Non per difendere ADR o per sostenere che gli italiani e gli oriundi volino AZ, solo per precisare.
Anche nello stabilimento a nordest di Ravenna di una importante azienda metallurgica non riescono ad eliminare piccioni e gabbiani dai capannoni, nonostante ne abbiano tutto l'interesse. I giovani piccioni a volte collabrano, scambiando per uno stagno la vasca dello zinco fuso, con scarso piacere di chi deve rimuovere l'arrosto stando sul bordo del laghetto a 450 gradi Celsius. Anche per ADR non deve essere poi cosí facile.
Il paragone è inappropriato. Non c'entra nulla.
In ogni caso, citami altri Hub (con la H maiuscola, in quanto aeroporti che forniscono servizi d'eccellenza ai passeggeri) in cui i piccioni girano amenamente in area sterile tra la sporcizia generale. Nulla è facile per definizione, ma mentre gli altri si sforzano di affrontare e risolvere i problemi a Fiumicino semplicemente li ignorano. Perché?
Non é detto: mia cugina lavora a Londra da pochi anni (torna in Italia con Ryanair, la sola alternativa diretta sarebbe BA), due miei colleghi circa un anno fa hanno deciso di emigrare in Cina, altri italiani meno che 50enni li ho trovati a Kishinev (proprietario di ristorante), Alma Ata (cuoco), su un volo di rientro in Italia (docente di Nanotecnologie a Dresda - il volo era EN) ed altri che ora non ricordo. Anche sul Forum si parla spesso di piloti emigrati.
Elio e le storie tese sul tema 'mio cugino...' hanno scritto una canzone apparentemente stupida: si intitola appunto MIO CUGGINO (con due G).
Se vogliamo essere più seri invece potremmo dire che una rondine non fa primavera. Aristotele riferiva il proverbio a tutt'altra situazione, ma il senso è chiaro: non puoi generalizzare citando singole esperienze che utilizzi per giungere a conclusioni definitive.
Perché stando al discorso alla mio cuggino, potrei ribattere anch'io con un aneddoto: qualche anno fa a Cape Town sono stato fermato da un vecchietto sul lungomare. Mi aveva sentito parlare italiano e si è fermato a fare quattro chiacchiere. Mi diceva che lui si era trasferito lì dal sud Italia per lavoro, ed ora era in pensione e non voleva tornare in Italia perché il costo della vita era troppo alto. Rimembrava anche i tempi in cui Alitalia faceva il JNB e si lamentava perché il volo era stato chiuso. Al ché gli chiedo: "ma lei ogni quanto torna in Italia?". Risposta: "Sono 5 anni che non torno".
E' utile una conversazione del genere per trarre conclusioni? E' utile in generale anche l'esperienza di una vita di un pilota o AAVV, o super FF, per dare indicazioni sui vari mercati?
E qui rispondo anche ad Herzog: i numeri che hai postato non sono generalizzabili, né strettamente inerenti al discorso che fai.
Un'analisi risale al 2004, ovvero ere geologiche fa (già questo dovrebbe farti riflettere), ed è stata fatta da un comandante. E qui mi fermo.
L'altra è relativa ad un mercato specifico, qual è il Brasile, dove peraltro AZ è ben presente. A Città del Capo o a Sydney i numeri sono gli stessi? Se poi vogliamo essere puntuali nell'analisi, al di là di frasi generiche, trovami nel rapporto congiunto di Ambasciata Italiana e Enit in Brasile numeri
concreti all'interno di quel documento che in modo manifesto ed inconfutabile presentano i flussi dei VIAGGIATORI DI REALE ORIGINE ITALIANA, o FIGLI DI ITALIANI. Ovvero, se vuoi sostenere la tua tesi, non puoi prendere un rapporto che dà numeri sul turismo in generale.
Per il resto, già altri forumisti hanno abbondantemente commentato come sia un discorso inutile, visto che:
a) una compagnia aerea deve aggredire i target più disparati;
b) le vecchie generazioni di emigrati stanno morendo, e quelle nuove sono ben poco affezionate al brand AZ.