Thread Alitalia dal 1° ottobre 2013


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indaco1

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30 Settembre 2007
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Ah... adesso ho capito. Intendi che il miliardo per rifare il giochetto di nuovo non si trova piu'.

Resta il fatto che per un pezzettone ben scelto se lo ripulisci per bene, e parte essenziale e' ripulirlo da Air France, dall'obbligo di strategie insensate e da un sistema aeroportuale disfunzionale, io non escuderei del tutto che qualcuno ci metta soldi suoi e magari li porti anche al break even. Ma i se sono tanti e difficilmente sormontabili.
 

Herzog

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20 Settembre 2013
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Che fior fiore di argomentazione!
E non dimentichiamo che nei mondiali del 94 negli USA l'Italia è arrivata seconda! Un caso? Non credo! Forza con l'ingresso ammerigano in Alitalia!
Con "strani legami" intendevo che riescono imprese difficili. Che calcio e trasporto aereo abbiano poco in comune è ovvio.
Però credo che oltre ai capitali ci serva un pò di pragmatismo.
 

belumosi

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10 Dicembre 2007
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Ah... adesso ho capito. Intendi che il miliardo per rifare il giochetto di nuovo non si trova piu'.

Resta il fatto che per un pezzettone ben scelto se lo ripulisci per bene, e parte essenziale e' ripulirlo da Air France, dall'obbligo di strategie insensate e da un sistema aeroportuale disfunzionale, io non escuderei del tutto che qualcuno ci metta soldi suoi e magari li porti anche al break even. Ma i se sono tanti e difficilmente sormontabili.
Probabilmente ci sono troppe cose da cambiare rispetto ad aprire un'azienda ex novo, o come scrivevo prima, comprare un AOC con un paio di aerei e svilupparsi partendo da li.
 

berioz

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27 Settembre 2013
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Ah... adesso ho capito. Intendi che il miliardo per rifare il giochetto di nuovo non si trova piu'.

Resta il fatto che per un pezzettone ben scelto se lo ripulisci per bene, e parte essenziale e' ripulirlo da Air France, dall'obbligo di strategie insensate e da un sistema aeroportuale disfunzionale, io non escuderei del tutto che qualcuno ci metta soldi suoi e magari li porti anche al break even. Ma i se sono tanti e difficilmente sormontabili.
Anche se si trovasse il miliardo, il giochetto non sarebbe molto astuto visto che i debiti finanziari dell'attuale cai sono inferiori a tale importo. Al trenta giugno i deviti erano 850 mln circa piu' il convertibile.
Meglio ricapitalizzare l'attuale societa', esattamente come hanno chiesto i francesi.
 

indaco1

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30 Settembre 2007
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.
Allora mettiamola cosi'.

Piu' che l'articolo del Fatto Quotidiano la bara gliel'ha preparata AF ufficializzando che vale zero, cosa che pesa ben di piu'. Le altre importanti compagnie europee hanno gia' dato l'altola' nei confronti di aiuti di stato, che comunque sarebbero a dir poco impopolari e farebbero perdere piu' voti di quelli che fanno guadagnare.

Io incomincerei a pensare come liquidarla a pezzi ben ripuliti per salvare qualcosa. Ad AF non la darei neanche morto, e' peggio rispetto a soluzioni apparentemente piu' traumatiche ma piu' pulite e in fondo preferibili per tutti dipendenti inclusi..... tranne soci e creditori attuali, ovvio.
 

Blos

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12 Luglio 2013
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GRUPPO ALITALIA: CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DEL 31 OTTOBRE 2013 SODDISFAZIONE PER ANDAMENTO AUMENTO DI CAPITALE COLANINNO DOPO VERSAMENTO AUMENTO DI CAPITALE NON DISPONIBILE A POSIZIONI DI VERTICE
+36 MILIONI IL RISULTATO OPERATIVO DEL TERZO TRIMESTRE 2013
RICAVI PASSEGGERI NEI 9 MESI: +3,9% INTERCONTINENTALE + 3,4% INTERNAZIONALE
AUMENTANO LE DESTINAZIONI CON ORARIO INVERNALE E ORARI PIU’ COMODI PER TUTTI CON REHUBBING DI FIUMICINO
MIGLIORANO LE PERFORMANCE OPERATIVE: LOAD FACTOR 79%, REGOLARITA’ 99,8%, PUNTUALITA’ 85,6%

