La Repubblica
Ita, ultima turbolenza sulla vendita. Il governo frena. La compagnia: privatizzazione è impegno con Ue
di Aldo Fontanarosa
La cessione del vettore rischia di finire in un binario morto. L'esecutivo, in carica per il solo "disbrigo degli affari correnti", non dovrebbe formalizzare l'alienazione delle quote. Ma continua il pressing sul ministero dell'Economia
ROMA - La privatizzazione di Ita,
che era ormai in dirittura di arrivo, è oggetto di un ultimo nervoso confronto nei palazzi del potere. La sensazione è che l’operazione sarà una delle vittime della fine del governo Draghi.
Un governo dimissionario -
in carica per il solo “disbrigo degli affari correnti” - difficilmente potrà cedere la compagnia aerea di Stato. La privatizzazione di Ita è una decisione che sembra travalicare gli affari correnti, e non rientra certo fra le emergenze che Draghi può gestire su mandato del Quirinale (dall’attuazione del Pnrr all’inflazione).
Ita, però, non si rassegna al naufragio della vendita. Emissari della compagnia, ieri, hanno dialogato con il ministero dell’Economia, azionista unico del vettore. La loro tesi è che la privatizzazione -
regolata da un decreto, da un Dpcm di marzo - sia dentro il perimetro degli “affari correnti”.
La privatizzazione, inoltre,
sarebbe un impegno assunto con l’Ue, dunque inderogabile. Nel caso il ministero del'Economia conservi il 100% della compagnia aerea, rinviando la cessione di Ita, allora i soldi pubblici investiti (720 milioni ad oggi) potrebbero configurarsi come aiuti di Stato. Inevitabile sarebbe la contestazione dell'Europa.
Gli emissari di Ita, infine, avvertono che la mancata vendita determinerebbe
un danno irreparabile per le casse pubbliche, visto che sfumerebbe un'entrata di alcune centinaia di milioni di euro. Sono i soldi che le due cordate in lizza (Msc con Lufthansa; il fondo Certares con Air France e Delta) vogliono versare all'Italia per la maggioranza delle azioni di Ita.
Le argomentazioni degli emissari di Ita non sono le tavole del Vangelo.
Nel caso la privatizzazione slitti di qualche mese, l'incasso per lo Stato sarebbe solo rinviato. Non ci troveremmo di fronte, dunque, a un danno irreparabile.
Perché la privatizzazione avanzi, il premier dimissionario Draghi e il ministro dimissionario Franco (Economia) dovrebbero avviare peraltro una procedura irrituale:
chiamare i leader di tutti i partiti e ottenere il via libera alla cessione della compagnia da ognuno di loro.
Se anche Draghi e Franco si decidessero per questo sondaggio (cosa improbabile),
almeno un partito - Fratelli d'Italia - negherebbe il suo benestare.
Fratelli d'Italia è anche l'incubo dei potenziali compratori (Msc con Lufthansa; il fondo Certares con Air France e Delta).
Entrambe le cordate stanno frenando nella corsa a Ita, da quando le prime fibrillazioni politiche si sono manifestate nella ormai ex maggioranza di governo.
I compratori sono spaventati dalla prospettiva che un governo a guida Fratelli d’Italia - partito contrario alla cessione di Ita - si insedi al potere tra poche settimane.
Ottenere oggi (in teoria) il via libera di Draghi a un atto preliminare di vendita non significa conquistare la compagnia. L'atto definitivo di acquisto (il closing) verrebbe sottoscritto a dicembre. Dunque Fratelli d'Italia - se vincitore delle elezioni del 25 settembre - avrebbe tutto il tempo per far saltare il banco e la privatizzazione.