La paura di Volare


alemaglia

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4 Gennaio 2008
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Copio ed incollo questo post di Olga , una mia amica giornalista sulla sua paura di volare... Molto divertente


La paura di volare
Posted by olga in banane touring club

Ho paura di volare. Ho paura di stare chiusa in un posto per un tot di ore. Seduta. Non avere scelta.

Ho dovuto prendere un volo fino a Singapore. Da Milano sono 11 ore e 30. Se avessi saputo quello che mi attendeva, non l’avrei mai fatto. Appena sono entrata in aereo ho detto: ok, adesso me ne vado. Ma non ho potuto farlo, allora mi sono riempita di gocce ansiolitiche. Mi sono detta: ora dormirò. Non ho dormito. Ho preso del vino. Mi sono ubriacata. Mi sono detta: ora dormirò. Non ho dormito. Sono passati 45 minuti. Ho letto “Confessioni di un italiano”. Era solo la prima ora di volo. Eravamo a cavallo tra il 1800 e il 1900. Mi sono detta: la prosa di Nievo mi cullerà verso qualche ora di sonno. Non ho dormito. Erano gli anni dell’Ottocento.

Così ho trascorso le mie 11 ore con gli occhi a palla, ascoltando sempre la stessa lista di musica (Pink Rabbits, Death with dignity, Morning, Can’t you tell, Girl from the North Country, Heaven can wait – e altre 70 canzoni), guardando un solo film senza sottotitoli, (“Paperboy”, con Mecconaga e una scena in repeat di lui che si mangia una fetta di torta al cioccolato: volevo eccitarmi. Inutile).

Ho lasciato maturare e crescere in me l’emicrania, che sulla terra ferma si chiama jet lag. A un certo punto ho cominciato a guardare lo schermo che si trovava proprio davanti ai miei occhi e mi indicava il percorso in tempo reale, con quanto mancava alla fine. Ho fatto considerazioni di astronomia e geografia, quella tipologia che dici: “E’ stato utile fare il liceo scientifico”. Quella tipologia che dici. “E’ stato veramente molto utile fare il liceo scientifico”.

Sto volando sull’aria e l’aria è materia. Sono al chiuso ma siamo destinati a stare al chiuso: lo stesso orbe terracqueo è uno spazio chiuso. La vita è uno spazio chiuso. L’ufficio che frequento tutti i giorni è chiuso e in più ha le luci al neon, come gli ospedali e gli anni ‘90 ai quali si aggiungono le poltrone verdi. Ho cominciato con le dita a marcare le distanze tra varie destinazioni sullo schermo per capire se erano più o meno di 11 ore. “Le elementari e il goniometro sono stati utili”.

Singapore Houston. Singapore Tokio, Tokio Milano. Las Vegas Sidney. E via dicendo. Non sono riuscita a separarmene. Ho passato TUTTO il viaggio a guardare uno schermo con una piccola linea che lentamente avanzava verso Singapore. Sono passata da Tbilisi, da Kabul, da città indiane che non so se esistano, molto lentamente. Ma dentro di me ho ripercorso tutta la scuola dell’obbligo. Ne ero così affascinata che ho fatto anche un servizio fotografico di quello schermo (ho pubblicato qui una piccola foto). A un certo punto per fare una pausa dal percorso che era stancante, mi sono alzata e mi sono messa a fare yoga. Quando ho capito che lo spazio per fare yoga non c’era, ho preso altre gocce e mi sono seduta di nuovo. Ho bevuto ancora. Ho speso mille euro di roaming per scrivere a mia sorella: “Anna, ho bevuto del vino e ho pensato alla materia”.


Ma sono arrivata. E fuori era l’Asia, l’afa e un taxi. Un posto come tanti altri, solo che non accettava la mia carta di credito. La mia anima era ancora a Milano, e come da lì a poco mi avrebbe detto un amico, quella distanza, quella discronia, quella cosa lì, si chiamava jet lag.
 

aa/vv??

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Direi che è poco più di un aneddoto (molto) romanzato in stile "Vanity Fair". Credo che la protagonista fosse più annoiata che impaurita. Però benvengano questi outing, e gente che candidamente ammette "ho paura". Io quando ne ho a bordo li apprezzo molto. Migliori di tanti che invece per mascherare il loro terrore fanno i fenomeni sbruffoni "sotuttoio".
 

