Nuova Alitalia: aerei, rotte, ricavi, personale. I dubbi degli esperti sul piano di rilancio
di
Leonard Berberi26 dic 2020
Il piano industriale della nuova Alitalia ha obiettivi forse troppo ambiziosi, propone una rete di destinazioni quasi identica a quella dell’attuale aviolinea (da decenni in perdita) e immagina un numero ancora alto di dipendenti alla fine dei cinque anni di lancio e sviluppo. Soprattutto confida molto che nel 2025 — quando il trasporto aereo dovrebbe riprendersi integralmente — si ritorni ai livelli del 2019, cosa per niente scontata. A dirlo è Robert Boyle, numero uno di GridPoint Consulting ed ex direttore delle strategie in IAG (holding di British Airways, Iberia, Vueling, Aer Lingus), uno dei gruppi più profittevoli del mondo prima del coronavirus.
La newco
Il Corriere della Sera ha chiesto a Boyle — dato il suo curriculum — di analizzare le
linee guida del piano industriale spiegate in videoconferenza da Fabio Lazzerini e Francesco Caio, rispettivamente amministratore delegato-direttore generale e presidente di Italia Trasporto Aereo Spa, la newco pubblica creata per rilanciare Alitalia e per la quale sono stati stanziati tre miliardi di euro. Molti dettagli, com’è ovvio, non sono stati condivisi dal vertice di ITA. Su alcune voci l’esperto usa come parametro Iberia, vettore che negli anni è stato in grado di passare da bilanci in profondo rosso a profitti significativi grazie all’allora ad Luis Gallego ora capo dell’intera IAG.
L’offerta sul mercato
«Quello che balza all’occhio è che non viene fornito alcun elemento che spieghi come ITA intende raggiungere gli obiettivi prefissati o perché la nuova Alitalia sarà meglio di quella vecchia», spiega al Corriere Boyle che preferisce concentrarsi non sull’inizio delle attività, ma sulle fasi successive. «L’offerta di posti pianificata nel 2025 è simile a quella del 2019 anche se più sbilanciata verso i voli intercontinentali (che è del 20% maggiore, mentre il corto e medio raggio è del 10% inferiore ai livelli pre-Covid)». «Se nel 2021 la newco pensa di offrire il 40% dei sedili del 2019, nel 2022 sale al 75% con una crescita forte nel 2023 (+20%) per poi tornare a incrementi più modesti successivamente».
L’evoluzione
«Se Alitalia fosse stata nel 2019 un vettore profittevole — prosegue Boyle — non saremmo di fronte a un piano industriale insensato, anche se forse la crescita del 2023 appare un po’ troppo aggressiva». Però, sottolinea, «
Alitalia è stata tutt’altro che in salute l’anno passato» e a vedere il network, poi, le destinazioni «sembrano molto simili a quelle del recente passato», quindi dell’amministrazione straordinaria. Nella videoconferenza l’ad-dg Lazzerini ha spiegato che «in Italia il ritorno ai livelli del 2019 si avrà secondo la Iata tra il 2023 e 2024» e questo spinge, nei prossimi due anni «a navigare a vista».
La flotta
Nell’ambito della riduzione dei costi ITA elenca il rinnovo della flotta: gli aerei moderni hanno prestazioni migliori e consumano meno kerosene (una delle voci di spesa principali dei vettori). «Questo è un momento adatto per avere buoni accordi con i produttori di velivoli Airbus e Boeing», sostiene Boyle, che però avverte: «C’è il rischio che la politica interferisca in questo ambito considerando che
Boeing costruisce parte dei 787 in Italia». Gli aerei di Alitalia — calcola — «hanno un’età media di 14 anni e sarebbe preferibile ridurla a 10». Il rinnovo prevede l’acquisto di diverse macchine e «siccome indicano che il 39% sarà di proprietà nel 2025 significa comprarne il 50% e affittare il resto», calcola l’esperto. «Così dovrebbero spendere per l’acquisto, sconti compresi, circa 2,5 miliardi» dei tre miliardi stanziati.
I ricavi
Altro capitolo sono i guadagni. Nel 2025 ITA stima ricavi pari a 3,35 miliardi di euro. «Usando come metro di paragone Iberia — aggiustando il tutto per le dimensioni e il mix di business (corto-medio raggio, lungo raggio, ecc) — la mia stima, 3,33 miliardi, conferma sostanzialmente il dato indicato dal piano» avendo a disposizione nel 2025 effettivamente i 110 aerei annunciati. Ma, ed è qui una delle più grandi complessità, «perché questo dato venga raggiunto si devono verificare determinate condizioni», avverte Boyle.
