La lunga storia dell'ormai ex compagnia di bandiera italiana, ora ITA Airways, potrebbe essere giunta ad una svolta definitiva con
l'accordo raggiunto per la vendita della compagnia tra il governo e Certares, un fondo di investimenti americano (ma con una sussidiaria europea che sarebbe direttamente coinvolta nell'operazione per tener conto dei vincoli legali sulla proprietà per poter servire il mercato europeo). L'offerta avanzata dal fondo in collaborazione con due grandi vettori come Delta Airlines Inc. e Air France-KLM S.A. è stata ritenuta "maggiormente rispondente agli obiettivi fissati" dal
Ministero dell'Economia e delle Finanze. Ciò ha portato all'avvio di un negoziato esclusivo tra il governo e Certares, lasciando così fuori
la cordata alternativa Msc-Lufthansa che pure in qualche momento era stata data come più favorita dalla stampa.
Per comprendere le ragioni della privatizzazione e della scelta del governo, è opportuno ricostruire brevemente la storia della compagnia di bandiera italiana e il costo sostenuto dallo Stato nel corso degli anni per evitarne il fallimento.
I risultati di Alitalia dal 2000 ad oggi
Durante la storia di Alitalia e delle sue successive trasformazioni, riassunta brevemente nella Tav. 1, lo Stato italiano è risultato a più riprese cruciale per tenere in piedi la compagnia. Ci concentreremo principalmente sugli eventi del nuovo millennio, riassumendo così il percorso di Alitalia - ITA Airways dalla prima privatizzazione voluta dal primo governo Prodi nel '98 ad oggi.
Come abbiamo già osservato in una precedente Nota,
[1] dal 2000 ad oggi la compagnia di bandiera ha quasi sempre riportato perdite. Nella Fig. 1 sono riportati i risultati finanziari netti della compagnia nelle sue varie denominazioni a partire dal 2000 a valori monetari correnti (luglio 2022).
[2] A fine 2021, le perdite cumulate del nuovo millennio ammontano più di 14 miliardi di euro (Fig. 2).
[3] I dati cumulati dal 2017 ad oggi indicano che la perdita complessiva dell'aviolinea nel periodo di amministrazione straordinaria si aggiri intorno ai 3 miliardi di euro.
[4]
Le perdite accumulate negli anni non sono state interamente coperte da fondi pubblici ma, in parte, anche dai soci privati che si sono alternati nel capitale azionario della società; nel 2017, tuttavia, l'Osservatorio stimava l'onere cumulato netto a carico dei contribuenti intorno a 9,4 miliardi di euro, che corrispondono a 10,4 miliardi aggiornati ai prezzi di luglio 2022. A questi vanno aggiunti gli ulteriori fondi stanziati sotto forma di prestito ponte dal governo Gentiloni nel 2017 per il rilancio di Alitalia SAI. Il finanziamento a titolo oneroso era inizialmente di 600 milioni da restituire entro la fine dell'esercizio 2017, ma i provvedimenti successivi hanno portato l'ammontare complessivo a 1,3 miliardi nel 2019 che sono stati erosi completamente dalle perdite generate tra il 2018 e il 2021. A questi, vanno anche sommati gli interessi non corrisposti entro i termini stabiliti, per un totale a carico dei contribuenti di 1,6 miliardi euro. Tale debito con lo Stato non rimarrà a carico della
NewCo ITA Airways e dovrà essere restituito da Alitalia SAI S.p.A. tramite la ripartizione dell'attivo dell'amministrazione straordinaria.
[5] Come proprietario della totalità delle quote di ITA Airways, il MEF si fa anche carico di coprire le perdite del vettore aereo che alla chiusura dello scorso esercizio ammontavano già a 149 milioni di euro (per il solo periodo 15 ottobre - 31 dicembre).
In vista del rilancio definitivo di ITA Airways, nel 2021 il governo Draghi ha definito insieme alla Commissione europea il tetto massimo degli investimenti pubblici sotto forma di aumento di capitale: 1,35 miliardi per l'insieme dei 3 anni successivi. Di questi, 700 milioni sono già stati versati dallo Stato italiano, mentre i restanti dovrebbero essere versati tra la fine del 2022 e il 2023. Tali investimenti sono vincolati però all'inserimento della compagnia in un'alleanza internazionale e alla progressiva privatizzazione del vettore. Questi termini, insieme con le norme previste dal D.P.C.M. di marzo scorso
[6] sulle modalità di privatizzazione, vincolano il governo, ancorché oggi dimissionario, alla prosecuzione della trattativa con Certares, Delta e Air France con lo scopo di alienare la quota di maggioranza di ITA.
