Severgnini sul Corriere di ieri (rubrica Italians) in risposta a una lettera. Se è già stato postato mi scuso.
Alitalia: non ho parole, Ciro. E, se le avessi, sarebbero piuttosto volgari. Lo sciopero a tradimento è una prepotenza grave: immagino - anzi, so - i disagi che sono stati provocati ai viaggiatori (coincidenze internazionali saltate, viaggi annullati, programmi rovinati, affari perduti). Perché una compagnia salvata sull'orlo del fallimento - anzi già fallita, usando qualsiasi standard internazionale - si comporta così? La risposta è in una massina latina: «Gli dèi fanno impazzire coloro che vogliono distruggere». Ma possiamo anche essere più precisi. Lo sciopero è proclamato da una minoranza, secondo cui il nuovo contratto è peggiore di quello esistente. Probabilmente è vero: ma l'alternativa, dopo aver fatto saltare l'accordo con Air France (roba da matti), è la chiusura. L'intera faccenda è ormai un indegno papocchio. Non c'è NESSUNO - governo, Cai, AirOne, le banche, il personale di terra e di volo - che ce la conti giusta. Per non parlare della politica, che da 15 anni sta banchettando sulla carcassa della compagnia di bandiera. Chiedere ai partiti di salvare Alitalia è come chiedere a Jack lo Squartatore se ha un cerotto.
Chiudo con una sconsolata testimonianza personale. Dopo essere rimasto nei secoli fedele, mollo. C'è un limite a tutto. Alitalia ha un cliente in meno. Sono andato negli Usa con Az, a metà ottobre: tutto bene. Venerdì scorso, mancata la coincidenza per New York (a causa di un volo interno annullato), ho perso il volo da Jfk per Malpensa e tutte le miglia con cui avevo fatto l'upgrade. Mi hanno detto al telefono (scortesemente): si ricompri il biglietto. Tornato con Lufthansa da Washington: viaggio delizioso, confronto doloroso.