- 26 Aprile 2012
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Premessa
Non è detto tutte le ciambelle escano col buco. Ci sta che, ogni tanto, una debba andare storta. Ma sul fronte aviatorio di recente mi sento come se proprio non ci siano ciambelle, col buco o senza.
Mi spiego: il mio ultimo long-haul risale al febbraio 2020. Après, le déluge. E passino le cancellazioni causa lockdown, passi anche l’aver rispettato la regola di Boris che proibiva di uscire dal paese (mentre lui… vabbè, lasciamo perdere). Ciò che è difficile da far passare sono, invece, gli eventi capitati da quando il calendario è passato all’Anno Domini 2022.
A gennaio salta il primo volo, LHR-LAX, causa regalo di Natale non voluto (il Covid). A febbraio si ritenta, e nuovo fallimento: volo cancellato. Ci riprovo a marzo, ma il lavoro impone un cambiamento. Pausa per Pasqua, e ritentiamo a maggio. Stavolta spariglio le carte e provo un ritorno in Kyrgyzstan: manco a dirlo, poco prima della partenza, TK mi cancella un volo e modifica un altro di modo che, di una settimana, di giorni utili ne rimangono a malapena tre. Cancello, con Erdogan che si tiene una bella fetta del costo del volo.
Non demordo. 8200 ha un volo per San Diego e decido di accodarmi. Se non fosse che con uno sguardo veloce al mio passaporto scopro che… il mio visto è scaduto. Non posso fare un ESTA perché nel 2016 ho passato ben 4 giorni ad Isfahan, in Iran, e di conseguenza sono un perikoloso terroristah!1, e non c’è tempo per rifare un B1/B2.
Tutto questo per dire che, alla fin fine, mi presento all’aeroporto un sabato sera di fine mese con in mano un biglietto standby per il Cile. I voli si sono riempiti in maniera inverosimile da solo un annetto fa, quando ero andato a prendere un’auto all’AVIS ed ero da solo al T5. Ora le folle sono ovunque. Il mio volo sembrava a posto ma, inevitabilmente, si riempie a tappo nei due giorni che separano il mio acquisto e la data della partenza. Arrivo a T5 con 5 posti disponibili e 3 staff davanti a me. Esco dall’aeroporto un paio d’ore dopo in compagnia di uno dei 3 staffer: tre passeggeri che dovevano volare via Madrid hanno subito un ritardo sulla connessione e sono stati messi sul diretto.
Non sapendo cosa fare, prendo oggi-per-domani un volo per l’Italia. Anche qui le sorprese non mancano, con LIN a prezzi politici e MXP con in vendita solo la Y piena (e, infatti, i loads sono prossimi al 100%). Il mondo s’è ribaltato.
Il mattino dopo mi ripresento per un ennesimo shorthaul. Faccio un breve giro al T5B, sospiro alla vista dei 777 e mi rassegno alla vista degli onnipresenti A320.
Atterro a LIN, vado all’AVIS dove ottengo una Fiat Tipo famigliare con freni che fischiano così forte che, a fine noleggio, mi riconosceranno financo in Guatemala e faccio rotta verso, non c’è da dirlo, Biella. Il giorno dopo vado ad inseguire le mie delusioni barbonistiche in montagna, con la nuova frontiera del bivaccamento: bivvy senza bivvy.
Le stelle splendono, l’Urbe (Biella) rifulge, passa persino un satellite, e allietato da campanacci di mucche, abbaiare di cani e l’occasionale bestemmia del margaro più a valle mi addormento.
Il giorno dopo si rivela un’alba splendida. La Bassa dorme ancora, avvolta nella sua cappa di umido-smog-e-zanzare, mentre qui sopra fa fresco, gli uccellini cantano e i cani hanno grazie a Dio smesso di ululare. Un idillo.
In quel momento il cellulare, che per puro miracolo ha preso un pochino di servizio, ronza. È un messaggio da 8200. “Ho scambiato il San Diego con un Mexico City, parte domani. Vuoi venire?”.
È solo quando ho schiaffato tutto nello zaino e mi sto scapicollando verso la macchina che mi ricordo di risponderle “certo”.
