L' anti-Michael O’Leary, il vulcanico amministratore delegato della più grande low cost d’Europa Ryanair, è un 54enne nato in Ungheria, con un passato in una compagnia aerea statale fallita (Malev) e dal 2003 amministratore delegato di Wizz Air, quasi 40 milioni di passeggeri nel 2019 e nelle ultime settimane uno dei vettori più dinamici del mondo. Ma è difficile fargli dire qualcosa contro gl’irlandesi. «Quelli di Ryanair sono dei buoni rivali: abbiamo imparato molto da loro», dice József Váradi durante un’intervista con il Corriere della Sera subito dopo aver avviato la nuova base di Milano Malpensa.
Il trasporto aereo sta riprendendo lentamente dopo il lockdown, ma voi aprite basi e lanciate nuove rotte come se nulla fosse successo. Com’è possibile?
«È molto semplice: investiamo in nuovi mercati perché siamo quelli con i costi più bassi d’Europa e anche la compagnia con più soldi in cassa».
Quanti soldi?
«Se ci fermassimo senza far decollare alcun nostro aereo saremmo comunque in attività dopo due anni».
A quanto state «viaggiando» in questo momento?
«Operiamo al 60% della nostra capacità pianificata, più degli altri».
Perché investite su Malpensa? Qui ci sono già le altre due più grandi low cost: easyJet e Ryanair.
«Wizz Air ha aumentato la sua presenza in Italia negli anni ed è diventato un mercato importante, il secondo più grande al di fuori dell’Europa centro-orientale. Milano è stato al centro dei nostri piani di sviluppo per un po’ di tempo, abbiamo solo aspettato il momento giusto per entrare nel mercato».
Cosa intendete fare in questo aeroporto lombardo?
«Vogliamo posizionare 5 aerei, due sono già operativi, gli altri tre arriveranno entro la fine del mese. Opereremo per ora 32 rotte. Pensiamo per esempio far venire a Malpensa gli A321neo, cosa che consente le spese operative più basse degli aerei dei nostri rivali. Pensiamo anche che qualche nostro rivale potrebbe rivedere al ribasso i posti offerti a Milano».
Sta parlando di easyJet?
«Per esempio. E questo ci offre ulteriore opportunità per espanderci».
Per guadagnare fette di mercato vedremo una guerra tariffaria?
«Sì. Finché avremo i costi più bassi potremo offrire i prezzi più bassi. Il nostro obiettivo è ridurre la tariffa media a Milano così da spingere sempre più persone a volare, possibilmente con noi».
In quanto tempo pensate di diventare profittevoli?
«Il primo anno di solito è in perdita. Credo che al terzo anno potremo fare profitti».
Tutto questo in un momento in cui i governi stanno iniettando miliardi di euro nelle compagnie nazionali...
«Penso che facciano male e che sia scorretto perché distorce il mercato. Queste compagnie sprecheranno molti soldi e competeranno con vettori efficienti come il nostro. Ma questa è la nuova realtà, il trasporto aereo sta andando indietro di 15-20 anni».
Si dice che questi vettori nazionali siano cruciali per l’infrastruttura e l’accessibilità del Paese.
«È una sciocchezza. Non è affatto vero. E noi siamo un esempio: l’Ungheria aveva una compagnia di Stato, Malev, di cui io ero il capo. In quel periodo l’aeroporto di Budapest aveva 8 milioni di passeggeri l’anno. Otto anni dopo lo scalo conta 14 milioni e questo senza Malev».
Questo cosa dimostra secondo lei?
«Che se non ci fosse Alitalia nel giro di pochi giorni il mercato sarebbe in grado di colmare il vuoto: altri vettori — più efficienti e senza i soldi dei contribuenti — rimpiazzerebbero la compagnia italiana».
I 3 miliardi di euro per il rilancio di Alitalia non le vanno proprio giù.
