I tecnici e i legali dell´istituto di credito al lavoro sul progetto di salvataggio
Ecco il piano di Banca Intesa esuberi oltre quota quattromila
L´advisor: quadro compromesso, il recupero non è scontato
Prevista una Newco con Air One e l´uscita totale dello Stato dal capitale
Possibile lo scorporo di attività. Poi caccia a un partner internazionale
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
ETTORE LIVINI
«Il quadro finanziario interno di Alitalia è compromesso - confessano fonti vicine all´advisor impegnato a tempo pieno sul dossier - ma ora in sovrappiù si è aggiunto l´effetto del caro greggio, una bufera devastante per i concorrenti e che minaccia di trasformarsi nel colpo di grazia per la Magliana». Il rischio a questo punto è che nemmeno "Sant´Intesa" (copyright del ministro Claudio Scajola) riesca a fare il miracolo.
I segnali in effetti sono preoccupanti. La banca - cui Giulio Tremonti ha dato tempo fino a metà agosto per presentare un piano - aveva promesso di mettere a punto una fotografia dello stato di salute del gruppo da presentare prima dell´assemblea. Ma l´assemblea è passata e i risultati di questa due diligence (se già ci sono) restano riservati. «In questo momento non siamo ancora in grado di dire con precisione quanti soldi servono - spiegano le fonti vicine all´advisor - . Prima dobbiamo finire di dare gli ultimi ritocchi al progetto industriale. Che dovrà essere un piano concreto in grado di reggere nel tempo».
Lo schema è sempre il solito, in due fasi. Prima la nascita di una newco in cui far confluire un´Alitalia fortemente ridimensionata assieme ad Air One («escludiamo un coinvolgimento di Meridiana»), in contemporanea ad una ricapitalizzazione che apra il capitale a soci industriali e finanziari. Poi, in un secondo tempo, la ricerca del partner internazionale. «Una cosa è certa - spiegano ancora le fonti - . Nell´ambito della nostra soluzione Stato e Tesoro dovrebbero uscire dalla compagnia». Niente Fintecna, Eni o Finmeccanica, insomma, nemmeno forse per le attività eventualmente da scorporare.
Disegnato lo schema, però, restano i problemi da risolvere. Il primo, non secondario, è trovare i soldi. Banca Intesa, davanti a un piano concreto, potrebbe mettere mano al portafoglio. Ma tra i privati negli ultimi giorni è aumentato lo scetticismo. Roberto Colaninno, candidato a un ruolo da regista nell´operazione, non pare disposto a scommettere un euro senza la presenza già da subito di un grande partner estero. Qualche quattrino potrebbero metterlo Ligresti, Gavio e Benetton (questi ultimi reduci da un favorevolissimo rinnovo delle concessioni autostradali da parte del Governo Berlusconi), Riva e i Fossati. Ma si tratterebbe di spiccioli rispetto alle esigenze di Alitalia.
Altro nodo sono gli esuberi. «Quattromila tagli? Visto come stanno le cose, rischia di essere una stima troppo prudenziale», dicono i tecnici di Banca Intesa. E per il sindacato sarebbe difficile far digerire ai suoi iscritti una cura lacrime e sangue di questo genere dopo aver detto no a un piano Air France che di esuberi ne prevedeva poco più della metà. I legali al lavoro su Alitalia ritengono quasi impraticabile anche il ricorso alla Legge Marzano: i creditori esteri, dicono, potrebbero pignorare gli aerei non appena posassero le ruote a terra oltreconfine. Tanto che negli ultimi giorni si sarebbero moltiplicati i contatti con il governo per studiare uno strumento legislativo ad hoc, una specie di salvagente d´emergenza che consenta di commissariare Alitalia senza metterne a rischio l´operatività.
