Aerei, Danton e Robespierre
di Piero Ostellino
Ieri, 130 «irriducibili» hanno proclamato lo sciopero dell'Alitalia e paralizzato il Paese già a piedi per l'astensione negli altri trasporti. I sindacati autonomi Anpac, Up, Sdl, Avia, Anpav — che già avevano sconfessato Cgil, Cisl, Uil e Ugl, opponendosi alla firma dell'accordo con la Compagnia aerea italiana — avevano cercato invano di far ragionare gli oltranzisti. Sono stati «scavalcati» anch'essi da un neonato Comitato di lotta, in una inedita confusione di leggerezza e irresponsabilità. Fermi gli aerei, a terra; a casa la maggioranza dei dipendenti — che non si oppone più alla soluzione individuata dal governo e messa a punto dalla cordata di imprenditori privati — ieri a volare sui cieli d'Italia e del mondo non era la bandiera nazionale. Erano Danton e Robespierre.
È la logica di ogni sorta di rivoluzionarismo, che divora progressivamente i suoi stessi figli, fino a quando compare l'autocrate di turno che pone fine alla rivolta con un atto di imperio. Per l'Alitalia, c'era stato lo spettro del fallimento. Dissoltosi questo, aleggia ora sulla Compagnia quello dell'incriminazione o della precettazione degli scioperanti; che non è l'autocrate, ma la legittima risposta di uno Stato democratico che non tollera, giustamente, di essere in ostaggio di una minoranza estremista che difende i propri interessi corporativi.
Ma in gioco non sono solo il futuro della compagnia di bandiera e l'autorità dello Stato, bensì la credibilità delle rappresentanze dei lavoratori, dei sindacati. Ridurli a terra di nessuno, alla condizione di tutti contro tutti, non conviene a nessuno; tanto meno ai lavoratori. «Essere legati al proprio ambiente, amare la piccola squadra cui si appartiene nella società — scriveva Edmund Burke nel 1790 nelle sue Riflessioni sulla rivoluzione francese — è il primo principio di ogni affezione pubblica. È il primo di una serie di legami percorrendo il quale giungiamo all'amore per il nostro Paese».
Ieri non è stato così. Nessun legame col proprio ambiente, nessun amore per la propria squadra, nessun rispetto per il proprio Paese. Solo cieco rivendicazionismo minoritario, estremismo verbale, violenza, se non fisica, certamente formale. «Per garantire un minimo di sobrietà ai discorsi che tengono in qualsiasi assemblea pubblica — scriveva ancora Burke — i capi dovrebbero rispettare, in un certo grado, forse temere, coloro che amministrano ». La proclamazione dello sciopero contro le Confederazioni e persino i sindacati autonomi è stato, innanzi tutto, mancanza di rispetto per gli stessi lavoratori.
Ora, però, spetta alla maggioranza degli uomini e delle donne che hanno a cuore, col proprio posto di lavoro, la dignità del Paese, reagire in modo appropriato. «Per evitare di essere guidati alla cieca — questo il consiglio dello scrittore irlandese ai francesi dell'epoca — i seguaci debbono comportarsi, se non da protagonisti, da giudici, da giudici investiti di peso e di autorevolezza spontanei».
12 novembre 2008
Il Corriere della Sera