[TR] Un’estate al Mare.


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Il telefono suona, puntuale come ogni sabato. Lo pesco dalla tasca e, inevitabilmente, è mio padre. ”Pronto”. ”Ciao, dove sei?’ fa lui. ”A Kyzyl-Orda,” rispondo io, sapendo benissimo di averglielo detto e sapendo anche che, probabilmente, se n’è dimenticato.
”Nté?’.

Una precisazione: mio padre, when the going gets though, tira fuori la lingua dei duri. Quel tipo di piemontese che si parla all’inizio della Valle Cervo. Dopo quarant’anni a elargire mutui, fidi e in generale a salvare la collottola alla peggio impreditoria biellese, dai tessili ai furmagiat passando per i margari, quella è la lingua da usare. ”Nté cal’è?”. Dove sta?. Sospiro. ”In Kazakhstan, te l’avevo detto che venivo qui”. “’l me ‘recordesse nen. Podej nen andé ‘n Amrica ansem la fumna?”. Non mi ricordavo. Non potevi andare con la donna in America. La stessa domanda di colleghi e amici. Scambio ancora qualche piacevolezza, riattacco, rimetto via il telefono e mi guardo intorno.




Che ci faccio qui? Di sicuro il Premio Lappeenranta per il Day-Trip più in culonia del mondo ce l’ho in saccoccia, ma non è solo questo che mi motiva. Il fatto è che, se uno vuole andare a vedere il mar d’Aral, da Kyzyl-orda ci deve per forza passare. E io, al mar d’Aral, ci voglio andare.

Tutti, credo, abbiamo desideri covati dall’infanzia. Vedere il Gran Canyon. Guidare una Ferrari. Per i gobbi, vincere una finale di Cempions. Per i torinisti, finire in zona Cempions almeno una volta. Io, e di sicuro Freud avrebbe pagine e pagine da vergare, ho sempre voluto vedere il Mar d’Aral. Date la colpa a un’infanzia tribolata, a un abuso di Manuale delle Giovani Marmotte, ma questo è quanto. E, per un po’, è sembrato che il Mar d’Aral se ne stesse andando, e in buona parte lo ha fatto, ma ora sono a Kyzyl-orda e sto per vedere ciò che si è riuscito, in questa tragedia, a salvare.

Ma torniamo indietro, torniamo indietro a giovedì sera.

La partenza è dal Terminal 4 di LHR, altrimenti conosciuto come ”L’ultimo terminal di Heathrow”. Tra tutti, T4 è quello più raccogliticcio, meno curato, senza una mission vera e propria. Tra tutte, le compagnie al T4 sono quelle che più se ne fottono dell’andamento della struttura. Ciononostante, il sig. Arora lo sta adornando di un altro hotel, dopo il Premier Inn appena costruito a fianco dell’Hilton.


Ed ecco il T4 in tutto il suo splendore.


Rimedio un posto vicino alle finestre e mi metto in attesa del mio aereo. Sotto di me, un 330 Gulf aspetta di poter fare pushback. M’è sempre piaciuta, Gulf, la vera ME1, e ho sempre desiderato provarla. È un peccato che sia finita ai minimi termini, il Bahrain abbandonato dagli altri ex-fratelli coltelli del Golfo.


Comunque, uno sbuffo di fumo mi distrae. Che sia lui?


Ebbene si, è lui. 757, KC942, LHR-TSE, Air Astana. Da quanto tempo gli correvo dietro, quanti soldi m’han fatto pagare. Però ora ci siamo.


Sono anni che non volo su un 757, l’ultima volta credo sia stato il 2003, MXP-LHR. Volevo provarlo lo scorso novembre, ALA-TSE, ma una nevicata clamorosa cancellò il volo precedente e il mio venne spostato su un 767. Grandi interni, ma… non un 757.
Parlando d’interni, ecco qui Air Astana. Prima volta nel forum, credo, e che interni. IFE ottimo, pitch di tutto rispetto e tutto nuovo. Pure il bagno con trattamento glitter da discoteca di Kazan.


