Alitalia è commissariata. Il premier ha nominato Augusto Fantozzi commissario


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Globox

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25 Maggio 2006
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Estero
A proposito del tedesco che guadagna più dell'italiano, i piloti in Kazakistan sono pagati come in Italia o in Germania, quindi il discorso di Globox (almeno per questa categoria) non vale.
Hehe ! Sempre pronti ad evidenziare gli estremi !

Il Kazachstan ha un'economia che tende al Golfo: Money a Go-Go.
Non credi che anche li la categoria sia rappresentata in buona parte da mercenari (non/local) ?
Mi raccomando, nella prossima scheda di benhmark inseriteci pure l'unico vettore di riferimento, Air Astana, con una ventina di macchine all'attivo.
 

airbusfamilydriver

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6 Febbraio 2006
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.
Largo ai nuovi piloti e ai giovani e via a tutto quel personale che farà opposizione, ora c'è bisogno di condividere un progetto non parlare solo ed esclusivamente di diritti !!!
al netto degli esuberi alla CAI dovrebbero servire giusto circa 1300 piloti(200 attuali meno 700 esuberi)ai vogia a cercare giovani,che oltre giovani devono essere anche abilitati,e almeno la metà essere pure comandanti
 
E

etrusco75

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Sono mesi che leggo questo forum forse anni ...
e l' unica cosa che mi viene è
SPERIAMO BENE!!!!
 
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Boeing747

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5 Novembre 2005
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Repubblica di oggi esce con due articoli sulla CAI, uno "contro" di Scalfari l'altro "pro" di Giannini a colloquio con Passera:


Le sorti magnifiche della cordata tricolore
di EUGENIO SCALFARI

Ha detto Giulio Tremonti: "Il governo Prodi ci ha lasciato due disastri: l'immondizia di Napoli e l'Alitalia, oltre ad una situazione economica e finanziaria spaventosa. Il presidente Berlusconi ha risolto in 58 giorni il problema dei rifiuti e in 120 giorni ha salvato l'Alitalia. Noi abbiamo rimesso i conti a posto con la Finanziaria di luglio".

Giovedì è stato il giorno del trionfo e le celebrazioni sono continuate nei giorni successivi insieme a una pioggia di nuovi annunci sul federalismo, sulla sicurezza, sulla sanità, sulla scuola.

Ha parlato Berlusconi in tivù. Ha parlato Cicchitto. Hanno parlato Bossi, Calderoli, Maroni. Ha parlato Gelmini. Ha parlato Bombassei della Confindustria, anche lui magnificando la politica del fare rispetto a quella del dire e bruciando il suo chicco di incenso al culto berlusconiano. Qualcuno non ha mancato di indicare alla gogna i giornali "radical-chic" che si ostinano a non unirsi al coro e che comunque "non contano niente di fronte ai trionfali sondaggi di questo scorcio agostano".

Infine ha parlato anche Roberto Colaninno, presidente "in pectore" della nuova Alitalia, con un'intervista rilasciata al nostro direttore Ezio Mauro e pubblicata venerdì scorso. Un'intervista di grande interesse perché Colaninno spiega la filosofia imprenditoriale che ha indotto lui e altri quindici imprenditori italiani a impegnare oltre un miliardo di euro per salvare dal fallimento la compagnia di bandiera indipendentemente dalle opinioni politiche di ciascuno di loro.

Colaninno si è sempre proclamato di sinistra ed ha ribadito in quell'intervista la sua collocazione ma le sue opinioni politiche - ha detto - non hanno niente a che vedere con la sua visione imprenditoriale. L'Alitalia era un'occasione per mettere quella vocazione alla prova rischiando anche un po' di soldi (nel suo caso 200 milioni che non è poca cosa).

Questo ha fatto insieme ad altri suoi compagni di cordata. Chiede di esser giudicato sui risultati.