Quanto tempo resta per trovare una soluzione? Non molto. Certo, i contribuenti italiani - sfumata Air France - hanno versato altri 300 milioni nelle casse della Magliana. E, in teoria, l´estate è l´unico periodo in cui la compagnia non mangierebbe soldi al ritmo di 2 milioni al giorno. Ma quest´anno le cose non vanno così: la crisi di credibilità ha penalizzato nei mesi scorsi le prenotazioni (calate circa del 20%) mentre il caro greggio sta facendo esplodere la bolletta del carburante. La spia della riserva finanziaria rischia così di riaccendersi molto prima del previsto. Non a caso in queste ore anche Banca Intesa avrebbe aumentato il suo pressing sull´esecutivo. Da una parte per ottenere un intervento in grado di rendere praticabile l´eventuale commissariamento, dall´altra per sondare a livello politico Parigi, Berlino e Mosca e accelerare i tempi della necessaria alleanza internazionale.
La patata bollente rischia così alla fine di tornare sul tavolo di Tremonti, che tra l´altro era stato uno dei pochissimi esponenti del centrodestra a fare qualche timida apertura ad Air France prima che Silvio Berlusconi iniziasse a cavalcare lo spot elettorale della cordata italiana. La Ue, che sul prestito ponte da 300 milioni ha già dato un bell´assist al Governo evitando di chiederne la restituzione immediata, non sembra disposta a garantire ulteriori sconti. Il puzzle Alitalia, insomma, è sempre più complesso. E qualcuno, alla Magliana ma non solo, ha iniziato a rimpiangere (purtroppo fuori tempo massimo) Jean Cyril Spinetta.
Alitalia, lotta contro il tempo "Siamo all´ultima chance"
Il presidente Police: basta tatticismi, privilegi e giochi di potere
Approvato il bilancio 2007, in rosso per 495 milioni, e fatte le nuove nomine
ADRIANO BONAFEDE
ROMA - «Siamo all´ultima chance, che la società non può assolutamente correre il rischio di perdere». I toni usati ieri dal presidente Aristide Police a margine dell´assemblea dell´Alitalia erano gravi. «Tra qualche giorno sapremo se l´advisor Intesa Sanpaolo potrà prospettare un´idonea strategia per il risanamento e lo sviluppo».
Con questa profonda incertezza sul proprio destino, destinata a sciogliersi definitivamente soltanto nei prossimi giorni, l´assemblea Alitalia si è svolta normalmente e ha fatto quello che doveva fare, come qualsiasi società per azioni quotata al suo appuntamento annuale: ha approvato il bilancio del 2007, che si è chiuso con una perdita consolidata di 495 milioni di euro; ha provveduto a sostituire due membri del consiglio d´amministrazione rinnovando anche il collegio sindacale; infine ha nominato un nuovo revisore contabile per gli anni 2008-2016.
I due nuovi membri del consiglio d´amministrazione sono stati proposti dall´azionista di maggioranza, ovvero dal Tesoro, e sono Nunzio Guglielmino e Tommaso Vincenzo Milanese, che subentrano a Maurizio Prato e a Giovanni Sabatini. Per quanto riguarda il collegio sindacale, sono stati nominati sindaci effettivi Enrico Laghi (presidente), Diego Maria Berruti, Marcellino Bartolomiol, Nicandro Mancini, Pompeo Cosimo Pepe, sindaci supplenti Pietro Floriddia e Gianfranco Tanzi. Il nuovo revisore contabile sarà invece Kpmg: la sua offerta è stata giudicata dall´assemblea la migliore rispetto a quelle ricevute.
A margine dell´assemblea, il presidente Police ha ripreso il tema incombente del piano di salvataggio di Alitalia, e ha avvertito che per il rilancio «occorrerà percorrere celermente strade nuove, di vera e propria rottura con il passato, abbandonando rapidamente tutto ciò che c´è di insostenibile e di inadeguato, in uno scenario macroeconomico ancora più critico per via della sempre più inarrestabile crescita del costo del carburante». In questo contesto, Police ha comunque assicurato a nome del consiglio d´amministrazione una particolare attenzione agli eventuali esuberi che quasi sicuramente emergeranno dal piano di risanamento: «Sarà garantita un´attenta considerazione a tutti i risvolti di ordine sociale, ma - ha avvertito il presidente - sarà richiesto a tutti il massimo impegno a concorrere a questo ambizioso traguardo e non ci sarà più spazio per tatticismi, giochi di potere, ingiustificati privilegi».