Il video sulla sicurezza a bordo è da coma farmacologico, con gli omini che si muovono con la stessa velocità dei personaggi di sfondo di un videogame dei primi anni 2000 e, siccome siamo poliglotti, ci viene propinato in kazako, russo e inglese. È talmente lungo che la parte kazaka inizia quando il boarding è appena terminato, e quella inglese momenti prima di decollare.




Comunque, parlando di boarding… Una cosa che mi incuriosiva parecchio era sapere che razza di clientela ci sarebbe stata su questo volo. Diciamolo, gl’inglesi non brillano per inventiva per quanto riguarda le ferie – nemmeno noialtri italiani, vero – per cui non mi aspettavo chissà quanta gente pronta a farsi una vacanza in Kazakhstan. In più, con soli 18 milioni di abitanti e un visto britannico non proprio facilissimo da prendere, non credevo che ci fossero così tanti kazaki a bordo. Il risultato è un misto: 20% di expat – tra cui tutti i residenti della Business – un buon substrato di kazaki residenti in UK e in visita, qualche connessione locale – tipo il mio vicino di posto kirghiso – e, sorprendentemente, parecchi passeggeri in connessione per l’Estremo Oriente e il SE Asia.

Stacchiamo. A fare gli annunci di casa è il first officer, che nel tempo libero credo faccia pure il commentario della parata commemorativa di fine guerra a Mosca (questo qui). Il decollo è quello che mi ricordavo da un 757, potente e corto, e in un paio di sobbalzi siamo già in quota.

Il servizio è abbastanza veloce, considerando che è un red-eye. Alla fine le luci rimarranno spente per due/tre ore, meglio di TK che su tratte del genere insiste a fare bevande cibo e caffè. Qui il primo giro viene eliminato e gli AAVV passano solo per offrire cena e bevande.

Parlando degli assistenti di volo: tutti di gran livello. Trilingue – kazako, russo, inglese – gentili, affiatati, si vede che sono stati scelti perché sanno fare il loro lavoro e non perché solo dei belloni. Ho visto fare dei door checks esattamente come me li avevano insegnato a fare, e i controlli in cabina sono stati fatti con estrema attenzione. Compagnie come QR o TK dovrebbero imparare da Air Astana.

Mi recapitano un piccolo menù e una washbag contenente mascherina, calzini e via dicendo. Menù e washbag in economy, quand’è stata l’ultima volta che vi ho visti?






Arriva il momento del rancio che, per essere prodotto da quelle capre di Gategourmet a LHR, non è male, Lily O’Brien a parte. La ragazza che serve mi chiede se desidero qualcosa da bere, e chiedo una birra. ”Efes?” è la risposta e perché no, prendiamola. Bene, mi arriva la lattina da mezzo litro. Scorrono lacrime di gioia sulle mie gote. Air Astana, se Skytrax non t’ha ancora dato le 5 stelle è un gombloddo.






Continua!
 

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Atterriamo al Nursultan Nazarbayev International – che, assieme a un’università, ospedale, biblioteca e credo pure la stazione è intitolato al padre-padrone di questo paese – più o meno puntuali. Lo sbarco prende un po’ di tempo, ma non c’è praticamente fila al controllo passaporti del nuovo terminal e i volontari dell’EXPO sono solertissimi nell’indirizzarti alla fila giusta. La doganiera kazaka, alla vista del mio passaporto, esclama ”Toto Cotugno!”. Venuta a sapere da dove arrivo, aggiunge ”Joe Strummer!”. Il plexiglass e il fatto che sia probabilmente proibito m’impediscono di abbracciarla.

