Ita Airways non fa la low cost, è una compagnia che deve evitare come in passato di inseguire volumi che portano un reddito medio non sufficiente a coprire i costi dell'azienda". L'ad
Fabio Lazzerini ha motivato così l'intenzione del vettore di mettere al centro del business plan le tratte intercontinentali "più remunerative".
"Nel 2019 - ha spiegato in occasione del webinar '
Verso un'aviazione a impatto zero´ organizzato da
Arthur D. Little - ogni 100 passeggeri che avevano un collegamento intercontinentale da o per l'Italia, 62 dovevano passare da un hub europeo. Quindi di fatto l'Italia ha esportato passeggeri a lungo raggio, con un
gap di offerta legato prevalentemente alle varie crisi della compagnia nazionale, ma anche a un non adeguato riempimento degli spazi del mercato lasciati liberi da altri vettori".
A poco più di un anno dal decollo, Ita è però riuscita a
invertire la rotta: "Dal terzo quadrimestre abbiamo
ricominciato a importare passeggeri: il 23% di chi è arrivato a Fiumicino sui nostri voli in Europa, Nord Africa e Medio Oriente ha continuato a collegarsi con il resto del mondo sempre con noi".
Nello stesso periodo "abbiamo avuto
tariffe medie del 47% più alte rispetto al 2019. Questo vuol dire che siamo riusciti a incontrare la ripresa del mercato a prezzi sostenuti, ma anche con un
load factor costantemente superiore al 90% sul lungo raggio e sopra l'85% su tutta rete".
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