[7]
Dopo la caduta del governo Draghi nel luglio 2022, alcuni partiti hanno sollevato obiezioni sulla stipula delle condizioni concordate in quanto assunte da un governo non operante con i "pieni poteri". In realtà, come ha poi chiarito
Sabino Cassese nel suo parere
pro veritate alla compagnia aerea, il governo uscente avrebbe violato la legge se non avesse portato a termine la trattativa, in quanto pienamente definita dalla normativa vigente.
Le offerte presentate al MEF
Nel 2022 sono state presentate due offerte al MEF per l'acquisizione della quota di maggioranza della
NewCo statale da parte di Certares e dalla cordata Lufthansa-Msc. La prima è stata ritenuta migliore per gli obiettivi del governo e ha di fatto avviato un processo di formale privatizzazione della ex compagnia di bandiera. L'offerta prevede l'acquisto del 50 per cento più un'azione da parte della cordata guidata da Certares, per ottenere il controllo della società di trasporto aereo, lasciando dunque una partecipazione sostanziale allo Stato italiano. Il MEF rimarrebbe titolare della quota di minoranza e questo consentirebbe al governo di influenzare le scelte del Cda (due membri su cinque e il presidente sarebbero nominati dal governo) e di vigilare sull'applicazione delle misure presentate nel piano industriale della nuova ITA.
Al contrario, l'offerta di Lufthansa-Msc avrebbe comportato un'effettiva privatizzazione dell'aviolinea con un acquisto iniziale dell'80 per cento del capitale e un accordo preventivo sulla restante parte delle azioni da acquisire in seguito. Questo avrebbe portato il MEF fuori dalla compagine azionaria nel giro di due anni e la governance di ITA sarebbe stata affidata totalmente a Lufthansa.
I dettagli della trattativa tra il MEF e Certares non sono ancora di pubblico dominio in quanto riservata; circolano solo alcune indiscrezioni giornalistiche sui contenuti dell'offerta.
[8] In particolare, non è ancora chiaro quali saranno gli sviluppi successivi, in particolare se ci sarà un ulteriore incremento di capitale (oltre a quello già preventivato dall'accordo con Bruxelles, anche a copertura delle ulteriori perdite accumulate dalla compagnia nel frattempo).
I rischi di una privatizzazione parziale
Ma anche senza avere a disposizione i dettagli precisi, è chiaro che la scelta di Certares invece che di Lufthansa da parte del governo, se da una parte offre un maggior ruolo al settore pubblico nelle scelte future della compagnia, dall'altro comporta anche
maggiori rischi, in primis di dover continuare a partecipare alla copertura delle perdite di ITA nei prossimi mesi e, eventualmente, anni. Si è già ricordato che dal momento in cui la compagnia aerea è diventata operativa, il 15 ottobre 2021 e la fine dell'anno, questa ha riportato perdite pari a 149 milioni di euro. Con l'aumento dei prezzi dei carburanti e la riduzione dei voli di lungo raggio (molto più profittevoli dei voli domestici), il 2022 si prospetta come un altro anno particolarmente delicato per le finanze di ITA e, di conseguenza, per l'azionista unico statale.
Come monito per il futuro, è anche utile ricordare che dietro le perdite riportate nella Fig. 1, c'è stata soprattutto la volontà da parte dei governi italiani nel corso degli anni di mantenere sotto il controllo pubblico la compagnia di bandiera, oppure comunque di preservarne l'"italianità" affidandola a investitori nazionali, con lo scopo dichiarato di incentivare i flussi commerciali e turistici nei confronti del Paese, che sarebbero viceversa stati sacrificati da un vettore straniero. Se è così, va detto che questo obiettivo è stato mancato. Il mercato dei voli italiani è ricco (il quarto in Europa), ma è sempre meno servito da Alitalia e dalle sue successive incarnazioni. A riprova, la Tav. 1 riporta le quote di mercato nazionale servite dalla compagnia. Si osserva che
da una quota iniziale del 60 per cento nel 2000, si è ora passati a poco più del 18 per cento. Il considerevole sforzo finanziario sopportato dal contribuente italiano nel corso degli anni non è dunque servito a garantire un ruolo rilevante alla compagnia, neppure sul mercato nazionale.
Il vettore ha perso 3 miliardi solo durante la fase dell'amministrazione straordinaria. E la quota di mercato nazionale è scesa dal 60% di inizio mi…
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