Difesa-Aerospace: il prototipo del P1HH si schianta in mare, ma già si progetta il P2HH; l’unico che decolla è Vecciarelli (3° puntata)
3 Giugno 2020
Se a febbraio 2015 era arrivato ad Abu Dhabi, dal generale Preziosa, il roboante annuncio dell’accordo con Piaggio Aerospace per l’acquisto di sei droni P1HH e due stazioni di controllo, quattro mesi più tardi si va ben oltre. Al Salone Internazionale di Le Bourget viene addirittura comunicato in pompa magna che non solo l’Aeronautica avrà il primo drone ad aprile 2016, ma anche che la forza armata desidera ardentemente un suo derivato: il P2HH, un altro gioiello pronto entro il 2017. La solita bufala.
In questo clima di entusiasmo, la ministra della Difesa Roberta Pinotti e l’inflessibile “cane da guardia” della Piaggio Aerospace, il generale Enzo Vecciarelli, si dedicano a curare le loro relazioni pubbliche a livello internazionale. Il 3 settembre, all’aeroporto di Ciampino, consegnano l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica a Homaid al Shimmari, CEO del Fondo Sovrano emiratino Mabudala. Vecciarelli vuole strafare e -secondo quanto scrivono i giornali- gli fa omaggio anche di un fucile. Che però al Shimmari evita di usare subito. Quando la Pinotti e Vecciarelli, con un certo imbarazzo, lo pregano di non vantarsi in giro dell’onorificenza appena ricevuta. Presumibilmente per non subire attacchi dai media, vista la situazione già critica all’interno di Piaggio Aerospace. Oppure perché qualche “uccellino” li ha informati della pioggia di avvisi di garanzia che sta per abbattersi sull’azienda: 55 provvedimenti giudiziari, di cui 33 destinati a manager della società, uno dei quali proprio destinato al neo-commendatore.
Il “rosso”, nei conti, ha raggiunto i 110 milioni di euro, tanto che a novembre rotola la prima testa nel paniere. È quella del presidente ( ed ex-ad) Alberto Galassi. Al suo posto, in aperta violazione delle normative sottoscritte (anche dall’Italia) che proibiscono l’ingerenza dei fondi sovrani arabi nelle attività strategiche dei paesi occidentali, arriva Ali’ al Yafei. Così, il fondo sovrano emiratino che dovrebbe limitarsi al puro ruolo di azionista, entra trionfante nella gestione di Piaggio Aerospace. Con tanti saluti alle regole della “golden power”, del decreto attuativo del 2014 e dei controlli del “whatchdog”.
Il 2016 si apre con un tavolo promosso dal ministro Carlo Calenda al MISE, intorno al quale prendono posto i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali. Si ammettono gravi problemi di liquidità, con la richiesta di robuste iniezioni di fondi pubblici per evitare il collasso dell’azienda. A marzo, il MISE provvede ad erogare 9,2 milioni di euro a titolo di anticipo su quanto previsto dalle legge 808 e ne promette altri 5,8, che arriveranno successivamente.
Il 29 marzo, il generale Vecciarelli riceve il giusto riconoscimento per le sue fatiche. Il Consiglio dei ministri, su proposta della ministra Pinotti, lo nomina capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, superando allo sprint il ben più titolato Maurizio Lodovisi, comandante della Squadra Aerea.
Appena il tempo di insediarsi nel nuovo prestigioso incarico, che la sfortuna si abbatte sul “cane da guardia”. Il 31 maggio, uno dei due prototipi del mitico P1HH si schianta in mare, al largo della base aerea di Trapani Birgi. E il secondo, da poco spedito negli Emirati per i voli di prova ed addestramento, resta opportunamente imballato per mesi in un hangar nel deserto. Probabilmente, per il mancato arrivo in contemporanea della stazione di controllo a terra, indispensabile per il controllo del velivolo in volo. Complimenti vivissimi a tutti i protagonisti delle due farse.
Ad agosto, il governo comincia finalmente a sentire puzza di bruciato. Il ministro Calenda ed il sottosegretario a Palazzo Chigi De Vincenti (che ha provvidenzialmente sostituito Lotti nella supervisione della vicenda) cercano di prendere in mano il dossier, estromettendo la Difesa, sospettata di connivenza col fondo Mubadala. Anche perché la situazione di Piaggio Aerospace precipita e l’AD Carlo Logli viene convinto a dare le dimissioni. Seguono tentativi di far intervenire in soccorso Finmeccanica-Leonardo, ma l’amministratore delegato Mauro Moretti non abbocca all’amo e preferisce sfilarsi e dedicarsi a tempo pieno a fare danni su un altro fronte.
Esce di scena Matteo Renzi e diventa premier Paolo Gentiloni. Ad aprile del 2017, Vecciarelli torna all’attacco per sostenere le pressanti richieste degli emiratini per dare corso al progetto della versione e armata dei droni P1HH e P2HH. Il commendator Homaid al Shimmari, furibondo, minaccia infatti di abbandonare Piaggio Aerospace al suo destino se non verranno rapidamente mantenute le promesse di sviluppare e vendere agli Emirati i droni armati promessi.
