Dal fatto di oggi:
Alitalia, il flop arabo: Etihad minaccia l’addio
Se gli arabi in Alitalia dovevano rappresen- tare il luminoso esem- pio della capacità del nostro paese di saper ancora attrarre capitali internazio- nali, c’è da stare freschi. Dopo nemmeno 2 anni i capi di Etihad, la compagnia dell’Emiro di Abu Dhabi che con il 49 per cento si è insediata da padrona a Fiumicino, si di- cono arcistufi. Mentre Mohammed, il principe ere- ditario dell’Emirato che ha tra l’altro anche il 5 per cento di Unicredit, va dicendo in g i r o c h e R e n z i è u n “ p a r o- laio”, James Hogan, il pleni- potenziario emiratino per gli affari aeronautici, accusa gli interlocutori del governo italiano di essere inaffidabili perché non hanno rispettato gli impegni assunti per invo- gliare Etihad a sbarcare in I- talia. Primo tra tutti quello di poter utilizzare per i voli in- tercontinentali Linate no- nostante abbia una pista di appena 2.500 metri, pensan- do di collegare subito Mila- no ad Abu Dhabi -come in- formano da Alitalia-Etihad - e sorvolando sulla circostan- za che da Linate si vola in Eu- ropa e che Abu Dhabi Euro- pa non è.
QUANDO HOGAN per entrare in Alitalia con Etihad si fece promettere un utilizzo di- verso di Linate, ministro dei Trasporti era Maurizio Lupi, mentre ora c’è Graziano Del- rio che, sentendosi tirato per la giacca, risponde che “il go- verno ha rispettato tutti gli impegni”, facendo però an- che capire che la storia di Li- nate dipende più dall’Europa che dall’Italia. Senza poter aggiungere altre due verità: che le altre compagnie euro- pee, da Lufthansa a Air Fran- ce, non hanno alcuna inten- zione di cambiare registro per lo scalo milanese e che Renzi in Europa conta molto meno di quel che vuol far cre- dere. In ogni caso lo scazzo arabi-governo italiano è così plateale da far capire che l'a- ria intorno ad Alitalia-Etihad sta cambiando in peggio e che gli arabi o stanno pensando a un clamoroso addio o pre- mendo per ottenere qual- cos’altro per restare.
500mila
Il buco Quanto
la compagnia perde ogni giorno
Di sicuro la cura da loro imposta all’Alitalia non ha funzionato. Per tanti motivi, a cominciare dall’approccio: fino a prima dell’estate i nuo- vi manager di Etihad hanno continuato a presentare Ali- talia come una rinata compa- gnia a 5 stelle, una sorta di e- stensione del modello emira- tino, con in più il tocco italian style, senza preoccuparsi se era proprio questo che la
clientela aspettava. Inse- guendo il modello extralusso si sono concentrati sulle ri- configurazioni degli aerei (ai 10 B 777 stanno imponendo addirittura la terza). Hanno ripitturato la livrea sulle car- linghe, rivestito le hostess con colori fiammanti, piaz- zato il wifi a bordo. Ma gli ab- bellimenti non hanno ferma- to le perdite, inferiori di quando comandavano i “Pa-
Questioni di peso
Il premier conta poco in Europa per ottenere che da Linate partano voli extra-Ue
trioti” di Berlusconi (1 milio- ne di euro al giorno), ma sem- pre elevate: 500 mila euro. Il pareggio di bilancio promes- so per il 2017 è una chimera.
RICALCANDO l’impostazio- ne fallimentare dei Patrioti, i nuovi capi di Fiumicino si so- no occupati della riduzione a oltranza dei costi nonostante già ai tempi di Rocco Sabelli amministratore fosse noto
che il costo Alitalia sedi- le/chilometro trasportato (Cask) era tra i più bassi, 8 centesimi di euro contro i 12/14 della concorrenza. Con i dipendenti i nuovi padroni arabi hanno usato bastone e carota: guerra totale a quelli che considerano i facinorosi che hanno scioperato il 22 settembre e tappeti rossi agli altri. Come quei 2 piloti, per esempio, che non avendo a- derito all'agitazione sono stati promossi ipso facto all’i- nizio d’ottobre dagli aerei di medio raggio a quelli più gra- tificanti del lungo.
Il punto di fondo è che gli arabi non hanno cambiato pelle ad Alitalia. La ex com- pagnia di bandiera resta con- centrata per oltre il 50 per
cento sul medio raggio grazie anche ai circa 70 aerei (su una flotta di 120) ereditati da Air One di Carlo Toto. E nel me- dio raggio non può guada- gnare tenendo il passo con le low cost. Per fare quattrini bisognerebbe puntare sul lungo raggio, ma per cambia- re strategia avrebbe bisogno di nuovi aerei che non ha: quelli utilizzabili per il lungo raggio sono appena 24. Da quando sono arrivati gli ara- bi, in flotta sono entrati solo 2 vecchi Airbus 330 ex Etihad riverniciati a Abu Dhabi con i colori Alitalia e entrambi messi a fare la spola con Abu Dhabi da Venezia e da Mal- pensa. Un terzo aereo atteso entro la fine dell’anno è un Boeing 777 comprato da una
compagnia vietnamita, fatto transitare in Irlanda, ribat- tezzato Ei-Fni, ma per ora parcheggiato inattivo nello scalo dell’Emirato.
SULLO SFONDO resta la vaga promessa, rilanciata svariate volte, di far entrare in flotta altri 20 aerei entro il 2020. Ma ammesso pure che prima o poi questi jet atterrino dav- vero a Fiumicino dove trove- rà i soldi Alitalia-Etihad per pagare i canoni di leasing? Bi- sognerebbe che la compa- gnia smettesse di perdere, ma come potrà guadagnare senza altri aerei? È il cane che si morde la coda e potrebbe essere il nuovo simbolo del- lAlitalia in versione araba.