secondo pushback, 20 minuti di ritardo ma a causa del crew. Purtroppo con la Kennedy in rifacimento e il crew che sta in centro e’ un casino farli arrivare in orario. Unico problema per noi e’ il fuelling, la compagnia non riesce a farlo a T5. Decidiamo di usare il residuo (piu’ piccolo uplift) per il taxi e refuel per il ritorno a T3.
Finita la giornata, torniamo indietro all’ufficio. I piedi fan male, la schiena pure, le occhiaie arrivano al mento ma... e’ fatta. Il sistema funziona.
Secondo giorno, siamo ancora in zona dato che al primo giorno sono tutti attenti, e il secondo e’ quando le cose van male. Per una volta non ho chiamate in programma alle ore inutili, ma la mia intenzione di dormirmela fino alle 6 e’ annullata da un emerito imbecille da HQ che mi chiama su Teams alle 4:15 AM per chiedermi perche’ non ho ancora fatto un update del progetto su Jira e sull’altro sistema. Ricordo all’emerito imbecille che sono le 4:15 AM, abbiamo finito di lavorare alle 9:30 PM e che i rapporti li faro’ settimana prossima, quando ho tempo. Riattacco senza nemmeno sentire una risposta. Qualche ora dopo arriveranno multiple mail di scuse. E’ bello sapere che project management e’ preso sul serio, ma ogni tanto sembra che abbiamo implementato un sistema in cui sei persone guardano uno che lavora.
La giornata passa velocemente. Stavolta ci sono ritardi causa meteo e la torre ha problemi. Incoccio il capo del customer service AA che mi fa “oggi siete al K12, e’ meglio, non vi preoccupate, e’ bello bello, vicino alla lounge, servizio, cortesia, ampio parcheggio”. Gli faccio “Caro amico, che s’e’ rotto a K19?”
“Il gate sta benissimo, e’ l’aereo che e’ li che s’e’ rotto” fa lui. Un 787. AA, mi dice, sta avendo un sacco di problemi e anche le consegne sono in ritardo. Si aspettavano 16 787 quest’anno, ne arriveranno 3.
Anche questa giornata finisce velocemente, e andiamo a mangiare. Domani e’ sabato e si torna a casa.
Sia come sia, andiamo da Denny’s a far colazione/pranzo/cena, visto l’apporto calorico. UA atterra:
NCA la segue a ruota:
Arriviamo a T3 per l’ultima volta, salutiamo tutti, facciamo check-in e posiamo le borse. Tutti ci ringraziano ancora, e andiamo airside per l’ennesima volta, ma come passeggeri.
Vista in rampa, con un bel retrojet Aircal.
C’e’ traffico, va detto.
UA e National provano a darsi un bacino.
Aggenore controlla che il motore sia ancora li’.
Ecco il nostro mezzo, ancora una volta transitato in perfetto orario. Breve ritardo per il crew, ancora una volta ritardato dal traffico dell’ora di punta.
Saluti a tutti, e poi imbarchiamo. Per l’ultima volta offro il mio 1A a OX49, in cambio del suo 12K. Non per atteggiarmi a santo, che non sono, ma alla fine si merita un piccolo premio per il duro lavoro e, se devo essere del tutto onesto, 1A in F e’ troppo vicino al galley, il sedile non ha porte e io voglio solo dormire.
Vista a bordo.
Angolo dell’orrido, i miei calzini che piaceranno molto a I-DAVE. I calzini della vittoria, li chiamo io, li metto sempre alla fine di un progetto. Me ne hanno regalati alcuni di American airlines veramente urendi, non vedo l’ora di indossarli.
E via. Addio ORD.
E, poi, niente. Chiudo la porta, abbasso il sedile, cuscino, copertina e... mi sveglio a 20 minutes to landing. Il progetto e’ praticamente finito. Settimana prossima ne inizia un altro, se possibile piu’ complicato e molto meno glamorous.
That’s all bifolks!