Il CSM dell’Aeronautica lo rassicura e scrive subito una lettera ufficiale al neo-premier Gentiloni con cui chiede una deroga al trattato MTCR (che vieta l’esportazione di prodotti strategici verso i paesi extra-occidentali, come ad esempio quelli arabi). Richiesta che trova subito il “no” da parte dell’AISE, il nostro servizio segreto per l’estero. Esattamente come avverrà nel 2020, quando Vecciarelli -nel frattempo diventato addirittura capo di Stato Maggiore della Difesa- tenterà invano di strappare all’agenzia di controspionaggio il controllo dei sistemi di sorveglianza satellitari, ritenuti giustamente “strategici” dal direttore Luciano Carta (oggi presidente di Leonardo).
Ma torniamo all’odissea di Piaggio Aerospace. Gli emiratini, stufi dell’inaffidabilità italiana corrono ai ripari. E decidono di comprare dagli americani gli ottimi droni Predator. Mohammed Bin Zayed, principe ereditario dell’Emirato di Abu Dhabi, tratta direttamente col presidente Usa Donald Trump e chiede di poter avere anche la versione armata in dotazione all’Italia.
Per i progetti e gli impegni presi da Piaggio Aerospace, la campana suona a morto. Gli emiratini cominciano a defilarsi e a Natale 2017 l’azienda è ad un passo dal fallimento.
Ma il tandem Pinotti-Vecciarelli ne sa una più del diavolo. A febbraio 2018, giusto un mese prima delle elezioni (certo solo l’ennesima coincidenza, cosa andate a pensare?) arriva il Settimo Cavalleggeri. Nella persona del capo di Stato Maggiore della Difesa, il generalissimo Claudio Graziano.
Molto grato alla Pinotti e a tutto il clan Renzi-Lotti-Gentiloni, che hanno portato a casa per lui la designazione a Presidente del Comitato Militare Europeo (lo diventerà il 7 novembre), il CHOD dà via libera ad una sconcertante richiesta al Parlamento dell’ineffabile tandem Pinotti-Vecciarelli: l’acquisto dalla Piaggio Aerospace, per conto dell’Aeronautica Militare, della bellezza di 20 P2HH e di 5 stazioni di controllo a terra. Il tutto, signori e signore, per la miserabile cifra di 766 milioni di euro.
Se questo finanziamento arriverà davvero da parte italiana, Mubadala ne verserà altrettanti e per Piaggio Aerospace, si schiuderanno le porte del paradiso e della salvezza eterna.
(3—continua)
Sassate.it
3 Giugno 2020
Se a febbraio 2015 era arrivato ad Abu Dhabi, dal generale Preziosa, il roboante annuncio dell’accordo con Piaggio Aerospace per l’acquisto di sei droni P1HH e due stazioni di controllo, quattro mesi più tardi si va ben oltre. Al Salone Internazionale di Le Bourget viene addirittura comunicato in pompa magna che non solo l’Aeronautica avrà il primo drone ad aprile 2016, ma anche che la forza armata desidera ardentemente un suo derivato: il P2HH, un altro gioiello pronto entro il 2017. La solita bufala.
In questo clima di entusiasmo, la ministra della Difesa Roberta Pinotti e l’inflessibile “cane da guardia” della Piaggio Aerospace, il generale Enzo Vecciarelli, si dedicano a curare le loro relazioni pubbliche a livello internazionale. Il 3 settembre, all’aeroporto di Ciampino, consegnano l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica a Homaid al Shimmari, CEO del Fondo Sovrano emiratino Mabudala. Vecciarelli vuole strafare e -secondo quanto scrivono i giornali- gli fa omaggio anche di un fucile. Che però al Shimmari evita di usare subito. Quando la Pinotti e Vecciarelli, con un certo imbarazzo, lo pregano di non vantarsi in giro dell’onorificenza appena ricevuta. Presumibilmente per non subire attacchi dai media, vista la situazione già critica all’interno di Piaggio Aerospace. Oppure perché qualche “uccellino” li ha informati della pioggia di avvisi di garanzia che sta per abbattersi sull’azienda: 55 provvedimenti giudiziari, di cui 33 destinati a manager della società, uno dei quali proprio destinato al neo-commendatore.
Il “rosso”, nei conti, ha raggiunto i 110 milioni di euro, tanto che a novembre rotola la prima testa nel paniere. È quella del presidente ( ed ex-ad) Alberto Galassi. Al suo posto, in aperta violazione delle normative sottoscritte (anche dall’Italia) che proibiscono l’ingerenza dei fondi sovrani arabi nelle attività strategiche dei paesi occidentali, arriva Ali’ al Yafei. Così, il fondo sovrano emiratino che dovrebbe limitarsi al puro ruolo di azionista, entra trionfante nella gestione di Piaggio Aerospace. Con tanti saluti alle regole della “golden power”, del decreto attuativo del 2014 e dei controlli del “whatchdog”.