Police ha anche voluto ribadire che al momento non è ancora individuata la way out per il salvataggio di Alitalia: «Intesa Sanpaolo lavora da due settimane e ha promesso un riscontro molto a breve. Si tratta di elaborare un piano industriale in un contesto difficile di questo tipo. L´advisor ha avuto l´incarico per 60 giorni. Entro luglio si è impegnato a darci indicazioni più che concrete».
Ieri Fabio Berti, presidente dell´Anpac (piloti), ha affermato di credere in una soluzione positiva: «L´Italia non può permettersi di non avere una propria compagnia di bandiera. Ce l´hanno la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Per il bene del paese dobbiamo continuare ad averla anche noi».
LA MISSIONE IMPOSSIBILE
MASSIMO RIVA
Per Alitalia occorre imboccare una strada nuova che segni «una rottura con il passato ma in un contesto di continuità aziendale». Con queste parole l´attuale presidente della società ha cercato forse di rassicurare i più esasperati fra i creditori.
Creditori messi in allarme dalle voci secondo cui dal cilindro del governo Berlusconi potrebbe sortire una trovata micidiale per tutti coloro che attendono pagamenti arretrati da parte della compagnia. Vale a dire la spaccatura del gruppo in due tronconi: da una parte, una nuova società alleggerita sia del personale in esubero sia dei maggiori oneri finanziari e, dall´altra parte, una cosiddetta «bad company», cattiva compagnia nella quale concentrare la gran massa dei debiti per poterli poi gestire secondo procedure fallimentari o parafallimentari.
Da esperto avvocato evidentemente il malcapitato Aristide Police è ben consapevole che il destino prossimo di Alitalia è ancora appeso a molti fili, ma ce n´è uno in particolare che, una volta tagliato, porterebbe all´immediata dichiarazione d´insolvenza della società. E questo filo è nelle mani di ciascuno dei tanti creditori: basta che uno solo di costoro vada in un qualunque tribunale a chiedere il saldo del dovuto perché, come s´usa dire, la frittata sia fatta. Se ciò non è ancora accaduto lo si deve soltanto al fatto che sulla vicenda il governo ha preso pubblico e reiterato impegno con il mercato.
Che le parole dell´avvocato Police raggiungano lo scopo voluto di rassicurazione è, però, tutto da vedere. La rottura col passato in un contesto di continuità aziendale non è soltanto un ossimoro lessicale che sfida perfino le rinomate convergenze parallele di Aldo Moro. Anche in termini di logica economica elementare si tratta di un proposito semplicemente impraticabile perché postula che la nuova gestione e proprietà dell´azienda si dia carico, oltre che delle perdite correnti, di tutti gli oneri finanziari pregressi.
Quindi, che sia in grado di mobilitare ben più del miliardo e mezzo di euro di cui si parla: cifra quest´ultima che già sembra costituire un ostacolo insormontabile anche per quegli investitori privati che pure possono avere non poche ragioni per ingraziarsi (in qualche caso già ringraziare ex-post) la benevolenza del governo Berlusconi.
Fra pochi giorni il vertice di Intesa Sanpaolo - la banca scelta come advisor dal Tesoro con una procedura da repubblica delle banane - dovrebbe alzare il velo sulla sua disamina dei conti Alitalia e su un possibile piano di ristrutturazione industriale della compagnia. Quel che si sa al riguardo non è un preannuncio di buone notizie. Se l´assemblea di ieri ha certificato 495 milioni di perdite per il bilancio 2007, nel primo semestre di quest´anno le cose sono andate ulteriormente peggiorando. Con una accelerazione nelle ultime settimane sull´onda dei continui rialzi del prezzo del petrolio. Tanto che non è fuori dalla realtà pensare che già col mese di luglio l´azienda potrebbe raggiungere un livello di perdite pari a quello dell´intero 2007.
