Il Tribunale di Roma chiede i contratti con Alitalia, in particolare quello sul ramo "aviazione": si cerca di provare una continuità tra vecch…
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ITA da la colpa alle low cost, ma gli anni passati di chi era la colpa?
ROMA — Davanti a Ita Airways, la compagnia aerea statale ora in vendita, si aprono improvvise due buche
che il nuovo presidente Antonino Turicchi ha già avvistato.
Restano in campo, intanto, oltre mille cause di lavoro. Firmatari sono i dipendenti dell’ormai estinta Alitalia che chiedono di essere assunti da Ita. Le cause —
depositate tra Roma, Milano e alcune città estere — di colpo riprendono vigore per un’iniziativa del Tribunale della Capitale, in queste ore.
La seconda buca è lo strapotere delle compagnie low cost sul mercato tricolore. Dato che preoccupa Ita e i due potenziali compratori della compagnia:
Certares e soprattutto Lufthansa, tornata in corsa.
Le vertenze
Sono 1.147, tra Roma e Milano, i dipendenti di Alitalia in cassa integrazione che chiedono di essere assunti da Ita. A loro parere, la nuova compagnia (Ita) non è un vettore nuovo, anzi.
Raccoglierebbe l’eredità di Alitalia in un regime di continuità. Per questo, Ita dovrebbe assumere chi già lavorava in Alitalia (come stabilisce il Codice civile, articolo 2112).
I 1.147 dipendenti italiani di Alitalia, che spesso scelgono lo stesso avvocato per risparmiare, alla fine hanno prodotto 88 cause di lavoro. E dopo le prime sentenze sfavorevoli, finalmente segnano un punto a loro favore.
Dal Tribunale di Roma parte una richiesta ad Ita. I giudici del lavoro — quelli che ancora devono pronunciarsi sul caso — vogliono acquisire un complesso contratto che proprio Alitalia e Ita hanno firmato nel 2021.
È il famoso contratto da un euro.
Il 24 agosto 2021, Ita presenta un’offerta vincolante ai commissari che gestiscono Alitalia, ormai in amministrazione straordinaria. In cambio di un euro, una cifra simbolica,
Ita acquisirà l’intero ramo “aviazione” di Alitalia.
Slot e noleggi
Dentro, ci sono i contratti di noleggio degli aerei (di cui Ita dovrà farsi carico);
i diritti di decollo e atterraggio negli scali; i software e le banche dati; i beni e i servizi che 60 fornitori esterni mettono a disposizione.
Adesso i giudici del lavoro leggeranno il contratto per capire se il trasferimento dell’intero ramo “aviazione” — da Alitalia a Ita — sia la pistola fumante che cercano. La prova, cioè,
di una continuità operativa e funzionale tra il vecchio vettore (Alitalia) e il nuovo (Ita).
Michael O'Leary, ad di Ryanair
Norma anti-Ryanair
Ita si prepara a chiedere al governo Meloni, poi, una norma che
argini lo strapotere delle low cost. I numeri dicono tutto. Nel 2019, ultimo anno prima della pandemia, la sola Ryanair era in grado di offrire il 31% dei posti aerei dell’intero mercato italiano (contro il 14% in Spagna e il 3% in Francia).
Per Ita —
ma anche per Certares e Lufthansa — la soluzione al caso è scritta in una Risoluzione che l’ex deputato Roberto Rosso (Forza Italia) ha presentato nella scorsa legislatura.
La Risoluzione si concentra sugli incentivi che gli aeroporti italiani assegnano — anche e soprattutto — alle low cost perché facciano tappa sulle loro piste.
Oggi la durata e l’entità degli incentivi sono tra i segreti meglio custoditi del Paese.
La Risoluzione chiede invece che tutto sia reso pubblico; e che i sussidi siano assegnati non più a trattativa diretta, ma attraverso gare aperte e non discriminatorie. Unico problema. Una Risoluzione non è un atto vincolante.
A voler cambiare le cose, è urgente ora una legge.