Roma, 31 ottobre 2013 – Si è riunito oggi a Roma, presieduto da Roberto Colaninno, il Consiglio di Amministrazione di Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. Il Consiglio di Amministrazione ha approvato i risultati gestionali dei primi nove mesi del 2013 (1 gennaio - 30 settembre 2013).

Il CdA ha inoltre fatto il punto sulla manovra finanziaria da 500 milioni di euro ed espresso apprezzamento sull’andamento dell’aumento di capitale, con le adesioni, ad oggi, dei soci Intesa Sanpaolo S.p.A. (circa 26 milioni di euro), Atlantia S.p.A. (circa 26 milioni di euro) e Immsi S.p.A. (circa 13 milioni di euro).
Ulteriori 65 milioni di euro sono stati già versati da Intesa Sanpaolo S.p.A. e Unicredit S.p.A. a valere sul loro impegno di 100 milioni di euro. Il CdA ha, inoltre, preso atto dell’interesse espresso da Poste Italiane s.p.a., tradottosi nell’impegno, subordinato all’approvazione dei propri organi deliberanti, alla sottoscrizione di 75 milioni di euro a copertura dell’eventuale inoptato.
I soci che non hanno ancora sottoscritto stanno valutando con attenzione e disponibilità la propria adesione all’aumento di capitale.

RISULTATI TERZO TRIMESTRE 2013

Il Consiglio di Amministrazione nell’esaminare l'andamento industriale e operativo della compagnia ha inoltre espresso una forte fiducia sul futuro e la propria soddisfazione per alcuni indicatori di performance che confermano l’affidabilità operativa della Compagnia e che costituiscono un unicum nel panorama europeo del trasporto aereo.

MIGLIORANO LE PERFORMANCE OPERATIVE
Si conferma l’affidabilità dei voli Alitalia, nei primi nove mesi del 2013 l’indice di regolarità dei voli - il numero di voli effettivamente operati sul totale dei collegamenti in programma – si è mantenuto ai massimi livelli, raggiungendo il 99,8% (+ 0,1 punti percentuali vs 2012).
La puntualità dei voli in arrivo è stata del 85,6% (84,9% al 30 giugno), un risultato che consente ad Alitalia di mantenere le prime posizioni della graduatoria delle compagnie aeree più puntuali d’Europa.

PIU’ DESTINAZIONI CON NUOVO ORARIO INVERNALE
E’ in vigore, dal 28 ottobre fino al 29 marzo 2014, il nuovo orario invernale del Gruppo Alitalia. In questo periodo le compagnie del Gruppo (Alitalia e lo Smart Carrier Air One) voleranno verso 83 destinazioni (+7 destinazioni rispetto all’inverno 2012-2013), di cui 22 in Italia e 61 nel resto del Mondo, con 122 rotte e oltre 3.700 voli settimanali.

PARTE REHUBBING, ORARI PIU’ COMODI E PIU’ EFFICIENZA OPERATIVA
Da due giorni, con il nuovo orario invernale, è partito il Re-Hubbing Alitalia sull’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Roma Fiumicino: questo è il nome dato alla nuova programmazione dei voli Alitalia, con il duplice obiettivo di offrire un servizio migliore alla clientela e garantire una maggiore efficienza delle proprie risorse operative.

FLOTTA TRA LE PIU’ GIOVANI D’EUROPA
La flotta operativa di Alitalia conta 140 aeromobili, nuovi o riconfigurati dall’avvio di Alitalia CAI, ed ha un’età media di 7 anni, una flotta notevolmente più giovane della media delle flotte delle compagnie europee.