Che in un simile scenario i pur valenti uomini di Intesa Sanpaolo riescano a mettere insieme un piano industriale degno di tal nome appare come una missione al limite delle possibilità umane e, soprattutto, della logica economica. Il punto è che un simile compito risulta particolarmente arduo perché nelle mani di Angelo Salza e di Corrado Passera c´è qualcosa di più del già tremendo dossier Alitalia. Col passare delle settimane, infatti, l´oggetto stesso della vicenda ha subito un´evidente torsione politica: non si tratta soltanto di cercare di rimettere in piedi la compagnia di bandiera, ma soprattutto di salvare la faccia del presidente del Consiglio che in questa storia è entrato a piedi uniti già in campagna elettorale facendo saltare, con la fattiva e miope collaborazione dei sindacati, quell´accordo con Air France che era e allo stato rimane l´unica concreta soluzione del problema messa finora sul tappeto.
Da quel 2 aprile, quando i francesi si sono alzati dal tavolo, sono trascorsi quasi tre mesi. E così non è improprio stimare che nella fornace Alitalia siano già stati bruciati almeno due terzi dei 300 milioni di finanziamento statale (cioè soldi dei contribuenti) chiesto e voluto da Silvio Berlusconi per avere il tempo necessario a realizzare la sua pretesa cordata patriottica di salvataggio. A questo punto - dopo tanto spreco di pubblico denaro - sembra che l´ora della verità sia finalmente vicina.
Occorrerà, però, fare attenzione che, messo alle corde, il governo non si nasconda dietro la disinvolta filosofia tremontiana del mercato quando possibile e dello Stato se necessario. Gli italiani in questa storia hanno già dato più del possibile e anche del necessario.
LA REPUBBLICA
CIAO
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Ecco il piano di Banca Intesa esuberi oltre quota quattromila
L´advisor: quadro compromesso, il recupero non è scontato
Prevista una Newco con Air One e l´uscita totale dello Stato dal capitale
Possibile lo scorporo di attività. Poi caccia a un partner internazionale
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
ETTORE LIVINI
«Il quadro finanziario interno di Alitalia è compromesso - confessano fonti vicine all´advisor impegnato a tempo pieno sul dossier - ma ora in sovrappiù si è aggiunto l´effetto del caro greggio, una bufera devastante per i concorrenti e che minaccia di trasformarsi nel colpo di grazia per la Magliana». Il rischio a questo punto è che nemmeno "Sant´Intesa" (copyright del ministro Claudio Scajola) riesca a fare il miracolo.
I segnali in effetti sono preoccupanti. La banca - cui Giulio Tremonti ha dato tempo fino a metà agosto per presentare un piano - aveva promesso di mettere a punto una fotografia dello stato di salute del gruppo da presentare prima dell´assemblea. Ma l´assemblea è passata e i risultati di questa due diligence (se già ci sono) restano riservati. «In questo momento non siamo ancora in grado di dire con precisione quanti soldi servono - spiegano le fonti vicine all´advisor - . Prima dobbiamo finire di dare gli ultimi ritocchi al progetto industriale. Che dovrà essere un piano concreto in grado di reggere nel tempo».
Lo schema è sempre il solito, in due fasi. Prima la nascita di una newco in cui far confluire un´Alitalia fortemente ridimensionata assieme ad Air One («escludiamo un coinvolgimento di Meridiana»), in contemporanea ad una ricapitalizzazione che apra il capitale a soci industriali e finanziari. Poi, in un secondo tempo, la ricerca del partner internazionale. «Una cosa è certa - spiegano ancora le fonti - . Nell´ambito della nostra soluzione Stato e Tesoro dovrebbero uscire dalla compagnia». Niente Fintecna, Eni o Finmeccanica, insomma, nemmeno forse per le attività eventualmente da scorporare.
