KIEV—KHARKIV
Alla mia domanda sullo stato attuale delle cose a Kharkiv (chiaro che basta farsi un giro sulla rete, ma stavolta potevo approfittare di preziose “first hand information”), il giornalista americano risponde, senza “BS” di sorta, con le seguenti parole: “If you fancy hearing explosions, seeing destroyed buildings and being awake at night, then go. And if a missile lands on you, there’s not much you can do anyway.” Sembra, inoltre, che inizino a scarseggiare i beni di prima necessità.
Chiaro.
Sala principale della stazione di Kiev.
L’organizzazione del viaggio si rivelerà molto più semplice della precedente odissea da Varsavia, sono circa 7 le ore che separano la capitale da Kharkiv, Intercity Plus del mattino, stesso modello di treno che opera sulla Przemysł—Kiev.
Armato di pane e coraggio, libro, un messaggio di un’Amica (capital “A” in purpose) nonché ex-collega israeliana (“I’m in tears, please don’t go” — manco fosse
mi nonna!) e, last-but-not-least, un santino di Toni Capuozzo, mi accingo a salire.
Pochissimi i passeggeri nel mio vagone, la sfiga vuole tuttavia che spunti una signora americana che,
obviously, dovrà farsi notare: si lamenterà della sua colazione, immagino la “breakfast bag” preparata dall’hotel per il check-out al mattino presto (“Fruit only?! No sandwiches?! This is outrageous!”) per poi pronunciarsi, generando emissioni sonore ben oltre i limiti di legge, su una probabile offensiva russa nei giorni a venire al fine di “riprendersi” la città (Scoop! You’ve heard it here first…); i suoi accompagnatori (un teutonico ed una ragazza ucraina) dovranno sopportarla fino alla fine, anche se pure quest’ultima sarà al telefono in loud speaker per gran parte del viaggio.
On-board.
Sedile comodissimo e reclinabile.
Per la cronaca, il Wi-Fi non funziona, tuttavia c’è Vodafone che ha un’ottima copertura (4G nearly all the way).
Vista sul Nipro (voglio un ringraziamento per il mio crescente impegno volto all’utilizzare i nomi italiani, sto facendo ripetizioni da
@Flyfan by the way…).
Fauna locale.
Tappa al vagone bar per un “caffè”. In Ucraina vige il divieto di vendita di ogni tipo di bevanda alcolica fino alle 11 del mattino. Non che volessi una Centerba alle 7 del mattino ma giorni fa sono andato al supermercato per un po’ di spesa (tra cui birra tedesca introvabile in mezza Europa) e sono stato involontario (o mica tanto) protagonista di un siparietto piuttosto imbarazzante: la cassiera mi dice che devo attendere 5 minuti (senza spiegare il perché, evidentemente lo dava per garantito), fila enorme, io “fermo al palo” con tutti che mi guardano ed un signore che si lamenta con la cassiera stessa sul motivo dello stallo, con lei che risponde: “Alcool”. Insomma, quei momenti dove vorresti avere il pulsante che ti fa scomparire nel nulla.
Detto ciò, la vista dal finestrino si rivelerà piuttosto monotona, a parte le varie stazioni di passaggio.
Tagliacozzo o Vicovaro Mandela?
Continua.
G