Tra Astana ed Almaty, devo essere sincero, preferisco la seconda. Le montagne mi sono più affini della steppa, che mi sembra fin troppo ampia. Però Astana ha un che, un qualcosa, che la rende interessante. È dinamica e meno pretenziosa di Dubai, la città con cui di solito è accumunata. Inoltre è demograficamente variegata, con russi e kazakhi e tutte le esoticissime convergenze tra i due. È bello vedere un posto con la storia travagliata del Kazakhstan – usato per test nucleari, riempito di Gulag, demolito da carestie create su misura, farcito di popoli fatti migrare con la forza – crescere in modo pacifico, senza finire nella guerra civile che, all’indomani del crollo del Muro, sembrava probabile. Non vincerà mai un Nobel ad Oslo, ma Nazarbayev una cosa giusta l’ha fatta.

Comunque sia, esco e posso per una volta godermi Astana senza gelarmi come un ghiacciolo. L’ultima volta che ero qui facevano ventisei sotto. Passo una giornata piacevole e, il giorno dopo, sono di nuovo al Nazarbayev, terminal vecchio, per il volo per Kyzyl-Orda.

L’aereoporto in tutto il suo splendore.





La sicurezza prima di tutto, parte #1. Beppe attraversa l’apron in bicicletta.


Come ogni aeroporto ex-sovietico che si rispetti, anche TSE ha il suo cimitero degli elefanti, anche se questi pachidermi mi sembrano più in bolla di quelli di DME o DYU.




Annunciano il gate, mi appropinquo e… è lui o non è lui? Ebbene si, il mio primo volo con un A320NEO! Compagnia semisconosciuta, aereo nuovo di trinca che, tolto il TR inaugurale del buon Venexiano, credo che qui non si sia ancora visto.


Gli imbarchi sui voli kazaki sono di solito abbastanza morigerati, ma inizio a capire che KZO non è esattamente né Astana né Almaty, e saliamo in modo abbastanza, come dire, “ruspante”.

Situazione a bordo.






La sicurezza prima di tutto, parte #2. Cosimo (quello in blu) supervisiona il carico e scarico in ciabatte.


Stacchiamo e passiamo in rassegna il nuovo Terminal 2, capolavoro sopraffino di ignoranza (costruito dai Pacolli, incendiato per sbaglio da un operaio durante un party):


A seguire il terminal storico, ora usato per i voli domestici, e il nostro ferro, spinto dagli stessi RB211 usati da 767 e 747, seppur leggermente meno potenti.


Il terminal dei voli VIP, con un’informata di bizjet e, soprattutto, qualche Yak (?) russo. Un orso polare fa capolino…


Ed appartiene a un Superjet! Davanti a lui, seminascosto dal Mi-8 in versione Anonima Sarda, sta un raro An-74, su cui di sicuro il nostro Pochette avrà volato da Murmansk a Vorkuta in compagnia del cugino di Putin e del comandante dell’Ottobre Rosso. Pensato ciò, è il momento di decollare. Breve vista panoramica dell’aeroporto, di Astana e poi siamo diretti nella steppa, al cui momento mi addormento.















Mi sveglio all’arrivo nell’aeroporto più piccolo che abbia mai visto, più piccolo persino di quello di Verrone. Sull’apron ci sono solo due An-2, biplani – si, biplani e, giù in fondo, una palazzina. Il terminal.


Continua!
 

Siligio

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Grottaferrata
spettacolare. Mi fa venire l'acquolina in bocca per una visita in Kazakistan per andare a trovare un grande amico.
Sull'aeroporto più piccolo al mondo, aspetta a dirlo, in arrivo un TR con passaggio all'aeroporto di Radom. Nella giornata di maggiore movimentazione hanno DUE voli in un giorno.
 
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flyboy

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Wow, grande chicca!!! Video di sicurezza a parte, ha un hard product davvero notevole.
Una domanda: hai dovuto fare il visto e/o lettera d'invito o burocrazia similare?

PS: attendo il mare, e okkio al sole. E portati la crema protettiva. Tuo papà mi ricorda qualcuno....
 