Disegnato lo schema, però, restano i problemi da risolvere. Il primo, non secondario, è trovare i soldi. Banca Intesa, davanti a un piano concreto, potrebbe mettere mano al portafoglio. Ma tra i privati negli ultimi giorni è aumentato lo scetticismo. Roberto Colaninno, candidato a un ruolo da regista nell´operazione, non pare disposto a scommettere un euro senza la presenza già da subito di un grande partner estero. Qualche quattrino potrebbero metterlo Ligresti, Gavio e Benetton (questi ultimi reduci da un favorevolissimo rinnovo delle concessioni autostradali da parte del Governo Berlusconi), Riva e i Fossati. Ma si tratterebbe di spiccioli rispetto alle esigenze di Alitalia.
Altro nodo sono gli esuberi. «Quattromila tagli? Visto come stanno le cose, rischia di essere una stima troppo prudenziale», dicono i tecnici di Banca Intesa. E per il sindacato sarebbe difficile far digerire ai suoi iscritti una cura lacrime e sangue di questo genere dopo aver detto no a un piano Air France che di esuberi ne prevedeva poco più della metà. I legali al lavoro su Alitalia ritengono quasi impraticabile anche il ricorso alla Legge Marzano: i creditori esteri, dicono, potrebbero pignorare gli aerei non appena posassero le ruote a terra oltreconfine. Tanto che negli ultimi giorni si sarebbero moltiplicati i contatti con il governo per studiare uno strumento legislativo ad hoc, una specie di salvagente d´emergenza che consenta di commissariare Alitalia senza metterne a rischio l´operatività.
Quanto tempo resta per trovare una soluzione? Non molto. Certo, i contribuenti italiani - sfumata Air France - hanno versato altri 300 milioni nelle casse della Magliana. E, in teoria, l´estate è l´unico periodo in cui la compagnia non mangierebbe soldi al ritmo di 2 milioni al giorno. Ma quest´anno le cose non vanno così: la crisi di credibilità ha penalizzato nei mesi scorsi le prenotazioni (calate circa del 20%) mentre il caro greggio sta facendo esplodere la bolletta del carburante. La spia della riserva finanziaria rischia così di riaccendersi molto prima del previsto. Non a caso in queste ore anche Banca Intesa avrebbe aumentato il suo pressing sull´esecutivo. Da una parte per ottenere un intervento in grado di rendere praticabile l´eventuale commissariamento, dall´altra per sondare a livello politico Parigi, Berlino e Mosca e accelerare i tempi della necessaria alleanza internazionale.
La patata bollente rischia così alla fine di tornare sul tavolo di Tremonti, che tra l´altro era stato uno dei pochissimi esponenti del centrodestra a fare qualche timida apertura ad Air France prima che Silvio Berlusconi iniziasse a cavalcare lo spot elettorale della cordata italiana. La Ue, che sul prestito ponte da 300 milioni ha già dato un bell´assist al Governo evitando di chiederne la restituzione immediata, non sembra disposta a garantire ulteriori sconti. Il puzzle Alitalia, insomma, è sempre più complesso. E qualcuno, alla Magliana ma non solo, ha iniziato a rimpiangere (purtroppo fuori tempo massimo) Jean Cyril Spinetta.
Alitalia, lotta contro il tempo "Siamo all´ultima chance"
Il presidente Police: basta tatticismi, privilegi e giochi di potere
Approvato il bilancio 2007, in rosso per 495 milioni, e fatte le nuove nomine
ADRIANO BONAFEDE
ROMA - «Siamo all´ultima chance, che la società non può assolutamente correre il rischio di perdere». I toni usati ieri dal presidente Aristide Police a margine dell´assemblea dell´Alitalia erano gravi. «Tra qualche giorno sapremo se l´advisor Intesa Sanpaolo potrà prospettare un´idonea strategia per il risanamento e lo sviluppo».
