[TR] Dall’Hokkaido a Ryukyu, dovunque è Giappone.


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Buongiorno, benvenuti, chiedo scusa per la storpiatura dell’Inno di Mameli nel titolo. Questo, per continuare nella mia tradizione dei disclaimer farmaceutici, è un TR lungo. Immaginatemi a enunciarvi quanto segue alla stregua del Baffo, al secolo Roberto da Crema, in una televendita: 10 voli! British Airways! JAL! Japan Transocean Airlines! Ryukyu Air Commuter! A350! Q400! First! Business! Barbon! Aerei civili! Aerei militari! Treni ad alta velocità! Treni a bassa velocità! Bus! Una Toyota ibrida! Autostop! Un battello! Metro! Yamanote! Una, anzi, due biciclette di merda! E un TV color, batterie di pentole e un materasso pensato per il vostro relax… Ah no, quello era un altro.

Comunque, in questo TR c’è tanto. Per aiutarvi, o meglio per aiutare me a ricordarmi tutto, eccovi la route map da gcmap, con un appunto: dato che Vladimir Putin – purtroppo – non è ancora stato sotterrato, la rotta di ritorno dal Sol Levante c’ha visti volare sopra Alaska e quant’altro. Vi rimando al mio TR precedente per i dettagli.




Ma iniziamo dall’inizio.
 

vipero

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10 voli! hhhiiiiihhhhhhhh...British Airways!...hhhhhhuuuhhhhhhhh... JAL! hhhhhheeeehhhhh... Japan Transocean Airlines! ...hhhhaaaaahhhhh...Ryukyu Air Commuter! hhhhhhssssshhhh.... A350! ....hhhhhhuuuuuuhhhh... Q400!.....hhhhhhhggggghhhhhh...
 

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Capitolo Primo. LHR-HND, anzi no.

In principio, fedele alla linea in base alla quale il volo diretto è sempre preferibile al volo con scalo, doveva esserci un volo LHR-HND. 8200 ed io avremmo iniziato la nostra odissea di tre settimane (“Tre settimane?!” disse incredula un bel giorno la mia Direttrice Cosmica prima di ricordarsi che le ferie me le aveva approvate lei medesima) con, per dirla come i Pizzicato Five, un bel Nonstop to Tokyo.

Se non fosse che i 10 voli settimanali di BA volano pieni (quando non vengono cancellati, cosa che succede abbastanza spesso). Ma nel senso di pieni pieni, eh. A dicembre volavan pieni, d’estate volavan pieni, ora che s’è fatto tardo settembre… volano pieni. Qualcuno suggerirebbe di mettere aerei più grossi, o magari di smettere di aprire rotte per veri e propri buchi di c*lo tipo Pittsburgh o Cincinnati (Cincinnati, cribbio) ma che ne so io. Fattostà che noialtri, su quell’aereo, non ci saliremo. Due giorni prima della partenza, vedo disponibilità su HKG; detto fatto, cambiamo le carte in corsa e siamo belli che confermati sull’A350 colà diretto, con Dancrane a ricordarmi che la cena di AC è a dicembre.

Non tutto il male vien per nuocere, se devo essere sincero: un volo intercontinentale in notturna è per me preferibile a uno diurno, e pazienza se non c’è First cui avremmo, in principio, diritto; c’è Club Suite e tanto basta.

Arriviamo a T5 nel tardo pomeriggio di sabato 16 e, senza troppo pensare, decidiamo di usare la prima fila di banchi self-service per depositare il nostro bagaglio. Già, tre settimane via e, in due, abbiamo solo una sacca da 70 litri che, col senno di poi, potevamo riempire pure di meno. Ciao ciao sacca, speriamo di rivederti a Hongers.


Abbiamo diritto ad usare il fast track, ma – siccome siamo comunque barboni – la fila del fast track si riversa in quella con tutti gli altri. Io e 8200 ci facciamo una risata (“Typical Heathrow!”) ma un tizio davanti a noi si lamenta con un addetto, il quale risponde che è per via dell’allarme sicurezza causato da quel tizio, ve ne ricorderete, scappato da una prigione malgrado fosse sospettato di spiare per l’Iran. Conta poco che sia stato riacciuffato da una par di settimane. Magari sono solo io, ma la sensazione che in UK le cose stiano andando a rotoli sta diventando sempre più tangibile.

Anche il complice baretto del T5B, per dirne una, non ha birra alla spina. C’è solo Camden Hells o sidro Magners e quindi che sidro sia.


Fuori tutto va come deve andare.


Ed ecco il nostro potente mezzo, G-XWBL, A350-1000.


E, siccome in questo TR ho deciso di essere un po’ più organizzato, eccovi anche la mia spiegazzatissima boarding pass, con tutti i dettagli che consentono ai malintenzionati di accendere mutui a mio nomi ben (si spera) nascosti. Il sistema ci ha offerto due posti centrali, 10E ed F, senza possibilità di cambiarne altri. Alla fin fine, su Club Suite si casca sempre in piedi.


Il boarding viene fatto alla maniera di BA, ossia con settecentododicimila annunci, ventuno controlli e ovviamente nessuno che ascolta, cosicchè alla chiamata per il gruppo 1 si alzano tutti. Nel frattempo, il nuovo cazzabubbolo automatizzato di Mitie che pulisce i pavimenti decide che quello è il momento giusto per ramazzare lo sporco nell’area prospiciente il nostro gate, con i risultati che potete immaginarvi.

A bordo. Questo è il sedile della fila 11, dove si posizionerà un volto noto, almeno per me, in BA. Trattasi di un ingegnere conosciuto per avere un secondo lavoro, ossia quello di strongman in Islanda. Immaginatevi Gregor Clegane di Game of Thrones, solo non avvezzo ad ammazzare cristiani (credo). Durante il viaggio scoprirò che lui ed un altro collega sono diretti a HKG per sistemare un 787 che ha fatto ciò che i Dreamliners fanno, ossia rompersi.


Comunque, menu. Ça va sans dire che toccherò poco e nulla: formaggio stasera, e yoghurt all’arrivo.




