MALPENSA – C’è un detto che circola da tempo nei corridoi degli aeroporti: i lavoratori dell’aviazione civile italiana si dividono tra chi ha vissuto un fallimento e chi lo deve ancora vivere. Tra loro tantissimi lavoratori di Air Italy – società ufficialmente in liquidazione da ieri – che si sono presentati questa mattina 12 febbraio in presidio davanti alla sede di Malpensa. Nel gruppo c’è chi ha collezionato una serie incredibile di delusioni, crisi aziendali, vertenze sindacali, ricapitalizzazioni e casse integrazioni, fino al licenziamento di oggi. Senza mai, di fatto, cambiare compagnia.
La storia di un insuccesso
Sono cambiati soltanto i nomi, in una spirale negativa che ha soltanto accumulato debiti, problemi, cause legali, sacche di improduttività. Le fusioni non si contano: Eurofly nel 2006, dopo aver perso l’anno precedente il 40 per cento del valore nominale di partenza in Borsa, venne acquisita da Meridiana. Nacque Meridiana Fly, compagnia basata a Malpensa ma poi risucchiata dopo mesi di protesta in brughiera dei lavoratori contrari al “trasferimento coatto ad Olbia”. Nel 2011 un’altra fusione: nasce Meridiana Fly –Air Italy, il frutto dell’unione del vettore sardo con il charter gallaratese del comandante Giuseppe Gentile. In quel momento Meridiana aveva già dichiarato 910 esuberi, di cui ben 386 dipendenti operativi a Malpensa, su una forza lavoro totale di 2023 dipendenti. Proprio l’ingente ricorso agli ammortizzatori sociali, l’uscita dalle rotte non strategiche e la riduzione della flotta vennero indicati come i tre pilastri del progetto di rilancio basato sull’integrazione. Ma i risultati non arrivarono e la compagnia, che venne ribattezzata Meridiana – come alle origini – per semplicità, annunciò 1.637 esuberi e una nuova crisi. Dopo due anni di trattative, venne salvata per i capelli da Qatar Airways che acquisì il 49 per cento della compagnia e le cambiò nome – stavolta Air Italy, più accattivante secondo gli arabi – con l’obiettivo di diventare il primo player italiano. Il primo volo risale a maggio 2018, l’ultimo a ieri, dopo due anni di impalpabile presenza sul mercato.
Turbolenza occupazionale
I lavoratori da anni vivono sull’orlo costante di una crisi di nervi, pagando le conseguenze di scelte manageriali sbagliate. L’apertura della procedura di mobilità del febbraio 2011 coinvolse infatti già 845 dipendenti, personale di volo e di terra considerati esuberi in un mercato profondamente cambiato dalla crisi economica e dall’avvento delle low cost che provocarono la sparizione di decine di compagnie aeree in Italia e in Europa. Se Meridiana è rimasta in piedi fino a oggi il merito va senza dubbio al suo proprietario, il principe ismaelita Aga Khan, che più di una volta ha messo mano al portafogli per sopperire ai bilanci in rosso. A gennaio 2013, per esempio, si parlò di una ricapitalizzazione per circa 100 milioni di euro, denaro fresco nella casse della compagnia in balia di una delle crisi più nere di tutta la sua esistenza. Non fu sufficiente né la fusione tra Eurofly e Meridiana nel 2009 né tantomeno l’integrazione della gallaratese Air Italy avvenuta nel luglio del 2011. il vettore in quel periodo varò un piano di ristrutturazione da lacrime e sangue per non affogare nei debiti. Meridiana dismise dieci aerei e mandò in cassa integrazione altri 600 lavoratori, arrivando a quota 1.450 su un totale di poco più di 2.200. A settembre 2014, con i quattro anni di ammortizzatori sociali vicini alla scadenza, i vertici aprirono una nuova procedura di mobilità. Quella volta gli esuberi salirono a quota 1.637. Mesi di scioperi, manifestazioni, tavoli e proteste convinsero 280 lavoratori ad accettare l’incentivo all’esodo. Agli oltre 1300 esuberi rimasti il governo concesse un ulteriore anno di cassa integrazione, a patto che il vettore nello stesso lasso di tempo varasse un serio piano di ristrutturazione e ricercasse un nuovo partner industriale in grado di rilanciare l’attività. Arrivò Qatar Airways, salvando in extremis una compagnia agonizzante. Ma nemmeno i soldi arabi sono riusciti a invertire la tendenza. Arrivati a questo punto è praticamente impossibile che possa farcela qualcun altro.
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