Alle domande criticamente incalzanti di Ezio Mauro ha risposto che non stava a lui di distribuire torti e responsabilità sul disastro Alitalia e neppure sui provvedimenti che il governo avrebbe preso per render possibile la nuova avventura della compagnia di bandiera. "Una cosa è certa" ha detto "l'Alitalia è fallita. Per farla rinascere bisognava liberarla dai pesi del fallimento. Ora si riparte da qui".

"Incipit nova historia".

La filosofia imprenditoriale è sempre stata questa, non è una scoperta di Colaninno e non ci stupisce. Neppure stupisce che quella filosofia si sia richiamata nel tempo con eguale vigore al libero mercato, al protezionismo, perfino all'autarchia, operando per salvaguardare il profitto d'impresa nelle condizioni storicamente date.

Il profitto (l'ho scritto più volte) è la sola variabile indipendente che l'impresa prende in considerazione ed è la sua unica modalità. In un sistema capitalistico le cose stanno così. La democrazia, cioè la sovranità popolare, può correggere questa filosofia capitalistica introducendovi dosi più o meno forti di socialità, di pari opportunità, di visione generale del bene comune.

Non è accettabile invece che la legittima vocazione imprenditoriale al profitto sia fatta passare per dedizione alla salvezza del Paese e alle sue "magnifiche sorti e progressive". Colaninno nella suddetta intervista ha battuto ripetutamente su questo tasto senza forse rendersi conto che, se si rivendica anche un ruolo di salvatori della patria ci si espone inevitabilmente all'esame delle "condizioni date" entro le quali l'operazione specifica avviene, chi ci guadagnerà e chi ne pagherà il conto.

Se ci si veste da salvatori bisogna rispondere alle critiche e non liberarsene con la frase "che altro può fare un imprenditore?".

L'imprenditore può fare tante cose tra le quali anche astenersi dal partecipare ad operazioni che hanno un contenuto eminentemente politico assai più che di vantaggio economico per la collettività.

L'imprenditore non è necessariamente un maniaco del fare. Se vuole anche la patente di salvatore, allora si rassegni ad ascoltare qualche opinione difforme dalla sua.

* * *

Francesco Giavazzi ha scritto sul Corriere della Sera di mercoledì un articolo sull'Alitalia nello stesso giorno in cui anch'io mi cimentavo con quell'argomento. La coincidenza e l'ispirazione sostanzialmente comune mi ha fatto piacere se non altro perché sarebbe difficile accusare Giavazzi, come pure Deaglio e Boeri, di bolscevismo e di radicalismo scicchettone.

Su un punto tuttavia le mie opinioni non coincidono con quelle di Giavazzi. Egli teme che la cordata di Colaninno si sia imbarcata in un'iniziativa troppo rischiosa. Io penso invece, come Deaglio e Boeri, che quei sedici "capitani coraggiosi" abbiano giocato sul velluto avendo ricevuto la staffetta nelle migliori delle condizioni possibili da un governo che sarà comunque (e forse per alcuni di loro è già stato) concretamente riconoscente.

Basta scorrere il decreto legge uscito dal Consiglio dei ministri di giovedì: divisione della vecchia Alitalia in due società, una "cattiva" con tutte le passività in testa allo Stato, l'altra libera come un uccello in volo e affidata ai privati; sospesi i poteri dell'Antitrust per sei mesi al fine di render possibile la concentrazione Alitalia-AirOne e instaurare il monopolio della tratta Linate-Fiumicino; salvaguardare la nuova Alitalia da ogni rivalsa dei creditori e dei dipendenti; consentirle di acquistare da una società fallita tutta la polpa (aerei, slot, diritti di volo, personale dipendente necessario); aprire un negoziato con i sindacati per portarli, già domati, a stipulare contratti nuovi col nuovo vettore.

Un caso tipico di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, che sarà probabilmente esteso anche ad Air France o a Lufthansa se entreranno per una quota nell'Alitalia nascente.