Partiamo all’incirca in orario, che in BA conta come un successo, e prendo un Kir Royale (c’era anche uno sciambagnino pre-decollo, ma finì nel gargarozzo prima di poter essere immortalato).


A seguire, come dicevo, formaggio e pane, per un’alimenazione sana e bilanciata...


E poi mi addormento sonoramente. Porta chiusa, aereo tranquillo, che gli altri mangino mentre io ronfo.


Mi sveglio che mancano un paio d’ore all’atterraggio e, nel (per una volta) capace IFE trovo il film più indegno fatto dai tempi di Waterworld. Quel The Meg che consente a Jason Statham di mostrare tutte le sue capacità espressive, ossia questa faccia:


Atterriamo dopo 9mila km, con lauto anticipo alle 13:10. Tutto sommato un volo ottimo: tranquillo, veloce, buona dormita, mi sento fresco e pronto per il prossimo.


Appunto, il prossimo.

Sbrigate le varie formalità legali, presa la sacca, decidiamo di lanciarci a pesce verso i banchi di JAL. C’è un HKG-HND alle 15:15, che abbiamo preso su MyID, e preferiremmo quello al volo di Cathay Pacific delle quattro e qualcosa. Arriviamo ai banchi, dove siamo solo noi e un tizio, e in men che non si dica siamo accettati a bordo. 8200, da brava aeronerd che non lo ammette, guarda su Expertflyer e nota che, in barbon, ci sono solo 4 sedili vuoti.


Arisbolognamo la valigia, aripassiamo controlli legali e di sicurezza, e arisiamo airside a HKG. Prima volta per me in questo aeroporto durante le ore di luce, per cui posso vedere cosa c’è fuori e, sorpresa delle sorprese, HKG ha un ponte tipo Gatwick.


Molto simpatica anche la soluzione per i gates:


L’imbarco di JAL è epico, e qui vi metto un allarme fanboysmo: io adoro JAL. Quattro gruppi, nessuno si alza a caso, tutto fatto con efficienza, tutti a bordo in cinque minuti cinque.

In cabina, i toni sono quelli che ricordavo: bianco, nero e bordeaux. Sedili amplissimi – JAL è l’unica al mondo a montare una configurazione 2-4-2 in Y, a differenza di tutti gli altri che fanno 3-3-3 sul Dreamliner – e pitch assolutamente dignitoso. Siamo in ultima fila, in due in una fila da 4, e stiamo benissimo.








Tutto è color granata, e all'improvviso vengo colto da una visione di un universo parallelo in cui JAL sponsorizza il Toro, in cui il Tsurumaru campeggia sulla maglia granata, in cui Urbano Cairo affetta il bunet colla katana... e li, ammetto, ho avuto un mancamento.

Meglio riprendersi. Informazioni di prammatica:




JAL non ha fatto fuori la rivista di bordo, meraviglia.


Ci sono pure informazioni utili come la mappa di CDG, che fa capire il livello di pazzia di chi l’ha progettato:


Il menù delle bevande:


E la lista della flotta. In questo viaggio prenderemo cinque tipi su otto.


Partiamo spaccando il minuto, con un tempo di volo previsto di meno di 4 ore. Più corto di un LHR-LCA che, alle nostre latitudini, viene fatto su un A321neo con interni carro bestiame [cit] e servizio sovietico.

Piccoli dettagli: salvietta umida e cartellino che dice che le latrine – con tanto di getto lavanatiche, NdR – sono di fronte.




Rancio, che si rivelerà esser pollo e miso soup. Buono per essere economy, e menzione d’onore per avere i gamberettini nell’insalata e il gelato.




Posate in metallo, da quanto non vi vedevo in Barbon?


E vi domanderete: ma dov’è l’alcol? Eccolo, eccolo.


Il resto del volo procede con efficienza. Sbaglio un secondo nel premere il pulsante di chiamata, e la capocabina si materializza di fianco a me, tipo genio della lampada. Atterraggio abbastanza ventoso, come di prammatica a Haneda, e siamo arrivati. Sono le 8 di sera, è buio, abbiamo preso una stanzina minuscola al Villa Fontaine di Haneda, ma siamo finalmente nella terra degli Onigiri e dei getti lavanatiche.




Continua!
 
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Capitolo secondo – HND-CTS

Ci eravamo lasciati a Haneda, e qui ci ritroviamo. Questa è la mia quinta visita in Giappone, 8200 non è dietro di molto, e abbiamo deciso di visitare gli angoli più reconditi dell’arcipelago. “Off the beaten path” è una frase molto abusata, specie quando il paese conta comunque 120 milioni di abitanti; diciamo, piuttosto, provincia.

Il primo obiettivo è Hokkaido e, per arrivarci, optiamo per un volo in standby con JAL per Sapporo New Chitose. Siamo listati sul JL511, e quindi il mattino di buon’ora prendiamo il bus navetta che, dal Terminal 3, porta al 2. Quivi arrivati troviamo una signorina di JAL che, in un nanosecondo, ci rifila due boarding pass per il volo – persino posti insieme – e ci indirizza verso un bag drop automatizzato. 8200 controlla di nuovo Expertflyer e, in Economy, non ci sono posti. Malgrado ciò siamo subito accettati a bordo. Meraviglia, per uno staffer.


I controlli di sicurezza chiedono due secondi. Tutto rimane in valigia, si passa in un attimo, ed airside ci sono panetterie, caffè, ristoranti tutto a prezzo contenuto. Si paga un piccolo premium rispetto ai prezzi di città, ma non stiamo parlando di £3 per una bottiglietta d’acqua o £8 per un panino di Pret. Se viaggiare fosse così anche da noi, lo farei molto più spesso.

Alla mia prima visita in queste lande, JAL volava coi 747 sul nazionale. Alla mia seconda, c’erano i 772 e 773; ora, gli A350.




Ciò che rimane immutata è l’efficienza. Gli aerei fanno turnround di 50 minuti/un’ora; gli imbarchi si fanno in 10 minuti netti. Non ci sono persone con tre valigie più sacchetto di Gucci, nessuno s’accalca ai gate. Torno a dire, tutto facile.


