[TR] Transoxiana


13900

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26 Aprile 2012
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Ci terrei a precisare che la vodka è stata offerta grazie a una persona in particolare, e solo una persona in particolare ha avuto la forza di berla tutta. Lascio ai posteri indovinare chi.
 
F

flyboy

Guest
Proporrei saliera e pepiera prestigiamente immortalate sui voli di C di BA.

Stupenderrimo TR!!!!
 
F

flyboy

Guest
Ci terrei a precisare che la vodka è stata offerta grazie a una persona in particolare, e solo una persona in particolare ha avuto la forza di berla tutta. Lascio ai posteri indovinare chi.
La cameriera del vostro tavolo.
 

13900

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26 Aprile 2012
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[OT Parte 33 1/3 – Aa partita]

Diamo un’ulteriore spallata [cit., e voglio vedere se non rimpiangerete le citazioni farlocche di Volo] a questo TR con l’ultimo OT bukhariota.

Il buon Dancrane menzionava poc’anzi lo Zindan. Dopo due tentativi infruttuosi ripesco Google Maps, in hotel, per cercare meglio la prigione. Bene, da qualche tempo Google ha preso l’abitudine di inserire, nelle mappe, eventi previsti per quella giornata. Quel fatidico giovedì, a fianco di uno dei due stadi della città, appare la scritta BUXORO FC – PAKHTAKOR 18.00. Uno sfidone nella parte alta dell’Uzbek Superleague, amici e vicini. La discussione ferve per ben due minuti, e la decisione è presa. Andiamo allo stadio.

Google indica, come luogo del misfatto, ciò che invece risulta essere la Polisportiva Bukharese, ma è un errore di poco conto. Il tempo di camminare lungo due vialoni, nella parte della città costruita dai sovietici, e siamo qui:


L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, il pubblico è di classe. Gli unici ad essersi lavati nelle ultime due settimane siamo io e Dancrane. Ci precipitiamo in biglietteria, dove ci accaparriamo due biglietti, prezzo 6000 sum. 60 centesimi.

I controlli ai tornelli sono gestiti sia dalla polizia normale che da quella militare, e un cartello mostra, minaccioso, divieto di fotografia, ombrelli, zaini e altre cose più o meno intuibili. Noi abbiamo una macchina fotografica (mia), zaino (sempre mio) e il telescopio Hubble di Dancrane. Menzioniamo l’essere turisti, ed italiani, ed è subito ”Waaa, Italia! Toto Cotugno!” e siamo dentro.

Delusi dalla mancanza del venditore di magliette e sciarpe (s’è messo a far freddino, e andare allo stadio senza sciarpa da arrotolarsi in faccia in funzione anti-Digos mette Dancrane a disagio), fotografiamo un manipolo di eroi che, a quanto pare, ha tutto l’occorrente. In men che non si dica veniamo notati e, a differenza di quanto succederebbe di norma in Italia (craniate in faccia, setti nasali spappolati, coltellate nei reni e schifìo generalizzato) siamo invitati nella versione locale della Fossa dei Leoni, della Maratona, insomma fate voi. Soltanto non è in curva ma, invece, a metà campo, settore distinti. Qui si trattano bene.




Il nostro arrivo, nel settore degli ultras, è un po’ come se il Papa, Ligabue e Sabrina Salerno si facessero trovare in tribuna per una partita del Sassuolo. La gioia è incontenibile, tutti – ma dico tutti – si fanno fare selfies, tutti vogliono sapere di dove siamo, e tutti immediatamente abbandonano il tifo per la Juve per abbracciare il Toro e il Gallo suo profeta. Bravi ragazzi. Poco a poco lo stadio si riempie grossomodo a metà; saranno 15.700 paganti, il massimo di questa giornata di campionato.

Foto Dancrane


Foto Dancrane




Foto Dancrane


Foto Dancrane

La terna arbitrale, nel frattempo, si scalda.


Foto Dancrane​

I nostri beniamini omaggiano la c… i distinti.

Foto Dancrane

Pasquale è pronto ad accalappiarsi il ghiotto mercato sportivo bukhariota.

Foto Dancrane

Il maxischermo ricorda il divieto di fumare, bere Amaro Robur dei Frati Carmelitani Scalzi e l’uso di prodotti Herbalife. Dancrane, ovviamente, è in modalità ras della Fossa e si accende prontamente una Diana blu.

Foto Dancrane

Con lo spettacolo dei bambini che sventolano lo stemmone della Super League, il match ha inizio.


Foto Dancrane.

Foto Dancrane.