ANDAMENTO INDUSTRIALE E FINANZIARIO DEL GRUPPO NEL TERZO TRIMESTRE
Nell terzo trimestre è significativamente migliorato il tasso di riempimento degli aerei (load factor), che sale al 79%.
I ricavi totali gestionali del periodo ammontano a 1.060 ml. € in diminuzione del 6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il risultato operativo (Ebit) nel trimestre è stato pari a +36 ml. €, rispetto ai +50 ml. € dello stesso trimestre dello scorso anno, mentre il risultato netto è stato di +7 ml. €, rispetto a +27 ml. € dell’analogo periodo del 2012. Il risultato è stato determinato dalla diminuzione dei proventi da traffico passeggeri.
Il risultato operativo (Ebit) dei 9 mesi è stato pari a -162 ml. €, rispetto ai -119 ml. € dello stesso periodo dello scorso anno. Tale ebit comprende componenti straordinarie positive per 39 milioni di euro in netta diminuzione rispetto a quelle dell’anno precedente che erano pari a 89 milioni di euro. Al netto di queste partite non ricorrenti l’ebit industriale 2013 si attesta a -201 ml. €, in miglioramento di 7 milioni di euro rispetto all’anno precedente (-208 ml. €)
Si riduce l’indebitamento finanziario netto gestionale al 30 settembre che risulta pari a -813 ml. €, rispetto ai 851 ml. € al 30.06.2013; di questa voce la quota per l’indebitamento sulla flotta di aerei di proprietà è pari a 575 ml. €.
I ricavi da traffico passeggeri nei 9 mesi del 2013 sono in lieve flessione (-1,6%) rispetto allo stesso periodo del 2012, con una importante variazione della composizione geografica dei ricavi: se sul mercato domestico, a seguito dello scenario economico nazionale fortemente recessivo, Alitalia ha registrato una diminuzione del propri ricavi del -11,1%, nel segmento internazionale i ricavi sono aumentati del +3,4% e in quello intercontinentale del 3,9%.

Il Presidente Roberto Colaninno ha dichiarato: "Dopo aver sostenuto la ricapitalizzazione di Alitalia, annuncio sin da ora che, al termine delle operazioni ad essa relative, quando le mie dimissioni verranno formalizzate insieme a quelle di tutto il Consiglio di Amministrazione, non sarò disponibile ad assumere nuovamente incarichi di vertice nella società."

Peccato, però: gli indici di regolarità, puntualità, load factor, ecc. sono buoni, perchè la compagnia non riesce ad uscire dal pantano?
 

piccione330

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23 Febbraio 2011
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Il Messaggero › Economia › Economia e Finanza

Alitalia, salvataggio in pieno caos. Necessari altri 450 milioni
Offensiva di Air France, valore delle quote azzerato. Tra 5 mesi, senza nuovo piano industriale, la manovra da 500 milioni potrebbe rivelarsi insufficiente
PER APPROFONDIRE tagalitalia, air france, colaninno

di Rosario Dimito

Turbolenze ad alta quota. La rotta del salvataggio di Alitalia rischia di andare fuori controllo, nonostante la cintura di sicurezza che il governo e le banche hanno predisposto. Il presidente Roberto Colaninno se ne va in polemica silente con l’esecutivo, Air France, gli istituti di credito, le Poste e, ultimo in ordine di tempo, Gabriele Del Torchio.

Ieri, a metà del lungo consiglio (quasi sei ore), si sarebbe svolto un acceso battibecco fra il presidente e l’ad sulle prospettive della compagnia in funzione di ulteriori necessità di cassa che potrebbero emergere. Ma oltre alle divergenze al vertice (Colaninno avrebbe abbandonato i lavori prima della fine del board), i rappresentanti di Air France avrebbero avuto da ridire sulla verbalizzazione della seduta del precedente cda ritenendola difforme da quanto deliberato dall’assemblea.

In mattinata da Parigi avevano dettato le condizioni per proseguire la rotta comune: alcuni soci, però, specie quelli medio-piccoli, riferiscono che, attraverso Intesa Sanpaolo, Air France ha in animo di sondarli per rilevare le loro partecipazioni. Se andranno avanti in questo proposito, salendo nel capitale, avranno più titolo per alzare la voce e imporre il loro giro di vite.

