- 10 Dicembre 2007
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Ciao Planner (nomen omen ), in effetti posso convenire che usare il termine piano industriale per un breve periodo, non sia la definizione più ortodossa.Caro Belumosi, è raro che accada, ma stavolta sono in disaccordo con te.
Le espressioni “piano industriale” e “breve periodo” (e ancor più – ovviamente – brevissimo) sono in contraddizione fra loro: un piano industriale è per definizione rivolto agli assetti fondamentali, che non dipendono dall’andamento del mercato, ma dalle caratteristiche strutturali di quest’ultimo; e gli assetti industriali, dunque, non possono essere cambiati per variazioni di breve periodo. Adattati certamente sì, ma per adattarli occorre, prima, averli definiti.
È giusto discutere della qualità dei contenuti del piano industriale (io stesso ho avanzato alcuni dubbi), ma non credo sia buona cosa una navigazione a vista, finanche in un periodo come questo, che tu giustamente affermi non avere precedenti ed essere caratterizzato da variabili impazzite. Però, per quanto drammatica, questa non è una ragione sufficiente.
Anzi, è doveroso per un management determinare, in ogni situazione e scenario, chi e cosa si intende diventare, una volta che la tempesta Covid si sarà placata, e come lo si vorrà diventare.
Poi – ripeto – si può fare un buon piano o un cattivo piano, ma non si può non farlo, tanto più in una situazione nella quale pende il giudizio della Commissione Europea.
Sono invece d’accordo con te sulla riduzione ai minimi termini in questa fase (qui, davvero, non c’è altro da fare), per poi rivedere alcuni o molti aspetti quando si avranno di nuovo prospettive di crescita del mercato. Se questi aspetti saranno molti o alcuni, tuttavia, dipenderà solo in parte dai numeri e molto dagli eventuali cambiamenti strutturali e qualitativi del settore.
Per quanto riguarda invece il piano industriale per i prossimi anni, non capisco come sia possibile metterlo a punto in modo sufficientemente selettivo. Un PI impostato oggi, secondo me può basarsi solo su due linee d'azione: ricalcare a grandi linee gli schemi passati (come sembra essere stato fatto) supponendo siano validi anche in futuro, o prevedere AZ come un servizio pubblico verso delle destinazioni ritenute strategiche, a prescindere dalla redditività. La prima delle due è estremamente simile all'AZ vista negli ultimi anni e sappiamo che andava sotto di circa 500M€ all'anno. E non c'era il COVID.
La seconda mi rifiuto tout court di prenderla in considerazione. Ci mancano solo i voli intercontinentali sovvenzionati perchè ritenuti strategici. Dio ce ne scampi.
In ogni caso questi mi sembrano gli unici due scenari plausibili per redigere un piano industriale ad oggi. Perchè sai, almeno a grandi linee, come verrà gestita l'azienda. E quindi puoi calcolare flotta, personale e parametri economici vari, per pervenire agli obiettivi prefissati. Ma secondo me, sono uno più perdente dell'altro.
D'altra parte vedi anche tu che di settimana in settimana cambiano i vari gradi di libertà di volo tra gli stati e anche all'interno degli stati stessi, quindi cosa fai? Lo scheduli quel determinato volo allocando tutte le risorse del caso o lo rimandi a tempi migliori?
Fatta salva una certa uniformità nel mercato interno, tutto il resto è ingestibile anche solo a breve termine.
Per quanto riguarda la UE, volesse il cielo che i politici italiani fossero stati così furbi da lanciare il PI per dimostrare discontinuità, ma di fatto continuassero a tergiversare più a lungo possibile in attesa di una migliore visibilità sul futuro. Ma dubito.
Quindi al netto delle due (sciagurate) ipotesi esposte sopra, come lo redigi un PI a 5 anni? Quali parametri puoi utilizzare che non siano del tutto aleatori? E non parlo certo di un piano dettagliato, ma solo di principio a grandi linee. Io al momento non lo vedo possibile.