Alitalia, sindacati sul piede di guerra
"Con oltre 4.000 esuberi non ci sediamo al tavolo del confronto"
ALDO FONTANAROSA
ROMA - «Se è così, neanche ci sediamo al tavolo». I sindacati sono spaventati alla notizia che Banca Intesa - incaricata dal governo di un piano di salvataggio di Alitalia - la immagina con oltre 4000 posti in meno. «Le indiscrezioni che leggiamo su Repubblica - dice Giuseppe Caronia, segretario della Uil Trasporti - sono inquietanti. Nessuno dei precedenti piani prevedeva 4000 esuberi: né quello di Toto, proprietario di AirOne, tantomeno quello di Air France. E´ una cifra folle». Claudio Claudiani, segretario della Fit Cisl, ne fa anche una questione di metodo: «Alitalia ha bisogno di un piano industriale e di un solido alleato internazionale. Solo alla fine di questo percorso, si potranno calcolare gli esuberi. E´ scorretto invece procedere all´incontrario e partire proprio dai tagli del personale».
Il piano di Banca Intesa ipotizza la nascita di una nuova scatola societaria, dentro la quale portare un´Alitalia ridimensionata ed anche AirOne (mentre Meridiana sarebbe esclusa dalla partita). Alla nuova società, soggetti industriali e finanziari - tutti privati - garantirebbero una forte iniezione di capitali. Invece il ministero dell´Economia, oggi azionista di riferimento, non avrebbe più alcun ruolo. Né sarebbero coinvolte Fintecna, Eni o Finmeccanica (che dunque non si faranno carico di attività satelliti di Alitalia, scorporate). Solo alla fine di questo percorso, verrebbe agganciato un alleato internazionale.
Caronia della Uil trova ragionevole procedere a tappe mentre Claudiani della Cisl teme che i tempi si allunghino oltre il lecito: «La rotta industriale, le nuove regole per il governo dell´azienda e l´alleanza internazionale: tutto questo va deciso subito e in un´unica fase. Mentre la crisi si aggrava, sembra venire meno quell´impulso, la spinta che ci saremmo aspettati».
Fabrizio Solari, della Filt Cgil, è avvilito: «L´azienda è senza governo da quasi due anni ed è già un miracolo che esista ancora, con il petrolio a 140 dollari». Proprio ieri l´assemblea dell´Alitalia ha approvato un bilancio 2007 che il presidente Police ha definito orribile, con perdite pari a 495 milioni, «uno dei più difficili della storia». In ogni caso, Solari invita a guardare avanti e critica i nostalgici di Air France: «La compagnia francese non è mai stata in corsa per comprare Alitalia. L´ipotesi non era sul tavolo, a causa delle troppe precondizioni che i francesi stessi ponevano. L´economia del nostro Paese ha bisogno di una efficiente compagnia aerea di riferimento, così come avviene per tutti i principali Paesi del mondo. Pur di arrivare a questo obiettivo, noi siamo davvero disponibili a rompere con il passato».
"Da Air France più soldi e meno tagli ora solo un pasticcio ad alto rischio"
Per 2 mesi dopo il voto e nel pieno aggravarsi della vicenda non si è più sentito nulla
Ogni soluzione ora è esposta alla reazione di lavoratori, azionisti, creditori e concorrenti
PIERLUIGI BERSANI*
Caro direttore,c´è qualcosa che indigna più delle veline. E´ il caso di Alitalia. Da persona informata dei fatti posso dire che nei giorni attorno alle elezioni si lavorava per riannodare il dialogo tra Air France e i sindacati. Si affacciava la possibilità di chiudere. Il vincitore delle elezioni ribadì in modo sprezzante il suo no e garantì che era pronta un´altra soluzione. I francesi se ne andarono. Dopo un decreto legge, dopo 300 milioni buttati, dopo uno specialissimo incarico all´advisor, eccoci dunque alla soglia del traguardo: si parla di una bad company con debiti, esuberi e qualche attività da dismettere e di una new&co che prenderà il volo con Air One e/o con chi ci sta.
