- 26 Aprile 2012
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Il telefono suona, puntuale come ogni sabato. Lo pesco dalla tasca e, inevitabilmente, è mio padre. ”Pronto”. ”Ciao, dove sei?’ fa lui. ”A Kyzyl-Orda,” rispondo io, sapendo benissimo di averglielo detto e sapendo anche che, probabilmente, se n’è dimenticato.
”Nté?’.
Una precisazione: mio padre, when the going gets though, tira fuori la lingua dei duri. Quel tipo di piemontese che si parla all’inizio della Valle Cervo. Dopo quarant’anni a elargire mutui, fidi e in generale a salvare la collottola alla peggio impreditoria biellese, dai tessili ai furmagiat passando per i margari, quella è la lingua da usare. ”Nté cal’è?”. Dove sta?. Sospiro. ”In Kazakhstan, te l’avevo detto che venivo qui”. “’l me ‘recordesse nen. Podej nen andé ‘n Amrica ansem la fumna?”. Non mi ricordavo. Non potevi andare con la donna in America. La stessa domanda di colleghi e amici. Scambio ancora qualche piacevolezza, riattacco, rimetto via il telefono e mi guardo intorno.
Che ci faccio qui? Di sicuro il Premio Lappeenranta per il Day-Trip più in culonia del mondo ce l’ho in saccoccia, ma non è solo questo che mi motiva. Il fatto è che, se uno vuole andare a vedere il mar d’Aral, da Kyzyl-orda ci deve per forza passare. E io, al mar d’Aral, ci voglio andare.
Tutti, credo, abbiamo desideri covati dall’infanzia. Vedere il Gran Canyon. Guidare una Ferrari. Per i gobbi, vincere una finale di Cempions. Per i torinisti, finire in zona Cempions almeno una volta. Io, e di sicuro Freud avrebbe pagine e pagine da vergare, ho sempre voluto vedere il Mar d’Aral. Date la colpa a un’infanzia tribolata, a un abuso di Manuale delle Giovani Marmotte, ma questo è quanto. E, per un po’, è sembrato che il Mar d’Aral se ne stesse andando, e in buona parte lo ha fatto, ma ora sono a Kyzyl-orda e sto per vedere ciò che si è riuscito, in questa tragedia, a salvare.
Ma torniamo indietro, torniamo indietro a giovedì sera.
La partenza è dal Terminal 4 di LHR, altrimenti conosciuto come ”L’ultimo terminal di Heathrow”. Tra tutti, T4 è quello più raccogliticcio, meno curato, senza una mission vera e propria. Tra tutte, le compagnie al T4 sono quelle che più se ne fottono dell’andamento della struttura. Ciononostante, il sig. Arora lo sta adornando di un altro hotel, dopo il Premier Inn appena costruito a fianco dell’Hilton.
Ed ecco il T4 in tutto il suo splendore.
Rimedio un posto vicino alle finestre e mi metto in attesa del mio aereo. Sotto di me, un 330 Gulf aspetta di poter fare pushback. M’è sempre piaciuta, Gulf, la vera ME1, e ho sempre desiderato provarla. È un peccato che sia finita ai minimi termini, il Bahrain abbandonato dagli altri ex-fratelli coltelli del Golfo.
Comunque, uno sbuffo di fumo mi distrae. Che sia lui?
Ebbene si, è lui. 757, KC942, LHR-TSE, Air Astana. Da quanto tempo gli correvo dietro, quanti soldi m’han fatto pagare. Però ora ci siamo.
Sono anni che non volo su un 757, l’ultima volta credo sia stato il 2003, MXP-LHR. Volevo provarlo lo scorso novembre, ALA-TSE, ma una nevicata clamorosa cancellò il volo precedente e il mio venne spostato su un 767. Grandi interni, ma… non un 757.
Parlando d’interni, ecco qui Air Astana. Prima volta nel forum, credo, e che interni. IFE ottimo, pitch di tutto rispetto e tutto nuovo. Pure il bagno con trattamento glitter da discoteca di Kazan.
Il video sulla sicurezza a bordo è da coma farmacologico, con gli omini che si muovono con la stessa velocità dei personaggi di sfondo di un videogame dei primi anni 2000 e, siccome siamo poliglotti, ci viene propinato in kazako, russo e inglese. È talmente lungo che la parte kazaka inizia quando il boarding è appena terminato, e quella inglese momenti prima di decollare.