Alitalia Fan

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Direi che è poco più di un aneddoto (molto) romanzato in stile "Vanity Fair". Credo che la protagonista fosse più annoiata che impaurita. Però benvengano questi outing, e gente che candidamente ammette "ho paura". Io quando ne ho a bordo li apprezzo molto. Migliori di tanti che invece per mascherare il loro terrore fanno i fenomeni sbruffoni "sotuttoio".
Concordo. Preferisco un pax che durante l'imbarco mi confessa la sua paura piuttosto uno che si butta sull'alcool o sull'aggressività. Ma ognuno reagisce a modo suo!
 

Fewwy

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Interessante sapere da aa/vv e Alitalia Fan - operanti in prima linea - che il "problema" di chi ha paura di volare e prende un volo sia un problema reale a livello gestionale...

A parte il mio non essermi mai imbattuto in paurosi del volo (o magari non me ne sono mai accorto), pensavo che semplicemente, chi avesse paura di volare (paura che comunque non mi sarei mai spiegato), semplicemente ci stesse alla larga se non quando inevitabile (e quindi i casi fossero molto ridotti).
Non è così?
 

Alitalia Fan

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I casi sono ridotti: personalmente mi capita molto di rado che qualcuno mi dica apertamente di farsela addosso. Alcuni te lo dicono a fine volo quando ti ringraziano durante lo sbarco mentre moltissimi altri non aprono bocca per i più svariati motivi magari pensando addirittura di "disturbare". Molte volte la paura è dettata da semplice "ignoranza" e/o credenze popolari (se si spengono i motori l'aereo cade come un sasso) oppure è limitata ad una sola fase del volo che è quasi sempre il decollo. Io ripeto: preferisco un pax che si "confida" già durante l'imbarco, magari in lacrime (come mi è successo), piuttosto che un pax che arriva a bordo bello alticcio e continua a bere durante il servizio* perché poi le reazioni possono diventare difficilmente gestibili.

*lavorando in una compagnia dove si vende tutto ciò che è a bordo può succedere che a volte i capocabina rifiutino di interrompere la vendita di alcool.
 

mauro.

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I casi sono ridotti: personalmente mi capita molto di rado che qualcuno mi dica apertamente di farsela addosso. Alcuni te lo dicono a fine volo quando ti ringraziano durante lo sbarco mentre moltissimi altri non aprono bocca per i più svariati motivi magari pensando addirittura di "disturbare". Molte volte la paura è dettata da semplice "ignoranza" e/o credenze popolari (se si spengono i motori l'aereo cade come un sasso) oppure è limitata ad una sola fase del volo che è quasi sempre il decollo. Io ripeto: preferisco un pax che si "confida" già durante l'imbarco, magari in lacrime (come mi è successo), piuttosto che un pax che arriva a bordo bello alticcio e continua a bere durante il servizio* perché poi le reazioni possono diventare difficilmente gestibili.

*lavorando in una compagnia dove si vende tutto ciò che è a bordo può succedere che a volte i capocabina rifiutino di interrompere la vendita di alcool.
Quanto li mette FR un etto di rassicurazioni e due sguardi rincuoranti? ;)
 

aa/vv??

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Beh.... poi non è che per forza uno che ha paura debba ubriacarsi. Anche perché non è che a bordo ci sia poi chissà quanto alcool (*non tutte le compagnie vendono alcool eheh!). C'e quello aggressivo, quello che non si allaccia, quello che piange, quello che fa domande. Comunque sì: il passeggero pauroso capita. E dobbiamo gestirlo. E aggiungo che siamo (anche) preparati per farlo.
 

flapane

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Un mesetto fa (FR CGN-STN), vicino a me sedeva un preoccupatissimo inglese che volava per la prima volta, ed accanto aveva la sua ragazza. Per distrarsi, ha ben pensato di ignorarla così come ignorava le luci dal finestrino, ed ha parlato dal primo all'ultimo minuto di calcio con me, senza fare alcun accenno al luogo in cui ci trovavamo. Pare abbia funzionato. :)
 

aa/vv??

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Una volta ogni tanto sarebbe bello non affondare nel trito cliché AZ=pomata e FR=bibitaro/venditore no? Soprattutto perché siamo in un forum di appassionati e professionisti. Qui si parlava di persone con paura di volare...
 