Ho l´impressione che sfugga a molti la portata del pasticcio che si sta determinando e a quante e quali domande il nuovo progetto dovrà rispondere. 1) Si pensa forse di imbastire una operazione di scorporo e spezzatino senza mostrare e rendere leggibile al consiglio di amministrazione, ai sindacati e all´opinione pubblica un piano industriale convincente per la nuova compagnia? Ognuno sa che per farcela Alitalia ha bisogno di soldi veri, di soggetti che sappiano fare il mestiere e di una immediata dimensione internazionale. Erano questi i parametri sui quali la proposta di Air France risultò la più convincente. Resta questo il banco di prova? Si parla ancora di Alitalia o si parla di altro? Credo che il consiglio d´amministrazione di Alitalia (che non ha ancora un amministratore delegato!) sia nel diritto-dovere di saperlo. 2) Si pensa per caso ad un "fallimento atipico"? Come si può far convergere non già dei rami di azienda ma le passività e gli esuberi senza violare elementari principi di pari tutela di lavoratori e creditori? 3) Perché è scomparsa l´ipotesi (peraltro negativa) della legge Marzano? Per non perdere definitivamente la faccia? Perché si sa che qualsiasi commissario non potrebbe sottrarsi a procedure di comparazione di offerte? 4) Se un qualche soggetto terzo avesse l´impressione che la recente decretazione e il percorso che ne è derivato fossero un modo per ripescare una proposta e dei protagonisti già presenti nella vicenda a prescindere dagli interessi di piccoli azionisti, creditori e lavoratori, come gli si risponderebbe? 5) Sia nel caso di "fallimento tecnico", sia nel caso di commissariamento, sia nel caso di liquidazione come si pensa di corrispondere alla garanzia di continuità aziendale che il governo ha offerto per dodici mesi all´atto del decreto e in virtù della quale è stato approvato il bilancio di Alitalia? 6) Come si pensa di spiegare ai lavoratori la dimensione degli esuberi? Dando la colpa ai francesi che sono scappati, dicendo che la cordata era uno scherzo? O inventandosi magari una soluzione nazional-popolare pronta a esplodere tra qualche anno? E´ tempo di ricordare le ricadute del piano Air France: poco più di duemila esuberi, praticamente tutti accompagnabili alla pensione. Perfino il problema dei centotrentatre piloti per cinque aerei cargo veniva diluito nel tempo. Quanto ai soldi: scambio azionario, un miliardo di ricapitalizzazione, mezzo miliardo per le obbligazioni, impegno per tre miliardi di investimenti dal 2009. Questa offerta fu definita una svendita, un disastro, un massacro. Qualcuno elegantemente fece notare che Padoa-Schioppa aveva casa in Francia. E adesso? Di quali cifre parliamo? Ma il pasticcio non finisce con queste domande. Va ricordato che per allestire il pasticcio si è fatto strame, con il recente decreto, di ogni norma di trasparenza, di non discriminazione, di confronto concorrenziale, di verifica neutrale della congruità dell´offerta. Tutto questo ormai può esporre qualsiasi soluzione alla reazione degli interessi legittimi colpiti di lavoratori, azionisti, creditori, concorrenti. Per tacere poi della Commissione europea. Infine, non può mancare una nota su Malpensa. Chi sotto elezioni intimò ad Alitalia-Air France di non abbandonare Malpensa e accusò il governo di tradire il nord adesso senza colpo ferire ha cambiato totalmente idea: Alitalia se ne stia fuori. Alla buon ora! Ecco, allora, concludendo l´indignazione. Se per caso tra qualche giorno dovesse apparire chiaro che per cinismo elettorale Berlusconi e compagnia hanno rovinato le prospettive di una azienda e di migliaia di lavoratori chi gliene chiederà conto? Per mesi interi, prima delle elezioni, non si è parlato d´altro su giornali e tv. Toni aggressivi e truculenti, commenti innumerevoli e innumerevoli polemiche, pronunciamenti altisonanti dei soggetti sociali e istituzionali più disparati. Per due mesi dopo le elezioni e nel pieno drammatico aggravamento della vicenda non si è più sentito nulla. Nulla di nulla. Forse il nostro è davvero un paese da luna di miele. O forse il nostro è un paese nel quale, se le compagnie aeree stanno male, anche la democrazia non sta benissimo.
*Ministro ombra dell´Economia
Berti (Anpac)
Piloti fiduciosi "Soluzione vicina"
Lo Stato deve affiancare i privati, temo che il partner estero non entrerà
ROMA - «Sono fiducioso. Non nel senso che sono sicuro che tutto andrà bene. Ma nel senso che ho la ragionevole certezza che si possa trovare una soluzione positiva». Il comandante Fabio Berti, presidente dell´Anpac, la principale associazione dei piloti italiani, è pessimista solo su un punto: non ci sarà l´ingresso di un partner estero.
Su che cosa basa questa sua fiducia?
«Sul fatto che l´Italia non può permettersi di non avere una propria compagnia di bandiera. Ce l´hanno la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Per il bene del paese dobbiamo continuare ad averla anche noi».
Perché?
«Ma perché Alitalia è una compagnia che fa la mobilità del paese. Anzi, il problema è di rafforzarne la quota nel mercato interno. Alitalia ha il 40 per cento del totale, contro il 90 sia di Air France che di Lufthansa. In nessun altro paese si è permesso che la compagnia di bandiera perdesse quote a favore di un´altra compagnia interna».
È sempre possibile che non si trovi una soluzione.
«Un esito del genere non conviene né alla politica né all´azienda. In questo caso i lavoratori non resterebbero con le mani in mano».
E i 4 mila esuberi di cui si parla?
«Troppi. In questo modo avremmo una compagnia ancora più piccola, che non è certo quello che il governo auspicava».
Qual è la soluzione, secondo lei?
«L´ingresso nel capitale di imprenditori che così collaborerebbero con lo Stato».
Lo Stato? Ma Intesa Sanpaolo lavora a una sua uscita.
«Alla fine un ruolo per lo Stato ci deve per forza essere, come nel resto d´Europa».
(a.bon.)
LA REPUBBLICA
CIAO
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