Non è detto tutte le ciambelle escano col buco. Ci sta che, ogni tanto, una debba andare storta. Ma sul fronte aviatorio di recente mi sento come se proprio non ci siano ciambelle, col buco o senza.
Mi spiego: il mio ultimo long-haul risale al febbraio 2020. Après, le déluge. E passino le cancellazioni causa lockdown, passi anche l’aver rispettato la regola di Boris che proibiva di uscire dal paese (mentre lui… vabbè, lasciamo perdere). Ciò che è difficile da far passare sono, invece, gli eventi capitati da quando il calendario è passato all’Anno Domini 2022.
A gennaio salta il primo volo, LHR-LAX, causa regalo di Natale non voluto (il Covid). A febbraio si ritenta, e nuovo fallimento: volo cancellato. Ci riprovo a marzo, ma il lavoro impone un cambiamento. Pausa per Pasqua, e ritentiamo a maggio. Stavolta spariglio le carte e provo un ritorno in Kyrgyzstan: manco a dirlo, poco prima della partenza, TK mi cancella un volo e modifica un altro di modo che, di una settimana, di giorni utili ne rimangono a malapena tre. Cancello, con Erdogan che si tiene una bella fetta del costo del volo.
Non demordo. 8200 ha un volo per San Diego e decido di accodarmi. Se non fosse che con uno sguardo veloce al mio passaporto scopro che… il mio visto è scaduto. Non posso fare un ESTA perché nel 2016 ho passato ben 4 giorni ad Isfahan, in Iran, e di conseguenza sono un perikoloso terroristah!1, e non c’è tempo per rifare un B1/B2.
Tutto questo per dire che, alla fin fine, mi presento all’aeroporto un sabato sera di fine mese con in mano un biglietto standby per il Cile. I voli si sono riempiti in maniera inverosimile da solo un annetto fa, quando ero andato a prendere un’auto all’AVIS ed ero da solo al T5. Ora le folle sono ovunque. Il mio volo sembrava a posto ma, inevitabilmente, si riempie a tappo nei due giorni che separano il mio acquisto e la data della partenza. Arrivo a T5 con 5 posti disponibili e 3 staff davanti a me. Esco dall’aeroporto un paio d’ore dopo in compagnia di uno dei 3 staffer: tre passeggeri che dovevano volare via Madrid hanno subito un ritardo sulla connessione e sono stati messi sul diretto.
Non sapendo cosa fare, prendo oggi-per-domani un volo per l’Italia. Anche qui le sorprese non mancano, con LIN a prezzi politici e MXP con in vendita solo la Y piena (e, infatti, i loads sono prossimi al 100%). Il mondo s’è ribaltato.
Il mattino dopo mi ripresento per un ennesimo shorthaul. Faccio un breve giro al T5B, sospiro alla vista dei 777 e mi rassegno alla vista degli onnipresenti A320.
Atterro a LIN, vado all’AVIS dove ottengo una Fiat Tipo famigliare con freni che fischiano così forte che, a fine noleggio, mi riconosceranno financo in Guatemala e faccio rotta verso, non c’è da dirlo, Biella. Il giorno dopo vado ad inseguire le mie delusioni barbonistiche in montagna, con la nuova frontiera del bivaccamento: bivvy senza bivvy.
Le stelle splendono, l’Urbe (Biella) rifulge, passa persino un satellite, e allietato da campanacci di mucche, abbaiare di cani e l’occasionale bestemmia del margaro più a valle mi addormento.
Il giorno dopo si rivela un’alba splendida. La Bassa dorme ancora, avvolta nella sua cappa di umido-smog-e-zanzare, mentre qui sopra fa fresco, gli uccellini cantano e i cani hanno grazie a Dio smesso di ululare. Un idillo.
In quel momento il cellulare, che per puro miracolo ha preso un pochino di servizio, ronza. È un messaggio da 8200. “Ho scambiato il San Diego con un Mexico City, parte domani. Vuoi venire?”.
È solo quando ho schiaffato tutto nello zaino e mi sto scapicollando verso la macchina che mi ricordo di risponderle “certo”.