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Ho una giornata da passare a Kyzyl-orda e a suo modo è un’esperienza interessante, un po’ come se fossi un alieno dal pianeta Zorg arrivato a Biella. Non so la lingua, non capisco i cartelli, tutto è fascinosamente privo di senso per me; cambiare soldi, ordinare da mangiare, trovare una via è un’avventura quando sei, praticamente, l’unico straniero in città (e, alle volte, l'unica persona!).















Temevo di annoiarmi a morte, ma dopotutto sono quello che chiede a 8200 di portarmi i giornali locali delle città di lingua inglese che visita per lavoro, e semplicemente guardare la vita di questa città di provincia è sufficientemente interessante. Il tempo passa più velocemente e sono in stazione, dove – dopo aver dimostrato di non avere né forbici né vodka nel mio bagaglio – posso andare sui binari ad aspettare il treno 33, Almaty-Aktobe.

Prendere un treno nell’ex-URSS è un’esperienza nuova, per cui guardo un altro paio di convogli arrivare e partire per “prendere la mano”. C’è tutto un ecosistema di viaggiatori, guardiani, poliziotti, soldati, attendenti alle carrozze, bagarini, donnine che vendono cibo, il tutto sotto gli occhi degli inevitabili, marziali e – completamente fuori posto – murali sovietici.







Alla fin fine il 33 arriva, e salgo a bordo. Stavolta ho preso la prima classe, che si presenta così.


Sono le 21.40, non dormo dalle 5 e il treno arriverà ad Aralsk, presumo, alle 5.25. Pregusto una buona notte di sonno, ma ovviamente il mio vicino di cuccetta ha in mente un’altra idea. Aslanbek, Aslan per gli amici, è di ritorno da due settimane di lavoro in un pozzo di petrolio e gas gestito da Lukoil, e parla tre parole d’inglese. Il suo amico B, però, lo sa molto meglio, per cui ecco arrivare B, accompagnato da un altro tizio che mi sembra peruviano, e un sacco di cibo grosso come quelli che la protezione civile lancia dagli aerei ai terremotati. Finirà che la donnona di fianco dovrà arrivare, ciabatta alla mano, ad ordinarci di fare silenzio. Sono le 2 di notte.

Alle cinque e qualcosa, dopo aver discusso di calcio, auto ed economia con l’attendente di cabina usando gesti e parole random, arrivo ad Aralsk. Ho con me delle fotocopie di articoli accademici sul Mare o, in altre parole, sul peggior disastro ecologico perpetrato dall’uomo. La faccio breve.


In meno di trent’anni il mar d’Aral, quarto specchio d’acqua al mondo per estensione e volume, ha perso il 70% del primo e il 90% del secondo. Il risultato è da Apocalisse di San Giovanni: tempeste di sabbia lunghe 500 km che depositano tra le 40 e le 150 milioni di tonnellate di sabbia (e sali tipo bicarbonato di sodio, cloruro di sodio, solfato di sodio) su Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakhstan. Salificazione dei pozzi a livelli venti volte più alti di quelli in Europa. Incremento astronomico di patologie tipo tumore dell’esofago, problemi renali e del fegato. Cambiamento climatico, con estate più calde e inverni più freddi a causa della fine dell’effetto termoregolatore del lago. Estinzioni di massa di specie di pesci, uccelli e mammiferi. Fine di un’industria, quella ittica, che dava lavoro a migliaia di persone, sfornava 36.000 tonnellate di pesce (e, come ricordato nella stessa sala d’attesa di Aralsk, una volta salvò il deretano a Lenin, alle prese con una carestia causata dalla sua stessa politica economica).


Perché?

