RACCONTO VIAGGIO
Itinerario
Warszawa Ursus Północ—Warszawa Zachodnia—Rzeszów Główny—Przemysł Główny—Kyiv Pasazhyrskyi
La congiunzione astrale che mette in moto la macchina organizzativa per questo insolito viaggio può essere così riassunta: il sottoscritto spedito a Varsavia per via del suo corporate job, un amico (“gov.pl”) ed una conoscenza (giornalista americano, attualmente a Kharkiv con la sua tessera “Press” a tracollo). Il rischio non farà nemmeno una flebile comparsa nella mia mente durante le fasi iniziali di organizzazione logistica, che peraltro si rivelerà piuttosto complicata.
Esiste un treno diretto (impiega appena sotto le 20 ore) che collega la stazione est (o Wschodnia) di Varsavia con la stazione centrale (o Pasazhyrskyi) della capitale ucraina, ma non c’è verso di trovare un posto. Forte, tuttavia, del glorioso palmares in geografia ai tempi delle scuole, penso immediatamente alle città di confine, vale a dire Przemysł e Chełm. Si parte dopodomani e pertanto non ho il tempo materiale a disposizione per perdermi nei meandri di Google, decido quindi di prenotare un one-way da Przemysł a Kiev senza, tuttavia, preoccuparmi del fatto che a Przemysł dovrò comunque arrivarci e che s’impiegano appena 6+ ore di treno… Geography coming to the rescue again, decido pertanto di andare a Rzeszów (circa 5 ore di treno, il cosiddetto “Pendolino” o “Express Intercity Premium”), soggiornare nella ridente cittadina dei Subcarpazi e prendere un treno “regionale” per Przemysł (un paio d’ore) la mattina seguente.
Przemysł è una cittadina di confine a circa 400 km a sud di Varsavia e che si è praticamente trasformata in un vero e proprio centro di accoglienza per i profughi di guerra. Faccio visita a delle conoscenze che lavorano nel centro allestito in stazione e sono immediatamente sorpreso dal fatto che ci sono ancora tantissimi arrivi dall’altra parte del confine, un treno è appena arrivato e lo sbarco (lento, immagino per via dei controlli di frontiera) sarà durato almeno 3 ore (ero lì dalle 8 circa del mattino e, fino alle 11 inoltrate, c’era ancora del flusso di gente in uscita). La sensazione alla vista di quelle scene è indescrivibile ma c’è chi ha visto di peggio (specie agli inizi) e mi asterrò pertanto da ulteriori impressioni a riguardo.
Non mi sembrava il caso di far foto ma posterò qualche immagine dal viaggio di ritorno (treno—treno—aereo).
Il treno è uno Hyundai Rotem (modernissimo) e la tratta è operata dall’operatore ferroviario statale dell’Ucraina. Tanta gente a bordo anche se praticamente il 90% dei passeggeri terminerà il viaggio a Leopoli. Il primo controllo passaporti avviene in stazione (Polonia) e di nuovo poi una volta a bordo, subito dopo aver passato la stazione di frontiera (Medyka), dalla polizia militare ucraina, che mi chiederà passaporto, motivo del viaggio accompagnato da relativa documentazione e assicurazione medica (tutto liscio e timbro apposto) e pure un paio di domandine sui numerosi timbri di Bosnia-Herzegovina (e Serbia), pura curiosità credo anche se più in là mi è venuto il mente il fatto che entrambi i Paesi in questione non hanno preso parte alle sanzioni post-aggressione (o “Special Operation”, come la chiamano pure in Serbia).
Il viaggio in treno (12 ore circa) sarà, surprisingly, davvero piacevole, grazie al mattone by Rebecca West (Black Lamb and Grey Falcon — A Journey Through Yugoslavia) che sto leggendo al momento ma anche ad un paio di chiacchiere (piacevoli) e successive visite (frequenti) al “vagone bar” con un paio di passeggeri conosciuti durante l’imbarco e proprio in treno (parlare polacco aiuta).
Arrivo a Kiev poco dopo le 22 e sorge il primo problema: alle 23 scatta il coprifuoco e la sensazione di panico tra i passeggeri in stazione (non solo tra i pochi del treno dove viaggiavo) è piuttosto marcata. Uber sembra ignorarmi, chiedo ad un militare (armato fino ai denti) se attendere un taxi dopo le 23 sia consentito — il giovanotto, gentilissimo, mi risponde in polacco con un fatidico “Nie”. Quando oramai mancano solo pochi minuti alle 23, parlo con un tassista che mi chiede 500 UAH (circa £10) per il “favore” (happy with that, let’s go).
Prima parte (Kiev) con foto a seguire.