Vabbe', vediamo di finirlo!
Hong Kong e il ritorno
Beh, che dire del raduno? É stato di sicuro un successo. Hong Kong non è mai stata la mia città preferita, ma in compagnia é di sicuro diverso. Grazie a tutti, grazie a Falkux per aver dimostrato di non essere impermeabile al vino, grazie a Pochette e al nostro resident Bimbominkia per aver sopportato bullismi, nonnismi e tanti altri -ismi, e grazie al nutrito gruppo dei veneti (veri o acquisiti) che mi hanno fatto sognare
in furlan per due notti. E grazie pure a Mac per la compagnia l'ultimo giorno.
Ho voluto appositamente evitare di fare foto, perché quando fotografo non mi vivo le scene, per cui non ho nulla da condividere, ma il Console ha visto tutto e riportato tutto il riportabile.
Comunque sia, avanti veloce fino a domenica. Saluto gli amici, raccatto il mio sacco dall'ostello (e che ostello!) e parto alla volta di HKG.
Ogni aeroporto è diverso, per il non-rev, e ogni handler ha le sue peculiarità. A Heathrow, dipende da chi conosci e da quanto leccaculo sei. A Malpensa sono la gentilezza in persona, così come a Tokyo o Montréal. A Vancouver sono dei deficienti, mentre a Hong Kong sono stronzi. È un fatto risaputo.
Come ogni sera, da HK partono due voli BA a distanza di un quarto d'ora l'uno dall'altro. Il primo è BA32, con l'A380. Il secondo è BA28, col 77W. È bassa stagione, e uno dei due di solito è semivuoto, il secondo. Io sono sul secondo, e infatti c'è posto: una quarantina di posti in economy, venti in premium, lo stesso in club e 4 in first. In qualsiasi aeroporto, da Amsterdam a Zagabria, da Singapore a Calgary, dovrebbero lasciarti felicemente andare airside in qualsiasi momento.
Ma non a Hong Kong.
Arrivo e subito becco la stronzetta di turno. Quindicenne scoglionata che manco risponde al mio "buonasera, come sta?", non mi guarda nemmeno negli occhi, vede che sono staff e risponde "return at 10". Niente per piacere, niente mi spiace, niente scusa. Chiedo se posso almeno andare airside e aspettare al gate, o avere una boarding pass standby: lei, sempre guardando lo schermo, dice "No" e chiama il prossimo.
Bene.
Capisco che non è aria e vado al 7-11 del terminal 2 a farmi una birra e un dolcetto. Mentre sono lì riguardo per bene i loads, mi salvo le guide linea di staff travel - che mi permettono di andare airside - e torno su. Ho già fatto la corsa ad ostacoli attraverso HKG, da check-in al gate in meno di 20 minuti per non perdermi il volo, e non ho intenzione di rifarla.
Torno su, e la zona J per il check-in di BA è vuota. Manca un'ora e mezza alla partenza, ci saranno si e no due passeggeri e una decina di addetti a girarsi i pollici. Mentre aspetto il mio turno, iPad coi documenti alla mano, vedo una signora ricevere il mio stesso trattamento. Lei prova pure a chiedere i loads, domanda legittima, e viene mandata a stendere.
Ci mettiamo a parlare, e viene fuori che è un'amica della capocabina, volava insieme (quelli che in gergo chiamano cling-ons). Decidiamo di aspettare il crew, e di usare loro come ariete. Arriva l'equipaggio, e viene su un pollaio che non si vedeva dall'ultima volta in cui Sgarbi e la Mussolini si sono trovati insieme in un talk show. La CSD le prova tutte, ma i bookmakers iniziano a darla come perdente...
...se non fosse che, all'improvviso, splendenti nelle loro uniformi blu e sacche da golf coordinate non mi arrivino i tre dell'Ave Maria (il quarto sparito per motivi di costo): i piloti. Uno di loro, galloni da senior first officer sul braccio, ascolta la capocabina, fa sì sì con la testa, guarda noi due staff (sorrisone da parte nostra), ravana nella sua valigia ed estrae un volumetto, a metà tra il manuale e il breviario. Apre a una pagina precisa, con l'aria di chi sa cosa fare, branca l'addetto, gl'infila il breviario sotto il naso e fa "
This is the rule, they - gesto random nella nostra direzione -
are on". Il duty manager appare, guarda il breviario, guarda i Tre, guarda noi due, guarda la CSD, e annuisce. Poi se ne ritorna da dove era venuto. Lavoro duro.