Comunque, parlando di boarding… Una cosa che mi incuriosiva parecchio era sapere che razza di clientela ci sarebbe stata su questo volo. Diciamolo, gl’inglesi non brillano per inventiva per quanto riguarda le ferie – nemmeno noialtri italiani, vero – per cui non mi aspettavo chissà quanta gente pronta a farsi una vacanza in Kazakhstan. In più, con soli 18 milioni di abitanti e un visto britannico non proprio facilissimo da prendere, non credevo che ci fossero così tanti kazaki a bordo. Il risultato è un misto: 20% di expat – tra cui tutti i residenti della Business – un buon substrato di kazaki residenti in UK e in visita, qualche connessione locale – tipo il mio vicino di posto kirghiso – e, sorprendentemente, parecchi passeggeri in connessione per l’Estremo Oriente e il SE Asia.
Stacchiamo. A fare gli annunci di casa è il first officer, che nel tempo libero credo faccia pure il commentario della parata commemorativa di fine guerra a Mosca (questo qui). Il decollo è quello che mi ricordavo da un 757, potente e corto, e in un paio di sobbalzi siamo già in quota.
Il servizio è abbastanza veloce, considerando che è un red-eye. Alla fine le luci rimarranno spente per due/tre ore, meglio di TK che su tratte del genere insiste a fare bevande cibo e caffè. Qui il primo giro viene eliminato e gli AAVV passano solo per offrire cena e bevande.
Parlando degli assistenti di volo: tutti di gran livello. Trilingue – kazako, russo, inglese – gentili, affiatati, si vede che sono stati scelti perché sanno fare il loro lavoro e non perché solo dei belloni. Ho visto fare dei door checks esattamente come me li avevano insegnato a fare, e i controlli in cabina sono stati fatti con estrema attenzione. Compagnie come QR o TK dovrebbero imparare da Air Astana.
Mi recapitano un piccolo menù e una washbag contenente mascherina, calzini e via dicendo. Menù e washbag in economy, quand’è stata l’ultima volta che vi ho visti?
Arriva il momento del rancio che, per essere prodotto da quelle capre di Gategourmet a LHR, non è male, Lily O’Brien a parte. La ragazza che serve mi chiede se desidero qualcosa da bere, e chiedo una birra. ”Efes?” è la risposta e perché no, prendiamola. Bene, mi arriva la lattina da mezzo litro. Scorrono lacrime di gioia sulle mie gote. Air Astana, se Skytrax non t’ha ancora dato le 5 stelle è un gombloddo.
Continua!
”Nté?’.
Una precisazione: mio padre, when the going gets though, tira fuori la lingua dei duri. Quel tipo di piemontese che si parla all’inizio della Valle Cervo. Dopo quarant’anni a elargire mutui, fidi e in generale a salvare la collottola alla peggio impreditoria biellese, dai tessili ai furmagiat passando per i margari, quella è la lingua da usare. ”Nté cal’è?”. Dove sta?. Sospiro. ”In Kazakhstan, te l’avevo detto che venivo qui”. “’l me ‘recordesse nen. Podej nen andé ‘n Amrica ansem la fumna?”. Non mi ricordavo. Non potevi andare con la donna in America. La stessa domanda di colleghi e amici. Scambio ancora qualche piacevolezza, riattacco, rimetto via il telefono e mi guardo intorno.
Che ci faccio qui? Di sicuro il Premio Lappeenranta per il Day-Trip più in culonia del mondo ce l’ho in saccoccia, ma non è solo questo che mi motiva. Il fatto è che, se uno vuole andare a vedere il mar d’Aral, da Kyzyl-orda ci deve per forza passare. E io, al mar d’Aral, ci voglio andare.