Devo ammettere un certo nervosismo; il Bukhara è una squadra operaia, fatta di gente del posto; il Pakhtakor, uzbeko per Raccoglitori di Cotone, di agricolo ha ben poco; il loro stadio è schiaffato giusto dietro alla piazza principale di Tashkent; hanno vinto il campionato nove volte tra il 2001 e l’anno scorso; hanno in rosa un portoghese, un brasiliano, un serbo e un australiano. Il più internazionale del Bukhara dev’essere il numero 8 che, a guardarlo in faccia, credo abbia fatto qualche scippo alla stazione di Marghera prima di beccarsi il foglio di via. È una sfida impari.

Infatti l’inizio sembra darmi ragione. Il Bukhara è schiacciato nella sua metà campo, impotente contro le scorribande del Pakhtakor. I giocatori in maglia bianca discendono lungo le fasce come unni, scaraventando palloni in mezzo come se piovessero; la porta del Bukhara rimane inviolata solo grazie al sacrificio dei difensori (qui sotto un caduto) e, in definitiva, all’eminente incapacità dei giocatori del Tashkent. Sembra che, tolti uno o due, abbiano tutti due piedi sinistri.

Foto Dancrane

Il Bukhara prova a creare occasioni, sfruttando il sempre efficace modulo ViP (Viva il Parroco) ma i nostri sono, se possibile, ancora più scarponi dei giallo-bianco-blu. Inizio a pensare che il Cervia di Ciccio Graziani potrebbe facilmente farsi il campionato, mentre un ispiratissimo tentativo del Bukhara, su punizione, finisce in nulla.


Foto Dancrane

Si accendono le luci, e il tifo rimane indiavolato. A guidare la claque è il manipolo di eroi di cui sopra, aiutati da altri valorosi. I tamburi rumoreggiano, i cori partono, si alza anche un tentativo di ola, e le gloriose bandiere del Bukhara garriscono nella sera uzbeka.

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane

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All’improvviso, disastro. Calcio d’angolo da sinistra. Il portiere, Amanov, va a margherite, sovrastato di testa dall’australiano Rostyn, che effettivamente potrebbe fare il corazziere. Sarebbe praticamente gol, se non fosse per la provvidenziale capoccia di un difensore che, solo, difende la porta (minuto 1.26 degli highlights qui sotto). Il pallone rimbalza in area, Amanov prova a smanacciare, fa un disastro, lascia perdere, Goncalves – il centravanti del Tashkent, guineano naturalizzato portoghese – scalcia verso un compagno, uno del Bukhara, alla disperata, si ricorda di aver visto Ronaldinho fare il Tiro del Cobra su FIFA street football e ci prova, combinando un altro disastro. Goncalves si avventa sul pallone; il 10 del Bukhara, Salomov, prova a fare lo stesso, tirando una scalciata da cavallo che, manco a dirlo, prende in pieno Goncalves che va giù. Rigore.


Lo stadio erutta, anche se con moderazione – qui uno sguardo storto del milite è sufficiente ad ammutolire il più sanguigno degli ultrà, il DASPO da queste parti lo amministra il KGB – ma non c’è niente da fare. Sul dischetto c’è Goncalves. Io e il mio vicino di posto, da me soprannominato Mimì metallurgico, non riusciamo a guardare. Dancrane, invece, veterano di mille battaglie e unico ad aver visto l’Italia sollevare tutte e quattro le coppe del mondo, fotografa.
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Foto Dancrane.

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Amanov si sbraccia come un gabbiano. Goncalves è una statua. Rincorsa.

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Foto Dancrane

La tensione è troppa. Tiro..

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Foto Dancrane​

…Alto!

Goncalves ha piantato una zappata di quelle meravigliose, i punti della trasformazione sarebbero suoi se solo fossimo a rugby. Lo stadio esulta, Mimì ed io ci abbracciamo come fratelli ritrovati, i ”kitammuort” volano come promesse a un comizio della Lega.

Il Pakhtakor è sgonfio, e il vento soffia forte nelle vele della squadra di casa. Un paio di occasioni vengono buttate via in malo modo. Finché, intorno al 42mo, Omonov non guizza lungo la fascia, portandosi dietro tre del Pakhtakor. Gli schemi e le marcature, posto che se le siano mai studiate, finiscono nella tazza del WC, tutti si scapicollano dietro a Omonov, lasciando Quttiboev praticamente solo. Omonov, con l’unica finezza che mi riesce di vedere in tutto il match, scodella il pallone in quella zona di area, larga quanto il bassopiano sarmatico, dove sta Quttiboev tutto solo. Una rasoiata, ed è il momento di citare Auriemma. Si gonfia la rete.

È il delirio. Mimì si mette d’impegno a cercare di sfondarmi la cassa toracica. Un suo compare gli dà una mano. Da sopra piove gente. Da tre file sotto il capo ultrà con la bandana, quello che avevamo soprannominato “Apocalypto” viste le sembianze molto mesoamericane, si catapulta tra me e Dancrane e ci stritola entrambi. Grida in diverse lingue e svariati dialetti si perdono nel casino. Puzza ovunque.