Chi voglia confrontare l'accordo offerto dai francesi nel marzo scorso vedrà che le differenze sono macroscopiche. Allora non si parlava né di fallimento né di legge Marzano né di divisione in due società, ma dell'acquisto di Alitalia in blocco con i suoi debiti, i suoi dipendenti, la sua flotta. I francesi avrebbero anche pagato allo Stato un prezzo per le azioni e lanciato un'Opa per gli azionisti di minoranza. Avrebbero stanziato 2,600 miliardi per il primo rilancio e incluso Alitalia nel "network" Air France-Klm.

Berlusconi (ma anche Colaninno) hanno definito quell'operazione una svendita. Ma l'operazione attuale come si può definire? Tutti gli oneri allo Stato, tutta la polpa ai privati, Air France compresa se entrerà come azionista. Io direi che un'operazione così si definisce politica di immagine e imbroglio economico.

Sergio Romano, sul Corriere della Sera di ieri ha scritto che l'opposizione dovrebbe collaborare. Non riesco a capire per molti ed egregi opinionisti il ruolo dell'opposizione. Deve collaborare sulla sicurezza, sul federalismo, sulla giustizia, sulla legge elettorale, sulle riforme costituzionali, sulla scuola, sulla sanità. Ed anche su questo pasticcio dell'Alitalia.

Quello che non capisco è dove si può fare opposizione. Sulle fontanelle di quartiere, sindaci di destra permettendolo? Sarebbe interessante saperlo. In realtà si vorrebbe un'opposizione al guinzaglio, un'opposizione addomesticata. Non mi pare sia questo il suo ruolo in una democrazia liberal-democratica. Gli Usa insegnano.

* * *

Forse la parola imbroglio può sembrare eccessiva. Vediamo dunque da vicino alcuni lineamenti dell'operazione.

1. Gli esuberi previsti vanno da un minimo di cinquemila ad un massimo di settemila. Il ministro del "welfare", Sacconi (e prima di lui Berlusconi e Tremonti) assicura che nessun dipendente sarà lasciato per strada. Esistono infatti da quarant'anni alcuni ammortizzatori sociali, la cassa integrazione a zero ore e la mobilità permanente, per un totale di sette anni. Sacconi non inventa nulla che già non vi sia. Ma la cassa integrazione ha un suo plafond e non può estendersi all'infinito. Se si va oltre il limite bisognerà rifinanziarla o inventare nuovi ammortizzatori e nuovi finanziamenti. La questione va considerata con attenzione in tempi di crescita zero del Pil e di incombente disoccupazione.

2. Il governo prevede incentivi e detassazioni per le imprese private che assumano i licenziandi Alitalia. È evidente (Fassino l'ha ricordato ieri) che non si può limitare un provvedimento così anomalo al solo caso dell'Alitalia. Non si possono fare leggi speciali che valgano per un solo soggetto e non per altri. Perciò, se un provvedimento del genere sarà preso, bisognerà estenderlo a tutti gli esuberi che si verificheranno in futuro. Quanto costa una copertura di queste dimensioni?

3. Il governo prevede anche che i piccoli azionisti Alitalia siano indennizzati. Come e in che misura? Attingendo al fondo di garanzia creato per indennizzare i risparmiatori truffati dall'emissione di "bond" fasulli, tipo Parmalat, Cirio, "bond" argentini. Credo che quel fondo sia insufficiente a indennizzare gli azionisti Alitalia. Comunque la fattispecie è completamente diversa. Ma anche qui: se si adotta una strategia di questo genere bisognerà poi estenderla a tutti i piccoli azionisti travolti da crisi societarie. Lo Stato è in grado di assumersi una responsabilità di queste dimensioni? Intervenendo in questo modo mai visto prima sulla Borsa italiana? A me sembra una favola. Anzi l'ennesimo imbroglio.