Tutti, credo, abbiamo desideri covati dall’infanzia. Vedere il Gran Canyon. Guidare una Ferrari. Per i gobbi, vincere una finale di Cempions. Per i torinisti, finire in zona Cempions almeno una volta. Io, e di sicuro Freud avrebbe pagine e pagine da vergare, ho sempre voluto vedere il Mar d’Aral. Date la colpa a un’infanzia tribolata, a un abuso di Manuale delle Giovani Marmotte, ma questo è quanto. E, per un po’, è sembrato che il Mar d’Aral se ne stesse andando, e in buona parte lo ha fatto, ma ora sono a Kyzyl-orda e sto per vedere ciò che si è riuscito, in questa tragedia, a salvare.
Ma torniamo indietro, torniamo indietro a giovedì sera.
La partenza è dal Terminal 4 di LHR, altrimenti conosciuto come ”L’ultimo terminal di Heathrow”. Tra tutti, T4 è quello più raccogliticcio, meno curato, senza una mission vera e propria. Tra tutte, le compagnie al T4 sono quelle che più se ne fottono dell’andamento della struttura. Ciononostante, il sig. Arora lo sta adornando di un altro hotel, dopo il Premier Inn appena costruito a fianco dell’Hilton.
Ed ecco il T4 in tutto il suo splendore.
Rimedio un posto vicino alle finestre e mi metto in attesa del mio aereo. Sotto di me, un 330 Gulf aspetta di poter fare pushback. M’è sempre piaciuta, Gulf, la vera ME1, e ho sempre desiderato provarla. È un peccato che sia finita ai minimi termini, il Bahrain abbandonato dagli altri ex-fratelli coltelli del Golfo.
Comunque, uno sbuffo di fumo mi distrae. Che sia lui?
Ebbene si, è lui. 757, KC942, LHR-TSE, Air Astana. Da quanto tempo gli correvo dietro, quanti soldi m’han fatto pagare. Però ora ci siamo.
Sono anni che non volo su un 757, l’ultima volta credo sia stato il 2003, MXP-LHR. Volevo provarlo lo scorso novembre, ALA-TSE, ma una nevicata clamorosa cancellò il volo precedente e il mio venne spostato su un 767. Grandi interni, ma… non un 757.
Parlando d’interni, ecco qui Air Astana. Prima volta nel forum, credo, e che interni. IFE ottimo, pitch di tutto rispetto e tutto nuovo. Pure il bagno con trattamento glitter da discoteca di Kazan.
Il video sulla sicurezza a bordo è da coma farmacologico, con gli omini che si muovono con la stessa velocità dei personaggi di sfondo di un videogame dei primi anni 2000 e, siccome siamo poliglotti, ci viene propinato in kazako, russo e inglese. È talmente lungo che la parte kazaka inizia quando il boarding è appena terminato, e quella inglese momenti prima di decollare.
Stacchiamo. A fare gli annunci di casa è il first officer, che nel tempo libero credo faccia pure il commentario della parata commemorativa di fine guerra a Mosca (questo qui). Il decollo è quello che mi ricordavo da un 757, potente e corto, e in un paio di sobbalzi siamo già in quota.
Il servizio è abbastanza veloce, considerando che è un red-eye. Alla fine le luci rimarranno spente per due/tre ore, meglio di TK che su tratte del genere insiste a fare bevande cibo e caffè. Qui il primo giro viene eliminato e gli AAVV passano solo per offrire cena e bevande.
Parlando degli assistenti di volo: tutti di gran livello. Trilingue – kazako, russo, inglese – gentili, affiatati, si vede che sono stati scelti perché sanno fare il loro lavoro e non perché solo dei belloni. Ho visto fare dei door checks esattamente come me li avevano insegnato a fare, e i controlli in cabina sono stati fatti con estrema attenzione. Compagnie come QR o TK dovrebbero imparare da Air Astana.
Mi recapitano un piccolo menù e una washbag contenente mascherina, calzini e via dicendo. Menù e washbag in economy, quand’è stata l’ultima volta che vi ho visti?
Arriva il momento del rancio che, per essere prodotto da quelle capre di Gategourmet a LHR, non è male, Lily O’Brien a parte. La ragazza che serve mi chiede se desidero qualcosa da bere, e chiedo una birra. ”Efes?” è la risposta e perché no, prendiamola. Bene, mi arriva la lattina da mezzo litro. Scorrono lacrime di gioia sulle mie gote. Air Astana, se Skytrax non t’ha ancora dato le 5 stelle è un gombloddo.
Continua!