Quanto al cda, Colaninno ha svolto una relazione dai toni possibilisti sul rilancio di Alitalia. Ma Del Torchio ha contestato la sua visione ottimistica fornendo una prospettiva a tinte fosche: le prenotazioni sono in calo così come la vendita dei biglietti. Il pilota pro tempore ha quindi paventato il rischio che, a marzo 2014, la manovra da 500 milioni - di cui 300 di aumento e 200 di nuova finanza - possa non essere sufficiente. Dalle previsioni fatte, tra cinque mesi ci potrebbe essere un fabbisogno ulteriore di 450 milioni. Naturalmente se nel frattempo non verrà praticata una cura da cavallo. E rispetto a questo, più di un consigliere ha colto un allineamento del top manager con le posizioni di Parigi.

Quindi? Di fronte a questi numeri sia pure provvisori, gli sguardi di molti dei consiglieri presenti si sarebbero incrociati, con Colaninno fortemente critico e i francesi che avrebbero rilanciato la necessità di un piano industriale lacrime e sangue di cui hanno parlato apertamente nelle lettere inviate nei giorni scorsi. E che il cfo Philippe Calavia, consigliere anche di Alitalia (ieri era assente assieme a Jean-Cyril Spinetta), ha rilanciato nella conference call sui conti del vettore parigino nella quale ha anche piantato i paletti per partecipare all’aumento di capitale.

IL PIANO
Del Torchio, servendosi di alcune slides, avrebbe anticipato le linee generali del nuovo piano industriale ancora sul fuoco. Nessun numero nè anticipazioni quantitative: secondo il manager i dettagli potranno scaturire solo a valle della ricapitalizzazione: il 16 novembre scade il termine per l’esercizio del diritto di opzione, poi potrebbero esserci altri 30 giorni di tempo per l’inoptato.

In base alla delibera assembleare del 15 ottobre «l’apporto è inscindibile fino al corrispettivo complessivo di 240 milioni e scindibile da 240 fino all’importo massimo stabilito». Questo significa che in funzione di quanto arriverà nelle casse sarà possibile tarare gli interventi in termini di tagli e risparmi di costi. Peter Hartman e Bruno Matheu, i due rappresentanti francesi, sono stati ad ascoltare. La trimestrale è passata con numeri migliori rispetto al budget.

Qualche ulteriore elemento di tensione verso la parte finale dell’ordine del giorno. Del Torchio aveva previsto un memorandum of understanding (mou) con British Petroleum per la fornitura di carburante. Con questa mossa, probabilmente intendeva diversificare il rischio, smarcandosi da Eni con cui Alitalia ha un debito di 150 milioni sui 240 milioni di scaduto. Ma su questa operazione ci sarebbe stata la contrarietà di Antonino Turicchi, l’ex capo della Cdp, che rappresenta Benetton. Di fronte alle sue riserve, Del Torchio ha rinviato la decisione al prossimo consiglio del 12 novembre.
 

belumosi

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Peccato, però: gli indici di regolarità, puntualità, load factor, ecc. sono buoni, perchè la compagnia non riesce ad uscire dal pantano?
Sicuramente pesa tantissimo la contrazione dei ricavi sul nazionale (-11.1%). E non credo sia tanto colpa delle LC (che ci sono anche nell'internazionale dove pure AZ sta andando bene), ma soprattutto dell'AV e della rovinosa crisi che sta ammazzando il mercato interno.
Immagino che se AF prendesse il comando delle operazioni, interverrebbe ridimensionando parte dei collegamenti interni, soprattutto quelli che non toccano FCO (e in parte LIN).
 