Le alleanze
La prima condizione perché la nuova Alitalia possa registrare quei ricavi? «Deve eguagliare i risultati ottenuti dalla ristrutturazione di successo di Iberia». Senza dimenticare che il ritorno al profitto del vettore spagnolo «è dovuto all’essere parte di IAG da otto anni, holding che ha permesso sinergie significative nei ricavi». «Non ottieni questi benefici da un’alleanza con un partner strategico europeo», è netto Boyle. Un eventuale accordo commerciale con Air France-Klm o Lufthansa, insomma, non porterebbe gli stessi vantaggi.
I voli intercontinentali
La seconda condizione: «La nuova Alitalia deve generare ricavi uguali a quelli di Iberia». Il vettore spagnolo «primeggia sulle rotte tra l’Europa e l’America Latina». Ma Iberia ha il vantaggio di operare sull’hub di Madrid «posizionato perfettamente per servire entrambe le sponde» dell’Atlantico «e la Spagna è il più grande mercato della regione», dice. Sul Nord Atlantico —
il bacino più profittevole per Alitalia — Iberia può contare su IAG, la realtà europea più importante sui voli tra il Vecchio Continente e Usa-Canada. E Roma, l’hub della nuova Alitalia? «Non è piazzata bene geograficamente per nessuno dei mercati di lungo raggio che vuole coprire» (Nord e Sud America, Asia) replica. La capitale italiana, poi, «è anche più una destinazione turistica, con flussi stagionali e a basso margine di guadagno».
Il mercato nazionale ed europeo
Sui voli brevi e medi secondo l’esperto «Alitalia ha una posizione di mercato molto più debole su Roma e Milano rispetto a quella di Iberia a Madrid: la low cost irlandese
Ryanair è la compagnia nazionale italiana e la britannica easyJet è molto forte a Milano», sottolinea. Questo ci porta alla terza condizione: «Il piano assume che il mondo a fine quinquennio sarà quello del 2019», continua Boyle. «Pensare che i ricavi del 2025 saranno quelli pre-Covid è qualcosa di possibile, ma si avvicina allo scenario più ottimistico».
I costi
Un elemento che attira l’attenzione dell’ex direttore delle strategie di IAG è l’assenza di dettagli sulle spese, a maggior ragione se ricordiamo che Alitalia da tempo è una compagnia «che ha pessimi costi unitari». «Se mi venisse chiesto di investire in ITA la mancanza di questo dettaglio sarebbe un campanello d’allarme per la credibilità del business plan», sostiene. Ma ammette che «i piani di riduzione dei costi sono materia sensibile e il management può essere riluttante a condividerli in pubblico».
Il personale
A proposito di costi, la nuova Alitalia parte nel 2021 dimezzata non soltanto negli aerei (da 104 a 52), ma anche nel personale (da 10.500 a 5.200-5.500). Con l’aumentare dei velivoli in flotta incrementano anche le assunzioni, toccando quota 9.500 a fine piano. «Usando sempre come metro di paragone Iberia con i suoi dati del 2019 ITA nel 2025 dovrebbe avere non più di 8.700 persone — calcola Boyle —: ce ne sono 800 di troppo, il 9% in più, secondo il piano industriale annunciato». Il numero, chiarisce l’esperto, viene ottenuto aggiustando il tutto per le dimensioni e considerando le attività di handling e manutenzione dell’aviolinea spagnola è fornita per una buona parte anche a terze parti (cosa che la porta ad avere più dipendenti).
I profitti
Gli introiti sono un altro grattacapo. Il piano industriale intende arrivare ad avere un margine operativo del 7% nel 2025. «Se un vettore di IAG si fosse presentato proponendo una spesa di 2,5 miliardi per i nuovi aerei e quella percentuale di profitto a fine piano (235 milioni di euro per anno di Ebit) sarebbe stato mandato dietro a rifare tutto», taglia corto Boyle che suggerisce un margine operativo del 10-15%. Non sicuramente all’inizio. «È chiaro — dice — che ci saranno perdite e costi di avvio dell’azienda prima di arrivare a fare profitti». Stavolta, a differenza degli altri tentativi (falliti) di rilancio, la nuova Alitalia non solo parte senza debiti, ma anche più snella e con un mercato azzerato: tutti i vettori, o quasi, sono dietro alla safety car in attesa della ripartenza.
Il business plan di ITA analizzato per il «Corriere» da Robert Boyle, ex direttore strategie di IAG (British Airways, Iberia, Vueling). Le debolezze del vettore e dell’hub a Roma
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