Ero già stato in Islanda nel 2009, d’estate; mi interessava vedere la costa sud d’inverno, sperando nelle cascate ghiacciate (con poca fortuna), ma non molto rivedere il Golden Circle. Che fare quindi in uno dei due giorni a Reykjavik?
Da un po’ pensavo a come raggiungere le Vestmannaeyjar, dette anche Westman Island, un piccolo arcipelago pochi kilometri a sud della costa meridionale islandese; solo l’isola principale è abitata, essendo gli altri poco più che scogli (o vulcani
).
C’è un battello che ogni giorno fa avanti e indietro tra l’isola e la terraferma; ma ci sono dei comodi voli plurigiornalieri con Eagle Air, in partenza da uno dei terminal per i voli interni dell’aeroporto di Reykjavik, al costo di mezzo rene. Con un Jetstream 31. Non sono mai salito sul J31. Mi piacciono i turboprop. Vendo un rene, per chi fosse interessato.
La mattina mi sembra di svegliarmi prestissimo, visto che alle 9 c’è ancora buio pesto. Come alle 10, peraltro. Mi doccio, faccio una veloce colazione e mi incammino verso il terminal di Eagle Air, che è a venti minuti a piedi circa dalla mia guesthouse. Andare a piedi in aeroporto è davvero priceless (per tutto il resto, inclusi i voli Eagle Air, c’è Mastercard).
Non mi aspettavo il T5 di Heathrow, e non sono deluso dal capannone che è un incrocio tra un hangar e un motel sulla Vigevanese, ma senza le battone; è indubbiamente uno degli aeroporti più belli in cui sia stato
C’è pure la lounge, addobbata per Natale come quasi tutto il paese. Mi servo liberamente alle macchinette, che accettano senza nessun problema pure le carte di credito, e aspetto, con gli altri tre pax, l’imbarco.
Sui interni islandesi non vi è alcun controllo di sicurezza, niente limiti sui liquidi, nessuna paturnia inutile. Si arriva, si fa il check-in, si aspetta (poco), si sale e si va.
Volo: FEI 760
Tratta: RKV-VEY
Aereo: BAe Jetstream 32
MSN: 981
Reg: TF-ORC
Primo volo: 1993
Consegnato: ...
Età: 24 anni
Posto: 6A
Sched/Actual: 1130-1155 // 1143-1206
Durata volo: 23'
Ovviamente non c’è alcun bus, si sale a piedi dalla scaletta posteriore. La configurazione con l’ala bassa lo fa sembra più grosso di quanto non sia – l’apertura alare è di poco superiore a quella di un Islander, che è solo tre metri e mezzo più corto, pur portando meno della metà dei passeggeri.
Il pitch è tremendo, e sul lato con il posto singolo, la curvatura della fusoliera rende impossibile avere lo spazio per entrambi i piedi, specie con lo zainetto di merda in mezzo. Ovviamente, non esistono cappelliere
Rulliamo verso una delle tre piste piste di RKV, aspettiamo che un Dash 8 di Air Iceland Connect atterri e poi liberiamo i cavalli – altro che 737 e 320.
Sorvoliamo la periferia di Reykjavik prima di balzare sopra le nuvole e vedere una specie di alba. Il volo sarà assolutamente senza alcuna turbolenza.
La cabina del Jetstream in tutto il suo splendore. Si può notare il gradino in mezzo alla fusoliera, dove passa il cassone alare, evidenziato con lo scotch giallo e nero:
Sorvoliamo l’unico centro abitato dell’isola e atterriamo da nord sulla pista 21, dopo essere passati in mezzo ai due rilievi che proteggono il porto.
L’aeroporto è più grosso di quello da cui siamo partiti, e camminando verso l’uscita riesco a vedere finalmente anche il muso dell’aereo. L’unico altro ospite è un piccolo Cessna 170B del 1952.