4. È stato stabilito che gli azionisti della cordata Colaninno non potranno vendere le loro azioni nei prossimi cinque anni, passati i quali saranno liberi di fare quello che più gli sembrerà opportuno. Vedi caso: la scadenza è nel 2013 e coincide con la fine della legislatura. È molto probabile che il grosso dei soci della cordata, che niente hanno a che vedere col trasporto aereo, escano dalla società. Tanto più che avranno come consocio un vettore aereo internazionale, Air France o Lufthansa che sia. In questa vicenda il socio internazionale è destinato ad avere la stessa posizione della spagnola Telefonica in Telecom. È il solo che ne capisce ed è il solo che alla lunga resterà al timone. Ho già scritto che tutta questa vicenda mi ricorda il gioco dell'oca, quando si torna indietro alla casella di partenza. Alla fine avremo una compagnia guidata da un vettore internazionale perché non c'è più spazio in Europa e nel mondo per vettori locali nel mercato globale. La sola differenza sarà che il vettore internazionale avrà speso molto meno di quanto sarebbe avvenuto cinque anni prima.

Questa sì, sarà una svendita preceduta da un imbroglio. Le perdite allo Stato (cioè a tutti noi) i profitti ai privati, nazionali e stranieri. Un imbroglio che camuffa una svendita. La Frankfurter Allgemeine ha scritto ieri: "Un'operazione insolente contro il mercato e contro l'Europa". Ambasciatore Romano, l'opposizione deve collaborare?

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Mediobanca e British Airways, il pressing di Passera non si ferma
Nelle parole del banchiere la critica alle incertezze del governo Prodi e ai veti dei sindacati. I complimenti di Spinetta sul dossier dell'advisor: "Avete fatto un lavoro eccellente"
di MASSIMO GIANNINI


"Il piano è solido e serio. Dietro c'è una vera strategia-Paese, non un banale interesse di bottega. Per questo non accetto che si dica che è un imbroglio, o un favore fatto a Berlusconi. Semmai è un favore fatto all'Italia, alla sua industria, al suo futuro". Corrado Passera si gode in relativa pace, tra Roma e il mare di Sabaudia, il primo weekend da "salvatore" dell'Alitalia. Se nel disastro della compagnia aerea il Cavaliere è il sedicente vincitore della partita politica, l'amministratore delegato di Intesa-San Paolo è l'evidente vincitore della partita economica.

I tanti, autorevoli interlocutori che in queste ore hanno avuto occasione di parlargli, non possono non cogliere la legittima soddisfazione di chi sente di aver portato a termine una "missione impossibile". Ma Passera è anche il primo a sapere che siamo solo all'inizio di un percorso lungo e difficile. Per poter considerare davvero risolto il caso Alitalia "le prossime due settimane saranno decisive", continua a ripetere. C'è da definire il "pacchetto di mischia" dei player che guideranno la "best company". C'è da decidere il partner estero che dovrà pilotarla in un circuito globale. C'è da convincere il sindacato ad accettare la gestione degli esuberi e la definizione degli asset in perdita da "rottamare" nella "bad company". Ecco perché il Ceo di Intesa non si stacca un minuto dal telefono. Chiamate continue. Con il suo braccio operativo Miccicché, "che sta facendo un lavoro straordinario". Con il ministro del Welfare Sacconi, "che finora si è mosso in modo impeccabile". Con il commissario Fantozzi. Con le banche d'affari, "che dovrebbero entrare a breve nel capitale" della newco. Con i vertici delle grandi compagnie europee, tra le quali "nei prossimi giorni sarà scelto l'alleato".