Con questa profonda incertezza sul proprio destino, destinata a sciogliersi definitivamente soltanto nei prossimi giorni, l´assemblea Alitalia si è svolta normalmente e ha fatto quello che doveva fare, come qualsiasi società per azioni quotata al suo appuntamento annuale: ha approvato il bilancio del 2007, che si è chiuso con una perdita consolidata di 495 milioni di euro; ha provveduto a sostituire due membri del consiglio d´amministrazione rinnovando anche il collegio sindacale; infine ha nominato un nuovo revisore contabile per gli anni 2008-2016.
I due nuovi membri del consiglio d´amministrazione sono stati proposti dall´azionista di maggioranza, ovvero dal Tesoro, e sono Nunzio Guglielmino e Tommaso Vincenzo Milanese, che subentrano a Maurizio Prato e a Giovanni Sabatini. Per quanto riguarda il collegio sindacale, sono stati nominati sindaci effettivi Enrico Laghi (presidente), Diego Maria Berruti, Marcellino Bartolomiol, Nicandro Mancini, Pompeo Cosimo Pepe, sindaci supplenti Pietro Floriddia e Gianfranco Tanzi. Il nuovo revisore contabile sarà invece Kpmg: la sua offerta è stata giudicata dall´assemblea la migliore rispetto a quelle ricevute.
A margine dell´assemblea, il presidente Police ha ripreso il tema incombente del piano di salvataggio di Alitalia, e ha avvertito che per il rilancio «occorrerà percorrere celermente strade nuove, di vera e propria rottura con il passato, abbandonando rapidamente tutto ciò che c´è di insostenibile e di inadeguato, in uno scenario macroeconomico ancora più critico per via della sempre più inarrestabile crescita del costo del carburante». In questo contesto, Police ha comunque assicurato a nome del consiglio d´amministrazione una particolare attenzione agli eventuali esuberi che quasi sicuramente emergeranno dal piano di risanamento: «Sarà garantita un´attenta considerazione a tutti i risvolti di ordine sociale, ma - ha avvertito il presidente - sarà richiesto a tutti il massimo impegno a concorrere a questo ambizioso traguardo e non ci sarà più spazio per tatticismi, giochi di potere, ingiustificati privilegi».
Police ha anche voluto ribadire che al momento non è ancora individuata la way out per il salvataggio di Alitalia: «Intesa Sanpaolo lavora da due settimane e ha promesso un riscontro molto a breve. Si tratta di elaborare un piano industriale in un contesto difficile di questo tipo. L´advisor ha avuto l´incarico per 60 giorni. Entro luglio si è impegnato a darci indicazioni più che concrete».
Ieri Fabio Berti, presidente dell´Anpac (piloti), ha affermato di credere in una soluzione positiva: «L´Italia non può permettersi di non avere una propria compagnia di bandiera. Ce l´hanno la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Per il bene del paese dobbiamo continuare ad averla anche noi».
LA MISSIONE IMPOSSIBILE
MASSIMO RIVA
Per Alitalia occorre imboccare una strada nuova che segni «una rottura con il passato ma in un contesto di continuità aziendale». Con queste parole l´attuale presidente della società ha cercato forse di rassicurare i più esasperati fra i creditori.
Creditori messi in allarme dalle voci secondo cui dal cilindro del governo Berlusconi potrebbe sortire una trovata micidiale per tutti coloro che attendono pagamenti arretrati da parte della compagnia. Vale a dire la spaccatura del gruppo in due tronconi: da una parte, una nuova società alleggerita sia del personale in esubero sia dei maggiori oneri finanziari e, dall´altra parte, una cosiddetta «bad company», cattiva compagnia nella quale concentrare la gran massa dei debiti per poterli poi gestire secondo procedure fallimentari o parafallimentari.