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Foto Dancrane​

L’intervallo arriva sulle ali dell’entusiasmo e, al primo della ripresa, è evidente che il Pakhtakor ha già la testa sul bus. A graziarli è sempre l’incapacità estrema dei nostri di correre assieme a un pallone, ma sugli spalti non sembra importare molto. I più si pitturano la faccia, il tambureggiamento continua imperterrito come in Cuore di tenebra, Dancrane fuma a catena e tutti sembrano contenti.

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I primi crampi iniziano a farsi vedere, assieme a scene di dolore cui non assistevo dai tempi in cui sotto casa mia venivano giocate le epiche triangolari Romania-Perù-Calabria.

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C’è giusto il tempo per un ultimo brivido: Lobanov, il portiere del Pakhtakor, sta passeggiando sulla trequarti quando riceve un retropassaggio. Pressato si esibisce in un’apertura che persino David Seaman avrebbe trovato goffa. Il centravanti del Bukhara intercetta, lo scarta, poi apre al collega che, a porta sguarnita, riesce a schiantare il pallone dritto dritto negli zebedei del disperato difensore del Pakhtakor che, anteponendo la squadra ai suoi desideri riproduttivi, riesce ad evitare l’umiliazione e a Lobanov un giusto carico di nerbate una volta tornati in hotel. Di sicuro gli schiaffi con l’asciugamano bagnato non glieli leverà nessuno.

Il finale è un trionfo. Concludiamo con una celebrazione alla nazionale islandese, salutiamo i nuovi amici e torniamo, lentamente, tra le vie buie della zona ex-ebraica, verso l’hotel.

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Stavolta l’OT di Bukhara è veramente finito; a breve si torna a volare.
 
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Seaking

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Non permettetevi di finire qui l’OT, maledetti!

Era da tempo che non ridevo così.
13900 è il nuovo Fabio Volo di AC!
 

Nickee

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Ma le Uzbeke come sono? Il fatto di non vedere foto a loro scattate mi fa pensare che la meno peggio abbia baffi e braccia da muratore


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Dancrane

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Ma le Uzbeke come sono? Il fatto di non vedere foto a loro scattate mi fa pensare che la meno peggio abbia baffi e braccia da muratore


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All’incirca come le hai descritte, aggiungici il fisico da camionista e più o meno ci siamo.
 

aamilan

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troppo ridere questa parte del viaggio. certo potevi cimentarti a torello con la squadra :)
 

marksimon

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Cameri (NO)
Con gli highlights dell'incontro di calcio credo si sia raggiunto un livello stratosferico, veramente senza parole.
Grandissimo TR.

ciao
Marco
 

13900

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[Parte IV – Bukhara/Tashkent]

È purtroppo il momento di partire da Bukhara alla volta di Tashkent. A malincuore, devo ammetterlo, prendiamo l’ennesimo, mafiosissimo taxi e veniamo scaricati all’aeroporto.

Un momento, l’aeroporto? Non avevamo preso la bisnis sullo Sharq, l’accelerato dell’Amu Darya?

Beh, si.

Però le cose sono cambiate. Vi spiego; a me, che son campagnolo, prendere il treno che ci mette sei ore e fischia non fa ribollire il sangue; dopotutto sono riuscito a metterci lo stesso tempo, una volta, a fare Biella-Santhià-Torino PS, e in più uso la Piccadilly Line tutti i giorni. Ma mi dimentico che Dancrane è di Milano, anzi di Meeelano. A lui questa cosa proprio non va giù.

Un giorno, in hotel, Dancrane sembra una bestia in gabbia. Non esiste che debba metterci sei ore per il treno, devono esistere alternative. Preso da una rara ma quantomai produttiva foga, Dancrane tira fuori il ferro (l’iPhone X Plus autografato da Tim Cook), si collega alla rete VPN condivisa dal gotha di Aviazione Civile, dalla massoneria, dagli Illuminati e dalla nuova DC – che, poi, sono tutti le stesse persone – e riesce là dove i più dicevano che era impossibile. Dal nulla, e a prezzo politicissimo, spuntano due biglietti aerei. Eccoci così al ridente aeroporto di Bukhara, in una splendida mattina di sole.

(mi scuso per le foto, sono fatte col pautafonino).


L’aerostazione, come si vede, è trafficatissima:


Tutti i banchi di accettazione sono alle prese col precedente volo per Mosca, carico – come sempre in queste zone, tranne forse in Kazakhstan – di emigranti in partenza o di ritorno per la grande città. Come anche da noi, i tanto vituperati immigrati sono uno dei motori della capitale della Federazione, ma non andatelo a dire a Salvini.

Politica a parte, siamo troppo in anticipo. Guardiamo un po’ i lavori – ammirevole la copertura “pane&salame” delle valigie, realizzata con la pellicola in PVC per alimenti.