Cataplomosifone

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Una volta ogni tanto sarebbe bello non affondare nel trito cliché AZ=pomata e FR=bibitaro/venditore no? Soprattutto perché siamo in un forum di appassionati e professionisti. Qui si parlava di persone con paura di volare...
Hai ragione e chiedo venia.
Però me l'ha messa su un vassoio di platino ;)
 

massyrm

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23 Febbraio 2015
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Ragazzi, io ho avuto una terribile ansia da volo. E no, non basta dire due frasette o spiegare le basi tecniche. Vi assicuro che le conoscevo tutte, sapevo a memoria che l'aereo è il mezzo più sicuro etc etc. L'ansia da volo è una brutta bestia, spesso ha origine da motivi che con il volo non c'entrano nulla. È come la paura del vuoto, per fare un esempio, o quella dei ragni. È irrazionale. Ed è limitante di brutto. Ci si sente sbagliati, di fastidio per chi hai vicino, per chi sta lavorando. Ti vien voglia di scappare ma sai che non puoi. Ed è peggio. E l'alcool non la migliora di certo a meno di ubriacarti di brutto.

Io per un periodo non ho volato, ma non prendevo neanche treni e navi. Per sei mesi ho fatto dei Roma-Berlino, Milano-Barcellona, anche un Praga-Vienna-Londra-Nizza-Roma in auto. Così. E vi assicuro che quando non volavo, avrei voluto in tutti i modi farlo. Anche perché mi piace davvero volare. Poi mi è passata. Non so se merito della mia nuova vita, delle persone che avevo attorno o saddio di cosa. Ora mi fa proprio nulla. E ho ricominciato (oddio ho ricominciato 6 anni fa) a farlo. Prima volavo 30-40 volte minimo l'anno. Soprattutto per lavoro. Ora molto molto meno, solo per diletto.

Però riconosco facilmente chi soffre della paura di volare. E son tanti. Non lo dicono, pensano che dirlo sia poco virile, sia umiliante, sanno di dar fastidio e arrecare disturbo. E stanno là, in silenzio o, come qualcuno ha detto, facendo i *sotuttoio* per mascherarsi, sperando di non esser notati. Su un Roma-Parigi di qualche mese fa ne avrò visti una ventina. Alla fine è facile: stringono forte il bracciolo, guardano fissi in un punto, stanno nei posti centrali, quasi mai al finestrino, fanno cose apparentemente normali ma ripetitive e spesso familiari (che so, leggere un libro da un certo punto, sperando che se si continua dal punto lasciato a casa, si ha la sensazione di non esser su un aereo). E non serve a molto dirgli cose tipo "non aver paura, tranquillo che non cadiamo, l'aereo è sicuro" etc. Spesso l'unico modo è razionalizzare le paure, fargli capire che capiamo benissimo che cosa succede, dargli *attenzione*, quasi a fargli capire che alla fine sono su un aereo, ok, ma è come fossero a casa.

PS per quanti pensano che è una cosa poco diffusa, c'è una stima del ministero della salute che quantifica in circa 10 milioni gli italiani che soffrono (o che hanno sofferto) di tale malattia. Che è tale: una malattia, per esser chiari.
PPS non auguro a nessuno di soffrire di attacchi di ansia su un aereo. In particolar modo se DEVE volare per forza. Ergo il "poteva restare a casa", so che è un po' brutto da dire ma è completamente fuori luogo. :)
 

massimilianob.

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14 Novembre 2015
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ho conosciuto colleghi che volando da passeggeri erano nervosi e agitati. io stesso ho sempre avuto un rapporto psicologico un po' strano con le turbolenze. al comando non mi avrebbe impensierito nemmeno l'idea di passare in mezzo a due cumulonembi. messo invece nel impotenza del passeggero la cosa, chissà perchè, mi mette sempre un po' di agitazione. fortunatamente paura vera e propria del volo no, zero.
 

aless

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12 Settembre 2006
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Io per anni non sono riuscito a mettere piede su un aereo, e facevo dei giri tremendi in treno+bus+nave+auto pur di evitarmi di volare.