Da esperto avvocato evidentemente il malcapitato Aristide Police è ben consapevole che il destino prossimo di Alitalia è ancora appeso a molti fili, ma ce n´è uno in particolare che, una volta tagliato, porterebbe all´immediata dichiarazione d´insolvenza della società. E questo filo è nelle mani di ciascuno dei tanti creditori: basta che uno solo di costoro vada in un qualunque tribunale a chiedere il saldo del dovuto perché, come s´usa dire, la frittata sia fatta. Se ciò non è ancora accaduto lo si deve soltanto al fatto che sulla vicenda il governo ha preso pubblico e reiterato impegno con il mercato.
Che le parole dell´avvocato Police raggiungano lo scopo voluto di rassicurazione è, però, tutto da vedere. La rottura col passato in un contesto di continuità aziendale non è soltanto un ossimoro lessicale che sfida perfino le rinomate convergenze parallele di Aldo Moro. Anche in termini di logica economica elementare si tratta di un proposito semplicemente impraticabile perché postula che la nuova gestione e proprietà dell´azienda si dia carico, oltre che delle perdite correnti, di tutti gli oneri finanziari pregressi.
Quindi, che sia in grado di mobilitare ben più del miliardo e mezzo di euro di cui si parla: cifra quest´ultima che già sembra costituire un ostacolo insormontabile anche per quegli investitori privati che pure possono avere non poche ragioni per ingraziarsi (in qualche caso già ringraziare ex-post) la benevolenza del governo Berlusconi.
Fra pochi giorni il vertice di Intesa Sanpaolo - la banca scelta come advisor dal Tesoro con una procedura da repubblica delle banane - dovrebbe alzare il velo sulla sua disamina dei conti Alitalia e su un possibile piano di ristrutturazione industriale della compagnia. Quel che si sa al riguardo non è un preannuncio di buone notizie. Se l´assemblea di ieri ha certificato 495 milioni di perdite per il bilancio 2007, nel primo semestre di quest´anno le cose sono andate ulteriormente peggiorando. Con una accelerazione nelle ultime settimane sull´onda dei continui rialzi del prezzo del petrolio. Tanto che non è fuori dalla realtà pensare che già col mese di luglio l´azienda potrebbe raggiungere un livello di perdite pari a quello dell´intero 2007.
Che in un simile scenario i pur valenti uomini di Intesa Sanpaolo riescano a mettere insieme un piano industriale degno di tal nome appare come una missione al limite delle possibilità umane e, soprattutto, della logica economica. Il punto è che un simile compito risulta particolarmente arduo perché nelle mani di Angelo Salza e di Corrado Passera c´è qualcosa di più del già tremendo dossier Alitalia. Col passare delle settimane, infatti, l´oggetto stesso della vicenda ha subito un´evidente torsione politica: non si tratta soltanto di cercare di rimettere in piedi la compagnia di bandiera, ma soprattutto di salvare la faccia del presidente del Consiglio che in questa storia è entrato a piedi uniti già in campagna elettorale facendo saltare, con la fattiva e miope collaborazione dei sindacati, quell´accordo con Air France che era e allo stato rimane l´unica concreta soluzione del problema messa finora sul tappeto.
Da quel 2 aprile, quando i francesi si sono alzati dal tavolo, sono trascorsi quasi tre mesi. E così non è improprio stimare che nella fornace Alitalia siano già stati bruciati almeno due terzi dei 300 milioni di finanziamento statale (cioè soldi dei contribuenti) chiesto e voluto da Silvio Berlusconi per avere il tempo necessario a realizzare la sua pretesa cordata patriottica di salvataggio. A questo punto - dopo tanto spreco di pubblico denaro - sembra che l´ora della verità sia finalmente vicina.
Occorrerà, però, fare attenzione che, messo alle corde, il governo non si nasconda dietro la disinvolta filosofia tremontiana del mercato quando possibile e dello Stato se necessario. Gli italiani in questa storia hanno già dato più del possibile e anche del necessario.
LA REPUBBLICA
CIAO
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