Ci accomodiamo al piano superiore, dove le delizie aumentano.


Alla fine, si fa il momento dell’agognato check-in (la scelta del posto è possibile, su Uzbekistan, ma non il check-in online). Siamo i primi due al banco, ma stranamente la sequenza non è 001 e 002; il disappunto di Edoardo è una perturbazione nella Forza.


Passiamo i controlli di sicurezza, e ci ritroviamo… dove eravamo prima. Apparentemente la sala d’attesa dove eravamo noi diventa, per i voli domestici, anche gate e zona rinfreschi. L’accesso al resto dell’aeroporto è chiuso strategicamente con una sedia messa contro la porta. Come per i Ghostbusters, la separazione dei flussi è presa seriamente qui.

Arriva il momento dell’imbarco. Veniamo guidati, a mo’ di mandria, attraverso i corridoi dell’aviostazione, poi giù per una rampa di scale, come se stessimo andando in cantina. Arrivati a una porta a pianterreno capiamo che, a stabbotta, l’imbarco avverrà col bus (Non il Cobus, il bus. Tipo il BredaMenarini dell’Anello Urbano di Biella). Se non fosse che… disastro.

Gaspare, che ci guida, ha un mazzo di chiavi. Le infila tutte nella toppa, ma nessuna gira.


Visibilmente incazzato prova a chiamare il suo compare Orazio, al piano di sopra. Orazio, ovviamente, è troppo impegnato nel Sudoku del Tuttosport e non risponde. Gaspare, dimentico di avere un walkie-talkie in mano (sinistra), si fa prestare il telefono dal Duca Conte Barambani primo della fila il quale, dimostrando un certo aplomb, non si fa per niente pregare.


La conversazione tra Gaspare e Orazio è secca. Liberamente tradotta dall’uzbeko, si svolge più o meno come segue: ”Imbecille.” “Eh ma che modi.” “Modi una beneamata cippa, ho preso le chiavi del pollaio non quelle dell’uscita. Scendi a darmele.” “E come faccio a sapere dove sono?” “Sono nello svuotatasche, disgraziato di un nullafacente”..


Orazio appare, in mimetica e ciabatta, lancia le chiavi dal piano di sopra e, finalmente, saliamo sui bus. Sfiliamo dinanzi ai potenti mezzi antincendio dei valenti VVFF di Bukhara internescional, sentendoci tutti molto più rassicurati:


La rassicurazione dura più o meno il tempo di ricordarmi dove avevo visto quello chassis l’ultima volta, cioè qui:


Saliamo a bordo del nostro potente mezzo, che risulta essere un A320 anche nuovino, evidentemente proveniente da qualche altra parte, dato che è già pieno per metà.

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Foto Dancrane

Arraffo il mio posto 5F, Dancrane è in piccionaia al 22 e qualcosa. Il Nostro si ricorda della foto del pitch; notare la targhetta Gold BA in modalità sborone.

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane

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Foto Dancrane​

L’aereo sarebbe anche recente, ma è veramente tenuto insieme a sputi e bestemmie. Il mio posto ha il coprisedile rammendato; gli schermi si fermano due volte durante il safety briefing, s’impallano e rimangono così.


L’equipaggio, giustamente, decide di fregarsene del briefing e distribuiscono, in una cenno alla First di Singapore Airlines, un freschissimo pre-departure drink di acqua millesimata.


Senza una parola l’imbarco si conclude e le solerti assistenti di volo iniziano la messa in sicurezza della cabina (oddio, sicurezza. In tre file, che è tutto ciò che posso vedere, ci sono tre cinture non allacciate, un sedile reclinato e un tavolinetto aperto). Nel frattempo iniziamo il taxiing:

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Foto Dancrane​

e senza annunci, senza ‘bing-bong’, senza avvisi da parte del cockpit, iniziamo la corsa per il decollo e saltiamo in aria. Le assistenti di volo sono ancora in piedi a risistemare la cabina. Mai vista una roba simile.

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Il volo dura a malapena 40 minuti, quanto basta per dare un’occhiata alla rivista di bordo, modificata su base trimestrale. Route map psichedelica:


Code shares di livello:


Volendo c’è pure il frequent traveler programme, se siete masochisti:


Fuori il panorama è quello che è, mentre ci avviciniamo ai possenti Pamir.

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Foto Dancrane​

Dopo nemmeno 40 minuti di volo (schedulato 1h20) siamo in arrivo al Terminal 2 di Tashkent.

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Foto Dancrane

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Usciamo, raggiungo un nuovo piccolo, personalissimo record nella contrattazione tassinaristica (da $20 a $2) e, in men che non si dica, siamo in hotel. A presto per un poco di OT su Tashkent e poi il durissimo, almeno per me, volo del ritorno.