Credo che sia tutta una polemica sterile, al netto dei vantaggi/svantaggi dell'operazione CAI. AirOne era un brand che funzionava, ed aveva a suo modo rivoluzionato il trasporto aereo italiano, come al solito poi Alitalia che non è capace nemmeno a commercializzare se stessa lo ha distrutto, vedi esperienze ATI/Volare/Windjet etc..la lista è davvero lunga...
Da L'Espresso agosto 2010
Il superbingo di Toto
Il grande pubblico ha imparato a conoscerlo nel ruolo di studioso di politica internazionale grazie alle numerose ospitate in programmi televisivi come "Porta a Porta" e "Ballarò". Tipo spiccio, polemista nato, di quelli che bucano lo schermo: poche parole dritte all'obiettivo nel suo italiano in salsa yankee. Ma Edward Luttwak, 67 anni, una vita da consulente d'alto bordo tra università, multinazionali e servizi segreti, a quanto pare si è conquistato un nuovo cliente dalle nostre parti. Un cliente del calibro di Carlo Toto, l'imprenditore abruzzese che a fine 2008 ha girato la sua AirOne all'Alitalia partecipando al salvataggio della ex compagnia di bandiera.
Toto ha arruolato Luttwak con i gradi di presidente della Aircraft Purchase Fleet ltd, in sigla Apfl, una società con base in Irlanda, a Dublino, specializzata nel leasing aeronautico. Si ignora quali siano le competenze vantate in questo settore dallo studioso americano già collaboratore del Sismi di Nicolò Pollari e di Telecom Italia ai tempi di Marco Tronchetti Provera e Giuliano Tavaroli. Certo è che l'ex padrone di AirOne si fida di lui a tal punto da affidargli la gestione della società di leasing insieme a suo figlio Riccardo e al manager di lungo corso Lino Bergonzi. La Apfl gestisce un business tutt'altro che secondario per il costruttore di Chieti con la passione degli aerei. Infatti, la nuova Alitalia prenderà in affitto buona parte della sua flotta proprio da questa sigla irlandese. L'accordo riguarda in totale 82 Airbus (modelli A320, A330 e A350) che verranno concessi in locazione nei prossimi anni a Roberto Colaninno e soci. In altre parole Toto si è agganciato al treno dei cosiddetti patrioti arruolati da Silvio Berlusconi e Banca Intesa. Per lui i conti del salvataggio tornano. Eccome.
Per la vendita di AirOne è riuscito a spuntare circa 460 milioni, una cifra superiore alle stime più generose degli analisti. Una parte di questa somma, 60 milioni, è stata investita per comprare una quota del 5,3 per cento nel capitale della nuova compagnia. Altri 85 milioni sono andati a rifornire di mezzi propri la società dublinese presieduta da Luttwak. Ma, in compenso, il leasing degli Airbus gli dovrebbe garantire un flusso di reddito sicuro negli anni a venire. Difficile fornire cifre precise in proposito. Secondo i calcoli degli esperti il valore dei canoni incassati da Toto via Dublino potrebbe alla fine arrivare a superare 1,5 miliardi di euro spalmati su più anni fino al 2017. E così mentre l'Alitalia privatizzata a spese dei contribuenti (almeno tre miliardi di oneri sul bilancio pubblico) festeggia il primo compleanno con perdite in linea con le attese (circa 300 milioni), Toto può brindare allo scampato pericolo. È vero, la sua cassaforte Ap holding ha chiuso il bilancio 2008 in rosso di 435 milioni, ma quello è un miraggio contabile. Un effetto speciale degno di "Avatar". La partita vera, fatta di cash, si gioca altrove. E così bastano un paio di giochi di prestigio per trasformare le perdite in profitti. Vediamo come è andata. Tutto comincia alla fine del 2006, quando Toto annuncia un riassetto del suo gruppo nato e cresciuto grazie agli appalti di opere pubbliche. AirOne passa di mano. La capogruppo Toto costruzioni cede il controllo della compagnia alla neonata Ap holding. È uno scambio in famiglia. La proprietà resta al patron e fondatore della linea aerea nata per fare concorrenza ad Alitalia. C
ome prescrive la legge, la vendita è accompagnata da una perizia giurata che fissa il valore di AirOne. Quanto? Un miliardo e 75 milioni di euro, tira le somme Andrea Mennilli, l'esperto nominato dal tribunale di Chieti. Forte di questa valutazione Toto parte con il trasloco. Ap holding vara un aumento di capitale sottoscritto per intero dalla Toto costruzioni che però non paga in contanti. Si limita a conferire l'intero capitale della compagnia aerea valutata per l'occasione 869 milioni, circa il 20 per cento in meno della cifra indicata dalla perizia. A questo punto il gioco è fatto. Ap controlla AirOne mentre la Toto costruzioni, per effetto della vendita, a fine 2006 si ritrova in bilancio la bellezza di 775 milioni di utile netto. Su profitti tanto elevati bisognerebbe pagare una montagna di tasse. Ma solo in teoria. In realtà l'aliquota fiscale non supera un modesto 9 per cento. Evasione? Macché, tutto legale: la legge cosiddetta della "partecipation exemption", varata a suo tempo dal governo Berlusconi, riduce ai minimi termini l'imposizione su questo tipo di operazioni. Resta aperta la questione del valore di AirOne, ovvero la leva che ha consentito di gonfiare a dismisura il bilancio di Toto costruzioni e della sua controllata Ap holding. «Il piano di sviluppo della compagnia evidenzia significativi margini di crescita in grado di generare flussi di cassa tali da permettere la recuperabilità dei maggiori valori iscritti in bilancio». Così scrivono gli amministratori della Toto costruzioni nella loro relazione sull'esercizio 2006 per giustificare la loro valutazione di AirOne. Come dire: «La compagnia è una piccola miniera d'oro: vale tanto ma rende di più». Speranze. Anzi, illusioni. Nei due esercizi successivi AirOne perde quota. Il 2007 si chiude con un utile striminzito di soli 6,8 milioni e l'anno dopo va ancora peggio: perdita di 28 milioni nonostante il paracadute di oltre 50 milioni di proventi straordinari. La miniera d'oro, se mai c'è stata, sembra in via di esaurimento. E non si vede neppure l'ombra degli attesi "flussi di cassa" per dirla con gli amministratori del gruppo Toto.
Alla luce di questi numeri, in parte inediti, si capisce perché a partire dal 2007 l'imprenditore abruzzese abbia cominciato ad agitarsi per sistemare AirOne, trovando un socio o un compratore per la compagnia. Anche le banche erano preoccupate. In prima fila Intesa, che nel 2006 si era presa in pegno a garanzia di finanziamenti il 35 per cento del capitale di Ap holding. A risolvere la situazione nel 2008 arriva la cordata degli imprenditori patrioti coordinata proprio da Intesa. La nuova Alitalia si compra AirOne ma la paga poco più della metà di quanto era stata valutata solo due anni prima: 460 milioni contro gli 869 milioni iscritti a bilancio del 2006. Per non parlare del miliardo e passa della perizia firmata dal commercialista Mennilli. Fine della storia. Ap holding non serve più e viene messa in liquidazione con i suoi 435 milioni di perdite. Poco male: anche tenendo conto di questa passività, la finanziaria cassaforte, grazie alla supervalutazione di AirOne nel 2006, può ancora contare su oltre 400 milioni di mezzi propri. Per il futuro niente paura: c'è il leasing che vale miliardi. Con la partecipazione straordinaria di Luttwak il consulente.