«Penso che sia uno spreco di denaro pubblico e non penso che si faccia del bene al mercato, al Paese e ai cittadini. Altri vettori possono fornire un servizio migliore. Diciamoci le cose come stanno: se le persone vogliono andare da qualche parte noi mettiamo a disposizione i posti che servono, se le persone non vogliono andare da qualche parte — a prescindere da quanto Alitalia spinga su quella rotta — non ci andranno comunque. L’Italia non ha bisogno di Alitalia perché se gli italiani avessero davvero bisogno di Alitalia comprerebbero i loro voli».
Sembra concordare con quello che dice Michael O’Leary, ad di Ryanair. Ma Ryanair è anche la vostra rivale principale.
«Ryanair è un buon rivale. Noi abbiamo imparato molto da Ryanair e penso ci abbia aiutati a diventare una compagnia migliore sfidandoli. La competizione è buona per i consumatori, ma anche per i vettori: se vuoi competere devi fare bene».
Cosa pensa del divieto del bagagli a mano sui voli in Italia?
«Non ha alcun senso. Quando imbarchi il trolley in stiva ci sono più persone che lo smistano. Diciamo che l’Italia prende delle decisioni interessanti che in genere non durano molto e penso che questo divieto sia uno di queste».
Avete avviato Wizz Air Abu Dhabi: intendete espandervi in Asia e Africa? «È un’iniziativa interessante e in ottobre dovremmo decollare. Guarderemo a quel punto alle opportunità verso i Paesi del Golfo Persico, del Nord Africa, del subcontinente indiano e qualche Stato asiatico».
Le tre divisioni di Wizz Air — Ungheria, Regno Unito e Abu Dhabi — coordineranno i voli tra loro?
«Non vogliamo cambiare il modello di business: siamo una compagnia punto a punto, è più un tentativo di espandere il mercato».
Non sembrate interessati a comprare vettori europei falliti o in difficoltà.
«No, perché sarebbe complesso. Non siamo un buon compratore di aviolinee, semmai rileviamo gli asset come gli slot aeroportuali. Se un vettore fallisce un motivo ci sarà. Semmai lanciamo le nostre operazioni, come qui a Malpensa, con i nostri aerei, il nostro personale, il nostro modello».
Gli aeroporti in questo periodo sono alla disperata ricerca di vettori e questo vi consente di avere la meglio chiedendo condizioni favorevoli, sconti, incentivi.
«So che è un tema, ma noi non siamo interessati a questa cosa: ovviamente negoziamo, ma lo facciamo seguendo le regole e le norme europee, non abbiamo mai perso un caso in tribunale sul tema, non abbiamo dovuto restituire nessun soldo».
Uno dei temi che vi riguarda è quello dei rimborsi.
«Siamo i migliori al mondo su questo aspetto: se il passeggero sceglie di essere rimborsato noi lo facciamo in uno-due mesi. Ovviamente incoraggiamo a scegliere altre opzioni: chi opta per il voucher, per esempio, ha anche un 20% di bonus. Un terzo in generale sceglie il rimborso, un terzo di cambiare volo, un terzo rivuole i soldi».
Quanto avete rimborsato finora?
«Circa 40 milioni di euro».
Come sarà il trasporto aereo in Europa dopo il coronavirus?
«Non penso che la tipologia di viaggiatore cambierà. Quanto alle compagnie ce ne saranno di meno e quelle che resteranno si divideranno in tre categorie: quelle salvate dai governi (Lufthansa, Alitalia, Air France-Klm), quelle come noi che resistono e che si possono avvantaggiare della debolezza degli altri e quelle in mezzo — senza sufficiente liquidità e senza aiuti di Stato — che avranno un problema».
Che genere di problema?
«Beh la ripartenza richiede finanziamenti che dovranno essere chiesti al mercato per un aumento di capitale: date le circostanze non sono sicuro di chi darà soldi e molte compagnie falliranno».
E così ve la dovrete vedere con i vettori salvati dai governi.
«Ma questi dovranno per forza rimpicciolirsi perché avranno bisogno di far vedere come stanno spendendo i soldi dei cittadini: dovranno per forza ristrutturarsi, lasciando la possibilità a noi di espanderci».
Intervista del «Corriere» a József Váradi, l’amministratore delegato della low cost: «Con noi le tariffe più basse». Alitalia? «L’Italia non ne ha bisogno, ci siamo noi»
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