A bordo, il nostro A350-900 è organizzato in due classi. Una business che ricorda molto le premium eco sul lungo raggio:


E la classica economy con i sedili Recaro che sono comuni su tutti i 350 da Polo a Polo. Sorpresa, c’è pure l’IFE. Non me l’aspettavo.


Che ala, che winglet, che tutto.


L’IFE delle giapponesi è scarno, e sinceramente le cuffie fanno pena. C’è un canale in cui un gruppo di giovani virgulti, che immagino essere una qualche boy band locale, va a vedere la manutenzione di JAL. Capisco nulla, ovviamente, ma mi immagino un’alternativa britannica in cui gli One Direction (esistono ancora?) vanno a West Base per vedere gli hangar di Minor Maintenance di BA, il tutto mentre – in alto a destra – Simon Cowell guarda e commenta.


Dettagli del safety briefing di JAL molto utili: se non allacci le cinture ti spalmi, e se prendi la valigia durante l’evacuazione sei un asino e ti meriti corposi kitammuort dagli altri viaggiatori.




Stacchiamo precisi, ma poi si rimane fermi per un po’. Siccome JAL non è Biella Airways e ha speso quei tre spicci per le telecamere, possiamo vedere cosa succede. La traduzione in simultanea potrebbe non essere esattamente corretta, ma dà un’idea degli eventi.

“Piero! Oh, Piero! Ferma, ferma, qualcosa non va”.


“Pezzo di un deficiente, cosa dici?”


“Guarda, non vedi che c’è ‘sto coso?”
“Oh già. E adesso?”
“Per prima cosa, deficiente lo dici a tuo cognato. Secondo, chiama Giacomino”.
“Giacomino! Vieni che c’è un casino”
“Eh?”
“Vieni, vieni subito”



“’Catroia... c’hairaggione. Aspe’ che chiamo Maintrol”
[....avete raggiunto la segreteria telefonica di Maintrol. Siamo momentaneamente occupati a farci i cazzacci nostri. Lasciate un messaggio dopo il ‘bip’, non risponderemo]


“Aspetta... ma se io ‘sto coso lo giro così, ecco, vedi, non è che va apposto?”
“Giacomino vedi che sei un genio? L’ho sempre detto io alla Milena che non doveva metterti le corna”
“Aspetta, COSA?”
“Scusa devo andare c’ho il Komatsu da dispatchare, alla prossima eh!”



E così, dopo un quindici minuti di ritardo che causerà profonda costernazione dal cockpit, partiamo.








Il volo dura ben poco, appena un’ora e il tempo di servire un caffè. Non c’è cibo a bordo, e nemmeno buy-on-board, ma malgrado ciò nessuno dice “Sto morendo di fame”, nessuno apre un thread su Flyertalk, nessuno chiede di pensare ai bambini.

Dalla telecamera intravedo le verdi colline e i ricchi pascoli di Hokkaido.


Attracchiamo di fianco a J-Air, sussidiaria nordista di JAL che mi ricorda un po’ Bolsonaro. Jair... OK, vado.




Il terminal del New Chitose, che poi tanto nuovo non è, non è molto pieno. Siamo gli unici al nastro bagagli, e le valigie arrivano praticamente subito. Prima i premium, poi gli altri; la gente ha imbarcato colli minuscoli, un paio di borse di carta, cose così. Forse a non far pagare i bagagli, e a depositarli in fretta, si riesce ad evitare che le cappelliere siano strapiene.

Sia come sia, usciamo e andiamo a cercare gli uffici dell’autonoleggio. Ci mandano su un bus il cui autista è protetto da una tenda tipo doccia.

Continua con Hokkaido nel weekend.
 

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Capitolo Terzo. Hokkaido

Prendere un’auto a noleggio da Toyota Rent-a-Car richiede la stipula di un numero di carteggi impressionante, manco stessimo per accordarci sulla spartizione della Bessarabia. La signorina, però, è gentilissima e parla un buon inglese (nota a margine: dappertutto, mi sembra, la dimestichezza e la voglia dei giapponesi di parlare l’idioma albionico è incrementata). Alla fine, deciso tutto, veniamo accompagnati a questa, invero ottima, Toyota Corolla SW che è già stata impostata in inglese. Mai capirò come mai il muso e il culo abbiano loghi diversi, vedere per credere.




Consiglio spassionato: se verrete mai a guidare in Hokkaido, risparmiatevi gli x-mila yen del Telepass e dimenticatevi le autostrade. Per prima cosa vi eviterete un suono, a metà tra la sirena dello Stuka e l’allarme anti-tsunami, ogniqualvolta spegnete il veicolo (urlo emesso dalla macchinetta del Telepass nipponico). Secondo aspetto, non meno importante, è che le autostrade di Hokkaido hanno per la maggior parte limiti degli 80 km/h e UNA corsia per senso di marcia. Se c'è un inferno per il bauscia milanese col Porsche tagato Ticino, dev'essere qualcosa di questo tipo.


Meglio, molto meglio, girare sulle provinciali. Traffico scarso, viste, pochi tunnel e… sono gratis.


È la nostra prima volta “in provincia”. Hokkaido ha grossomodo le stesse dimensioni dell’Irlanda e cinque milioni di abitanti; per gli standard giapponesi, parliamo di un posto quasi spopolato.

L’impressione è di essere ovunque tranne che nel Sol Levante. Guidiamo in un paesaggio colto verso la fine dell’estate, in cui foreste di betulle e abeti si alternano ad allevamenti di mucche dall’aria veramente canadese. Solo i minuscoli macinini giapponesi ricordano dove siamo.


Siamo diretti a Kushiro, una città industriale a 300 km di distanza da CTS; ad un certo punto, esasperati dall’autostrada – una corsia, traffico, non un autogrill a pagare – decidiamo di uscire e di puntare verso il mare, immaginandoci una simpatica guidata lungo il Pacifico al tramonto, ma così non è. La strada arriva al livello dell’acqua solo per poco, e anche i paesini sembrano quasi restii ad arrivare al bagnasciuga. Ci chiediamo come mai, e la risposta non tarda ad arrivare: su ogni palo della luce, su ogni palo che indica dov’è la strada, c’è un segnale ad indicare quanto alti sul livello del mare siamo in caso di tsunami. Se il livello scende sotto i 4 metri, il cartello è di colore rosso.


