Da Il Messaggero di oggi, pag. 16
Alitalia, avanti anche senza Air France
MILANO Se Air France dovesse decidere di disimpegnarsi da Alitalia non sottoscrivendo l’aumento di capitale da 300 milioni o sottoscrivendo solo parte della quota di pertinenza, l’operazione avrà comunque successo perché la sua architettura «è stata strutturata in modo tale da garantirne l’esito, con o senza l'apporto del socio francese». La precisazione è giunta da una fonte vicina al dossier in risposta alle critiche «anonime» che i siti dei principali quotidiani francesi avevano mosso all’operazione-Poste. Il che non significa che non vi saranno cambi radicali nella politica della compagnia e nel management. Anzi, se la poltrona dell’amministratore delegato Gabriele Del Torchio (arrivato solo sei mesi fa) è sotto esame, diversa è la posizione del presidente Roberto Colaninno, per definizione responsabile primo della pesante situazione nella quale si è venuta a trovare Alitalia.
STRALCIO DEL DEBITO
Peraltro, secondo indiscrezioni raccolte dal Messaggero ieri il presidente operativo del vettore parigino Alexander de Juniac avrebbe comunicato a Colaninno che, nonostante il via libera dato dai rappresentanti di Parigi nel cda di venerdì scorso al piano finanziario da 500 milioni, Air France non parteciperà alla ricapitalizzazione facendo quindi mancare 75 milioni sul totale di 300. Se ciò fosse confermato, iI francesi si diluiranno all’11-12% perdendo di conseguenza i poteri di veto che, secondo gli accordi stipulati al momento dell’ingresso nel capitale della compagnia italiana con il 25% (gennaio 2009), sono legati al mantenimento di una partecipazione superiore al 20%. Con la riduzione della partecipazione, l’alleanza condizionata verrà di fatto azzerata, a cominciare dagli accordi di code-sharing, cioè le intese commerciali per le quali una compagnia pone il proprio codice su specifiche rotte e vende posti sui voli operati dal partner. Il passo indietro sarebbe stato anticipato, nella tarda serata di venerdì 11 dagli advisor della compagnia francese, Mediobanca e Lazard, a quello di Cai (Leonardo & Co) motivandolo con la non condivisione del piano finanziario: ok all’aumento da 300 milioni, no alle nuove linee di credito da 200 milioni che vanno ad accrescere le passività di Alitalia. Air France avrebbe preferito una ristrutturazione-stralcio dei 442 milioni in essere.
«Noi chiediamo trasparenza nella gestione verso gli azionisti e un management professionale», ha spiegato ieri da Washington, dove partecipava ai lavori del Fmi, Gian Maria Gros-Pietro, presidente del cdg di Intesa Sanpaolo, uno dei principali azionisti di Cai con il 10,1%. L’economista-banchiere ha aggiunto che non è più possibile «trovarsi in una situazione in cui in 15 giorni non ci saranno più soldi per il carburante». Più chiaro di così non poteva essere Gros-Pietro nel chiedere espressamente un ricambio della governance. «Per Alitalia l'importante è trovare un partner, noi non siamo azionisti di lungo termine», ha aggiunto il banchiere, «per il nostro paese avere una compagnia area è qualcosa che ha valore. Il nostro atteggiamento è salvaguardare gli investimenti esistenti». Intesa è però «orientata nel medio termine a passare il bastone del comando».
Il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, che più di altri si è prodigato nell’individuare il piano di emergenza, è il solo che sembra confidare in un atteggiamento ancora positivo dei francesi: «Mi auguro - ha detto ieri - che Air France, che ha votato l'aumento di capitale, vi partecipi dimostrando lo stesso interesse dei privati». Ma forse sono solo parole di cortesia.