Ha ragione massyrm: la paura di volare è una malattia invalidante oltre che terribile nell'epoca in cui viviamo, perchè ti impedisce di fare determinate cose che oggi sono quasi inderogabili. Le volte invece che proprio non potevo evitarmi di volare era un trauma, e quei braccioli stritolati per la tremarella io me li ricordo davvero tanto bene.
Nel mio caso erano molti i fattori che mi terrorizzavano, ma sostanzialmente riconducibili alla paura di cadere più che di volare. Non sono claustrofobico, quindi non c'entra lo stare chiuso in un tubo di latta. Solo parziale è poi il problema delle vertigini. Quello che mi colpiva di più era invece la paura del vuoto sotto i piedi, unito all'impossibilità di essere in controllo degli eventi (affidabilità tecnica del mezzo, abilità del personale, gesti inconsulti di altri passeggeri).
Il terrore scattava fin dai giorni precedenti il volo. La mattina era da condannato a morte. La via verso l'aeroporto ma soprattutto la fila per l'imbarco erano il cammino verso il patibolo. Una sorta di dead man walking. Una volta a bordo, ogni singolo rumore veniva esaminato e amplificato, dal ronzio dei motori, al passo pesanti degli aa/vv, alle turbolenze, fino ai vari allarmi sonori. Sudori freddi a non finire, irritabilità, irascibilità, stress, tutto accompagnato anche fisicamente dalle sensazioni dettate dai cambi di quota.
La paura di volare, quella vera, è una cosa maledettamente seria.

Decisi quindi di affrontare una questione che stava cominciando a diventare un problema tanto per me quanto per chi mi stava accanto, cercando in particolare di razionalizzare tutto ciò che era inerente al volo.
Comincia ad informami, a leggere, a studiare, a capire come funziona un aereo, quali principi fisici, la metereologia, il pilotaggio, la navigazione, e così via. Dall'altra parte, cominiciai anche a lavorare sul concetto di paura. Ed è stato così che mi sono avvicinato ai fora online, prima con Md80.it ai tempi in cui vi scriveva il povero Luca Evangelisti, e quindi qui su Aviazione Civile. Prima i TR delle nostre firme storiche, poi i contributi tecnici, quindi le esperienze dei viaggiatori, perchè no anche un po' di spotting, e pian piano è finita che quella fascinazione che hanno sempre avuto su di me gli aerei si trasformasse in una passione.
Mi sono cioè riscoperto illuminista, tentando con la ragione di sconfiggere la superstizione.

Il risultato è che non è passata la paura, ma che ho trovato il modo di tenerla sotto controllo.
Intendiamoci, ogni tanto mi capita ancora di riscoprirmi i palmi delle mani un po' umidi, ma almeno so che la differenza di ronzio che si avverte istanti dopo il decollo è legata all'overboost, che il pavimento che vibra sotto i passi degli aa/vv è un sottile solaio tra cabina e stiva e non la sola cosa che mi separa da 10km di vuoto, che l'allarme che si sente poco dopo il decollo è il segnale della cabina al crew di cominciare a preparare il servizio, che gli altri che si avvertono in quota sono dei pax che sbagliano a premere il pulsante o che chiamano il personale, e così via. Poi in alcuni casi la ragione non può nulla, e quando ti ritrovi su un 330, di notte, sopra l'Atlantico, in mezzo a una severa turbolenza, il pensiero a quello che sta succedendo in cockpit ce lo faccio, ma appunto, ho imparato a tenere queste sensazioni sotto controllo. Un po' come il nemico che non puoi battere: me lo sono fatto amico.

Oltre alla ragione, ci sono poi altre tre cose che mi hanno aiutato tantissimo in questo percorso: innanzitutto la meraviglia quando ho per la prima volta trovato il coraggio di alzare la tendina e guardare giù. Era un FCO-TRN per lavoro, poco più di 10 anni fa, AP, aereo mezzo vuoto, tempesta di sereno, i miei colleghi stavano avanti e io mi ero offerto volontario per spostarmi in coda per bilanciamento, già durante il rullaggio avevo deciso che quello sarebbe stato il giorno, decollo e inizio a cercare da qualche parte il coraggio, che finalmente arriva, apro, e ho ancora adesso ad anni di distanza il ricordo vivido dell'Elba e della costa toscana in quella magnifica mattina di aprile. Quello è stato il punto di svolta, perchè la visione del territorio dall'alto, per un appassionato di geografia come me, è qualcosa di magnifico. Tutt'ora sono capace di guardare giù per tutta la durata del volo, senza mai staccare gli occhi dal finestrino. Tranne che (eccoci al punto successivo) negli intercontinentali, che mi hanno insegnato una seconda cosa fondamentale: la noia del volo. Cominciare a trovarmi seduto per ore su un lungo raggio ha contribuito a banalizzare e ridicolizzare quello che la paura aveva fatto diventare gigantesco. La terza, infine, è che volare mi permette di viaggiare lontano in giro per il mondo, e la voglia di vedere posti nuovi è troppa rispetto alla paura di quello che potrebbe succedermi nel cammino.


Scusate per il pistolotto, e tanti auguri di buon anno.
Ma soprattutto buon volo.