Dicevamo appunto dei paesi, prima. Il Giappone si sta spopolando, come sappiamo, e in giro leggevo che ci sono all’incirca 2 milioni di case abbandonate; bene, guidando verso Kushiro iniziamo a vedere gruppi di edifici evidentemente vuoti: tetti che hanno dato via, muri in metallo arrugginito, finestre velate da giornali ingialliti. La costa che dà verso il Pacifico, da cui arrivano gli tsunami, inizia ad avere un’aria molto remota, quasi da Pacific North-West.


Arriviamo a Kushiro che è già buio pesto. Dormiamo in un hotel che è l’equivalente di un Travelodge giapponese, o un Hotel F1 come li trovi in Francia… solo meglio. La città conta 150mila abitanti, ma sembra più vuota. Troviamo un ristorante e iniziamo la prima di tante ordinazioni fatte a caso e con Google Translate. Ne viene fuori una bella cena, e diventiamo semicelebrità nel ristorante. Al momento di andarsene tutti – staff, il mammasantissima dietro al registratore, gli altri avventori – ci salutano con sventolamenti di mani e inchini.




L’obiettivo di questi giorni è di avvistare una gru della Manciuria, quella che i giapponesi chiamano Tanchōzuru. Animale magnifico, noto per le sue danze invernali, simbolo del paese – è stilizzato sulla coda di JAL – e, ovviamente, cacciato fino quasi all’estinzione. Hokkaido, remota com’è, è l’ultimo fortino per questi splendidi volatili.

Giriamo come trottole nelle paludi di Kushiro alla ricerca dell’elusivo tanchōzuru. Camminiamo attraverso canneti, su e giù per colline, punti di osservazione, quel che vi pare… niente.






Delusi prendiamo la macchina e puntiamo verso Furano, dove abbiamo trovato un hotel. Mentre passiamo l’ennesima combo di allevamento vacche + risaia 8200 caccia un urlo belluino. Sono loro, le gru.


Letteralmente a fianco degli uomini, nei campi. E, dopotutto, come biasimarle; il raccolto del riso è appena finito e si può gozzovigliare con i rimasugli.


Passiamo il resto della nostra permanenza basati a Furano. Il paesello conta ventimila abitanti all’interno di un’ampia vallata dove d’estate si coltivano riso e fiori e d’inverno si scia. Qui, pare, la neve la contano a metri (cinque). Arriviamo attraverso strade tortuose e buie; nell’avvicinarci al paese veniamo sorpassati da un trenino JR, uguale uguale alla Yamanote ma con solo una carrozza, come nel film Spirited Away di Miyazaki.






Furano ci piace immediatamente. La cittadina è florida, e la valle piena di vita: tutto il contrario della costa. I bambini vanno in bici a scuola, i postini ci danno una mano a spedire due cartoline, e diventiamo habitués al Kodayama Soba Noodle shop, un ristorante dove si mangia da Dio e, se va bene, si spendono £30 in due contando due giri di birra. È sempre rischioso fare i ragionamenti che sto per fare quando non si parla la lingua e si è solo dei visitatori, ma la vita in provincia in Giappone mi garba e pure tanto.
















In più, possiamo ammirare gli atteggiamenti dei giapponesi, come per esempio qualsiasi cosa stia facendo questa signora.












Approfittiamo degli ultimi scampoli della stagione estiva per andare a fare un trek sulla montagna più alta di Hokkaido, Asahidake. Il parco nazionale in cui è situata, Daisetsuzan, è noto per avere una grande popolazione di orsi e non stiamo parlando di Winnie the Pooh. L’orso dell’Ussuri è parente stretto del Kodiak e del Grizzly e gli Ainu, il popolo indigeno di Hokkaido che ha fatto la fine che fanno tutti i popoli indigeni quando incontrano una società industrializzata, lo veneravano come manifestazione divina.

Vabbè, ci diciamo, cosa vuoi che sia, mica saranno tutti qui. O così ci dicevamo prima di arrivare al centro visitatori del parco nazionale.




Meglio concentrarsi sui brutti ceffi umani ricercati a livello nazionale, và.


E sperare nell'intervento delle forze armate, ops, delle forze di autodifesa giapponesi.




La camminata va benissimo, malgrado le temperature non esattamente alte e il vento forte. Come in Italia, salutiamo tutti gli altri trekker, le cui età variano dai 10 agli 80. In tanti si fermano a parlarci, specie i più giovani. Ricordavo un Giappone diverso, più timido, più chiuso. Quella Narita dove i locali avevano, spesso dei segni all’ingresso che dicevano “No Foreigners” sembra molto distante.










Non vediamo un orso che sia uno, ma ben due ungulati, e meglio cosi.


Infatti, l’unico momento di pericolo viene il giorno dopo, quando manchiamo per due secondi (sentiamo il botto) questo incidente dalla dinamica che ancor oggi mi perplime.


Chiudo il nostro periodo a Hokkaido con un effetto atmosferico. Unkai, che i prosaici tradurrebbero come inversione termica. In soldoni, una situazione in cui a valle trovi una chilata di nuvole e sopra il cielo è terso e la temperatura tiepida. A quanto pare, in una valle a circa un’ora di distanza da Furano, c’è un posto dove l’unkai capita spesso, e la stagione sciistica che è sorta lí nelle vicinanze offre una funivia per arrivare sopra alle nuvole.

8200 scruta il sito web come una civetta e, un bel giorno verso la fine del nostro periodo a Hokkaido, scopre che il giorno seguente è propizio. Per cui sveglia ben prima dell’alba, guidata a passo allegro in una nebbia così fitta che mi sembra di esser tornato a Vercelli e siamo qui.


Ci sono altri duecentomila giapponesi, ma l’esperienza non è paragonabile a una situazione simile in Europa. Di norma ci verrebbe subito voglia di Gulag per buona parte degli astanti, ma non qui. Anzi.