Beh, la colpa è della Guerra Civile americana. Il famoso blocco dei porti del Sud, da parte della marina unionista, fermò il commercio del cotone, causando la rovina dell’industria tessile in Europa, e in Russia. Se gli inglesi trovarono alternative in India ed Egitto, in cui piantare cotone, i russi decisero che la zona tra l’Oxus e il Jaxartes (Amu e Syr Darya per chi non è coetaneo di Dancrane) era la loro zona cotonifera. Avanti veloce dopo la Rivoluzione d’Ottobre e la seconda Guerra Mondiale, ed ecco che i comunisti decidono di continuare col cotone. Il piano è semplice: raddoppiare l’estensione del territorio dedicato alla coltivazione del cotone, e incrementare l’irrigazione usando le acque dei due fiumi. Il problema, però, è che così facendo, l’equilibrio del mar d’Aral iniziò a cambiare. Il quantitativo d’acqua che giungeva nel lago dai due fiumi si bloccò, di fatto, e l’estensione del lago iniziò a diminuire. Nel 1975 il mare sparì da Aralsk.


Sufficientemente rinfrancato, decido di alzarmi e andare a trovare un hotel. Internet – come facevamo, prima di Internet? – dice che ce ne sono due. L’hotel Aral in centro, e l’Altair vicino alla stazione. Il primo potrebbe essere aperto, o forse è chiuso in permanenza, e in ogni caso fa schifo. Il secondo è certamente aperto, e le recensioni variano tra “ohmioddio” e “tutto sommato non è poi così male”. Entro, e un sofisticato atrio in stile russo-chic si palesa di fronte ai miei occhi. In fondo dorme una specie di avanzo di galera: un uomo in canotta, pantaloni finti Energie, denti d’oro q.b., taglio a zazzera e tatuaggi fatti in casa (o in cella). Ci accordiamo per 3000 Tenge (meno di 10 euro) per una notte, e divento felice proprietario di questa stanza.


Continua, spero prima o poi. Ci saranno cammelli, cavalli e, ovviamente, acqua.

 

Casa

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In meno di trent’anni il mar d’Aral, quarto specchio d’acqua al mondo per estensione e volume, ha perso il 70% del primo e il 90% del secondo. Il risultato è da Apocalisse di San Giovanni: tempeste di sabbia lunghe 500 km che depositano tra le 40 e le 150 milioni di tonnellate di sabbia (e sali tipo bicarbonato di sodio, cloruro di sodio, solfato di sodio) su Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakhstan. Salificazione dei pozzi a livelli venti volte più alti di quelli in Europa. Incremento astronomico di patologie tipo tumore dell’esofago, problemi renali e del fegato. Cambiamento climatico, con estate più calde e inverni più freddi a causa della fine dell’effetto termoregolatore del lago. Estinzioni di massa di specie di pesci, uccelli e mammiferi. Fine di un’industria, quella ittica, che dava lavoro a migliaia di persone, sfornava 36.000 tonnellate di pesce (e, come ricordato nella stessa sala d’attesa di Aralsk, una volta salvò il deretano a Lenin, alle prese con una carestia causata dalla sua stessa politica economica).
Hai dimenticato l'Isola della Rinascita, dove c'era una delle più grandi basi dell'Unione Sovietica per le armi chimiche e biologiche. L'isola aveva come barriera naturale proprio le acque del lago che ora però si sono ritirate, e pensa un po', in passato ci sono state epidemia di vaiolo e antrace (ci sto facendo la tesi).

Aspetto il resto! :D
 

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spettacolare. Mi fa venire l'acquolina in bocca per una visita in Kazakistan per andare a trovare un grande amico.
Sull'aeroporto più piccolo al mondo, aspetta a dirlo, in arrivo un TR con passaggio all'aeroporto di Radom. Nella giornata di maggiore movimentazione hanno DUE voli in un giorno.
Ciao Siligio, grazie per il commento! Kyzyl Orda era l'aeroporto più piccolo che abbia mai visto, non dubito che ce ne siano pure di più piccoli.

vai così, ottimo!!!
Grazie!

Ma è veramente così silenzioso il 320NEO? ciauz sky3boy.....

aspettiamo il seguito
Avoja. Silenziosità da A380.