L’aeroporto è più grosso di quello da cui sono partito, anche se negli ultimi dieci anni il traffico è crollato, da quando Air Iceland ha cancellato la tratta (volata con i ben più grossi Dash 8). Da qui sono passati ben 19.107 passeggeri nel 2016.
Una stele commemora l’incontro a Reykjavik tra Reagan e Gorbačëv del 1986 che iniziò il disgelo. Cosa ci faccia qui, esattamente, mi sfugge; aquila selvaggia qui, invece, non è un pilota con assurde rivendicazioni sindacali ma una statua che ricorda la presenza dell’aeroporto.
Da qui si vede bene lo spazio tra i due promontori attraverso cui passa l’avvicinamento per pista 21, e una domanda mi attanaglia: si potrà fare un circling, qui? Giannipilota2, se ci sei batti un colpo!
Un video, non mio, che mostra bene l'approach - da passeggero, purtroppo, non me n'ero assolutamente reso conto!
Il Jetstream riparte in senso opposto a quello da cui è arrivato, e il tutorial di Dancrane su come fare i panning funziona perfettamente. Chiedetegliene una copia!
Inizio a incamminarmi verso il cratere dell’Eldfell, uno dei vulcani di più recente formazione, creatosi nell’inverno del 1973 durante un’eruzione che ha quasi sepolto metà dell’isola.
A partire da circa metà salita, si inizia ad avere una bella visuale della cittadina
I detriti vulcanici, nella forma di polvere e lapilli di tephra, ne ricoprono quasi interamente le pareti. Il tephra è stato usato anche per allungare la pista dell’aeroporto e nell’edilizia locale.
Purtroppo non riesco a raggiungere la sommità del cratere, dato che, a causa della pioggia, non ho alcun tipo di grip sulla sabbia e sassolini nel punto più ripido, nonostante gli scarponi da montagna. Sempre che non avessi smarrito il sentiero, visto che ad un certo punto non c’erano più tracce e tutto sembrava uguale, col rischio di mettere il piede sopra una fumarola coperta. A malincuore, quindi, scendo, mentre inizia a piovere sempre più insistentemente.
Più che piovere, diciamo che diluvia – per fortuna, sull’isola ci sono un paio di musei. Il più vicino è l’Eldheimar, dedicato all’eruzione del 1973, ed è stato costruito attorno ad una casa costruita poco prima dell’eruzione e completamente sommersa dalla lava e dai detriti – una moderna Pompei, in piccolo, e senza pedigree storico. Una parte dei numerosi video visibili nel museo sono raccolti in questo video su YouTube.
Una parte della popolazione venne evacuato per via aerea, e vennero utilizzati anche alcuni aerei militari americani (C-47 e elicotteri) dalla base di Keflavik, nonché dei C-130 fatti giungere apposta da Langley per trasportare le merci più pesanti.
Nonostante l’eruzione fosse iniziata alle 2 del mattino, vi fu solo una vittima.
Nel frattempo il diluvio diventa temporale, e mi rinchiudo nel primo (e uno dei pochi) posti che trovo aperto. Quando esco, la pioggia non accenna a diminuire; inizia anzi a scendere una nebbiolina che diventerà nebbione al calar delle tenebre. Indubbiamente affascinante, ma affatto piacevole. VEY sarà CAT IIIB, vero?
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Mancando poco più di un’oretta al volo, rivolgo i miei tristi passi versi l’aeroporto. All’andata non avevo realizzato quanto fosse bello l’interno!
Vado verso il banco del check-in; il tuttofare di Eagle Air arriva dopo dieci minuti, mi guarda perplesso e mi chiede se avessi bisogno di informazioni.