Passera ci crede. Ha una fiducia enorme nel progetto. Non è un caso che venerdì scorso, nel bagno di folla del meeting di Cl a Rimini, ai tanti amici che gli andavano a stringere la mano per complimentarsi per Alitalia continuava a ripetere: "La tiriamo fuori, è sicuro. Abbiamo il piano, abbiamo gli uomini, abbiamo gli alleati, abbiamo i soldi. E stata ed è ancora una fatica pazzesca, ma stavolta la tiriamo fuori sul serio". Forse è proprio per questa fiducia, proprio per la passione e l'impegno personale che ci ha buttato dentro, che il super-banchiere oggi si irrita di fronte alle obiezioni sollevate da giornali e centrosinistra.

"Chi dice che abbiamo fatto un favore a Berlusconi o è in malafede, o non ha capito niente. Da oltre un anno avevamo avanzato un progetto di salvataggio per Alitalia. Il governo di centrosinistra aveva fatto scelte diverse, che per tante ragioni non sono andate a buon fine, E ora che siamo stati richiamati per studiare un'alternativa, cosa dovevamo fare? Chiamarci fuori perché al governo c'è Berlusconi? Buttare a mare la compagnia di bandiera per fare un danno al premier? Siamo seri: non è questo lo spirito con cui lavoriamo, non è questo lo spirito con cui dovrebbero agire tutti quelli che hanno a cuore le sorti di questo Paese". Passera non è mai stato un berlusconiano, in senso politico. Nel chiacchierare con i suoi amici, non ha mai risparmiato critiche al Cavaliere. Ma nel raccontare ai suoi manager le tappe della vicenda Alitalia, non gli ha mai risparmiato neanche gli elogi. Lo ha incontrato due volte, insieme a Giulio Tremonti, e in entrambe le occasioni il premier lo ha trovato "correttissimo".

"Sappiamo che non siete una banca a noi vicina - gli ha detto il Cavaliere - ma vogliamo salvare Alitalia e la sua italianità, e per questo abbiamo piena fiducia in voi". Così è andata. Oggi Passera lo rivendica con orgoglio, a chi lo chiama a Sabaudia. "C'è una grande sfida da cogliere. C'è una grande azienda-Paese che non ce la fa ad andare avanti, e che sta morendo. Ma al suo interno ha grandi risorse, grandi potenzialità. E' giusto provarci, e noi lo facciamo, con un piano vero, con un passaggio trasparente attraverso le procedure concorsuali, con una strategia di risanamento e di rilancio molto chiara. Cosa volete che ci importi della politica? E lasciamo pure stare i Benetton o i Ligresti, ma cosa volete che gli importi della politica ai Riva, agli Aponte, ai Fratini, che in questa scommessa ci investono tra i 50 e i 100 milioni di euro? Dov'è la "pistola puntata alla tempia" di cui si parla in giro?".

Su questo, il super-banchiere e il Pd sembrano parlare davvero due lingue diverse. Passera, secondo i racconti di chi gli ha parlato, è anche convinto di un'altra verità: non è stato Berlusconi a far saltare l'operazione con Air France. Il Cavaliere l'ha avversata in campagna elettorale, su questo non c'è dubbio. Ma ai vertici della compagnia francese, a un certo punto, ha anche mandato un messaggio chiaro: se chiudete l'affare prima del voto, e noi vinciamo le elezioni il 13 aprile, state pure tranquilli perché non torniamo indietro, e per noi l'operazione si fa comunque. Dunque la responsabilità vera di quel mancato accordo è stata di altri. I veti del sindacato, e le incertezze del governo Prodi. Tutto il resto è venuto di conseguenza. E su questo "resto" Passera ci mette fino in fondo la faccia, incurante delle strumentalizzazioni: "L'operazione che abbiamo costruito ci permette di salvare un grande asset del Paese, di rimettere in conti in ordine, di ampliare la copertura del mercato domestico e intercontinentale, di rinnovare completamente la flotta. Era ed è nostro dovere lanciarci in questa avventura: il caso Fiat ha dimostrato che, per quanto in crisi, un grande marchio italiano, una grande azienda del Paese può rinascere, se c'è dietro un grande progetto".

