per fare un pò di chiarezza "made in agenzia delle entrate"
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Passaporto e tassazione, le novità nell'area dell'Unione
Il territorio comunitario, una volta decaduti gli obblighi di controllo, rappresenta un unicum nei rapporti con i Paesi extraeuropei
Il passaporto è quel documento di riconoscimento che permette di identificare il portatore come cittadino di un determinato Stato e consente di uscire dal territorio nazionale del Paese emittente per recarsi all'estero e cioè per entrare e/o transitare in altri territori stranieri. Normalmente il passaporto deve essere mostrato al confine (agli agenti doganali o alle altre forze di polizia), sebbene esistano accordi particolari tra nazioni per cui i cittadini possano utilizzare anche altri documenti di identità.
Fisco e geografia
Sotto il profilo geografico, ma per certi aspetti anche ai fini fiscali, giova osservare il mutamento di significato del concetto di "territorio" e "cittadinanza" nazionale. In seguito al venir meno degli obblighi di controllo alle frontiere dei cittadini di uno Stato membro Ue, infatti, l'area comunitaria appare come un unicum nei rapporti con i Paesi estranei alla Ue. Al riguardo, si rammenta, altresì, che l'articolo 17 del trattato sulla comunità europea sancisce che è (automaticamente) cittadino dell'Unione europea chiunque abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri.
La tassa sul passaporto
Tanto premesso, occorre osservare che nessuna tassazione può essere richiesta ai cittadini europei che intendono circolare nell'area comunitaria. La Comunità europea, anzi, dopo aver sanzionato alcuni Paesi membri perchè applicavano una imposizione fiscale sulle carte d'identità ha ammonito l'Italia (e altri Stati membri) a non pretendere la marca da bollo sul passaporto per non violare il principio di uguaglianza tra cittadini europei e a non ostacolare il diritto alla libera circolazione che, come noto, rappresenta un caposaldo dell'Unione europea. Nell'ambito della potestà tributaria interna, pertanto, lo Stato italiano ha abrogato la tassa sulla libertà di movimento all'interno della zona europea mantenendola soltanto per recarsi nei territori extracomunitari. Per evitare l'applicazione della tassa, di sovente, il viaggiatore italiano diretto in un territorio extracomunitario ma che transita attraverso uno Stato europeo, legittimamente, prima di uscire dall'Italia, utilizza alla frontiera interna la carta di identità valida per l'espatrio (esentasse) e soltanto in seguito il passaporto (senza la marca da bollo) la cui violazione in quanto tributo domestico non può essere eccepita da un controllore straniero. Ma il passaporto deve essere valido per tutto il periodo di soggiorno all'estero, non essendo sufficiente che esso sia valido soltanto per la partenza. In altri termini la validità deve contenere il giorno di ritorno nel territorio di partenza con la conseguenza che la violazione fiscale può essere comunque contestata al rientro (ma sempre a condizione che si transiti direttamente da un Paese extra-Ue).
La tassa di concessione: definizione impropria
Sotto il profilo giuridico quella sui passaporti italiani viene impropriamente chiamata tassa di concessione governativa. Autorevole dottrina, infatti, ha osservato che tale definizione risulterebbe erronea se si considera che, evidentemente, non si tratta di concedere alcunché; prima della quale nessun diritto del singolo soggetto sussiste, nessuna facoltà spetta e nessuna attività può essere esercitata. Nel caso in esame, invece, il diritto di libertà e di circolazione del cittadino esiste già, ma l'esercizio del suo diritto di espatrio è subordinato all'emissione dell'atto certificativo dell'accertamento da parte della Pubblica Amministrazione di appartenenza.
La disciplina italiana
Secondo l'articolo 55, comma 6, della legge n. 342 del 21 novembre 2000, la tassa annuale sulle concessioni governative per il passaporto deve intendersi dovuta esclusivamente per l'espatrio verso i Paesi diversi da quelli aderenti all'Unione europea. L'imposta sulle concessioni governative, inoltre, deve essere corrisposta all'atto del rilascio/rinnovo decennale del passaporto, a prescindere dall'utilizzo del documento stesso. La tassa, invece, non deve essere corrisposta all'atto del rinnovo quinquennale del passaporto, salvo utilizzo del documento stesso per recarsi nei Paesi diversi da quelli aderenti all'Unione europea. In particolare, la validità della marca da bollo decorre dalla data del primo rilascio mentre per gli anni successivi la scadenza della marca da bollo da 40,59 euro fa riferimento alla data dell'emissione del passaporto. Se, pertanto, il passaporto è stato rilasciato il 3 dicembre del 2006 esso avrà validità, per il primo anno, fino al 2 dicembre 2007. La validità della marca, infatti, comincia dal giorno dell'annullamento al successivo giorno antecedente la data del primo rilascio. Nel caso di non utilizzo, invece, non occorre apporre alcuna tassa. Ne consegue che se un cittadino italiano decidesse di utilizzare il passaporto, sulla scia del precedente esempio, il giorno 2 novembre 2008 e, quindi, applicare la marca sui fogli del libretto questa renderà fiscalmente valido il documento per un solo mese e cioè fino al 2 dicembre 2008 (data corrispondente al giorno in cui il documento è stato rilasciato).
La sanzione tributaria
In caso di violazione tributaria connessa alla mancata apposizione della marca da bollo sul passaporto, i funzionari di frontiera non possono bloccare il passeggero in transito (il cui divieto di espatrio compete alla potestà del prefetto o del magistrato). Ovviamente alcuna eccezione può essere opposta dai funzionari stranieri che non hanno alcuna potestà tributaria sulle imposte interne. Il controllore italiano, tuttavia, potrà segnalare l'inadempimento al comando di competenza della guardia di Finanza (generalmente situato all'interno dell'aeroporto) che, a sua volta, provvederà all'identificazione del passeggero e all'elevazione del relativo verbale di contestazione In seguito, spetterà all'ufficio locale dell'agenzia delle Entrate, a cui è notificato il predetto verbale, accertare la violazione e irrogare la relativa sanzione il cui ammontare è pari a un importo maggiorato di una quota compresa tra il 100 e il 200 per cento del valore della concessione governativa e quindi fino al massimo di 80,58 euro.
La Repubblica di San Marino e il Vaticano
I cittadini della Repubblica di San Marino e quelli italiani, ad esempio, non necessitano di passaporto per viaggiare tra i due Paesi. Ne consegue che i cittadini sammarinesi, tenuto conto che l'ingresso terrestre e aereo per San Marino avviene mediante il territorio e lo spazio italiano, devono soddisfare i requisiti d'ingresso per l'Italia. Ciò avviene anche per lo Stato della Città del Vaticano, che, considerata l'esiguità territoriale, di fatto non controlla i formali flussi di immigrazione.
Gli accordi di Schengen
I cittadini comunitari, a cui devono aggiungersi quelli dell'Islanda, Liechtenstein e Norvegia possono viaggiare all'interno delle nazioni dell'Unione europea senza la necessità del passaporto o senza esibire alcun visto d'ingresso. Inoltre i 28 Stati che hanno stipulato gli accordi di Schengen del 1985 si sono impegnati a non implementare controlli al confine territoriale uno con l'altro (fatta salva, ovviamente, la possibilità di verificare particolari circostanze dovute all'ordine pubblico e alla sicurezza). Fa eccezione, ad esempio, il Regno Unito, che non ha firmato i predetti accordi, verso il quale, in tal caso, il cittadino europeo sarà "costretto" a esibire al confine almeno un documento di riconoscimento.