17 novembre 2008
La scelta dei francesi
Chi gioisce e chi mugugna per la nascita di Cai France
Il ruolo di Mengozzi e quello dei Letta
Roma. Cai vola verso Parigi. Con l’avvio, da domani, delle lettere per le assunzioni, la nuova Alitalia conclude la fase di start-up. Il tassello che mancava era quello industriale, con l’individuazione del partner straniero. Dopo un dettagliato esame delle tre opzioni in campo (Air France, Lufthansa, British Airways) il triumvirato costituito da Roberto Colaninno, Rocco Sabelli e Corrado Passera ha scelto di confermare e rafforzare l’alleanza con i francesi: l’annuncio ufficiale arriverà questa settimana (AF dovrebbe avere il 20 per cento di Cai). Ma dal rinnovato accordo con la compagnia franco-olandese chi esce vincitore e chi sconfitto?
A esultare è di sicuro quell’ampio circolo di personalità che vede nella Francia il partner più affidabile. Un cenacolo politico-economico di prim’ordine. Si possono menzionare i due ultimi inquilini di via XX Settembre, Tommaso Padoa-Schioppa e Giulio Tremonti, così come la famiglia Letta, il sottosegretario di Palazzo Chigi, Gianni, e il suo predecessore e nipote, Enrico. L’ingresso di Air France nel capitale azionario di Cai s’inserisce in un più ampio filone di collaborazione economica con Parigi, che passa per Generali e Mediobanca, riguarda Edf, tocca Intesa (che dismise a Crédit Agricole la Sgr Caam), fino all’ultima alleanza sui binari della Ntv di Luca Cordero di Montezemolo con i cugini d’oltralpe di Sncf. Un rapporto, come si vede, molto più intenso rispetto a quello con la Germania, dove l’unica partita di rilievo è stata la fusione Unicredit-Hvb.
A gioire è senz’altro Francesco Mengozzi. L’ex ad di Alitalia è stato il passe-partout di Jean-Cyril Spinetta, introducendolo in tutti gli incontri con il mondo istituzionale italiano. Mengozzi fu il manager che nel 2001 firmò l’alleanza con Air France e che si batté (invano) per convincere il Berlusconi II della bontà di una fusione tra le compagnie. Due suoi uomini più fidati, Piero Ceschia e Andrea Andorno, stanno per essere assunti dall’aerolinea francese. Secondo alcuni osservatori, quando fra cinque anni ci sarà con tutta probabilità il passaggio ai francesi del controllo totale di Cai, Mengozzi potrebbe tornare in prima linea. La scelta francese mette anche in rilievo una libertà di giudizio da parte di Roberto Colaninno. I suoi soci, e lui stesso, erano inizialmente orientati verso Lufthansa. Ma lo studio delle carte ha però persuaso il presidente di Cai che non tutto ciò che proviene dalla vecchia Alitalia è da accantonare per dare un segno di discontinuità.
In bilico il leader dell’Anpac
Chi con tutta probabilità non esulta è Letizia Moratti. Il sindaco di Milano si è mostrata ostile ai francesi, fin da marzo, sostenendo la maxi richiesta risarcitoria della controllata Sea contro Alitalia per l’abbandono di Malpensa. Moratti, se vorrà il ritorno dei voli a Malpensa, dovrà cedere anche sul ridimensionamento di Linate, chiesto da Colaninno e Sabelli. Tra chi mugugna c’è di sicuro il partito trasversale “tedesco” che vedeva un’inedita alleanza tra la Lega e i sindacati. Il Carroccio spingeva per Lufthansa a difesa di Malpensa, mentre i rappresentanti dei lavoratori sognavano un maggior coinvolgimento sullo stile del capitalismo renano. Il segretario dell’Ugl, Renata Polverini, dopo un incontro con il numero uno della compagnia tedesca, Wolfgang Mayrhuber, e con l’ambasciatore Michael Steiner, definì partner ideale Lufthansa per il modello di governance, che prevede la presenza di lavoratori nel consiglio di sorveglianza. Ironia della sorte, però, fu proprio quel consiglio di sorveglianza a far fermare Lufthansa l’anno scorso dall’avanzare una proposta vincolante d’acquisto per Alitalia. Anche il leader dei piloti dell’Anpac, Fabio Berti, è da annoverare tra i perdenti. Berti, infatti, non è ben visto da Spinetta, ancora stupito dal clamoroso dietrofront del comandante a febbraio, quando in poche ore si tramutò da sponsor entusiasta a ultrà della contestazione. Inoltre il presidente dell’Anpac è in scadenza di mandato e, secondo alcuni iscritti, non è utile mantenere al vertice un leader che si è inimicato il socio forte della nuova società.
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