Concludiamo la nostra visita a Hokkaido con la riconsegna della fida Toyota dopo 600 chilometri, e andiamo a Sapporo per una buona boccia di ramen. Pare che il compiantissimo Anthony Bourdain fosse qui – o, meglio, fosse in The Here.


E, con questo tram al tramonto, mi commiato per oggi. A presto per il prosieguo, grazie per leggere ‘sto pippone.



 
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10 voli! hhhiiiiihhhhhhhh...British Airways!...hhhhhhuuuhhhhhhhh... JAL! hhhhhheeeehhhhh... Japan Transocean Airlines! ...hhhhaaaaahhhhh...Ryukyu Air Commuter! hhhhhhssssshhhh.... A350! ....hhhhhhuuuuuuhhhh... Q400!.....hhhhhhhggggghhhhhh...
Senza dimenticare le manate sul tavolo!

Sappi che ti sto odiando tantissimissimo.

DaV
:D

Mi sento di quotare. E rinnovare l'odio.

DaV
Doppio :D
 

londonfog

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Londra
Veramente molto interessante. Io sono stato in Giappone egli anni 80 (da NYC) per lavoro e a parte Tokyo ho solo visto Kobe, Kyoto e qualcosa a sud di Tokyo. Mi hai fatto rimpiangere le occasioni perse.
 

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Capitolo Quarto: intermezzo alpestre

Il secondo caposaldo della vacanza è dedicato alla regione di Chubu: terra di montagne, città antichissime, villaggi degni di un anime e quant'altro. Ma andiamo con ordine.

Siamo a CTS, e dobbiamo andare a KMQ. Ci sarebbe un volo diretto con ANA alle 2 del pomeriggio, ma essendo uno standby decidiamo di volare via HND con JAL. Prendiamo uno dei primi voli della giornata, JL500, CTS-HND.


Mentre siamo in coda all'ufficio biglietteria notiamo come tutti gli addetti, entrando in ufficio, facciano una mezza piroetta verso l'area passeggeri, si inchinino, e poi entrino. Riesco proprio a immaginarmi quelli di BA a LHR a fare lo stesso.

Il terminal di CTS è a forma di mezzaluna, con i widebodies che attraccano su lato esterno. Luce naturale a bizzeffe in questa tersa mattina di primo autunno:


il nostro 350 è già qui.


ANA, invece, usa ancora i 777-200.


Imbarco al solito efficientissimo. Stavolta abbiamo due posti separati, 30 e 31E, anche perchè il volo è ancora una volta strapieno.


Dalla telecamera di coda vedo che abbiamo usato due jetties. Per un volo nazionale. Con un turnround di un'oretta scarsa. Ancora una volta, provo ad immaginarmi una cosa simile a LHR e non ce la faccio.


Decollo rapidissimo:


Dopodichè nuvole a frotte su Tohoku, e infatti piove a dirotto sulla capitale.








Taxi, attracco al T2, ritiro valigia: il tutto in 15 minuti scarsi. Ritorniamo al lato partenze, nuovo check-in standby, nuova boarding pass, nuovo check-in della valigia. Mezz'ora dall'atterraggio ad Haneda e siamo a vedere il negozio delle mercanzie aviatorie, in cui si trova un ben poco verosimile kit di BA (poco verosimile in quanto contiene scale, coni e un bus intonsi. Chi li ha mai visti?)


Andiamo airside e mi casca l'occhio sulla nuova carta d'imbarco. Non so se si vede, ma a destra c'è scritto "Operation: JTA"


Japan Transocean Air, la subordinata basata a Okinawa preposta ai servizi aerei nelle isole Ryukyu. Ci voleremo a breve, ma trovarla già ora è una bella sorpresa. Volevo provarla da anni, ed eccoci qui! Penso, forse, una prima sul forum.

Non riesco a fare foto al velivolo, che è un 737-800NG, per cui eccoci a bordo. Business in setup 2-3:


E barbon nella piú classica 3-3.


Il pitch è abissale. In basso ci sono porte USB-A e -C, già accese a terra.


Il magazine è solo in giapponese:


Ma le rotte si capiscono ugualmente.





Il volo è pienotto, e siamo separati dal corridoio, ma uno degli assistenti di volo - agghindati in camicie a motivi floreali - ci dice che dopo il decollo possiamo spostarci in una fila piú indietro, dove possiamo sederci vicini.


Il volo dura quaranta minuti d'orologio, abbastanza movimentati causa turbolenze.


Arrivati a Komatsu, altrimenti nota come la città delle ruspe. Ricordatevi quegli hangar, li rivedremo poi.


A KMQ tutti i nastri bagagli sono agghindati con un piccolo T-rex. Il motivo lo ignoro.


Ci basiamo a Kanazawa, una città invero deliziosa, che se solo avesse un tempio dedicato alle volpi sarebbe in tutto e per tutto una piccola Kyoto. Ci tornerò. Nel frattempo eccovi una breve carrellata serotina, col tramonto che ci coglie nel quartiere dei samurai.






Takamazzo prepara i soffritti per una cena di alta cucina italiana:


Cala la sera, e si fa ora di andare a mangiare:








Menzione d'onore per questo simpatico signore dall'acconciatura rockabilly che se ne va in giro sul carrello elevatore. La menzione non è tanto per il mezzo, o la zazzera, quanto per il gilet. Dotato di due ventoline tipo computer, è il primo caso di giubbetto ventilato per lavoratori pubblici che ci capita di vedere e siamo, ovviamente, estremamente impressionati. Li vedremo in seguito in ogni dove, e sto seriamente pensando di esportarli in Italia una volta adeguati alla corporatura e al rateo bestemmiatorio dei muratori bergamaschi.


Se siete a Kanazawa, fate la coda per Ramen Uigusu. Prezzi politici, cibo EPICO servito in ciotole altrettanto epiche, vedere per credere.