Nicosauro

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9 Settembre 2012
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Milan
DALL’ETÀ DELLA GRANDEUR ALLA CRISI
Quel sogno di comprare un grattacielo a New York
La sede faraonica della Magliana, le 600 stanze vuote in un albergo di Malpensa pagate per un anno

Sergio Rizzo

La chiamavano in gergo «biglietteria speciale». Perché davvero speciali erano i biglietti che emetteva. Intanto il costo: zero. E poi i destinatari: tutti Very important person. E tutti rigorosamente in prima classe. Politici, giornalisti, manager.... Ma anche amici e parenti. Perché a un certo punto il privilegio prese a scendere democraticamente i gradini della scala sociale. Quando nel 2004 Giancarlo Cimoli arrivò all’Alitalia per il suo certo non indimenticabile passaggio al timone della compagnia di bandiera scoprì che la «biglietteria speciale» aveva staccato in sette anni almeno quattromila di quegli specialissimi biglietti. Quattromila.

Capiamoci: l’Alitalia non è affondata per un pugno, anche se bello grosso, di biglietti di favore. Ma per capire come una compagnia per cui nel 1987 il presidente dell’Iri Romano Prodi poteva senza suscitare ilarità immaginare una fusione alla pari con British Airways sia ridotta oggi a malato terminale senza più nemmeno «l’unica clinica disposta ad accoglierlo», per ricordare la frase con cui Tommaso Padoa-Schioppa spiegò l’accordo con Air France poi saltato, e dal quale fuggono perfino coloro che avevano giurato di salvarla, si deve partire da qua. Da come la politica, alleata di gestioni talvolta scandalose e sindacati indifferenti alle angosce del conto economico, anno dopo anno prima contribuì a spolparla. Poi a usarla come randello elettorale.

Negli anni in cui l’Iri aveva seicentomila dipendenti e controllava il 70 per cento della capitalizzazione di borsa non era un andazzo tanto raro. Basterebbe ricordare come il progetto di comprare un grattacielo a New York dove piazzare lussuose sedi delle holding di Stato sfumò soltanto per i contrasti fra i vari boiardi. Chi sarebbe finito al primo piano? E a chi, invece, sarebbe toccato l’attico con vista sull’Empire, il Chrysler e le Torri gemelle? Ma quanto a grandeur, l’Alitalia non la fregava nessuno. Chiamato a officiare la sepoltura della vecchia compagnia di bandiera che aveva passato il marchio a Roberto Colaninno e ai «capitani coraggiosi che lo affiancavano», il commissario Augusto Fantozzi ebbe un ufficio nella gigantesca sede della Magliana, a venti chilometri da Fiumicino, che sarebbe stata troppo grande anche per la General Motors. L’avevano pagata 250 miliardi di lire (quando i miliardi erano miliardi) dopo aver venduto per 90 il palazzo dell’Eur. Una rimessa secca di 160 miliardi, con in più i costi faraonici di un complesso faraonico. Ma quella era solo una tessera del mosaico. Da lì Fantozzi scoprì che c’erano 60 (sessanta) sedi all’estero. Rimaste aperte per anni, nonostante gli scali coperti dalla compagnia italiana si fossero negli anni miseramente ridotti a una quindicina. Non parliamo di quella londinese di Heathrow, arrivata a stipendiare trecento persone. Ma per esempio di un ufficio in Libia. O in Senegal. O delle due sedi indiane, Mumbai e Delhi. Oppure degli uffici di Hong Kong, dove non arrivavano più da tempo nemmeno i cargo con il tricolore stampato sulla coda ma c’erano ancora 15 dipendenti e un conto da 1200 dollari da pagare ogni giorno all’hotel Hyatt. Del resto, davanti ai conti degli alberghi l’Alitalia non ha mai fatto una piega. Come quando pagò per un anno intero seicento stanze negli hotel intorno a Malpensa destinate agli equipaggi che avrebbero dovuto fare base nello scalo varesino. Rimaste ovviamente vuote. E pagò con leggerezza. La stessa leggerezza con cui volava sugli ostacoli il cavallo montato dall’esperto fantino Giuseppe Bonomi: il manager più amato da Umberto Bossi, che quando era presidente dell’Alitalia gareggiava nei concorsi ippici sponsorizzati dalla compagnia di bandiera.