Io: Uhm, no, vorrei fare il check-in per il mio volo.
Dispatcher: Ah. Il volo. Quel volo. Guardi, non so se ha visto fuori, c’è un po’ di nebbia, capita due volte all’anno qui, sa, ma quando capita non vola nessuno. Possiamo aspettare fino alle 17 così mi dicono se il volo effettivamente è partito da Reykjavik, ma le dico già che praticamente è impossibile.
Io: Bene. Ottimo. Che alternative avrei nel caso, diciamo al momento puramente ipotetico, in cui il volo fosse cancellato?
Dispatcher: Oh beh, potrebbe dormire qui sull’isola e ripartire col volo di domattina. Sempre che non cancelliamo anche quello, di solito questo tipo di nebbia perdura fino all’alba del giorno dopo. Sa, l’alba. Qui è verso le 10 del mattino. Il volo dovrebbe arrivare alle 8 e qualcosa. Quindi forse partirebbe domani pomeriggio.
Io: Oh bene, fantastico. Altre alternative non ce ne sono proprio?
Dispatcher: Ci sarebbe il traghetto, fino a Landeyjahöfn, poi il bus fino a Reykjavik.
Io: Mi piace! Quanto ci vuole?
Dispatcher: circa mezz’ora di traversata, poi due ore, due e mezza per Reykjavik. I bus sono in coincidenza, partono trenta minuti dopo l’attracco. Tra venti minuti le so dire se cancelliamo, se è così le do uno strappo fino al porto.
Io: benissimo, grazie mille. Per il rimborso della tratta non usata devo chiamare la compagnia?
Dispatcher: no, glielo faccio subito io appena abbiamo la conferma di cancellazione.
Venti minuti dopo mi conferma la cancellazione del volo, mi carica sul Toyota qualcosa di Eagle Air e mi porta al porto, la cui sala d’aspetto ricorda più quella di un ospedale macedone, appena ingentilito da palle luminose che, credo, dovrebbero essere decorazioni natalizie.
Il traghetto non è neppure brutto, piuttosto grosso, con anche un bar, spazio gioco e sala video per i bambini. I passeggeri saranno forse una dozzina, incluso il signore che sedeva nel sedile davanti a me in aereo, anche lui turista. Ci facciamo una birra e ci scambiamo storie di viaggio.
Riesco ad arrivare alla guesthouse per le 23; considerando che c’era il rischio di rimanere bloccati sull’isolotto, neppure troppo male!
Da un po’ pensavo a come raggiungere le Vestmannaeyjar, dette anche Westman Island, un piccolo arcipelago pochi kilometri a sud della costa meridionale islandese; solo l’isola principale è abitata, essendo gli altri poco più che scogli (o vulcani
C’è un battello che ogni giorno fa avanti e indietro tra l’isola e la terraferma; ma ci sono dei comodi voli plurigiornalieri con Eagle Air, in partenza da uno dei terminal per i voli interni dell’aeroporto di Reykjavik, al costo di mezzo rene. Con un Jetstream 31. Non sono mai salito sul J31. Mi piacciono i turboprop. Vendo un rene, per chi fosse interessato.
La mattina mi sembra di svegliarmi prestissimo, visto che alle 9 c’è ancora buio pesto. Come alle 10, peraltro. Mi doccio, faccio una veloce colazione e mi incammino verso il terminal di Eagle Air, che è a venti minuti a piedi circa dalla mia guesthouse. Andare a piedi in aeroporto è davvero priceless (per tutto il resto, inclusi i voli Eagle Air, c’è Mastercard).
Non mi aspettavo il T5 di Heathrow, e non sono deluso dal capannone che è un incrocio tra un hangar e un motel sulla Vigevanese, ma senza le battone; è indubbiamente uno degli aeroporti più belli in cui sia stato