Il "Piano Fenice", secondo Passera, è questo progetto. E adesso può e deve spiccare il volo. Nonostante tutte le critiche, lo considera "il migliore possibile". E a chi in queste ore gli obietta che il piano Air France era molto più conveniente risponde a muso duro: "Chi fa questi ragionamenti dice una bugia e non tiene conto di una realtà oggettiva: il piano Air France è nato con un petrolio a 80 dollari al barile, il nostro con un petrolio a 115 dollari al barile. E nonostante questo, il nostro piano resta migliore, da tutti i punti di vista". La prova starebbe in un retroscena, raccontato da fonti vicine all'advisor: la telefonata con la quale Jean-Cyril Spinetta ha informato Passera della sua decisione di riaprire il dossier Alitalia per un eventuale ingresso nella newco con una quota di minoranza, culminata con un "complimenti, avete fatto un lavoro davvero eccellente". Ma qui si entra nel campo delle incognite, ancora da definire.

La prima, appunto, è quella del partner. Il Ceo di Intesa-Sanpaolo sta lavorando, la squadra guidata da Miccicché fa la spola tra Milano, Parigi, Francoforte e anche Londra. Perché questa è la novità delle ultime ore: oltre ad Air France e Lufthansa, ci sarebbe anche un'apertura da parte di British Airways.

Questione di giorni, e il nodo verrà sciolto. Passera non lo dice, neanche ai suoi: nonostante un lieve vantaggio di Air France, già rodata con l'accordo SkyTeam (la cui rescissione costerebbe comunque 130 milioni di penale), non si può escludere nessuna delle altre piste. Né quella tedesca, con l'ingresso nel network di Star Alliance, né quella inglese, ora ampliata anche dall'integrazione con Iberia. Ma una cosa è chiara, e Passera ci tiene a ribadirlo ai suoi interlocutori: "L'accordo è per una quota di minoranza, perché Alitalia resta italiana". E non è pensabile neanche un patto a termine, più o meno segreto: si entra oggi con il 5 o il 10%, e tra due o tre anni il partner rileva le quote dei soci italiani e si mangia l'Alitalia. Su questo il vertice di Intesa - Sanpaolo è inequivoco: "Per i soci italiani c'è un vincolo di cinque anni. Scaduto il quale, non sono previsti diritti di prelazione, per nessuno".

E questa è però la seconda incognita. Non è ancora chiaro il modello di governance della nuova Compagnia Aerea Italiana. E anche su questo Passera è ancora al lavoro, Ci dovranno essere quattro o cinque soci maggiori, che investiranno ciascuno 150 milioni di euro. Tra questi ci sarà ovviamente Intesa-Sanpaolo, Benetton e Colaninno. Ma non è previsto patto di sindacato. E dunque, per rendere più stabile questo "nocciolino duro", altrimenti troppo debole, il super-banchiere sta trattando per far entrare in pista almeno due grandi investitori istituzionali, considerati ormai praticamente certi: Mediobanca e Morgan Stanley. I telefoni tra Roma e Milano, in questo week-end, sono roventi: nel giro dei prossimi tre-quattro giorni Piazzetta Cuccia dovrebbe sciogliere positivamente la sua riserva. Molto dipende anche dalla scelta del partner estero, e dalla "qualità" del suo coinvolgimento, che a Mediobanca viene considerata decisiva per poter valutare le reali prospettive di ripresa internazionale della compagnia.