Ritornare dalla stronzetta, darle il passaporto e ritirare una carta d'imbarco è una gioia. Le auguro buona serata, ovviamente niente risposta, e via ai controlli. È solo quando passo l'immigrazione che getto un'occhio sulla carta e vedo:
Il grido può essere solo uno, con un hashtag perché siamo moderni:
#MaiunupgradeperEdoardo.
Il gate di stasera è pure vicino, cosa che mi fa pentire un secondo di tutta la pantomima – ma solo un secondo, eh. Mi siedo sulle poltroncine, guardando dal basso i figoni nella lounge Qantas, e poi e’ il momento di salire a bordo.
10G è un posto corridoio nella prima fila di Club. Di fianco a me una coppia giovane ma già disgraziatamente posh, lei con un anello di fidanzamento al dito grosso a sufficienza da assicurare lavoro a generazioni di fisioterapisti, lui impegnato in qualche conversazione con Londra sull’importantissimo merger da completare “ASAP”, tutto segretissimo ma urlato nell’iPhone di modo che tutta Club sappia che è uno coi soldi.
Seduto di fianco a loro, orgoglioso nella mia camicia Muji da £7.99 presa coi saldi, pantaloni Uniqlo da 199 HKD e scarpe Salomon che lasciano ancora la polvere di Masada ogniqualvolta le sbatto, posso fare solo una cosa: prendere il mio telefono e fare una foto dei miei piedi che viene mossa pure se metto il flash.
L’equipaggio di oggi è Worldwide, flotta che si compone di due subspecie: gente assolutamente di livello, in grado di gestire tutto – dall’ammutinamento all’infarto – col sorriso e “Jolly good” alla fine di ogni frase o imboscati, er pomata in salsa britannica pronti a lamentarsi di “them managers” a 190 decibel. A giudicare da come vengono dati beveraggio di benvenuto, menu e washbag, direi che oggi la subspecie è la numero 1, sia lodato il Signore.
Cosa propone il menu oggi? E’ presto detto.
Un sospiro di sollievo al sapere che i bianchi sono crisp e show finesse:
BA ora serve Fever Tree come acqua tonica, almeno in Club e First. Buon miglioramento, ma alla fin fine non è che sia cosi diversa da quella marca Waitrose che costa mezza sterlina al litro, eh:
Dalla quantità di aggettivi (più ce ne sono più il piatto/cibo è ambito e prelibato, in questa landa maledetta che ha in Jamie Oliver il suo faro illuminante) decido che il best seller del volo sarà l’insalata thailandese fredda con filetto di manzo neozelandese allevato ad erba (pensa se usavano l’ecstasy, invece) grigliato alla brace con cetriolo, cipolla rossa, pomodoro, noccioline e condimento lime&chili (ok respira ora). Per cui, nell’interesse della facilitazione della gestione di cabina decido di prendere qualcosa che nessuno si filerà, tipo la pasta o quel pollo, condannato dalla salsa café de Paris a non essere magnato da nessuno.
Colazione:
E per finire washbag, contenente un paio di utilissimi calzini, una penna che non ha nemmeno il privilegio di essere adornata del marchio BA, una mascherina per gli occhi, un pezzo di cartoncino buono con pubblicità e tre tubetti marcati Elemis, minuscoli e, a giudicare dalla quantità di aggettivi, probabilmente costosi. Non so che siano o a cosa servano, 8200 li trova però utilissimi. Mettessero nastro adesivo e lubrificante WD-40 sarebbe qualcosa di molto meglio, almeno per noialtri maschietti.