C’è pure la lounge, addobbata per Natale come quasi tutto il paese. Mi servo liberamente alle macchinette, che accettano senza nessun problema pure le carte di credito, e aspetto, con gli altri tre pax, l’imbarco.



Sui interni islandesi non vi è alcun controllo di sicurezza, niente limiti sui liquidi, nessuna paturnia inutile. Si arriva, si fa il check-in, si aspetta (poco), si sale e si va.

Volo: FEI 760
Tratta: RKV-VEY
Aereo: BAe Jetstream 32
MSN: 981
Reg: TF-ORC
Primo volo: 1993
Consegnato: ...
Età: 24 anni
Posto: 6A
Sched/Actual: 1130-1155 // 1143-1206
Durata volo: 23'
Ovviamente non c’è alcun bus, si sale a piedi dalla scaletta posteriore. La configurazione con l’ala bassa lo fa sembra più grosso di quanto non sia – l’apertura alare è di poco superiore a quella di un Islander, che è solo tre metri e mezzo più corto, pur portando meno della metà dei passeggeri.

Il pitch è tremendo, e sul lato con il posto singolo, la curvatura della fusoliera rende impossibile avere lo spazio per entrambi i piedi, specie con lo zainetto di merda in mezzo. Ovviamente, non esistono cappelliere

Rulliamo verso una delle tre piste piste di RKV, aspettiamo che un Dash 8 di Air Iceland Connect atterri e poi liberiamo i cavalli – altro che 737 e 320.

Sorvoliamo la periferia di Reykjavik prima di balzare sopra le nuvole e vedere una specie di alba. Il volo sarà assolutamente senza alcuna turbolenza.

La cabina del Jetstream in tutto il suo splendore. Si può notare il gradino in mezzo alla fusoliera, dove passa il cassone alare, evidenziato con lo scotch giallo e nero:

Sorvoliamo l’unico centro abitato dell’isola e atterriamo da nord sulla pista 21, dopo essere passati in mezzo ai due rilievi che proteggono il porto.

L’aeroporto è più grosso di quello da cui siamo partiti, e camminando verso l’uscita riesco a vedere finalmente anche il muso dell’aereo. L’unico altro ospite è un piccolo Cessna 170B del 1952.


L’aeroporto è più grosso di quello da cui sono partito, anche se negli ultimi dieci anni il traffico è crollato, da quando Air Iceland ha cancellato la tratta (volata con i ben più grossi Dash 8). Da qui sono passati ben 19.107 passeggeri nel 2016.

Una stele commemora l’incontro a Reykjavik tra Reagan e Gorbačëv del 1986 che iniziò il disgelo. Cosa ci faccia qui, esattamente, mi sfugge; aquila selvaggia qui, invece, non è un pilota con assurde rivendicazioni sindacali ma una statua che ricorda la presenza dell’aeroporto.


Da qui si vede bene lo spazio tra i due promontori attraverso cui passa l’avvicinamento per pista 21, e una domanda mi attanaglia: si potrà fare un circling, qui? Giannipilota2, se ci sei batti un colpo!

Un video, non mio, che mostra bene l'approach - da passeggero, purtroppo, non me n'ero assolutamente reso conto!
Il Jetstream riparte in senso opposto a quello da cui è arrivato, e il tutorial di Dancrane su come fare i panning funziona perfettamente. Chiedetegliene una copia!

Inizio a incamminarmi verso il cratere dell’Eldfell, uno dei vulcani di più recente formazione, creatosi nell’inverno del 1973 durante un’eruzione che ha quasi sepolto metà dell’isola.


A partire da circa metà salita, si inizia ad avere una bella visuale della cittadina

I detriti vulcanici, nella forma di polvere e lapilli di tephra, ne ricoprono quasi interamente le pareti. Il tephra è stato usato anche per allungare la pista dell’aeroporto e nell’edilizia locale.

Purtroppo non riesco a raggiungere la sommità del cratere, dato che, a causa della pioggia, non ho alcun tipo di grip sulla sabbia e sassolini nel punto più ripido, nonostante gli scarponi da montagna. Sempre che non avessi smarrito il sentiero, visto che ad un certo punto non c’erano più tracce e tutto sembrava uguale, col rischio di mettere il piede sopra una fumarola coperta. A malincuore, quindi, scendo, mentre inizia a piovere sempre più insistentemente.