Da Kanazawa andiamo ad Ainokura, villaggio nella zona di Gokayama famoso per le case gassho-zukuri. Per arrivarci prendiamo lo shinkansen Hokoriku, che porta fino a Tokyo. Tre treni l'ora, mentre in Inghilterra Rishi Sunak ha appena cancellato la HS2 fino a Manchester. Qui ci sono Shinkansen in ogni dove; in UK, pagheremo 40 miliardi per 225 km di linea da Acton (chè non s'è ancora capito se arriverà fino a Euston) a Birmingham. Mah.








A seguire torpedone che s'infila in montagne ripidissime e foreste impenetrabili, fino a lasciarci all'angolo di un tornante. Scendiamo, cala il silenzio, e quasi pesto lui:


Siamo veramente lontani da Shibuya crossing. Siamo qui:


Ainokura è un paesino di 100 anime e 40 case. Gassho-zukuri è un tipo di abitazione con tetti di paglia costruite per resistere alle copiose nevicate che cadono da queste parti. Al piano terreno stanno le famiglie, a quelli superiori le provviste e i bachi da seta. Solo due valli hanno case di questo tipo, e questa è la valle piú remota. Buona parte delle Gassho-zukuri in questo villaggio sono adibite ad hotel, ma qui ci sono ancora famiglie, bambini, aziende agricole.












Il rischio d'incendi è ovviamente elevato, e in caso di problemi esiste un sistema che puó coprire l'intero villaggio di acqua:



Gli avvisi per gli orsi pullulano, così come i consigli di tirare una corda collegata ad una campanella che, sembrerebbe, ha il potere di far volare via le bestie.


Dormiamo poco più a valle, nel paesino di Gokayama, e il giorno dopo ritorniamo a prendere il bus. Se non fosse che, purtroppo, il bus non sembra passare. Inganno il tempo fotografando insetti, incluse le libellule che sono numerosissime. Dopo aver insegnato a 8200 il nome piemontese per libellula (pista pistun) e dopo aver disquisito per un po' sulla sua etimologia, cadiamo in un silenzio abbastanza affranto. Il bus che non si palesa è qualcosa che uno si aspetterebbe ovunque tranne che in Giappone.




Passa una mezz'ora, e siamo sempre lì, sulla strada principale di Gokayama. Alla fine, arriva una Mazda. A bordo un signore di mezza età che parla solo giapponese. Prova a chiederci qualcosa, poi tira fuori Google Translate e, aiutato dai potenti mezzi di Mountain View, ci chiede se aspettiamo il bus. Sì, diciamo noi. Beh, l'ha visto più a monte, con due ruote squarciate e il povero autista a scorrere il calendario dei santi shintoisti, e se ci va ci accompagna volentieri a Jōhana, da dove partirebbe un comodo trenino per Takaoka, dove ci aspetta lo shinkansen. E così rimediamo un passaggio fino alla gradevolissima stazioncina di Jōhana, dove ci aspetta questo trenino:




Ci vuole un'oretta per percorrere il breve tragitto fino a Shin-Takaoka, un'oretta di vero e proprio idillio campestre.






Anche se il pericolo è sempre in agguato:


Alfin tornammo a Komatsu, dopo tre giorni veramente belli, pronti a calar a sud, nella parte subtropicale dell'arcipelago. Ma vi avevo promessi degli aerei militari e, no, il buon Jambock può star tranquillo. Non si trattava solo di quei tre miserrimi elicotteri.


Continua, penso, domani sera.
 

13900

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Spero non siano solo gli elicotteri :)
Oh no, proprio no.

Veramente molto interessante. Io sono stato in Giappone egli anni 80 (da NYC) per lavoro e a parte Tokyo ho solo visto Kobe, Kyoto e qualcosa a sud di Tokyo. Mi hai fatto rimpiangere le occasioni perse.
Probabilmente avrai visto Kamakura, a sud di Tokyo. Effettivamente c'è un sacco da vedere, e penso che noi torneremo di nuovo a breve.
 

Jambock

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Ma le rotte si capiscono ugualmente.

Hanno anche un mini dirigibile? 😂 :D


Alfin tornammo a Komatsu, dopo tre giorni veramente belli, pronti a calar a sud, nella parte subtropicale dell'arcipelago. Ma vi avevo promessi degli aerei militari e, no, il buon Jambock può star tranquillo. Non si trattava solo di quei tre miserrimi elicotteri.

Domo arigatou 13900-san
 
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Capitolo Quinto. Le Forze di autodifesa.

Dicevo, nel mio intro alla Baffo, che ci sarebbero stati aerei militari. Ed eccoci qui.

L'aeroporto di Komatsu, così come tutti gli aeroporti giapponesi d'altronde, ha una terrazza panoramica per veder gli aerei. Usanza oltremodo civile, questa, e qualcosa che dovremmo introdurre anche nel resto del mondo.

Siamo qua per il primo dei voli 'commerciali' del giro, un KMQ-OKA-ISG acquistato con gli Avios e operato di nuovo da JTA, per cui nessun problema di posti a bordo. Facciamo check-in, la sacca viene taggata fino a Ishigaki e, così alleggeriti, decidiamo di andare a vedere che aria tira in terrazza. Fuori una mezza dozzina di persone, tra cui i soliti giapponesi dotati di ottiche megagalattiche, e noi.

In piazzale poca roba, o meglio un solo mezzo.


La situazione è talmente grama che Carlo medita di immolarsi dentro il PW1100G che propelle questo A321neo.


Fortunatamente Saverio e Walter accorrono, in guanti bianchi e caschetto, a prevenire la tragedia.

"Carlin, non farlo! Pensa alla famiglia. Oltretutto questo è l'unico A321 coi PW che funzionano, pensa all'azienda!"


Strappato ai suoi cupi pensieri, Carlin partecipa al pushback e poi è li a salutare il capitano Yoshimizzu sventolando la manina.


Arriva anche un Q400 della subordinata ANA Wings. Tra questa, Air DO e Solaseed va detto che ANA dà dei nomi un po' strani a quelle che, in gergo politico, chiameremmo le truppe cammellate.


Dalla platea, però, sento Jambock rumoreggiare. Fuori gli aerei in grigioverde!