Wow, grande chicca!!! Video di sicurezza a parte, ha un hard product davvero notevole.
Una domanda: hai dovuto fare il visto e/o lettera d'invito o burocrazia similare?

PS: attendo il mare, e okkio al sole. E portati la crema protettiva. Tuo papà mi ricorda qualcuno....
Fattore 50 Flybo', ho imparato la lezione - e duramente. Per il Kazakhstan, a meno che uno non voglia andare in città "chiuse" (tipo Baikonur o quella sul lago Balkhash, o magari le zone di confine) c'è un'assenza di burocrazia rinfrancante. Nessun blocco, nessun permesso speciale, fino a 15 (oppure 30, non ricordo) giorni non serve nemmeno il visto, niente registrazione. Rispetto al resto dell'Asia Centrale è una ventata d'aria fresca.

Hai dimenticato l'Isola della Rinascita, dove c'era una delle più grandi basi dell'Unione Sovietica per le armi chimiche e biologiche. L'isola aveva come barriera naturale proprio le acque del lago che ora però si sono ritirate, e pensa un po', in passato ci sono state epidemia di vaiolo e antrace (ci sto facendo la tesi).

Aspetto il resto! :D
Pazienza, pazienza! Al mare non ci sono ancora arrivato, Vozrozhdeniya arriverà, seppur indirettamente.

Bellissima idea per un thread! Complimenti e aspettiamo il resto....
Grazie rommel :)
 

AleRoots

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Impressionante. Non c'è modo di invertire la tendenza? È ancora così rigoglioso il business del cotone?
 
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Jambock

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Che spettacolo!!!! :p
Complimenti, e grazie! :D


...

Tutti, credo, abbiamo desideri covati dall’infanzia. [...]
Io, e di sicuro Freud avrebbe pagine e pagine da vergare, ho sempre voluto vedere il Mar d’Aral.
Venerdì scorso, nella parte finale della mostra Their Mortal Remains (che consiglio fortemente a tutti gli appassionati di Pink Floyd!) ho rivisto il video di Louder Than Words. Guardando le immagini dei bambini che giocavano in mezzo alle barche arruginite ho pensato: wishlist dei viaggi da aggiornare... :p :p

Non vedo l'ora di continuare a leggere il tuo racconto!
:) :D :) :D
 

BHA 604

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Ed io che pensavo fossi andato a prendere il sole in un resort all inclusive in qualche località frequentata dai tuoi conterranei :D

Ottimo inizio, te l'avevo detto che con Air Astana si volava bene!

Ma che palazzo è per avere quella scritta? :super::super::super:


La sicurezza prima di tutto, parte #2. Cosimo (quello in blu) supervisiona il carico e scarico in ciabatte.
Tutto regolare ;)


un raro An-74, su cui di sicuro il nostro Pochette avrà volato da Murmansk a Vorkuta in compagnia del cugino di Putin e del comandante dell’Ottobre Rosso
Assolutamente si! Ed ovviamente sorseggiando un gin tonic :D
Comunque a Vorkuta un giro te lo suggerisco. Magari non in inverno che fa un po' freschino

Aslanbek, Aslan per gli amici, è di ritorno da due settimane di lavoro in un pozzo di petrolio e gas gestito da Lukoil
Overseas ;) (sono un rompiscatole, lo so :D)
 

venexiano

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Spettacolo! Il lago d'Aral mi ha sempre affascinato sin da bambino: negli atlanti che amavo sfogliare veniva raffigurato nella sua conformazione originaria, che mi ricordava un teschio a rovescio. Triste presagio, visto il destino di questo specchio d'acqua.

Per quanto riguarda i voli, il livello del servizio di bordo di Air Astana mi ha veramente sorpreso.
 

Aletheia

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Interessante e mai banale, grazie per averlo condiviso!
Che poi, quando leggo un TR sull'ex URSS mi viene inevitabilmente voglia di andarci...peccato che sia l'unica donna al mondo che ha questo desiderio e nessuna delle mie amiche condivida!