Più che piovere, diciamo che diluvia – per fortuna, sull’isola ci sono un paio di musei. Il più vicino è l’Eldheimar, dedicato all’eruzione del 1973, ed è stato costruito attorno ad una casa costruita poco prima dell’eruzione e completamente sommersa dalla lava e dai detriti – una moderna Pompei, in piccolo, e senza pedigree storico. Una parte dei numerosi video visibili nel museo sono raccolti in questo video su YouTube.

Una parte della popolazione venne evacuato per via aerea, e vennero utilizzati anche alcuni aerei militari americani (C-47 e elicotteri) dalla base di Keflavik, nonché dei C-130 fatti giungere apposta da Langley per trasportare le merci più pesanti.
Nonostante l’eruzione fosse iniziata alle 2 del mattino, vi fu solo una vittima.

Nel frattempo il diluvio diventa temporale, e mi rinchiudo nel primo (e uno dei pochi) posti che trovo aperto. Quando esco, la pioggia non accenna a diminuire; inizia anzi a scendere una nebbiolina che diventerà nebbione al calar delle tenebre. Indubbiamente affascinante, ma affatto piacevole. VEY sarà CAT IIIB, vero?


Mancando poco più di un’oretta al volo, rivolgo i miei tristi passi versi l’aeroporto. All’andata non avevo realizzato quanto fosse bello l’interno!

Vado verso il banco del check-in; il tuttofare di Eagle Air arriva dopo dieci minuti, mi guarda perplesso e mi chiede se avessi bisogno di informazioni.
Io: Uhm, no, vorrei fare il check-in per il mio volo.
Dispatcher: Ah. Il volo. Quel volo. Guardi, non so se ha visto fuori, c’è un po’ di nebbia, capita due volte all’anno qui, sa, ma quando capita non vola nessuno. Possiamo aspettare fino alle 17 così mi dicono se il volo effettivamente è partito da Reykjavik, ma le dico già che praticamente è impossibile.
Io: Bene. Ottimo. Che alternative avrei nel caso, diciamo al momento puramente ipotetico, in cui il volo fosse cancellato?
Dispatcher: Oh beh, potrebbe dormire qui sull’isola e ripartire col volo di domattina. Sempre che non cancelliamo anche quello, di solito questo tipo di nebbia perdura fino all’alba del giorno dopo. Sa, l’alba. Qui è verso le 10 del mattino. Il volo dovrebbe arrivare alle 8 e qualcosa. Quindi forse partirebbe domani pomeriggio.
Io: Oh bene, fantastico. Altre alternative non ce ne sono proprio?
Dispatcher: Ci sarebbe il traghetto, fino a Landeyjahöfn, poi il bus fino a Reykjavik.
Io: Mi piace! Quanto ci vuole?
Dispatcher: circa mezz’ora di traversata, poi due ore, due e mezza per Reykjavik. I bus sono in coincidenza, partono trenta minuti dopo l’attracco. Tra venti minuti le so dire se cancelliamo, se è così le do uno strappo fino al porto.
Io: benissimo, grazie mille. Per il rimborso della tratta non usata devo chiamare la compagnia?
Dispatcher: no, glielo faccio subito io appena abbiamo la conferma di cancellazione.
Venti minuti dopo mi conferma la cancellazione del volo, mi carica sul Toyota qualcosa di Eagle Air e mi porta al porto, la cui sala d’aspetto ricorda più quella di un ospedale macedone, appena ingentilito da palle luminose che, credo, dovrebbero essere decorazioni natalizie.

Il traghetto non è neppure brutto, piuttosto grosso, con anche un bar, spazio gioco e sala video per i bambini. I passeggeri saranno forse una dozzina, incluso il signore che sedeva nel sedile davanti a me in aereo, anche lui turista. Ci facciamo una birra e ci scambiamo storie di viaggio.

Riesco ad arrivare alla guesthouse per le 23; considerando che c’era il rischio di rimanere bloccati sull’isolotto, neppure troppo male!