Ed eccoveli. Partito il saltafossi a pedali made in Canada, si sente un rombo di quelli potenti. Ci giriamo tutti, i giapponesi brandiscono i loro telescopi...


Ed ecco il primo F-15. Mamma Wikipedia mi informa che la JASDF, Japan Air Self-Defence Force, ha 155 F15J (dicansi centocinquantacinque) fatti dalla Mitsubishi su licenza. È bello pensare che la Mitsubishi produca la Colt e gli F15. Qui a Komatsu c'è, infatti, una grossa base dell'aeronautica (dopotutto Russia/Nord Corea/Cina sono a uno sputo di distanza) e, questo scorso agosto, pure l'AMI è venuta da queste parti con un paio di F35 ed altro.

Comunque, eccolo ad atterrare.


Un momento dopo, è l'arrivo di un biposto che, sempre stando a Wiki, appartiene alla versione F15DJ dotata, pare, di doppio giradischi più crossfader della Pioneer.


Sotto l'ala vediamo anche un rosso missile pronto a lanciare komunismo a ripetizione. Come potete vedere, ne so tantissimo di aerei militari.


E poi eccone un terzo. (NdR: abbiamo visto tre ondate di arrivi ed atterraggi, per cui le foto sono un po' mischiate).


E qui parte della linea di volo, con altri F15 pronti all'uso, più un timidone che si nasconde nell'hangar.


Ecco passare un T4 che, come suggerisce il nome, fa le scuole guida.


Il pilota, però, è da solo e va in giro con la capote alzata da tamarro.


Nel frattempo, due dei monoposto tornano all'ovile.


Ed eccolo a partire.


Sarò una capra in materia, ma so che i giapponesi sono usi dipingere i loro aerei con livree speciali al limite del tamarro, e speriamo di vederne una. Chiedete e vi sarà dato, risponde la JSDF, ed ecco infatti apparire questo F15J che, purtroppo, però non spiccherà il volo.


Un momento di pausa, ed ecco che c'è di nuovo movimento. Un altro Diggei in decollo:


Seguito da un monoposto.






Sentiamo un frullar di rotore, ed ecco anche un Black Hawk:


E, infine, qualcosa cui siamo più abituati: il 737 di Transocean. Ora di andare airside, i Tropici ci attendono.

 

Jambock

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Sempre uno spettacolo vedere e sentire gli F15!

Che bello poter vedere gli aerei militari così, su una terrazza ufficiale dell'aeroporto, e non dover farlo "di nascosto" in mezzo ai campi di mais 😂
 

londonfog

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@13900
Quando ero al liceo (praticamente prima delle guerre puniche) la maggior parte degli aeroporti aveva la terrazza visitatori. LHR aveva quella ufficiale sul tetto del vecchio T2 e quella ufficiosa all'ultimo piano del parcheggio sosta breve fra il T2 e il T3. La vecchia Malpensa l'aveva dopo il ristorante, c'era a FCO (da bambino se avevamo coincidenze lunghe nel VCE-FCO-NBO una visita alla terrazza era un premio se non rompevo troppo le scatole), a RMI (che negli anni d'oro della riviera romagnola era fra i primi cinque aeroporti italiani come volume di traffico) era una vera e propria attrazione turistica con altoparlante che annunciava arrivi e partenze.
Poi e' arrivato il terrorismo.
 
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Capitolo Sesto. Miyakojima

Giù, in fondo alla catena di isolette che sta alla fine del Giappone, quasi a sottintendere un misterioso ponte di terra tra il Sol Levante e Taiwan, ci sono le Ryukyu. E, tra loro, Miyako. La nostra prima isola tropicale in questa vacanza.

Ritemprati dalla vista di F15 e quant'altro, ridiscendiamo nelle viscere del Komatsu international, non prima di aver visionato il negozio di materiale aeronautico. La produzione si compone per il 50% di revanscismo nipponico e per il rimanente 50% di roba alla Hello Kitty, e questo che, ammetto, non ho avuto il coraggio di provare.


Il nostro mezzo, JTA diretto per Okinawa OKA, è in ritardo di mezz'ora. Intollerabile! Pretendo almeno un inchino, e magari un harakiri.


Saliamo a bordo, e a lato eccone un altro diretto di nuovo ad Haneda.


Rivedecci, signò, tante care cose.


A bordo, con la parte di bisnis in fronte:


JTA offre l'Internette gratis, e va pure bene.


Passiamo sopra a Okinawa e, per allinearci sulle piste di OKA, facciamo una specie di circumnavigazione dell'isola in sè. Il pensiero corre ovviamente ai terribili fatti del 1945. Dall'alto, Okinawa sembra una specie di Liguria tropicale, con montagne ad alzarsi pressochè immediatamente dal mare. La guerra, qui, dev'essere stata tremenda. Centinaia di migliaia di civili delle Ryukyu - tra l'altro trattati come pezze da piedi dal governo imperiale, assimilati a forza nel modo di fare del Giappone 'mainland' e usati come schiavi - e soldati d'ambo i parti morti. Mentre passiamo sopra a quest'isola non possiamo fare a meno di pensare a quanto sia stupida la guerra. Il pensiero corre al paese a poca distanza da qua, a quella Taiwan sotto assedio dalla Cina, e speriamo che non scoppi veramente un conflitto. Mancano solo poche settimane all'orrore nel sud d'Israele e Gaza.


Atterriamo in uno splendido pomeriggio in un aeroporto che si rivela un gioiello.


Sky... ma non era fallita?


Il transito si compie in un secondo, il tempo di uscire dall'ottimo 737 di JTA. OKA è un aeroporto rilassato; fuori tramonta il sole, dentro c'è musica soft e orchidee.




Arriva il momento di provare una Orion, la birra di Okinawa...ma la vera scoperta è lo Spam. Sapevo che fosse popolare nelle Filippine, e chi non è stato da Jollybee (immaginatevi un McDonald's gestito da gente sotto MDMA) ma qui?


E, soprattutto... lo spam onigiri? Datagli una scaldata al microonde, è una meraviglia. Credetemi.


