[OT, Parte I] – Samarcanda
Riabbracciato – maschiamente, ci tengo a precisare – Dancrane, è il momento di andare a Samarcanda. Il problema, però, è come. Le ferrovie uzbeke hanno evidentemente chiesto lumi ad un nostro forumer, in quanto hanno sì otto treni al giorno tra Taškent e la città della via della Seta, ma 4 sono tra le 7 e le 9 di mattina, e gli altri 4 tra le 18.00 e le 22.00. Evidentemente orari ottimi per l’utenza
business. L’alternativa è andare al mercato delle macchine e trovare un passaggio su una complice
marshrutka.
Posto dinanzi al dilemma, la direttiva di Dancrane è chiara, un
”Beh, fai te” che mi riempie d’orgoglio per la fiducia affidatami. Evitiamo la solita gang dei tassinari più o meno abusivi e saltiamo su un bus che, per caso o per forza, ci porta alla stazione. Qui un solerte milite ci accompagna, senza nemmeno chiedere un po’ di
baksheesh, in biglietteria, da cui usciamo con un paio di biglietti per il treno delle 18.00, arrivo previsto ore 22.00. Non rimane che darsi all’alcol.
Fatto ciò, siamo in stazione con largo anticipo. La sorpresa è che non ci sono i numeri dei binari, e l’unico modo per trovare il proprio treno è chiedere in giro. In un modo o nell’altro siamo pronti, e saliamo sul potente mezzo che farà Taškent-Samarkand-Nukus-Kyzylorda-Aralsk-Aqtobe-Volgograd. Dancrane è in visibilio, gli interni gli ricordano i suoi viaggi di gioventù e nemmeno la mia meraviglia al fatto che ai tempi esistessero già i treni riesce a fargli cambiare umore.
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Dancrane sembrava molto interessato da questa cassapanca. Non so come mai.
Nell’attesa, guardo la gente.
Partiamo, e mentre Dancrane fotografa ciò che passa per i finestrini…
Foto Dancrane
Foto Dancrane
…io faccio amicizia con un triumvirato di giovani, incluso un karakalpak, un gruppo etnico cugino dei kazaki, basato nella landa più desolata e devastata del paese, il Karakalpakstan. Gli altri sono uzbeki, incluso il ragazzo coi piedi più puzzolenti dell’intero universo.
Arriviamo e prendiamo possesso della nostra camera; l’hotel dispone di una terrazza in condono, dalla quale si vede, nella fresca serata di Samarcanda, la splendida moschea Bibi Khanum, costruita da Tamerlano.
Cosa dire di Samarcanda? Se devo essere sincero, il mio primo obiettivo per questo viaggio era Bukhara, città che volevo vedere da molto tempo, ma anche Samarcanda si è dimostrata una bella sorpresa. Senza appesantire il TR, che sarà già granitico di suo, vi porto in una breve passeggiata in giro per la città.
Iniziamo ad andare verso Bibi Khanum, attraverso le viuzze di Samarcanda vecchia, simile a Bari vecchia ma senza orecchiette. Sopra di noi danzano e volteggiano i rondoni, mentre a livello del terreno, nella posizione squatting che fa furore in tutte le periferie da Vladivostok a Kaliningrad, gli indigeni ci salutano con copiosi
”Salaam aleikum”. Anche qui la gente è incredibilmente ospitale.
Bibi Khanum, è una meraviglia. Per arrivarci, però, bisogna passare attraverso il bazaar. I ricordi di Isfahan – ma anche solo di Osh, Kyrgyzstan - sono una memoria distante, qui il mercato è abbastanza sovietizzato.
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Dancrane, però, diventa amico di questo simpatico figuro dalla dentatura giustamente metallizzata:
Nel frattempo, gli affari fervono.
Usciamo, e riusciamo finalmente ad entrare nella moschea. I luoghi religiosi, qui, trasmettono una forte familiarità con quelli iraniani, dato che hanno forma e colori molto simili; grandi
iwan, ampi spazi aperti, cupole e uso estensivo delle maioliche. Qui, però, è presentissima la mano di Tamerlano, Amir Timur per gli amici, vero e proprio padre putativo di questo paese. La scelta di Timur – escludendo una legacy non proprio amichevole (distrutta Delhi, distrutta Baghdad, una predilezione per le esecuzioni…) – almeno ha un certo senso, soprattutto se si paragona l’Uzbekistan a Tajikistan e Kyrgyzstan, che si sono scelti, come eroi nazionali, o personaggi mai esistiti o personaggi che nemmeno sono vissuti in Tajikistan. Comunque, divago. Bibi Khanum è presa d’assalto, e la moda regna sovrana.
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Al di là della moschea si stende una via pedonale, una volta conosciuta come Toshkent ko’chasi e ora, a seguito della morte dell’Ing. Cav. Farabutt. Di Gran Croc. Visconte Karimov, si chiama Islam Karimov ko’chasi. Andando a sinistra, si va al mausoleo dello stesso e alla necropoli chiamata Shah-i-Zinda; andando a destra, si vede il
Registan. Andiamo per prima cosa al Registan, a sinistra si andrà dopo.
Nel frattempo, passa aamilan, che però non ci degna di uno sguardo.
Islam Karimov è una via, dicevo, pedonale e di domenica è presa d’assalto. Turbe di indigeni si scaraventano, in un bailamme di urla, risate e denti d’oro, sui piccoli trenini elettrici che la percorrono in su e in giù, mentre il resto cammina, mangia gelati e vuole farsi selfies con noi. Siamo tra gli unici turisti a non essere in un viaggio di gruppo, e così possiamo provare l’ebbrezza di sentirci delle celebrità. Parlo per me, ovviamente, Dancrane lo è già.
Infine, eccoci qui. Il Registan. Di notte…
…E di giorno.
Facciamo un giro tra le madrasse, perché di madrasse di tratta – anche se sett’antanni di comunismo le han fatte divenire negozi, musei e quant’altro – ma previa pagamento del giusto obolo d’ingresso, altrimenti il Fischio Umano – il poliziotto che si vede qui sotto – ci defenestra.
Completiamo questo, per dirla all’inglese,
whistle-stop-tour di Samarcanda con una gita allo
Shah-i-Zinda. Ci sarebbe tanto altro da dire, tanto altro da fare, tanto altro da commentare, ma sarebbe oggettivamente troppo.
All’idea di visitare una necropoli Dancrane è curiosamente felice; ho i miei dubbi, ma decido di tenerli per me per quieto vivere. Frattanto, Vasili ha sta scaldando il motore del KAMAZ.
Ci buttiamo subito a vedere il mausoleo di Islam Karimov. Sorpresa delle sorprese, non è nemmeno troppo pacchiano. Mi aspettavo di peggio.
Dopodiché è il turno dello Shah-i-Zinda, una specie di complesso funerario con mausolei d’epoca timuride, un vero e proprio laboratorio architettonico dalla bellezza tale che riuscì a scampare la distruzione dei mongoli di Genghis Khan. Prima di arrivarci, però, Dancrane si scatena con le sue due passioni: lapidi e auto di una certa età.
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Foto Dancrane
Ed eccoci qui. Taccio, e lascio parlare le foto.
E per Samarcanda direi che siamo a posto così. Dopo quattro giorni ci troviamo in stazione, diretti a Bukhara.
Continua!
They see me rollin’, they hatin’…