Non l’unica sponsorizzazione, sia chiaro. Il logo dell’Alitalia era stampato sui pettorali dei concorrenti delle marce podistiche di Ostia, campeggiava negli stadi di pallavolo del varesotto, sul giornalino dell’Eur di Roma... Anche quando la crisi era ormai diventata nera, nerissima. Era allora, anzi, che i geni della comunicazione aziendale riuscivano a dare il meglio di sé. Fu pochi mesi prima del tracollo che venne sventata per miracolo la sponsorizzazione di una mostra di abiti di sposa a Tokyo. Mentre nulla riuscì ad arrestare l’inevitabile doppio restiling della costosissima rivista di bordo Ulisse 2000, famosa per le illustri collaborazioni (non gratuite, immaginiamo) di alcune delle firme giornalistiche più note. Il primo assegnato a una società dell’ex collaboratrice dell’ex gran maestro della massoneria Armando Corona, compensata per il disturbo con 10 mila euro al mese. Il secondo affidato a una ditta di cui era proprietario per metà l’attore Pino Insegno, che partecipò anche uno spettacolo alla Sala Umberto di Roma con tanto di attori e attrici vestiti da piloti e hostess per festeggiare i sessant’anni dell’Alitalia. Ideona poi replicata a New York, stavolta senza Insegno, per i cinquant’anni del primo volo da Roma. Il tutto, giusto poche settimane prima che saltasse la vendita ad Air France, che Silvio Berlusconi rivincesse le elezioni e che i suoi «capitani coraggiosi» scendessero in campo per «salvare» la compagnia di bandiera. Di lì a poco, la società di Insegno per il restiling di Ulisse 2000 si sarebbe trovata nella lista dei creditori della vecchia Alitalia, con 77 mila euro. Fianco a fianco con Peccati di Capri, la pasticceria napoletana che forniva i cioccolatini di benvenuto offerti ai passeggeri dell’Alitalia: 3.852 euro. Fossero almeno serviti ad addolcire la pillola...

01 novembre 2013
 

Blos

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12 Luglio 2013
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123
DALL’ETÀ DELLA GRANDEUR ALLA CRISI
Quel sogno di comprare un grattacielo a New York
La sede faraonica della Magliana, le 600 stanze vuote in un albergo di Malpensa pagate per un anno

Sergio Rizzo

La chiamavano in gergo «biglietteria speciale». Perché davvero speciali erano i biglietti che emetteva. Intanto il costo: zero. E poi i destinatari: tutti Very important person. E tutti rigorosamente in prima classe. Politici, giornalisti, manager.... Ma anche amici e parenti. Perché a un certo punto il privilegio prese a scendere democraticamente i gradini della scala sociale. Quando nel 2004 Giancarlo Cimoli arrivò all’Alitalia per il suo certo non indimenticabile passaggio al timone della compagnia di bandiera scoprì che la «biglietteria speciale» aveva staccato in sette anni almeno quattromila di quegli specialissimi biglietti. Quattromila.

Capiamoci: l’Alitalia non è affondata per un pugno, anche se bello grosso, di biglietti di favore. Ma per capire come una compagnia per cui nel 1987 il presidente dell’Iri Romano Prodi poteva senza suscitare ilarità immaginare una fusione alla pari con British Airways sia ridotta oggi a malato terminale senza più nemmeno «l’unica clinica disposta ad accoglierlo», per ricordare la frase con cui Tommaso Padoa-Schioppa spiegò l’accordo con Air France poi saltato, e dal quale fuggono perfino coloro che avevano giurato di salvarla, si deve partire da qua. Da come la politica, alleata di gestioni talvolta scandalose e sindacati indifferenti alle angosce del conto economico, anno dopo anno prima contribuì a spolparla. Poi a usarla come randello elettorale.