Comunque, arriva il secondo volo della giornata, stavolta per Miyakojima, come dicevamo. Il 737 ha una nutria dipinta sulla winglet per motivi sconosciuti ai più. O forse è il Bisteccone Galeazzi dei conigli. Vallo a capire.


Passiamo in rassengna altri F15, una turba di P3 Orion - chiamati come la birra, per l'appunto - con alcuni che si preparano per una missione, e mentre decolliamo vediamo altri F15 fare lo stesso. È il tramonto, e si vedono le fiamme dei postbruciatori.












Il volo è tranquillo, ed all'atterraggio siamo accolti da una sala bagagli dotata di un nastro e due acquari, eccone uno.


Miyako si rivela una sorpresa. 50mila abitanti, una cittadina abbastanza tranquilla, campi di canna da zucchero, un caldo che nemmeno Santhià a giugno, e mare incredibile. Coralli, pesciolini, paguri e hermit crabs ovunque.






Vedete il viadotto? MIyako è collegata con altri isolotti con questi ponti, che decidiamo di percorrere con delle bici a noleggio gentilmente offerte dall'hotel.




Decisione funesta. I ponti sono abbastanza elevati, fa un caldo terrificante ma, soprattutto, le bici sono giuste per un pigmeo. Le usiamo comunque per un paio di giorni, anche perchè la ricompensa è composta da spiagge cosi:






Fuori da ogni casa campeggiano questi strani animali che hanno il compito di allontanare gli spiriti maligni:


Dopo qualche giorno arriva il momento di lasciare Miyako e la sua atmosfera indolente. Salutiamo i pescatori, e quella schifezza del mio velocipede, e torniamo in aeroporto.



 

13900

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Capitolo settimo. Ryukyu Air Commuter, Ishigakijima e JAL.

RAC e' una delle sussidiarie di JAL che piu' mi intriga. Hanno una flotta di Bombardier Q400CC e fanno soltanto voli tra le isolette del sud del Giappone. Il nostro MMY-ISG, lunghezza a malapena 200km, prendera' poco piu' di mezz'ora.

Il giorno della partenza e' uno piovoso, per cui la solita terrazza aeroportuale e' abbastanza deserta.

Arriva un 767-300 di ANA, ovviamente da Haneda.


Un 737 sempre di ANA se ne va per Okinawa, con ossequi ed inchini da parte dei rampisti. Ancora una volta, m'immagino BA farlo a LHR.


Arriva un frullino RAC, che immaginiamo esser il nostro, per cui scendiamo a fare i radiogeni e quant'altro. Anche qui non serve tirar fuori liquidi e computer. Isola remota del Giappone 1 - Heathrow 0.


Una cosa che non ho capito di JAL e' questa: spesso e volentieri i rampisti si mettono in questa posizione. Immagino ci sia un motivo, ma quale... non so.


Noterete la livrea colorata... E' uno dei 737 che raffigurano lo squalo balena, animale che gira dalle parti di Okinawa. Volevo proprio vederne uno, e alla penultima occasione... eccolo qua. Immaginiamoci un mondo parallelo in cui ITA ha una sussidiaria basata a Biella-Cerrione con un pescegatto, o un bel cavedano, pittato sulla fiancata dell'A320.


Arriva il momento dell'imbarco; siamo all'incirca 10 a bordo.










Il servizio si compone di una caramella e l'assistente di volo, venutasi ad assicurare che non parliamo giapponese, fara' la parte in inglese solo per noi.

Pronti via, siamo in aria. Ciao Miyako!






E benvenuta Ishigaki. A differenza di Miyako, l'isola ha delle colline - alte fino a 500 metri. Invece della canna da zucchero qui si coltivano ananas e manghi e, ovviamente, c'e' un acerrimo campanilismo tra le due.






Arrivati.


Non vi annoio con troppe foto da Ishigaki; prendiamo due altre bici, che se possibile sono ancor piu' fetenti di quelle di Miyako, e giriamo un po' tra spiagge della Madonna, piantagioni di riso in cui si specchiano le montagne, e ottimo cibo. Qui i ramen sono spesso preparati al modo vietnamita, freddi e leggermente piccanti, e sono una delizia. Prendiamo un battello per Takatomi e, li a bordo, c'imbattiamo nell'unico non-giapponese dell'arcipelago: un ragazzo bresciano. Alla sera pedaliamo giu' dalla casa che abbiamo preso per andare a vedere il tramonto qui:




In compagnia di questi granchietti dalle chele blu.


Dopo quasi una settimana cosi', purtroppo, arriva il momento di rientrare. Ma anche questo lo faremo lentamente.

ISG ha, come sembra d'obbligo a queste latitudini, un acquario.




L'aeroporto e' abbastanza moderno, e i servizi sono frequenti. Pare che ci siano anche dei servizi per Taiwan e Hong Kong che, dopotutto, sono rispettivamente a 30 minuti e 3 ore di volo. Niente per la Cina, per ovvi motivi. In porto a Ishigaki ci sono una decina di navi della guardia costiera, dipinte di bianco per non suscitare timori, ma comunque lunghe come un traghetto e col cannone a prua. Le Senkaku, gruppo di scogli su cui Cina e Giappone si prendono a borsettate da anni, sono anch'esse a poca distanza.


Diamo un triste addio a RAC e JTA; oggi si vola di nuovo su JAL, con un 763, e anche questo sara' l'ultimo volo del viaggio con loro.


I 763 JAL sono senza IFE, ma hanno wi-fi gratuito.


Malgrado gli Shinkansen, le rotte JAL sono abbastanza capillari:




Qualora v'interessasse il bricolage e il legno di balsa:


Anche oggi, sara' che e' lunedi', il volo e' vuoto. Imbarco in tre minuti secchi, pushback in due e siamo in aria subito dopo.




Un ultimo sguardo alla barriera corallina, prima di infilarci nelle nuvole.


Quando riemergiamo e ripesco la macchina per fare una foto, siamo qui.


Continua con l'ultima tappa a presto.



 

aamilan

Socio AIAC
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17 Luglio 2008
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spettacolo. Il Giappone rientra tra i paesi che vorrei visitare (se non lavorassi e basta) :)