Infine c'è la terza incognita, forse la più delicata. La questione degli esuberi, che è stata ed è oggetto di una critica feroce, anche di chi considera intollerabile, in una logica di mercato, il trasferimento coatto dei 6mila dipendenti Alitalia alle Poste o a qualche altra società pubblica, ancorché di diritto privato. Su questo punto, nei suoi colloqui con Sacconi, Passera è stato chiaro: "Non so chi mette in giro queste sciocchezze, ma la gestione degli esuberi avverrà come da prassi, e secondo le leggi vigenti in materia: quindi cassa integrazione e mobilità. Nient'altro. Se poi nel frattempo si profilassero altre opportunità di reinserimento, anche in questo caso attraverso l'attivazione delle normative già in vigore sulla riqualificazione e il reimpiego dei lavoratori svantaggiati, allora tanto meglio. Ma non c'è e non ci sarà alcuna forma di assistenzialismo".

Ma convincere Cgil-Cisl-Uil, più le rappresentanze dei piloti e le altre sigle del trasporto aereo, sarà una fatica immane. Passera, come gesto di distensione e segno di attenzione, ha definito subito il via libera dei sindacati "pregiudiziale" ai fini della riuscita del Piano Fenice. Ora, a mente fredda, fa un ragionamento più realistico: "Parlerò con i sindacati, ci parlerà il governo, ci parlerà il commissario. Ma stavolta devono capire una cosa semplice: preferiscono gestire lo smaltimento di 6 mila esuberi oggi, oppure trovarsene 20 mila tra un mese? Perché stavolta, davvero, non c'è un'altra strada".
 

AJ

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31 Agosto 2007
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Scalfari non ricorda che la trattativa con AF si è bloccata per mancato accordo con i sindacati. Se si avesse voluto la trattativa si sarebbe conclusa. Rebus sic stantibus, o si chiudeva la baracca col fallimento, o si tentava questa strada. Ma non mi aspetto che Scalfari la approvi, del resto non potrebbe farlo. Fosse per lui, pagherebbe Colaninno per andarsene..ahah
 

pamico

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26 Dicembre 2007
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.
Cambierà non cambierà?

Vorrei aprire una discussione, dopo la porcata che ci è stata propinata dai politici con la truffa Alitalia.
1) Ma che porcate sono prendere la parte buona e svenderla ai soliti 'capitani d'industria' legati a doppio filo con i politici.
2) Cosa avranno in cambio dai politici questi signori (affari miliardari con l'Expo 2015?, isomma ricatto del tipo "o entri in alitalia o non ricevi alcun appalto")
3) Perchè addossare sui contribuenti la parte marcia e dare il buono ai privati?
4) l'imprenditoria italiana e la politica dei liberisti della domenica sembra allergica alla concorrenza. Infatti uan delle condizioni per l'operazione 'pulcinella fenice' è la non intromissione dell'antitrust negli affari della newco, che fondendosi con Airone avrebbe una posizione di assoluta dominanza.

A me sembra che questa sia l'ultima mopssa dei politica per far arricchire i soliti noti, già ricchi, alle spalle di noi cittadini contribuenti italiani.

VERGOGNA
 

AJ

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31 Agosto 2007
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E pensa che Berlusconi ha pagato anche me e metà del forum per essere d'accordo con Alipassera... ahahahaha
 
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Boeing747

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5 Novembre 2005
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Chi voglia confrontare l'accordo offerto dai francesi nel marzo scorso vedrà che le differenze sono macroscopiche. Allora non si parlava né di fallimento né di legge Marzano né di divisione in due società, ma dell'acquisto di Alitalia in blocco con i suoi debiti, i suoi dipendenti, la sua flotta. I francesi avrebbero anche pagato allo Stato un prezzo per le azioni e lanciato un'Opa per gli azionisti di minoranza. Avrebbero stanziato 2,600 miliardi per il primo rilancio e incluso Alitalia nel "network" Air France-Klm.
A suo tempo ero favorevole all'offerta di AF, perché pur ridimensionandola pesantemente toglieva subito AZ dall'incertezza. Ancora oggi il piano di Intesa, chiaramente più ambizioso e per questo forse preferibile, ha a suo confronto la pecca di tenere le sorti della CAI in sospeso fino a fine 2011, cioé alla prevista (e niente affatto scontata!) svolta del bilancio.