Negli anni in cui l’Iri aveva seicentomila dipendenti e controllava il 70 per cento della capitalizzazione di borsa non era un andazzo tanto raro. Basterebbe ricordare come il progetto di comprare un grattacielo a New York dove piazzare lussuose sedi delle holding di Stato sfumò soltanto per i contrasti fra i vari boiardi. Chi sarebbe finito al primo piano? E a chi, invece, sarebbe toccato l’attico con vista sull’Empire, il Chrysler e le Torri gemelle? Ma quanto a grandeur, l’Alitalia non la fregava nessuno. Chiamato a officiare la sepoltura della vecchia compagnia di bandiera che aveva passato il marchio a Roberto Colaninno e ai «capitani coraggiosi che lo affiancavano», il commissario Augusto Fantozzi ebbe un ufficio nella gigantesca sede della Magliana, a venti chilometri da Fiumicino, che sarebbe stata troppo grande anche per la General Motors. L’avevano pagata 250 miliardi di lire (quando i miliardi erano miliardi) dopo aver venduto per 90 il palazzo dell’Eur. Una rimessa secca di 160 miliardi, con in più i costi faraonici di un complesso faraonico. Ma quella era solo una tessera del mosaico. Da lì Fantozzi scoprì che c’erano 60 (sessanta) sedi all’estero. Rimaste aperte per anni, nonostante gli scali coperti dalla compagnia italiana si fossero negli anni miseramente ridotti a una quindicina. Non parliamo di quella londinese di Heathrow, arrivata a stipendiare trecento persone. Ma per esempio di un ufficio in Libia. O in Senegal. O delle due sedi indiane, Mumbai e Delhi. Oppure degli uffici di Hong Kong, dove non arrivavano più da tempo nemmeno i cargo con il tricolore stampato sulla coda ma c’erano ancora 15 dipendenti e un conto da 1200 dollari da pagare ogni giorno all’hotel Hyatt. Del resto, davanti ai conti degli alberghi l’Alitalia non ha mai fatto una piega. Come quando pagò per un anno intero seicento stanze negli hotel intorno a Malpensa destinate agli equipaggi che avrebbero dovuto fare base nello scalo varesino. Rimaste ovviamente vuote. E pagò con leggerezza. La stessa leggerezza con cui volava sugli ostacoli il cavallo montato dall’esperto fantino Giuseppe Bonomi: il manager più amato da Umberto Bossi, che quando era presidente dell’Alitalia gareggiava nei concorsi ippici sponsorizzati dalla compagnia di bandiera.

Non l’unica sponsorizzazione, sia chiaro. Il logo dell’Alitalia era stampato sui pettorali dei concorrenti delle marce podistiche di Ostia, campeggiava negli stadi di pallavolo del varesotto, sul giornalino dell’Eur di Roma... Anche quando la crisi era ormai diventata nera, nerissima. Era allora, anzi, che i geni della comunicazione aziendale riuscivano a dare il meglio di sé. Fu pochi mesi prima del tracollo che venne sventata per miracolo la sponsorizzazione di una mostra di abiti di sposa a Tokyo. Mentre nulla riuscì ad arrestare l’inevitabile doppio restiling della costosissima rivista di bordo Ulisse 2000, famosa per le illustri collaborazioni (non gratuite, immaginiamo) di alcune delle firme giornalistiche più note. Il primo assegnato a una società dell’ex collaboratrice dell’ex gran maestro della massoneria Armando Corona, compensata per il disturbo con 10 mila euro al mese. Il secondo affidato a una ditta di cui era proprietario per metà l’attore Pino Insegno, che partecipò anche uno spettacolo alla Sala Umberto di Roma con tanto di attori e attrici vestiti da piloti e hostess per festeggiare i sessant’anni dell’Alitalia. Ideona poi replicata a New York, stavolta senza Insegno, per i cinquant’anni del primo volo da Roma. Il tutto, giusto poche settimane prima che saltasse la vendita ad Air France, che Silvio Berlusconi rivincesse le elezioni e che i suoi «capitani coraggiosi» scendessero in campo per «salvare» la compagnia di bandiera. Di lì a poco, la società di Insegno per il restiling di Ulisse 2000 si sarebbe trovata nella lista dei creditori della vecchia Alitalia, con 77 mila euro. Fianco a fianco con Peccati di Capri, la pasticceria napoletana che forniva i cioccolatini di benvenuto offerti ai passeggeri dell’Alitalia: 3.852 euro. Fossero almeno serviti ad addolcire la pillola...