Parlando di maschiezza, arriva il momento di decollare. BA è una compagnia illuminata, e accende l’IFE dal momento in cui si sale a bordo, ma in Club bisogna chiudere lo schermo, e quindi rimane solo l’opzione audio. Io mi faccio trovare preparato, e quindi mi metto su un album che sprizza testosterone:
Partire spinti dai GE90-115 sulle note di “Run to Me” è un’emozione, lasciatevelo dire, specie quando si riapre gli occhi e si nota che l’assistente di volo seduto praticamente opposto a voi ha dovuto far finta di non vedere l’air guitar che, comunque, non c’entra una mazza con la canzone.
Vabbè, inizia il servizio. Ci sono due gin a disposizione, Tanquerary o Gordon’s. Da quando ho provato Sipsmith, che tra l’altro fanno dietro casa mia, tutti gli altri sanno di dopobarba, ma Tanquerary e’ meno dopobarbistico degli altri, perciò scelgo lui. Ovviamente l’AV non lo trova nel trolley, per cui – pazienza – vada di Gordon’s. Finisce il drink run e, però, eccolo tornare trionfante con una boccetta del prezioso liquido. Anche qui, piccoli gesti ma che contano. E doppio G&T.
Inizia la cena. Comincio con insalata e mozzarella di bufala. Difficile da rovinare, anche se m’era capitato di vederla abbinata al pesto e peperoncini jalapenos (da Jamie Oliver’s Italian, ove ero stato trascinato in catene).
Ed ecco il pollo. Triste la – come si dice, Console? Ah, la mise-en-place – ma buoni i contenuti, e a me che son barbone tanto basta. Notare la bicchierata di Sauvignon, versata in puro stile BA. Dubito che una bottiglia sia durata più di due file.
Sistemato il pollo, via di formaggi. Ordino, e arriva l’AV numero due, una delle international Cabin Crew basate a HK che mi chiede, in quanto staff, di prendere uno dei piatti di formaggi rovinati dato che ne han pochi, i caterers han fatto bordello e c’è sempre gente che vuole la piattata di colesterolo. Le dico che ovviamente non c’è problema e di darmi ciò che ha, ed ecco qui:
Suppongo che manchi un pezzo, o che manchi la boccettina della composta, sostituita dal dosatore del detersivo per lavastoviglie. Formaggi decenti, ma con la pressurizzazione e l’aria secca pure la tometta di Oropa avrebbe il gusto dell’Edam.
Il sedile di Club riceve, ultimamente, un botto di critiche sui fora e, sebbene debba essere d’accordo su molte di queste – ha solo un cassetto come portaoggetti, non c’è accesso diretto al corridoio per tutti, l’ambiente non fa molto club level, lo schermo e’ più piccolo che su altri competitors, e’ più stretto della Cirrus – e’ comunque full flat, e pure comodo. E quanto all’accesso al corridoio, almeno non si fa piedino piedino come su Lufthansa. Comunque sia, mi metto felicemente in orizzontale e dormo sette ore piene, risvegliandomi qui:
Le luci si riaccendono, l’ora della colazione si avvicina:
Iniziamo con frutta, smoothie e scelta di carboidrati vari:
A seguire omelette con funghi, patate e spinaci che, se non avesse quella maledetta passata di pomodoro sopra – tra l’altro quelle inglese sono sempre agrodolci – sarebbe da chiedere il bis e portarsela in ufficio:
Ma dicevo appunto dell’ufficio. Atterriamo in anticipo, alle 4:45, e siamo on stand al T5C dopo poco. Cammino veloce fino all’immigrazione, poi prendo il mio cambio d’abiti e vado all’arrivals laung fai-da-te, le mitiche docce dei dipendenti, probabilmente mai lavate dall’apertura del T5, e sono in ufficio per le sei. E’ lunedì, alle otto inizia il primo di cinque giorni di workshop che dovrò gestire senza farlo diventare una specie di battaglia tra leoni marini.
Prendo il secondo caffè della giornata, guardo fuori ed ecco che vedo lo stesso 77W che mi ha portato a casa, G-STBK, venire trainato alla base. Lo saluto, e saluto tutto il resto della banda di Hong Kong; e’ stato un bel weekend, e’ stata una bella settimana.