Non essendo pregiudizialmente ostile all'offerta francese, dico che Scalfari se la ricorda male. E' vero che AF non sarebbe ricorsa a prestito ponte, commissariamento e bad company, è vero che lo Stato e gli altri azionisti avrebbero beneficiato di un'ops e gli obbligazionisti di un'opa. Non è vero che AF si sarebbe sobbarcata tutti i dipendenti (l'idea era di scaricarne un bel po' su Fintecna, creando di fatto una bad company), né che avrebbe mantenuto la flotta (era previsto un taglio immediato di M11, M80 e regional), né che avrebbe investito (AF avrebbe messo da subito 1 miliardo esattamente come Intesa, gli investimenti erano previsti solo dopo il 2010 con gli M80 in flotta fino al 2020). Non parliamo poi del raffronto sul sistema aeroportuale milanese, che Scalfari tralascia pur essendo il primo polo nazionale: LIN pompato al massimo e stretta sui bilaterali, contro ritorno al Burlando e riposizionamento dei lungo raggio a MXP.

Qui si può rileggere il prospetto integrale dell'offerta di AF: http://corporate.alitalia.it/it/Images/pr_16_03_2008_tcm6-26794.pdf
 
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francesco1974

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TORINO.
fare biglietti con cai

dovendo fare dei biglietti per ottobre con chi conviene farli ? con air one ? con alitalia ?
Poi se si dovessero essere problemi chi bisogna contattare ?
 

md83

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io dico che con BA sarebbe molto più interessante che con AF e LH per il semplice fatto che ci si ripartirebbe i mercati, con IB per america centrale e meridionale, BA verso il nord america e AZ appunto con asia e medio oriente...Ovviamente parlo del grosso del network per ognuno..
secondo me sarebbero compagnie perfettamente integrate l'una con l'altra,
star alliance mi sembra un pò troppo affollata ultimamente..
mentre in OW si è vero le compagnie sono di meno, però ognuna ha un suo mercato, voglio dire c'è una compagnia di riferimento in america latina (LAN), una in usa AA, e così via...
 
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AJ

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Milano, Lombardia.
Le due società opereranno in modo distinto nel breve termine.
Certo, per entrambe potrebbero esserci spettri di lotte sindacali per i rispettivi piani industriali. Ma essendo coinvolte entrambe nell'integrazione, non ce n'è una più sicura di un'altra, al mio modo di vedere.
 

bourne

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Leno (BS)
Per quale ragione dovrei fare un biglietto con quelli li? E dargli altri soldi dopo quelli che mi toccherà buttare per la bad company? Da me non vedranno un centesimo.
 

AJ

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31 Agosto 2007
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Milano, Lombardia.
Alle condizioni "passivo zero e solo attività buone" potrei guidarla anche io Alitalia.
Loro dovranno scegliere le cose che funzionano, riorganizzarle, razionalizzare le risorse, scontrarsi con i sindacati. L'unica cosa che avranno condonata, e non è poca, d'accordo, sono i debiti di 20 anni di malgoverno della compagnia. Ma il reddito dipenderà da loro. Non è vero che il passivo sarà zero perchè prevedono un utile solo dopo 2 anni. Se ci riuscissi tu, ti farei i complimenti, credimi.
 

bourne

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Leno (BS)
Ti ricordo che quei signori non si dedicheranno anima e corpo ad AZ perché tutti hanno le loro aziende da seguire.
 

jbcolory

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27 Gennaio 2008
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.
Ti ricordo che quei signori non si dedicheranno anima e corpo ad AZ perché tutti hanno le loro aziende da seguire.
...infatti quoto, e aggiungo che se questa situazione e' il risultato di anni di incapacita' e volonta' di accomodare e sperperare era giusto forse chiuderla definitivamente prima di quella porcheria del prestito ponte, che ne dici bourne?
 
Stato
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