Coronavirus, mentre i dipendenti di Alitalia sono condannati alla cassa integrazione c'è un gruppo di piloti Ryanar non ha diritto ha nulla: aerei a terra, zero ore di volo e zero stipendio. Sono partite iva speciali, degli “apolidi fiscali e previdenziali”, dipendenti di strane società a metà tra l'Inghilterra e l'Irlanda ai quali è negato ogni accesso al “Decreto Cura Italia”.
“Arrivo alla fine del mese poi per me si apre una scelta: o cerco un lavoro come bracciante, oppure chiederò aiuto ai Servizi Sociali del mio Comune”. Luca G, primo ufficiale Ryanair, tecnicamente prossimo al “comando” e con migliaia di ore di volo alle spalle, racconta ad affaritaliani.it gli effetti dei paradisi fiscali sui dipendenti della Compagnia irlandese costretta dal Coronavirus a lasciare gli aerei a terra nei due hub principali di Bergamo e Roma Ciampino.
Lei che tipo di contratto ha con Ryanair?
“E' difficile da spiegare ma ci provo. Io sono dipendente di un'agenzia che presta servizi per le compagnie aeree, tra cui Ryanair. E' una cosa strana ma io sono co-direttore insieme ad altri colleghi di una società irlandese e dipendete di me stesso ma con partita Iva registrata in Italia”.
Lo stipendio da dove le arrivava?
“La busta paga viene fatta in Italia, poi viene mandata a un commercilaista in Inghilterra il quale ce la rigira e poi accreditano i soldi. Ryanair paga l'agenzia e l'agenzia fa le buste paga”.
Ha diritto agli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto Cura Italia?
“Stiamo cercando di capirlo perché sino a 6 mesi fa la società era totalmente irlandese e pagando le tasse in Irlanda dovevamo chiedere all'Irlanda eventuali benefici. Ad oggi invece ci hanno spostato fiscalmente in Italia, quindi paghiamo tasse in Italia, Irpef e Inps, quindi in realtà dovremo chiedere all'Italia i benefici. Lo abbiamo fatto ma Italia e Irlanda hanno giocato al rimpallo”
Il quesito lo avete posto all'Inps?
“Per ora ci siamo rivolti a un commercialista che ha risposto di chiederle all'Irlanda. Pur pagando le tasse in Italia siamo “apolidi” fiscalmente e previdenzialmente. E' una situazione che riguarda il 5 per cento dei piloti italiani. Gli altri che hanno un contratto reale hanno chiesto la cassa integrazione”.
Ma quanti siete?
“Su un totale di 700 piloti siamo una cinquantina. In teoria siamo tutti uguali, l'unica cosa che cambia è il fatto che se ci mandano fuori base abbiamo diversi trattamenti, Noi l'alberog lo scarichiamo tra le spese agli altri lo pagano. Quello che cambia è la retribuzione. Quello che è diverso è che noi se no voliamo non guadagniamo e se stiamo male non prendiamo un euro”.
Come se ne esce da questa situazione?
“Ryanair due volte l'anno fa un bando e chiede se vuole accedere al bando diretto. Non li danno tutti insieme questi tipi di contratto li fanno risparmiare. In questo momento gli costiamo zero. C' anche da dire che per entrare in Ryan bisogna pagare un corso da circa 34 mila euro, invece noi abbiamo pagato 5 mila euro e il resto ce li scalano in 5 anni, quindi di devono tenere per 6 anni e si riprendono i soldi. Non volando neanche se li riprendono”.
Il sindacato che può fare?
“Con Anpac sitiamo cercando di ottenere un contratto diretto con la compagnia. Ma bisognerò aspettare. Nel frattempo ci sono le bollette e la spesa. Preso l'ultimo stipendio per me è finita. Dei risparmi da bruciare per vivere e poi sono alla fame. Quella vera. Pensare che sino a qualche anno fa si diceva, fai il pilota, girerai il mondo. Noi ora siamo fermi è il mondo che è girato”.
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