Il 2016 si apre con un tavolo promosso dal ministro Carlo Calenda al MISE, intorno al quale prendono posto i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali. Si ammettono gravi problemi di liquidità, con la richiesta di robuste iniezioni di fondi pubblici per evitare il collasso dell’azienda. A marzo, il MISE provvede ad erogare 9,2 milioni di euro a titolo di anticipo su quanto previsto dalle legge 808 e ne promette altri 5,8, che arriveranno successivamente.
Il 29 marzo, il generale Vecciarelli riceve il giusto riconoscimento per le sue fatiche. Il Consiglio dei ministri, su proposta della ministra Pinotti, lo nomina capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, superando allo sprint il ben più titolato Maurizio Lodovisi, comandante della Squadra Aerea.
Appena il tempo di insediarsi nel nuovo prestigioso incarico, che la sfortuna si abbatte sul “cane da guardia”. Il 31 maggio, uno dei due prototipi del mitico P1HH si schianta in mare, al largo della base aerea di Trapani Birgi. E il secondo, da poco spedito negli Emirati per i voli di prova ed addestramento, resta opportunamente imballato per mesi in un hangar nel deserto. Probabilmente, per il mancato arrivo in contemporanea della stazione di controllo a terra, indispensabile per il controllo del velivolo in volo. Complimenti vivissimi a tutti i protagonisti delle due farse.
Ad agosto, il governo comincia finalmente a sentire puzza di bruciato. Il ministro Calenda ed il sottosegretario a Palazzo Chigi De Vincenti (che ha provvidenzialmente sostituito Lotti nella supervisione della vicenda) cercano di prendere in mano il dossier, estromettendo la Difesa, sospettata di connivenza col fondo Mubadala. Anche perché la situazione di Piaggio Aerospace precipita e l’AD Carlo Logli viene convinto a dare le dimissioni. Seguono tentativi di far intervenire in soccorso Finmeccanica-Leonardo, ma l’amministratore delegato Mauro Moretti non abbocca all’amo e preferisce sfilarsi e dedicarsi a tempo pieno a fare danni su un altro fronte.
Esce di scena Matteo Renzi e diventa premier Paolo Gentiloni. Ad aprile del 2017, Vecciarelli torna all’attacco per sostenere le pressanti richieste degli emiratini per dare corso al progetto della versione e armata dei droni P1HH e P2HH. Il commendator Homaid al Shimmari, furibondo, minaccia infatti di abbandonare Piaggio Aerospace al suo destino se non verranno rapidamente mantenute le promesse di sviluppare e vendere agli Emirati i droni armati promessi.
Il CSM dell’Aeronautica lo rassicura e scrive subito una lettera ufficiale al neo-premier Gentiloni con cui chiede una deroga al trattato MTCR (che vieta l’esportazione di prodotti strategici verso i paesi extra-occidentali, come ad esempio quelli arabi). Richiesta che trova subito il “no” da parte dell’AISE, il nostro servizio segreto per l’estero. Esattamente come avverrà nel 2020, quando Vecciarelli -nel frattempo diventato addirittura capo di Stato Maggiore della Difesa- tenterà invano di strappare all’agenzia di controspionaggio il controllo dei sistemi di sorveglianza satellitari, ritenuti giustamente “strategici” dal direttore Luciano Carta (oggi presidente di Leonardo).
Ma torniamo all’odissea di Piaggio Aerospace. Gli emiratini, stufi dell’inaffidabilità italiana corrono ai ripari. E decidono di comprare dagli americani gli ottimi droni Predator. Mohammed Bin Zayed, principe ereditario dell’Emirato di Abu Dhabi, tratta direttamente col presidente Usa Donald Trump e chiede di poter avere anche la versione armata in dotazione all’Italia.
Per i progetti e gli impegni presi da Piaggio Aerospace, la campana suona a morto. Gli emiratini cominciano a defilarsi e a Natale 2017 l’azienda è ad un passo dal fallimento.
Ma il tandem Pinotti-Vecciarelli ne sa una più del diavolo. A febbraio 2018, giusto un mese prima delle elezioni (certo solo l’ennesima coincidenza, cosa andate a pensare?) arriva il Settimo Cavalleggeri. Nella persona del capo di Stato Maggiore della Difesa, il generalissimo Claudio Graziano.
Molto grato alla Pinotti e a tutto il clan Renzi-Lotti-Gentiloni, che hanno portato a casa per lui la designazione a Presidente del Comitato Militare Europeo (lo diventerà il 7 novembre), il CHOD dà via libera ad una sconcertante richiesta al Parlamento dell’ineffabile tandem Pinotti-Vecciarelli: l’acquisto dalla Piaggio Aerospace, per conto dell’Aeronautica Militare, della bellezza di 20 P2HH e di 5 stazioni di controllo a terra. Il tutto, signori e signore, per la miserabile cifra di 766 milioni di euro.
Se questo finanziamento arriverà davvero da parte italiana, Mubadala ne verserà altrettanti e per Piaggio Aerospace, si schiuderanno le porte del paradiso e della salvezza eterna.
(3—continua)
Sassate.it