01 novembre 2013
L'articolo di Rizzo si riferisce alla vecchia Alitalia, ante 2009
 

Farfallina

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Sicuramente pesa tantissimo la contrazione dei ricavi sul nazionale (-11.1%). E non credo sia tanto colpa delle LC (che ci sono anche nell'internazionale dove pure AZ sta andando bene), ma soprattutto dell'AV e della rovinosa crisi che sta ammazzando il mercato interno.
Immagino che se AF prendesse il comando delle operazioni, interverrebbe ridimensionando parte dei collegamenti interni, soprattutto quelli che non toccano FCO (e in parte LIN).
Questo non è in contrasto con quanto aveva pianificato a suo tempo DT. Quei numeri sul trend dei mercati, costanti nel tempo fra l'altro, danno bene chiara la linea da perseguire che era quella del piano DT, meno nazionale con tagli su LIN-FCO e cross country e AP ripensata o più probabilmente tagliata, aumento del MR verso destinazioni non ancora aggredite dalle low cost e del LR.
Sarebbe stato interessante leggere cosa prevedevano le slide si presentate da DT e che fanno affermare al giornalista che DT si è allineato al piano AF, piuttosto dei pettegolezzi sui litigi che ci interessano il giusto.
Novità invece il fatto che AF sonderebbe i piccoli azionisti per liquidarli, ma questa mossa a che pro quando potrebbero salire molto di più acquistando l'inoptato a costi inferiori? Se come si dice i piccoli azionisti non ricapitalizzano e che non ci sono pretendenti fuori dalla porta non ha senso per AF acquistare le loro quote per fare pressioni sul piano industriale. Diverso se sapessero che c'è qualcuno fuori dalla porta interessato e ora che è scaduto il Lock-up sia pronto ad intervenire in extremis e sottrarre il ratto a saldo ad AF.
 

Herzog

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20 Settembre 2013
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Questo non è in contrasto con quanto aveva pianificato a suo tempo DT. Quei numeri sul trend dei mercati, costanti nel tempo fra l'altro, danno bene chiara la linea da perseguire che era quella del piano DT, meno nazionale con tagli su LIN-FCO e cross country e AP ripensata o più probabilmente tagliata, aumento del MR verso destinazioni non ancora aggredite dalle low cost e del LR.
Sarebbe stato interessante leggere cosa prevedevano le slide si presentate da DT e che fanno affermare al giornalista che DT si è allineato al piano AF, piuttosto dei pettegolezzi sui litigi che ci interessano il giusto.
Novità invece il fatto che AF sonderebbe i piccoli azionisti per liquidarli, ma questa mossa a che pro quando potrebbero salire molto di più acquistando l'inoptato a costi inferiori? Se come si dice i piccoli azionisti non ricapitalizzano e che non ci sono pretendenti fuori dalla porta non ha senso per AF acquistare le loro quote per fare pressioni sul piano industriale. Diverso se sapessero che c'è qualcuno fuori dalla porta interessato e ora che è scaduto il Lock-up sia pronto ad intervenire in extremis e sottrarre il ratto a saldo ad AF.
Ma liquidarli con o senza versamento dell'aumento?
 

talè

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14 Ottobre 2013
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Alitalia, Lupi: «Se Parigi non ci sta, meglio uscire dall’equivoco» ... Commentando la proposta avanzata dal ceo di Air France, Alexandre De Juniac, al presidente Colaninno di costituire un working team sul piano industriale, Lupi ha osservato che «è compito dell'azienda dialogare con i soci che hanno rivestito un ruolo fondamentale nella società». Nonostante la gran confusione che stanno provocando i francesi con la loro strategia degli annunci del terrore, il ministro si è detto non pessimista sull’esito del salvataggio. «In ogni caso, meglio uscire al più presto dall’equivoco, se i francesi non vogliono più partecipare all’avventura lo dicano e ce ne faremo una ragione. Sarà perciò compito del governo avviare subito la ricerca del nuovo partner. E’ nostro compito e lo assolveremo».
 

indaco1

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Non e' loro compito e non lo assolveranno.


Pensassero a sistemare le condizioni al contorno e al limite il quadro normativo.
 
Stato
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